Il cd danno tanatologico o danno da morte immediata ( massime 2010 dalla cassazione )
(Cass. Civ., Sez. III, 8.01.2010 nr. 79)
La lesione dell'integrità fisica con esito letale non può considerarsi la più grave forma possibile della lesione alla salute perchè la tutela di questo bene implica che il soggetto leso resti in vita menomato, mentre se la persona offesa muore in conseguenza delle lesioni senza una fase di malattia la morte impedisce che la lesione del bene giuridico della salute sia risarcibile per colui che non è più in vita
(Cass. Civ., Sez. III, 08.04.2010 nr. 8360)
Nel c.d. danno tanatologico si deve tenere conto, nel quantificare la somma dovuta in risarcimento dei danni morali, anche della sofferenza psichica subita dalla vittima di lesioni fisiche alle quali sia seguita dopo breve tempo la morte, che sia rimasta lucida durante l'agonia, in consapevole attesa della fine;sì da evitare il vuoto di tutela determinato dalla giurisprudenza di legittimità che nega il risarcimento del danno biologico per la perdita della vita.
(Cass. civ., Sez. Lavoro, 07.06.2010 nr. 13672/2010)
"il danno cosiddetto "tanatologico" o da morte immediata va ricondotto nella dimensione del danno morale, inteso nella sua più ampia accezione, come sofferenza della vittima che lucidamente assiste allo spegnersi della propria vita" (v. Cass. 13-1-2009 n. 458, v. anche Cass. 8-4-2010 n. 8360). Tale danno, inoltre, come pure è stato precisato, "non rientra nella nozione di danno biologico recepita dal D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, art. 13" (v. Cass. 27-5-2009 n. 12326). Peraltro questa Corte, anche in precedenza aveva affermato che la brevità del periodo di sopravvivenza alle lesioni, se esclude l'apprezzabilità ai fini risarcitori del deterioramento della qualità della vita in ragione del pregiudizio della salute, ostando alla configurabilità di un danno biologico risarcibile, non esclude viceversa che la vittima abbia potuto percepire le conseguenze catastrofiche delle lesioni subite e patire sofferenza, il diritto al cui risarcimento, sotto il profilo del danno morale, risulta pertanto già entrato a far parte del suo patrimonio al momento della morte, e può essere conseguentemente fatto valere "iure hereditatis".