05/08/2020 free
Il trattamento riabilitativo ABA rientra nelle terapie sanitarie a carico del SSN
Il trattamento con metodologia ABA è un trattamento riabilitativo compreso nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e che è riconosciuto dalle più recenti evidenze scientifiche e, quindi, come tale, rientra nei trattamenti sanitari che il Servizio Sanitario Regionale eroga. La ASL, pertanto, è tenuta ad somministrare a tutti gli assistiti il trattamento medesimo, purché sussistano le condizioni richiamate dal disposto del D.lgs. n. 502/1992 e conseguentemente sussiste la legittimazione passiva della ASL.
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Tribunale Roma sez. lav., 06/07/2020
TRIBUNALE ORDINARIO DI ROMA
SECONDA SEZIONE LAVORO
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, composto dai
seguenti Magistrati:
Ermanno Cambria Presidente
Ottavio Picozzi Giudice relatore
Claudia Cane' Giudice
all'esito dell'udienza camerale del 25 giugno 2020 ha pronunciato la
seguente
ORDINANZA
nel procedimento di reclamo, iscritto al n° 12233/2020 R.G. misure
cautelari, vertente
TRA
L.A. e N.F.M.L., nella qualita' di genitori esercenti la
responsabilita' genitoriale sul minore, N.L.M.L., elettivamente
domiciliati in Roma, via A.G., presso lo studio dell'avv. Daria
Pietrocarlo che li rappresenta e difende unitamente e disgiuntamente
all'avv. Alessandra Pillinini giusta procura rilasciata su atto
separato
RECLAMANTI
E
ASL ROMA 1, in persona del legale rappresentante pro tempore,
elettivamente domiciliata in Roma via B.S.S., rappresentata e difesa
dall'avv. Gloria Di Gregorio e dall'avv. Andrea Mollo
RESISTENTE
Sentiti i difensori delle parti, in camera di consiglio ed a
scioglimento della riserva di cui al verbale d'udienza;
OSSERVA
Fatto
Con reclamo ex art. 669 terdecies c.p.c.L.A. e N.F.M.L.,, nella qualita' di genitori esercenti la potesta' genitoriale sul minore N.L.M.L., impugnavano l'ordinanza n. 34765/2020 emessa dal Tribunale di Roma Sezione Lavoro in data 19 aprile 2020 resa all'esito del giudizio cautelare ex art. 700 c.p.c. (procedimento R.G. n. 41548/2019).
In tale giudizio i reclamanti, nell'interesse del figlio N.L.M.L., avevano chiesto l'accertamento e la declaratoria del diritto del predetto minore a ricevere a carico del SSN - ai sensi dell'art. 1 del D.Lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, dell'art. 19 della Legge n. 833/1979 e delle Linee Guida per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti, cosi' come aggiornate nel 2015 - il trattamento riabilitativo cognitivo -comportamentale pari a 40 ore settimanali di terapia, per un periodo non inferiore a 48 mesi, con utilizzazione del metodo ABA, constatata l'evidenza scientifica della predetta metodologia terapeutica.
Gli odierni reclamanti avevano dedotto, quanto al fumus boni iuris, che in seguito al disturbo autistico era stata riconosciuta a N.L.M.L. la condizione di portatore di handicap in situazione di gravita' di cui all'art. 3 comma 3 della Legge n. 104/92 e l'indennita' di accompagnamento di cui all'art. 1 della Legge n. 18/80; che diversi sanitari anche appartenenti a strutture pubbliche come il Policlinico Tor Vergata avevano prescritto al minore la predetta terapia cognitivo-comportamentale ad indirizzo ABA; che la predetta terapia era indicata per la sua efficacia dalle Linee guida per l'autismo adottate dal Ministero della Salute - Istituto Superiore della Sanita', dalle quali risultavano evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute; che la terapia ABA intrapresa per migliorare la condizione del minore N.L.M.L., era stata effettuata presso un Centro privato con 4 ore di trattamento, i cui costi erano stati interamente sostenuti da essi reclamanti, attesa l'assenza di strutture pubbliche, mancando del tutto le strutture organizzative dei servizi territoriali preposti; che le spese sostenute, risultanti dalle fatture allegate, ammontavano a un totale di euro 6.916,80, sia per la terapia ABA svolta nel periodo dal settembre 2019 all'inizio di dicembre 2019 per 4 ore settimanali, nonche' per logopedia e psicomotricita'; che la ASL non aveva accolto le richieste di erogazione della prestazione da parte della ASL e/o di rimborso delle ingenti spese sostenute; che i notevoli costi dei trattamenti in questione erano oramai divenuti insostenibili, ma, stanti i benefici prodotti dalla terapia, l'eventuale sospensione della stessa o il mutamento della sua struttura avrebbe potuto pregiudicare gli effetti positivi prodotti sulla salute del minore.
Con riferimento al pericolo di un pregiudizio grave e irreparabile gli odierni reclamanti avevano evidenziato che essi erano oramai prossimi a non poter piu' continuare a garantire le attuali ore di terapia avendo esaurito i propri risparmi, tenendo conto dell'esigenza di soddisfare le altre minime esigenze di vita dell'intero nucleo familiare, tanto piu' che, secondo le indicazioni dei sanitari, avrebbero dovuto essere aumentate le ore settimanali di terapia, con la conseguenza della compromissione dei miglioramenti fin qui ottenuti; che le condizioni di salute del minore N.L.M.L. avrebbero subito un pregiudizio grave e irreparabile connesso alla sospensione della prestazione necessaria per tutto il tempo occorrente alla instaurazione e conclusione di un giudizio ordinario, in considerazione della patologia diagnosticata e della sua progressiva evoluzione; che, in ogni caso, il minore non poteva essere trasferito presso altre strutture o presso altri operatori sanitari, in quanto cio' avrebbe comportato un trauma per il minore stesso, anche in considerazione della possibile compromissione dei notevoli benefici che il bambino stava conseguendo presso il Centro AITA in cui era in cura e delle caratteristiche proprie della patologia da cui era affetto che presupponeva una estrema resistenza al cambiamento.
Nel giudizio ex art. 700 c.p.c. si era costituita l'Azienda Sanitaria Locale Roma 1, contestando le avverse deduzioni ed evidenziando l'assenza di evidenze scientifiche univoche circa la generica e universale validita' ed efficacia dell'approccio terapeutico richiesto e, in ogni caso, la necessita' di una verifica di tale efficacia da effettuarsi caso per caso. Chiedeva il rigetto del ricorso per insussistenza tanto del fumus boni iuris quanto del periculum in mora.
Il giudice di prime cure con ordinanza n. 34765/2020 emessa dal Tribunale Sezione Lavoro in data 19 aprile 2020 aveva rigettato il ricorso ritenendo l'insussistenza del periculum in mora dal momento che le parti ricorrenti non avevano tempestivamente allegato e chiesto di provare specifiche circostanze atte a dimostrare l'effettivita' del rischio per la salute del minore, che, secondo la loro prospettazione, sarebbe stata minacciata dalla sospensione della terapia ABA, somministrata dal settembre 2019 con spese interamente a carico del nucleo familiare. Inoltre il primo giudice aveva rilevato come L.A. e N.F.M.L., nulla di specifico avevano allegato e/o chiesto di dimostrare in ordine all'effettiva impossibilita' di affrontare la spesa mensile per la terapia ABA, non avendo descritto in misura adeguata la loro effettiva situazione reddituale e patrimoniale e nulla avendo dedotto ne' provato in ordine alla loro occupazione lavorativa, all'effettiva ed attuale situazione reddituale e patrimoniale del nucleo familiare, all'eventuale esposizione debitoria per altre circostanze estranee alla situazione in esame. Infine, il giudice nel provvedimento reclamato aveva evidenziato come l'esborso dell'importo necessario ad assicurare al minore le terapie diverse da ABA prima, e tale ultima terapia poi, si protraesse comunque dal 2016, senza che anteriormente al dicembre 2019 fosse stata intentata alcuna azione di merito o cautelare.
Avverso la citata ordinanza, L.A. e N.F.M.L., proponevano il reclamo al collegio, ribadendo le argomentazioni sopra esposte in ordine al fumus boni iuris e al periculum in mora ed evidenziando, quanto al pregiudizio di un danno grave e irreparabile, che il periculum doveva intendersi quale danno imminente ed irrimediabile alla salute cui era esposto il diritto nel tempo necessario a farlo valere in un giudizio in via ordinaria, mentre, nella fattispecie, erroneamente il giudice lo aveva ancorato a un mero dato reddituale di essi reclamanti; che, peraltro, avevano allegato al ricorso d'urgenza non solo la copia del CU 2018 di L.A. ma anche il modello fiscale della societa' di essi istanti, di cui il N.F.M.L., era amministratore; che da tali documenti, diversamente da quanto ritenuto dal giudice di prime cure si ricavava la situazione reddituale di entrambi i genitori del minore N.L.M.L. e non solo della L.A. ; che in particolare, quest'ultima, alla stregua di tale documentazione risultava aver percepito nell'anno 2017 a titolo di reddito da lavoro dipendente la somma di euro 10.259,17 su base annuale, pari a circa euro 1.000,00 mensili, mentre l'utile della societa' di cui la predetta era socia, era stato pari a euro 5.041,00; che, inoltre, nella dichiarazione 2018 relativa alla posizione della L.A. si evinceva nel riquadro “familiari a carico” la presenza di due soggetti, ossia il marito e il figlio, identificabili tramite il codice fiscale; che erano considerati familiari fiscalmente a carico tutti i membri della famiglia che nel 2017 non avevano posseduto un reddito complessivo superiore a euro 2.840,51, al lordo degli oneri deducibili; che, quindi, essi reclamanti avevano dato prova della effettiva ed attuale situazione reddituale e patrimoniale del nucleo familiare; che, peraltro, la societa' di famiglia F.eJ. S.R.L.S, come emergeva dalla documentazione in atti, nel periodo di imposta 2017 aveva avuto solo un utile di circa euro 5.000,00 e successivamente, precisamente a gennaio 2020, era stata inattiva e attualmente era in fase di liquidazione; che, in conseguenza delle difficolta' economiche evidenziate, dall'11 marzo 2020, N.F.M.L.,, non ricoprendo piu' il ruolo di amministratore pro tempore, lavorava part time presso un ristorante con una retribuzione per il mese di marzo 2020 pari a euro 401,62 come da busta paga allegata; che attualmente L.A. era disoccupata, come risultava dalla percezione dell'indennita' di disoccupazione NASPI allegata; che, inoltre, secondo il parere del centro AITA, presso il quale il minore N.L.M.L. svolgeva la terapia ABA, il bambino, visti i miglioramenti ottenuti, avrebbe avuto bisogno di aumentare le ore settimanali di terapia ABA, senza che, tuttavia, essi reclamanti potessero permetterselo; che, contrariamente a quanto affermato nell'ordinanza reclamata, la situazione di indigenza economica era evidente e documentata, tanto piu' a fronte della necessita' di affrontare la spesa necessaria per una terapia riabilitativa continuativa rispetto a una malattia cronica; che, quindi, non poteva dubitarsi della sussistenza del requisito del periculum in mora legato alla impossibilita' continuare a sostenere i rilevanti costi della terapia, la cui interruzione/sospensione avrebbe determinato un pericolo concreto di un grave pregiudizio alla salute del minore; che alla luce delle evidenze scientifiche e della stessa legislazione nazionale e regionale non poteva essere messa in dubbio la validita' della metodologia ABA per il trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico per cui, tenuto conto del diritto assoluto alla salute del minore N.L.M.L., sussisteva anche il requisito del fumus boni iuris. Pertanto, i reclamanti avevano reiterato le richieste formulate nella precedente fase del giudizio.
Si costituiva in sede di reclamo l'Azienda Sanitaria Locale Roma 1 ribadendo quanto affermato in ordine all'insussistenza del fumus boni iuris e del periculum in mora. In particolare, evidenziava come il piano terapeutico del minore fosse stato predisposto dai sanitari e dalle strutture private che lo avevano in cura, senza l'intervento del Medico Neuropsichiatra Pubblico il quale, tra l'altro, aveva il compito di verificare e valutare il programma di trattamento eventualmente proposto da strutture accreditate al fine della corretta tutela della salute del paziente; che, comunque, il bambino beneficiava della terapia richiesta e modulata dai centri presso i quali i genitori si erano rivolti, svolgendo 4 ore settimanali di terapia domiciliare per cui non sussisteva il fumus boni iuris; che, con riguardo alla mancanza, nella fattispecie, del pregiudizio imminente e irreparabile quale presupposto del provvedimento d'urgenza richiesto assumeva che le controparti non avevano dato adeguata e convincente prova della solo affermata impossibilita' di far fronte per il futuro ai costi della terapia; che, peraltro, L.A. e N.F.M.L., non avevano chiesto il rimborso, ma l'assunzione della spesa a carico di essa Azienda Sanitaria ma non nella misura corrispondente alle ore di terapie di cui il minore attualmente beneficiava bensi' in misura ingiustificatamente decuplicata (40 ore settimanali) senza tenere conto degli impegni scolastici e dei profili soggettivi che non potevano non essere presi in considerazione in relazione al singolo caso concreto; che tale tipo di richiesta necessitava di approfondimenti e controlli clinici da parte della struttura pubblica incompatibili con lo strumento cautelare prescelto dalla controparte con particolare riguardo alla predisposizione o validazione di un corretto piano terapeutico individualizzato e nella erogazione, diretta o mediante l'intervento di strutture private accreditate o, ancora, di strutture private non accreditate ma quantomeno autorizzate all'esercizio di attivita' sanitaria. Pertanto, concludeva per il rigetto del reclamo in quanto infondato, con vittoria di spese e onorari del giudizio.
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Osserva il Collegio che, nella fattispecie, il ricorso risulta parzialmente fondato e pertanto deve essere accolto per quanto di ragione. Ed invero, deve essere riconosciuto il diritto del minore N.L.M.L. a ricevere, in via diretta dalla ASL RM 1, ovvero mediante rimborso delle ore di terapia ricevute da terzi, a carico del Sistema Sanitario Regionale, l'erogazione del trattamento riabilitativo ABA per 20 ore settimanali, per la durata di 24 mesi.
Con riferimento al requisito del fumus boni iuris si osserva che l'art. 74 della Legge Regionale n. 7 del 22 ottobre 2018 ha formalmente incluso la terapia cognitivo-comportamentale ad indirizzo ABA nell'ambito dei trattamenti riconosciuti dalle Linee Guida come “trattamenti ad evidenza scientifica riconosciuta”. Tale norma stabilisce, quindi, al fine di favorire un migliore adattamento alla vita quotidiana del minore in eta' evolutiva pre-scolare (ossia fino al compimento dei 6 anni) nello spettro autistico, di sostenere le famiglie, dando priorita' a quelle con un numero di figli nello spettro superiore ad 1 e con un ISEE inferiore o pari a 8 mila euro. Da cio' consegue, ai sensi dell'art.1 commi 2 e 7, del D.lgs. n. 502/1992 e del DCPM del 12 gennaio 2017, l'obbligo del S.S.R. di fornire tale trattamento.
Infatti l'art.1 comma 2 del D.lgs. 502/1992 prevede che: “2. Il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso le risorse finanziarie pubbliche individuate ai sensi del comma 3 e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dagli articoli 1 e 2 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignita' della persona umana, del bisogno di salute, dell'equita' nell'accesso all'assistenza, della qualita' delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonche' dell'economicita' nell'impiego delle risorse”.
Il successivo comma 7 stabilisce che: “7. Sono posti a carico del Servizio sanitario le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che presentano, per specifiche condizioni cliniche o di rischio, evidenze scientifiche di un significativo beneficio in termini di salute, a livello individuale o collettivo, a fronte delle risorse impiegate. Sono esclusi dai livelli di assistenza erogati a carico del Servizio sanitario nazionale le tipologie di assistenza, i servizi e le prestazioni sanitarie che:
a) non rispondono a necessita' assistenziali tutelate in base ai principi ispiratori del Servizio sanitario nazionale di cui al comma 2;
b) non soddisfano il principio dell'efficacia e dell'appropriatezza, ovvero la cui efficacia non e' dimostrabile in base alle evidenze scientifiche disponibili o sono utilizzati per soggetti le cui condizioni cliniche non corrispondono alle indicazioni raccomandate;
c) in presenza di altre forme di assistenza volte a soddisfare le medesime esigenze, non soddisfano il principio dell'economicita' nell'impiego delle risorse, ovvero non garantiscono un uso efficiente delle risorse quanto a modalita' di organizzazione ed erogazione dell'assistenza”.
Inoltre, l'art. 3 della Legge n. 134/2015 prevede che i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) relativi al disturbo dello spettro autistico vengano aggiornati sulla base delle piu' avanzate conoscenze specifiche. Tale norma, infatti, cosi' testualmente recita: “1. Nel rispetto degli equilibri programmati di finanza pubblica e tenuto conto del nuovo Patto per la salute 2014-2016, … si provvede all'aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, con l'inserimento, per quanto attiene ai disturbi dello spettro autistico, delle prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle piu' avanzate evidenze scientifiche disponibili”.
Il DCPM 12 gennaio 2017 nell'aggiornare i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) ha previsto, infine, all'art. 60 comma 1 che: “1. Ai sensi della legge 18 agosto 2015, n. 134, il Servizio sanitario nazionale garantisce alle persone con disturbi dello spettro autistico, le prestazioni della diagnosi precoce, della cura e del trattamento individualizzato, mediante l'impiego di metodi e strumenti basati sulle piu' avanzate evidenze scientifiche”.
Inoltre le linee guida emanate nel novembre 2012 dal Ministero della Salute - Istituto Superiore di Sanita' aventi ad oggetto “il trattamento di disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti” evidenziano che “tra i programmi intensivi comportamentali il modello piu' studiato e' l'analisi comportamentale applicata (Applied Behaviour Analysis ABA): gli studi sostengono una sua efficacia nel migliorare le abilita' intellettive (QI), il linguaggio e i comportamenti adottativi nei bambini con disturbi dello spettro autistico. Le prove a disposizione, anche se non definitive, consentono di consigliare l'utilizzo del modello ABA nel trattamento dei bambini con disturbi dello spettro autistico…”.
Quindi, in virtu' della richiamata normativa e delle stesse valutazioni del Ministero della salute, deve concludersi che il trattamento con metodologia ABA e' un trattamento riabilitativo compreso nei LEA (Livelli Essenziali di Assistenza) e che e' riconosciuto dalle piu' recenti evidenze scientifiche e, quindi, come tale, rientra nei trattamenti sanitari che il Servizio Sanitario Regionale eroga. La ASL, pertanto, e' tenuta ad somministrare a tutti gli assistiti il trattamento medesimo, purche' sussistano le condizioni richiamate dal disposto del D.lgs. n. 502/1992 e conseguentemente sussiste la legittimazione passiva della ASL, nella fattispecie, della ASL Roma 1. Incontestata tra le parti e' l'attribuzione della controversia al giudice ordinario in quanto, secondo costante giurisprudenza, le cause relative a lesioni del diritto soggettivo alla salute, non suscettibile di affievolimento, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario.
Con riguardo alla fattispecie in esame non puo' dubitarsi che, in via generale, sia legittima l'imposizione di tetti di spesa sanitaria pubblica, date le insopprimibili esigenze di equilibrio finanziario, di sostenibilita' e di razionalizzazione della spesa. Tuttavia, la circostanza che determinate prestazioni sanitarie non siano state inserite nei livelli essenziali di assistenza, pur rappresentando un limite fissato alle Regioni (art. 117, comma secondo, lett. m, Cost.) e connesso alla salute intesa quale diritto finanziariamente condizionato, non puo' costituire ragione sufficiente, in se' sola, a negare del tutto prestazioni essenziali per la salute degli assistiti, ne' puo' incidere sul nucleo irriducibile ed essenziale del diritto alla salute, poiche' l'ingiustificato diverso trattamento delle persone affette da una patologia, in base alla capacita' economica delle stesse, non puo' costituire un limite rispetto all'esercizio di un diritto fondamentale.
In particolare secondo la giurisprudenza di legittimita' “vanno anzitutto richiamati i principi enunciati dalle Sezioni Unite, secondo cui la discrezionalita' della pubblica amministrazione nel valutare sia le esigenze sanitarie di chi chieda una prestazione del Servizio Sanitario Nazionale, sia le proprie disponibilita' finanziarie, viene meno quando l'assistito chieda - come nella fattispecie - il riconoscimento del diritto alla erogazione di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, facendo valere una pretesa correlata al diritto alla salute, per sua natura non suscettibile di affievolimento. Sotto questo profilo, non puo' essere quindi condiviso l'assunto dell'azienda ricorrente che, richiamando la normativa regolamentare emanata per la definizione dei livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni specialistiche ambulatoriali assicurate dal servizio pubblico, afferma che la valutazione e decisione in ordine alle prestazioni sanitarie erogabili e' rimessa unicamente all'Amministrazione Sanitaria. Si deve invece affermare, alla stregua dei principi enunciati dalla giurisprudenza di questa Corte, che data la dimensione di diritto assoluto e primario, costituzionalmente garantito, della situazione soggettiva fatta valere, questa non puo' essere definitivamente sacrificata o compromessa, sicche' allorquando si prospettino motivi di urgenza suscettibili di esporla a pregiudizi gravi ed irreversibili, alla pubblica amministrazione manca qualsiasi potere discrezionale di incidere su tale diritto, non essendo ad essa riservato se non il potere di accertare la carenza di quelle condizioni e di quei presupposti richiesti perche' la pretesa avanzata dal cittadino assuma, per il concreto contesto nel quale viene fatta valere, tale dimensione, suscettibile di assicurarle una tutela rafforzata; si deve conseguentemente negare l'esercizio di poteri discrezionali (compresi quelli autorizzativi) da parte della pubblica amministrazione e, quindi, la configurabilita' di atti amministrativi (comunque disapplicabili ai sensi della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, articolo 5, all. E), condizionanti il diritto all'assistenza (cfr. per tutte Cass., Sez. Un., 20 agosto 2003 n. 12249; 24 giugno 2005 n. 13548; Cass., Sez. Un., 30 maggio 2005 n. 11334, 1 agosto 2006n. 17461). Cio' posto, la sussistenza o meno del diritto all'erogazione della prestazione richiesta da parte del Servizio Sanitario Nazionale deve essere accertata in relazione ai presupposti stabiliti dalla disciplina dettata in materia sanitaria dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articolo 1 (nel testo modificato dal Decreto Legislativo 19 giugno 1999, n. 229, articolo 1), con cui si stabilisce al comma 2 che "il Servizio sanitario nazionale assicura, attraverso risorse pubbliche e in coerenza con i principi e gli obiettivi indicati dalla Legge 23 dicembre 1978, n. 833, articoli 1 e 2, i livelli essenziali e uniformi di assistenza definiti dal Piano sanitario nazionale nel rispetto dei principi della dignita' della persona umana, del bisogno di salute, dell'equita' nell'accesso all'assistenza, della qualita' delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze, nonche' dell'economicita' nell'impiego delle risorse" (cfr. Cass. civ., Sez. Lav., Sentenza n. 17541 del 23 agosto 2011). In definitiva, la discrezionalita' della pubblica amministrazione nel valutare sia le esigenze sanitarie di chi chieda una prestazione del Servizio Sanitario Nazionale, sia le proprie disponibilita' finanziarie, viene meno quando l'assistito chieda il riconoscimento del diritto all'erogazione di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, facendo valere una pretesa correlata al diritto alla salute, per sua natura non suscettibile di affievolimento. In tale ambito, quindi, non puo' essere riconosciuto l'esercizio di poteri discrezionali (compresi quelli autorizzativi) da parte della pubblica amministrazione e, quindi, la configurabilita' di atti amministrativi (comunque disapplicabili ai sensi della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, art. 5, all. E), condizionanti il diritto all'assistenza. Pertanto, quando si tratti del nucleo essenziale del diritto alla salute e la prestazione in considerazione sia indispensabile e indifferibile per la sua tutela, le esigenze della finanza pubblica e le disposizioni normative debbono subire una deroga in vista del soddisfacimento del diritto alla salute tutelato dalla Costituzione quale ambito inviolabile della dignita' umana.
Pertanto, e' pacifica l'inclusione del metodo ABA tra i trattamenti riconosciuti dalle Linee Guida come “trattamenti ad evidenza scientifica riconosciuta”, ed e' anche incontestata la diagnosi di disturbo dello spettro autistico posta per la prima volta in data 3 luglio 2017 dai sanitari della ASL RM 1 secondo cui il minore N.L.M.L. e' affetto da “disturbo globale dello sviluppo con particolare compromissione dell'area comunicativa e sociale, a rischio di grado severo di disturbo dello spettro autistico” (cfr. doc. n. 3 del fascicolo di parte ricorrente della prima fase del giudizio). Tale diagnosi, peraltro e' stata confermata dal certificato del 25 settembre 2019 della stessa ASL RM 1 (cfr. doc. n. 10 del fascicolo di parte ricorrente della prima fase del giudizio) nonche' dal certificato del 16 gennaio 2019 dell'Unita' Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico di Tor Vergata secondo cui il predetto minore soffre di “disturbo dello spettro autistico (cod. ICD9 – CM 299.0; cod. ICD 10F 84.0) con compromissione del funzionamento globale senza compromissione cognitiva associata. Tratti di disattenzione e disregolazione motoria e comportamentale” (cfr. doc. n. 7 del fascicolo di parte ricorrente della prima fase del giudizio). In tale situazione deve essere accertato se il minore N.L.M.L., abbia diritto al trattamento ABA a spese del S.S.N. in quanto implicante un significativo beneficio in termini di salute (a livello individuale o collettivo), non ottenibile con altre forme di assistenza erogate dal S.S.N.. In primo luogo, al riguardo, deve essere evidenziata la gravita' delle condizioni di salute del minore, tanto che con verbale INPS del 2 ottobre 2017 (cfr. doc. 4 del fascicolo di parte ricorrente della precedente fase) gli e' stato riconosciuto lo stato di portatore di handicap grave secondo i requisiti previsti dall'art. 3, comma 3, della legge n. 104 del 1992. Inoltre, con verbale INPS del 14 dicembre 2017 (cfr. doc. 4 del fascicolo di parte ricorrente della precedente fase) N.L.M.L. ha ottenuto il riconoscimento del diritto all'indennita' di accompagnamento ex art. 1 della Legge 18/80 e succ. mod. e integrazioni, necessitando di assistenza continua, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita. Nel settembre del 2019 il minore ha iniziato le cure presso la struttura privata con utilizzazione del metodo ABA come emerge dalla relazione di inizio terapia della dott.ssa C.G., psicologa dello sviluppo e supervisore ABA (cfr. doc. 8 del fascicolo di parte ricorrente della precedente fase). La validita' della terapia con riguardo al disturbo dello spettro autistico da cui il minore e' affetto e' stata attestata dalla stessa dott.ssa G. che nella relazione del 27 novembre 2019 (cfr. doc. 9 del fascicolo di parte ricorrente della precedente fase) ha affermato che “a fronte di una serie d'incontri settimanali e di supervisioni mensili, ho potuto osservare che N.L.M.L. ha conseguito notevoli miglioramenti, soprattutto per quanto riguarda la relazione con l'adulto, la compliance e la riduzione delle rigidita' importanti che gli impedivano di portare avanti tutta una serie di autonomie personali” per cui ha suggerito “di intensificare il percorso terapeutico, come da Linee Guida dell'istituto Superiore della Sanita', ripartendo l'intervento tra il domiciliare e la terapia a scuola”. La necessita' e l'efficacia del trattamento riabilitativo cognitivo comportamentale mediante la metodologia ABA con riguardo alle specifiche condizioni di salute del minore N.L.M.L. risulta affermata anche dalla struttura pubblica e in particolare dall'Unita' Operativa Complessa di Neuropsichiatria Infantile del Policlinico di Tor Vergata che nella relazione del 16 gennaio 2019 ha prescritto al minore quanto segue: “In relazione alle caratteristiche sopradescritte e alla diagnosi di base, si ritiene necessario proseguire e intensificare l'intervento abilitativo in atto, integrando l'attuale piano di trattamento logopedico e neuropsicomotorio, con un percorso di terapia psicologica con orientamento cognitivo-comportamentale, come indicato da linee guida ISS, finalizzato al miglioramento delle difficolta' emerse dalla presente valutazione” (cfr. doc. n. 7 del fascicolo di parte ricorrente della prima fase del giudizio).
Sulla base di tali elementi e in relazione alle specifiche condizioni di salute del minore N.L.M.L. deve ritenersi la sussistenza del requisito del “fumus boni iuris”, poiche' la domanda dell'erogazione del trattamento sanitario riabilitativo cognitivo comportamentale mediante la metodologia ABA risulta riconducibile nella fattispecie alla tutela del fondamentale diritto alla salute cui e' riconosciuto valore primario dall'art. 32 della Costituzione. Infatti, il Ministero della Salute - Istituto Superiore di Sanita' ha riscontrato e affermato la validita' scientifica e l'efficacia terapeutica della prestazione sanitaria richiesta ritenendola appropriata per la patologia del disturbo dello spettro autistico da cui e' affetto il figlio dei reclamanti. Inoltre, sia strutture pubbliche che private hanno prescritto la terapia in questione riconoscendola efficace e indispensabile per la salute del minore. In definitiva ricorrono, nella fattispecie, le evidenze scientifiche della terapia (cfr, Cass. civ., Sez. Lav., Sentenza n. 6775 del 19 marzo 2018).
Inoltre, i reclamanti hanno dedotto e provato che non vi sono strutture riabilitative pubbliche o convenzionate che erogano la terapia cognitivo comportamentale (cfr. elenco centri di riabilitazione di cui al doc. n. 5 del fascicolo di parte ricorrente della precedente fase del giudizio). Ne' risultano presenti altre forme di assistenza, meno costose e di efficacia comparabile, volte a soddisfare le medesime esigenze ed erogabili dalle strutture pubbliche o convenzionate. Peraltro, l'Azienda Sanitaria Locale Roma 1 non ha contestato tali circostanze.
Sussiste, altresi', il requisito del periculum in mora con riguardo tanto alle condizioni di salute del minore N.L.M.L. quanto con riferimento alla situazione economica della famiglia, che non e' risultata in grado di sostenere gli elevati costi del trattamento sanitario riabilitativo cognitivo comportamentale mediante la metodologia ABA. In proposito, in via generale, la Suprema Corte ha avuto occasione di chiarire che “la sussistenza del diritto all'erogazione da parte del Servizio Sanitario Nazionale di cure tempestive non ottenibili dal servizio pubblico, quando siano prospettati motivi di urgenza suscettibili di esporre la salute a pregiudizi gravi ed irreversibili, deve essere accertata sulla base dei presupposti richiesti dalla disciplina dettata in materia sanitaria dal Decreto Legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, articolo 1 (nel testo modificato dal Decreto Legislativo 19 giugno 1999 n. 229, articolo 1 applicabile ratione temporis). In base al principio di appropriatezza ed efficacia enunciato da tale normativa, i benefici conseguibili con la prestazione richiesta devono essere posti a confronto con l'incidenza della pratica terapeutica sulle condizioni di vita del paziente, dovendosi considerare in particolare - in relazione ai limiti anche temporali del recupero delle capacita' funzionali - la compromissione degli interessi di socializzazione della persona, derivante dalla durata e gravosita' dell'impegno terapeutico” (Cass. civ., Sez. Lav., Sentenza n. 10692 del 24 aprile 2008, Cass. civ., Sez. Lav., Sentenza n. 18676 del 4 settembre 2014, Cass. civ., Sez. Lav., Sentenza n. 7279 del 10 aprile 2015, Cass. civ., Sez. Lav., Sentenza n. 6775 del 19 marzo 2018).
Nello specifico la sospensione della terapia in corso, in attesa della definizione di un ordinario giudizio di cognizione, comporterebbe un pregiudizio grave e irreparabile per il minore. Da un lato, infatti, sarebbero compromessi i risultati positivi gia' ottenuti, consistenti in un accrescimento del patrimonio di competenza sociale, comunicativa e dell'autonomia personale, come risultanti dalla relazione del 27 novembre 2019 della dott.ssa C.G. (cfr. doc. 9 del fascicolo di parte ricorrente della precedente fase) e, dall'altro, sarebbero impediti i miglioramenti dello stato di salute attesi in base alle relazioni e prescrizioni medico sanitarie in atti. Tali elementi, oltre che la gravita' della patologia da cui e' affetto il minore che ne compromette del tutto l'autonomia, la progressiva evoluzione della malattia e i rilevanti costi del trattamento in questione rispetto alla situazione reddituale del nucleo familiare, inducono a ritenere l'esistenza del pericolo di un pregiudizio grave e irreparabile per la salute del minore in relazione al tempo necessario alla definizione di un ordinario giudizio di cognizione, derivante dalla sospensione del trattamento terapeutico. Del resto, alla stregua dei chiarimenti forniti con il reclamo non puo' dubitarsi che le condizioni economiche della famiglia non consentano di affrontare neppure in via provvisoria le ingenti spese necessarie per la terapia cognitivo comportamentale – metodo ABA. Ed invero L.A. dalla Certificazione Unica per l'anno 2018 versata in atti (cfr. doc. n. 22 del fascicolo di parte ricorrente della prima fase del giudizio) risulta aver percepito nell'anno 2017 a titolo di reddito da lavoro dipendente la somma complessiva di euro 10.259,17, mentre dalla dichiarazione dei redditi della stessa L.A. sempre relativa ai redditi dell'anno 2017 (cfr. doc. n. 22 del fascicolo di parte ricorrente della precedente fase del giudizio) emerge che l'utile della societa' F.eJ. S.R.L.S di cui la predetta e' socia, e' stato pari a euro 5.041,00. Dalla stessa dichiarazione dei redditi si ricava che il marito N.F.M.L., e il figlio minore N.L.M.L. sono a carico della L.A. , circostanza da cui emerge che nell'annualita' in esame non hanno posseduto un reddito complessivo superiore a euro 2.840,51, al lordo degli oneri deducibili. Peraltro, la predetta societa' al 31 gennaio 2020 risulta inattiva (cfr. doc. n. 2 del fascicolo di parte reclamante) e alla data del 10 marzo 2020 in liquidazione (cfr. doc. n. 3 del fascicolo di parte reclamante). Inoltre, da marzo 2020 N.F.M.L., lavora part time presso un ristorante, come risulta dalla busta paga versata in atti (cfr. doc. n. 4 del fascicolo di parte reclamante) da cui si ricava che per tre settimane di lavoro nel mese di marzo 2020 ha ricevuto la retribuzione di euro 401,62. Nelle more, L.A. ha perso il suo lavoro e attualmente e' disoccupata e riceve la relativa indennita' NASPI (cfr. doc. n. 5 del fascicolo di parte reclamante). In tale situazione non puo' dubitarsi dell'impossibilita' per il nucleo familiare di affrontare gli elevati costi della terapia in questione, con il descritto pregiudizio imminente e irreparabile per la salute del minore, derivante dalla sospensione del trattamento sanitario riabilitativo cognitivo comportamentale mediante la metodologia ABA.
Conseguentemente, la ASL RM 1, in persona del legale rappresentante pro-tempore, deve essere condannata a erogare in via diretta, o mediante la copertura dei relativi costi, la terapia ABA al minore N.L.M.L., nella misura di venti ore settimanali (le linee guida emanate dall'Istituto Superiore di Sanita' per il trattamento dei disturbi dello spettro autistico nei bambini e negli adolescenti prevedono per tale trattamento cognitivo comportamentale - metodo ABA la misura minima di venti ore settimanali) per la durata provvisoria di 24 mesi, cioe' il tempo necessario per la eventuale instaurazione di un giudizio ordinario, all'esito del quale individuare piu' specificamente, anche tramite l'ausilio di consulenza tecnica, le necessita' di trattamento terapeutico del minore in relazione alle sue condizioni di salute.
In applicazione del principio della soccombenza, la parte reclamata va condannata al pagamento delle spese dei due gradi del presente procedimento cautelare, liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando sul reclamo in epigrafe, cosi' provvede:
- in accoglimento del reclamo annulla l'ordinanza reclamata e accerta il diritto del minore N.L.M.L. a ricevere, in via diretta dalla ASL RM1, ovvero mediante rimborso delle ore di terapia ricevute da terzi a carico del Sistema Sanitario Regionale, l'erogazione del trattamento riabilitativo con metodologia ABA per 20 ore settimanali, per la durata di 24 mesi con decorrenza dalla notifica della presente ordinanza;
- condanna la ASL RM 1, in persona del legale rappresentante pro-tempore, al pagamento, in favore dei reclamanti, delle spese dei due gradi del giudizio cautelare, che si liquidano in complessivi euro 3.000,00, oltre spese generali al 15%, oltre IVA e CPA coma per legge.
Si comunichi.
Cosi' deciso in Roma, nella camera di consiglio del 25 giugno 2020