29.07.2014 free
Vendita nella parafarmacie dei medicinali di fascia “C” soggetti a prescrizione medica: verso una nuova pronuncia della Corte di Giustizia UE
Il TAR Catania, nel 2012, con ordinanza (n. 2491 del 23 ottobre 2012), aveva rimesso alla Corte di Giustizia UE la questione pregiudiziale nell’ambito di un procedimento intrapreso da un farmacista iscritto all’Ordine, diretto ad ottenere l’annullamento del provvedimento del Ministero della Salute con il quale non era stata accolta «l'istanza proposta […] al fine di essere autorizzato alla vendita di medicinali con l'obbligo di prescrizione medica non soggetti a rimborso da parte del Servizio sanitario nazionale».
Pendente la questione pregiudiziale dinanzi alla Corte a seguito della Sentenza del giudice dell’UE 5.12.2013 (si veda nostro articolo del 17.12.2013), veniva richiesto al TAR Sicilia – Catania, se ritenesse opportuno mantenere il rinvio pregiudiziale alla luce della intervenuta pronuncia su questione simile.
Il TAR Catania, con provvedimento dello scorso 24 luglio, ha ritenuto comunque necessario il pronunciamento della Corte di giustizia sulle questioni interpretative sollevate con l’Ordinanza n. 2491/2012, in particolare in ordine a due punti specifici più ampiamente sviluppati nella stessa ordinanza di rimessione del 2012.
Il Tribunale amministrativo ebbe infatti occasione di osservare che un’altra norma del diritto comunitario va richiamata quando si discuta di limitazioni e restrizioni poste all’esercizio delle libere professioni.
Si tratta dell’art. 15 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea, secondo il quale (primo comma) «Ogni individuo ha il diritto… di esercitare una professione liberamente scelta o accettata».
Deve pertanto chiedersi alla Corte di giustizia – ha evidenziato il TAR - se l’art. 15 della Carta dei Diritti fondamentali dell’Unione europea vada interpretato nel senso che il principio ivi stabilito si applichi senza limiti anche alla professione di farmacista, nonostante questa presenti indubbie peculiarità in connessione con i rilevanti interessi pubblici che all'esercizio di essa sono collegati, in particolare la tutela della salute, intesa come bene dell'intera collettività, oltre che come diritto del singolo assistito; in altri termini, se detta norma comunitaria sia da ritenere ostativa a differenti regimi cui siano sottoposti i farmacisti titolari di parafarmacie rispetto ai farmacisti titolari di farmacie, traducendosi dette differenziazioni in un ostacolo al libero esercizio dell'attività professionale.
Il Collegio, infine, ha posto all’attenzione dei giudici europei un altro aspetto concernente l’interpretazione ed applicazione delle norme relative «alla posizione di monopolio di cui godono i farmacisti che operano nell'ambito delle farmacie tradizionali».
Sotto questo profilo, il Collegio ha ritenuto dover chiedere alla Corte di giustizia se gli artt. 102 e 106/1 TFUE ostino a una regolamentazione dell'attività dei farmacisti che vieta a una parte di essi la vendita di farmaci dietro presentazione di ricetta medica e senza costi a carico del Servizio sanitario nazionale, così realizzandosi una situazione di sostanziale monopolio in favore dei farmacisti titolari di farmacie tradizionali e a svantaggio dei farmacisti titolari di parafarmacie.
E se, quindi, gli artt. 102 e 106 del Trattato istitutivo CE debbano essere interpretati nel senso che il divieto di abuso di posizione dominante va senza limiti applicato alla professione di farmacista, in quanto il farmacista titolare di farmacia tradizionale, vendendo farmaci per effetto di convenzione con il Servizio sanitario nazionale si avvantaggia del divieto per i titolari di parafarmacie di vendere i farmaci di fascia C, senza che ciò trovi valida giustificazione nelle pur indubbie peculiarità della professione farmaceutica dovute all'interesse pubblico alla tutela della salute dei cittadini.
[avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net]
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