05/11/2019 free
Medico di Continuità assistenziale contattato dal 118: non c'è omissione per la visita comunque effettuata anche se con ritardo.
La Corte di appello ha confermato la responsabilità della imputata considerando che non aveva la discrezionalità medica in ordine alla facoltà di valutare la necessità di eseguire una visita domiciliare ed eventualmente rifiutarla, dopo averla valutata non indispensabile in ragione della stessa prospettazione da parte del 118 che era intervenuto e ne aveva fatto richiesta.
Tuttavia il giudizio di merito appena ricordato non ha tenuto conto della decisiva circostanza - pacificamente accertata dallo stesso Giudice - secondo la quale la imputata - ancorchè dopo essersi consultata per verificare la sua effettiva competenza ad intervenire dopo la comunicazione del 118 delle 13,23 - ebbe comunque a recarsi presso il domicilio della paziente, risultandovi diretta alle ore 14.29 e giunta alle ore 14,53, tenuto conto del tempo di percorrenza calcolato in circa 20 minuti, non trovandovi la paziente già prelevata da una ambulanza ivi giunta alle 14,03 che l'aveva portata al nosocomio.
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Cassazione penale sez. VI, 18/06/2019, (ud. 18/06/2019, dep. 08/10/2019), n.41251
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIDELBO Giorgio - Presidente -
Dott. CRISCUOLO Mauro - Consigliere -
Dott. DI STEFANO Pierluigi - Consigliere -
Dott. CAPOZZI Angelo - rel. Consigliere -
Dott. APRILE Ercole - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
C.L., nato a (OMISSIS);
avverso la sentenza del 05/04/2018 della CORTE APPELLO di VENEZIA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere CAPOZZI ANGELO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
CESQUI ELISABETTA che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. FADALTI LUIGI, difensore di fiducia di
C.L., che ha insistito per l'annullamento della sentenza.
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Venezia, a seguito di gravame interposto dalla imputata C.L. avverso la sentenza emessa in data 26.11.2013 dal GUP del Tribunale di Treviso, in parziale riforma della decisione ha rideterminato la pena inflitta alla predetta in relazione alla affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui all'art. 328 c.p., perchè quale medico sostituto del Servizio di Continuità assistenziale si rifiutava di recarsi immediatamente ed al più presto presso l'abitazione di V.I. (di anni 90 con probabile ictus) come richiestole alle ore 13,23 dal servizio Treviso emergenza in quanto in quel momento nessuna ambulanza era disponibile perchè tutte impegnate in altre attività urgenti (codice rosso), così rifiutando un atto dell'ufficio che per ragioni di sanità doveva essere compiuto senza ritardo (risultando che la stessa aveva raggiunto la abitazione della paziente dopo le ore 14,30, quando la paziente era stata già prelevata da ambulanza).
2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l'imputata che con atto del difensore deduce:
2.1. Mancanza ed insufficienza della motivazione in ordine alla affermazione di responsabilità e travisamento della prova nonchè violazione della regola dell'"oltre ogni ragionevole dubbio". In particolare, l'esame dei tabulati telefonici e la testimonianza del Dott. L. posti a base della affermazione di responsabilità conducono a ben diverso risultato, non emergendo alcun volontario ritardo nell'intervento da parte dell'imputata.
2.2. Violazione dell'art. 328 c.p., per erronea applicazione delle norme disciplinanti i compiti e le funzioni del medico di continuità assistenziale. Invero, la creazione del Servizio emergenza-urgenza ha comportato una restrizione dei compiti della Guardia medica, poichè è il primo a dover fronteggiare le situazioni di emergenza-urgenza mentre il secondo - ai sensi del D.P.R. n. 270 del 2000, art. 52 comma 8, ove ne ravvisi la necessità " deve direttamente allertare il servizio di urgenza ed emergenza territoriale per l'intervento del caso". Cosicchè non si integrerà la fattispecie di cui all'art. 328 c.p., sia nel caso in cui da un'attenta valutazione ex ante della situazione rappresentata per via telefonica non sussista neppure quella che è definita una "urgenza indifferibile" sia nel caso opposto in cui risulti un'emergenza-urgenza. In ogni caso non esiste alcun obbligo contrattuale di intervento da parte del medico di continuità su chiamata del 118. Nel caso in esame la vicenda della sig.ra V. rivestiva i caratteri di una emergenza-urgenza tale da richiedere la tempestiva ospedalizzazione e non la mera assistenza di un medico di continuità assistenziale, comunque non competente ad intervenire in materiale sostituzione del servizio di emergenza-urgenza.
2.3. Erronea applicazione dell'art. 328 c.p. e delle norme del contratto collettivo nazionale di lavoro per la professioni sanitarie; violazione dell'art. 43 c.p. e del principio dell'oltre ogni ragionevole dubbio in relazione all'elemento psicologico. In relazione alla prevista possibilità di opporre un rifiuto alla visita domiciliare le sentenze di merito non hanno affrontato il tema della obbligatorietà dell'atto che si impone al pubblico ufficiale che disponga - come nella specie - di uno spazio di discrezionalità scientifica per valutare l'opportunità o la necessità di compierlo. E nella specie la necessità di una immediata ospedalizzazione escludeva l'utilità dell'intervento della imputata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato sulla base del primo assorbente motivo.
2. La Corte di appello ha confermato la responsabilità della imputata considerando che non aveva la discrezionalità medica in ordine alla facoltà di valutare la necessità di eseguire una visita domiciliare ed eventualmente rifiutarla, dopo averla valutata non indispensabile in ragione della stessa prospettazione da parte del 118 che era intervenuto e ne aveva fatto richiesta.
3. Osserva la Corte che tuttavia il giudizio di merito appena ricordato non ha tenuto conto della decisiva circostanza - pacificamente accertata dallo stesso Giudice - secondo la quale la imputata - ancorchè dopo essersi consultata per verificare la sua effettiva competenza ad intervenire dopo la comunicazione del 118 delle 13,23 - ebbe comunque a recarsi presso il domicilio della paziente, risultandovi diretta alle ore 14.29 e giunta alle ore 14,53, tenuto conto del tempo di percorrenza calcolato in circa 20 minuti, non trovandovi la paziente già prelevata da una ambulanza ivi giunta alle 14,03 che l'aveva portata al nosocomio.
4. Ritiene il Collegio che la condotta in fatto accertata non giustifica il definitivo rifiuto della imputata di effettuare l'intervento richiesto che non può assestarsi rispetto alla prima risposta data dal 118 nè far leva sulla mancata immediatezza dell'intervento, di lì a poco comunque intrapreso dalla ricorrente.
5. Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 18 giugno 2019.
Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2019