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Medici e borse: La richiesta fatta solo nei confronti della Universita' non vale ad interrompere la prescrizione anche nei confronti dello Stato
Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 16-04-2019) 25-07-2019, n. 20099
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele - Presidente -
Dott. OLIVIERI Stefano - Consigliere -
Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - Consigliere -
Dott. DELL’UTRI Marco - rel. Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 9842-2016 proposto da:
PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI, MINISTERO ISTRUZIONE UNIVERSITA' RICERCA (OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che li rappresenta e difende;
- ricorrenti -
contro
F.N., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CAIO MARIO 27, presso lo studio dell'avvocato ALESSANDRO RUSSO, che lo rappresenta e difende;
- controricorrente -
avverso la sentenza n. 776/2016 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 05/02/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2019 dal Consigliere Dott. MARCO DELL'UTRI.
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
che, con sentenza resa in data 5/2/2016, la Corte d'appello di Roma, in accoglimento dell'appello proposto da F.N., e in riforma della decisione di primo grado, ha condannato la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica, al risarcimento, in favore dell'appellante, dei danni da quest'ultimo sofferti a seguito del mancato recepimento, da parte dello Stato italiano, delle direttive comunitarie 75/363/CEE e 82/76/CEE, avendo detto appellante, dopo il conseguimento della laurea in medicina, frequentato due corsi di specializzazione in epoca anteriore al 1991, senza percepire l'equa remunerazione al riguardo prevista dalla disciplina comunitaria a carico di ciascuno Stato nazionale;
che, a fondamento della decisione assunta, la corte territoriale ha rilevato l'erroneità della sentenza del primo giudice nella parte in cui aveva ritenuto prescritto il diritto azionato dal medico istante, poichè la circostanza che l'atto di interruzione della prescrizione fosse stato tempestivamente comunicato solamente nei confronti dell'Università degli Studi La Sapienza di Roma (non passivamente legittimata, rispetto alla pretesa creditoria azionata), non era valsa ad escluderne l'efficacia interruttiva nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, tenuto conto che l'elaborazione giurisprudenziale seguita al tempo della comunicazione dell'atto di interruzione della prescrizione giustificava obiettivamente il riconoscimento, negli enti universitari, della relativa legittimazione passiva in relazione alla pretesa risarcitoria dell'attore, con la conseguente ragionevole valorizzazione del principio dell'apparenza del diritto in favore del creditore istante;
che, ciò posto, il giudice d'appello ha riconosciuto l'avvenuta dimostrazione, da parte dell'interessato, dei presupposti relativi all'inadempimento dello Stato italiano rispetto all'obbligazione dedotta in giudizio dal medico, conseguentemente provvedendo alla liquidazione, in termini monetari, di quanto allo stesso dovuto;
che, avverso la sentenza d'appello, la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica, propongono ricorso per cassazione sulla base di un unico motivo d'impugnazione;
che F.N. resiste con controricorso;
considerato che, con l'unico motivo d'impugnazione proposto, le amministrazioni ricorrenti censurano la sentenza impugnata per violazione degli artt. 1308, 1310 e 2943 c.c.; della L. n. 370 del 1999, art. 11; del D.Lgs. n. 257 del 1991, art. 6; del D.Lgs. n. 368 del 1999; della L. n. 400 del 1988, art. 5; del D.Lgs. n. 303 del 1999, art. 8; delle Direttive CEE 82/76 e 75/36 (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 3), per avere la corte territoriale erroneamente attribuito efficacia interruttiva della prescrizione alla diffida comunicata dal F. alla sola Università La Sapienza di Roma, atteso che la riconosciuta, pacifica, estraneità di quest'ultima al rapporto dedotto in giudizio valeva a escludere, nel caso di specie, l'eventuale richiamo alla disciplina dell'interruzione della prescrizione in tema di obbligazioni solidali, neppure emergendo, in relazione alla fattispecie concreta dedotta in giudizio, alcun indice idoneo a giustificare il ricorso di qualsivoglia apparenza indotta da una qualche condotta colpevole dell'amministrazione statale;
che il motivo è fondato;
che, al riguardo, osserva il Collegio come il tema dell'apparentia iuris sia stato impropriamente richiamato dal giudice a quo a fondamento della decisione del caso in esame;
che, sul punto, varrà rilevare come, di là dalle ipotesi codificate dell'erede apparente (art. 534 c.c.) o del pagamento al creditore apparente (art. 1189 c.c.) - vicende, la prima, radicalmente irriducibile al caso di specie, e la seconda, in ogni caso legata alla determinante incidenza, sul piano del carattere giustificato dell'affidamento ingenerato e della buona fede del terzo, del ricorso di inequivoche circostanze di fatto (e non già di mere difficoltà interpretative della disciplina giuridica) -, la giurisprudenza di legittimità che si è occupata del tema dell'apparenza in materia di interruzione della prescrizione risulta essersi limitata alla relativa elaborazione nella materia della rappresentanza, per questa richiedendo la necessaria individuazione di un profilo di riconoscibile colpevolezza del (apparente) rappresentato nel lasciar intendere al terzo la situazione di apparente rappresentanza del soggetto falsamente interposto (cfr., da ultimo, Sez. 3 -, Sentenza n. 18519 del 13/07/2018, Rv. 649727 - 02, secondo cui, in tema di rappresentanza, possono essere invocati i principi dell'apparenza del diritto e dell'affidamento incolpevole allorchè non solo vi sia la buona fede del terzo che ha stipulato con il falso rappresentante, ma anche un comportamento colposo del rappresentato, tale da ingenerare nel terzo la ragionevole convinzione che il potere di rappresentanza sia stato effettivamente e validamente conferito al rappresentante apparente);
che, infatti, con specifico riguardo al tema dell'interruzione della prescrizione in materia di rappresentanza apparente, questa Corte ha avuto modo di affermare come, ferma l'efficacia interruttiva della prescrizione dell'atto di costituzione in mora anche quando sia indirizzato al rappresentante del debitore, deve ritenersi idoneo a produrre l'effetto di cui all'art. 2943 c.c. anche l'atto inviato dal difensore del creditore a quello del debitore, purchè sia stato previamente accertato che detto legale possa considerarsi rappresentante, effettivo o apparente, del debitore medesimo, e ciò per avere risposto, in nome e per conto del cliente, alla richiesta di pagamento, facendo valere in via stragiudiziale le ragioni del proprio assistito;
che, infatti, al fine anzidetto, l'effettività dei poteri rappresentativi è data dal conferimento del mandato difensivo, senza che sia necessaria la procura scritta ex art. 83 c.p.c., prevista solo per lo svolgimento dell'attività giudiziale;
che, viceversa, l'apparenza di detti poteri, scaturisce da un comportamento colposo dell'apparente rappresentato, tale da ingenerare il ragionevole affidamento del creditore (o, nella specie, del suo difensore) circa il loro valido conferimento (v. Sez. 3, Sentenza n. 5208 del 17/03/2015, Rv. 634929 - 01; conf. Sez. 3, Sentenza n. 25984 del 05/12/2011, Rv. 620299 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 12617 del 28/08/2003, Rv. 566348 - 01);
che, ciò posto, in assenza (o, come nel caso di specie, incontestata l'assenza) dei presupposti per il richiamo ai principi della rappresentanza apparente (in assenza di alcuna argomentata ricorrenza di profili di eventuale colpevolezza delle amministrazioni statali nell'ingenerare un qualche ragionevole o giustificato affidamento del F. in ordine al ricorso di un'eventuale ipotesi di rappresentanza apparente dello Stato da parte dell'Università), al caso di specie deve ritenersi applicabile il principio generale (consolidato nella giurisprudenza di questa Corte) ai sensi del quale la domanda giudiziale di risarcimento del danno (o, in ogni caso, qualunque altro atto di costituzione in mora) vale a interrompere la prescrizione solo in quanto venga proposta contro (o inviata nei confronti del) l'effettivo debitore e sia portata, quindi, a sua conoscenza, restando escluso che abbia effetto interruttivo la proposizione della domanda (o la partecipazione dell'atto di costituzione in mora) nei confronti di chi, estraneo in realtà al fatto produttivo del danno, sia stato erroneamente convenuto in giudizio dalla parte attrice (o erroneamente richiesto di adempiere dalla parte creditrice), sulla quale incombe l'onere dell'esatta individuazione dei destinatari della propria pretesa, che resta quindi preclusa dalla prescrizione maturata nelle more del processo contro l'apparente responsabile (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 1490 del 10/02/1995, Rv. 490373 - 01);
che, sul punto, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento della giurisprudenza di questa Corte, ai sensi del quale il diritto al risarcimento dei danni per omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi) va ricondotto allo schema della responsabilità contrattuale per inadempimento dell'obbligazione ex lege dello Stato, di natura indennitaria;
che da tale premessa consegue che, essendo lo Stato italiano l'unico responsabile di detto inadempimento e, dunque, l'esclusivo legittimato passivo in senso sostanziale, non è configurabile una responsabilità, neppure solidale, delle Università presso le quali la specializzazione venne acquisita (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 23558 del 11/11/2011, Rv. 620311 - 01);
che, nel caso di specie, essendosi il giudice a quo limitato a dedurre il supposto ricorso di una situazione di apparenza della contito-larità del debito tra Stato e Università (e dunque l'estensione allo Stato dell'efficacia interruttiva della prescrizione dell'atto di costituzione in mora inviato alla sola Università) sulla base del solo stato dell'incerta elaborazione giurisprudenziale all'epoca del compimento dell'atto di interruzione (senza svolgere alcuna considerazione argomentativa in fatto sui profili dell'eventuale colpevolezza imputabile alle amministrazioni statali nell'ingenerare un qualche ragionevole o giustificato affidamento del medico sul ricorso di un'eventuale ipotesi di rappresentanza apparente dello Stato da parte dell'Università), dev'essere disposta la cassazione della sentenza impugnata;
che, peraltro, ritenendo il Collegio di potersi pronunciare nel merito, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto (ex art. 384 c.p.c., comma 2), dev'essere disposto il rigetto, siccome prescritta, della domanda proposta dal F. nei confronti delle odierne amministrazioni statali ricorrenti, attesa l'inestensibilità allo Stato dell'efficacia interruttiva della prescrizione dell'atto di costituzione in mora inoltrato alla sola Università La Sapienza di Roma, siccome del tutto estranea al rapporto sostanziale dedotto in giudizio;
che le obiettive difficoltà interpretative connesse alla risoluzione della controversia, in uno ai relativi esiti giudiziari difformi, giustificano l'integrale compensazione tra tutte le parti delle spese di tutti i gradi e le fasi del giudizio.
P.Q.M.
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta da F.N..
Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di tutti i gradi e le fasi del giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019