07.09.2007 free
CORTE COSTITUZIONALE – ( bloccato il tentativo delle Regioni di regolamentare in materia di professioni bionaturali ).
§ - La Corte Costituzionale ha affermato, in ordine alla questione di legittimità costituzionale di disposizioni di legislazione regionale aventi ad oggetto la regolamentazione di attività di tipo professionale, che la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle "professioni" deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale. Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale. Ne consegue la illegittimità costituzionale delle Leggi regionali sottoposte, nel caso di specie, al vaglio del Giudice delle leggi. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net ]
Corte Costituzionale, Sent. n. 300 del 20/07/2007
omissis
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 2, nonché degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge della Regione Liguria 14 marzo 2006, n. 6 (Norme regionali in materia di discipline bionaturali per il benessere a tutela dei consumatori), e degli artt. 1, commi 3 e 4, 2 e 3, comma 1, nonché degli artt. 4, 5, 6 e 7 della legge della Regione Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi per la formazione degli operatori di discipline bio-naturali), promossi con ricorsi del Presidente del Consiglio dei ministri, rispettivamente notificati il 17 maggio e il 14 dicembre 2006, depositati in cancelleria il 23 maggio e il 18 dicembre 2006 ed iscritti ai nn. 66 e 111 del registro ricorsi 2006. Visti gli atti di costituzione della Regione Liguria e della Regione Veneto; udito nell’udienza pubblica del 3 luglio 2007 il Giudice relatore Paolo Maria Napolitano; uditi l’avvocato dello Stato Gabriella Palmieri per il Presidente del Consiglio dei ministri e gli avvocati Gigliola Benghi per la Regione Liguria ed Ezio Zanon per la Regione Veneto.
Ritenuto in fatto
1. – Con ricorso del 10 maggio 2006, susseguente a deliberazione del Consiglio dei ministri del 2 maggio 2006, notificato il 17 maggio 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 2, nonché degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge della Regione Liguria 11 (recte: 14) marzo 2006, n. 6 (Norme regionali in materia di discipline bionaturali per il benessere a tutela dei consumatori).
Ad avviso del ricorrente, la normativa impugnata eccede i limiti di competenza regionale fissati, per la materia "professioni", dall’art. 117, terzo comma, della Costituzione, riproponendo, in sostanza, gli stessi profili di illegittimità che caratterizzavano la precedente legge della Regione Liguria 25 ottobre 2004, n. 18 (Norme regionali sulle discipline bionaturali per il benessere), già dichiarata incostituzionale con sentenza n. 40 del 2006.
In particolare, il ricorrente censura: l’art. 2, commi 1 e 2, della legge regionale n. 6 del 2006, in quanto esso individua le discipline bionaturali per il benessere in quelle attività, non sanitarie, che, mantenendo lo stato di benessere della persona, concorrono a prevenire situazioni di disagio fisico e psichico; gli artt. 3, 4 e 5, i quali prevedono l’istituzione di un elenco regionale delle discipline bionaturali e demandano alla Giunta regionale di fissare i requisiti per l’inserimento in detto elenco nelle sue due articolazioni relative, l’una, alle organizzazioni con finalità didattiche e, l’altra, agli operatori.
A giudizio della parte ricorrente, le dette previsioni violano il principio fondamentale in materia di disciplina delle professioni, secondo il quale l’individuazione delle figure professionali, i relativi profili, ordinamenti didattici e titoli abilitanti, così come l’istituzione dei relativi albi, ordini o registri, è compito riservato allo Stato, residuando alle Regioni solo la disciplina degli aspetti che abbiano uno specifico collegamento con la realtà territoriale.
Precisa la Avvocatura che non ha rilievo il fatto che la legge impugnata specifichi che le discipline in questione «non hanno carattere di prestazione sanitaria» (art. 1), poiché il predetto vincolo competenziale, in origine affermato con riferimento specifico alle professioni sanitarie, viene ora ritenuto limite generale per la legislazione regionale.
Conclude la ricorrente difesa rilevando che i restanti artt. 6 e 7 della legge regionale n. 6 del 2006, ponendosi in inscindibile connessione con quelli dianzi censurati, vanno parimenti dichiarati incostituzionali estendendosi anche a questi, ex art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione ed il funzionamento della Corte costituzionale), la pronunzia di incostituzionalità relativa alle precedenti disposizioni.
1.1. – Si è costituita in giudizio la Regione Liguria, concludendo per la declaratoria di inammissibilità o, comunque, di infondatezza del ricorso.
Preliminarmente, la Regione deduce la inammissibilità del ricorso per essere indeterminato e carente dei minimi requisiti argomentativi.
Nel merito, la stessa Regione osserva che, diversamente da quanto ritenuto dal Governo, la materia cui accede la impugnata normativa, essendo finalizzata a garantire la qualità dell’offerta riguardo alle «discipline bionaturali per il benessere», viene ad essere quella della tutela del consumatore-utente, attuata provvedendo a «"regolamentare e riconoscere" delle professioni emergenti» già abitualmente praticate.
Peraltro, prosegue la resistente difesa, anche ove si ritenesse che l’oggetto della legge impugnata fosse riconducibile alla materia delle professioni, sostanzialmente diverso è l’impianto della legge regionale ora in questione rispetto a quello della legge regionale n. 18 del 2004, dichiarata incostituzionale con sentenza di questa Corte n. 40 del 2006.
Esaminando le diversità fra le due leggi, la difesa della Regione Liguria rileva che quella ora in questione, distinguendosi dalla precedente, non riconosce la qualifica di operatore nel settore, né detta un elenco delle discipline bionaturali; non delinea il percorso per conseguire il riconoscimento professionale, indicandone durata, materie di apprendimento o modalità di svolgimento, né prevede il superamento, al medesimo fine, di esami; non subordina l’esercizio della attività di operatore nelle discipline del benessere alla iscrizione nell’elenco regionale, né commina sanzioni a chi, non iscritto, svolga la predetta attività o la svolga con modalità diverse rispetto ai termini dell’iscrizione.
Aggiunge la resistente che è la stessa normativa statale che, con riferimento all’ambito cui si riferisce la legge censurata, rinvia alla normativa regionale. Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per l’istituzione dei relativi ordini professionali), vi è competenza delle Regioni nella individuazione e nella formazione dei profili di operatori di interesse sanitario «non riconducibili alle professioni sanitarie» come definite al precedente comma 1. Da ciò la Regione fa discendere che, a maggior ragione, è di sua competenza l’individuazione e la formazione dei profili di operatori di interesse non sanitario.
Prosegue la resistente contestando la pertinenza del riferimento al precedente costituito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 40 del 2006 e ribadendo che, stanti i contenuti normativi e le finalità dell’intervento legislativo regionale, non sarebbe rinvenibile nella legge impugnata alcuna violazione di principi fondamentali contenuti nella legislazione statale.
In particolare, quanto alla istituzione dell’elenco regionale per le discipline bionaturali, la Regione osserva che, secondo la giurisprudenza costituzionale, la riserva dello Stato nella istituzione di nuovi albi si giustifica in quanto la iscrizione in detti albi si ponga come condizione per l’esercizio della relativa professione, mentre, secondo la legge regionale n. 6 del 2006, la «iscrizione all’albo non costituisce un requisito necessario ai fini dell’esercizio» della didattica in tema di discipline bionaturali né per la pratica della disciplina stessa. L’iscrizione, facoltativa, ha la sola finalità di informare i consumatori, onde permettere loro una scelta più consapevole sull’esistenza di organizzazioni con finalità didattiche e sulla presenza di operatori nel settore in questione aventi, le une e gli altri, determinati requisiti di qualità.
2. – Con ricorso del 30 novembre 2006, susseguente a deliberazione del Consiglio dei ministri del 23 novembre 2006, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dalla Avvocatura generale dello Stato, ha sollevato in via principale questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, commi 3 e 4, dell’art. 2, dell’art. 3, comma 1, nonché degli artt. 4, 5, 6 e 7 della legge della Regione Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi per la formazione degli operatori di discipline bio-naturali), pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione del 10 ottobre 2006. E’ opportuno precisare, dato che la Regione eccepisce la tardività del ricorso, che l’atto è stato consegnato all’ufficiale giudiziario, per la notifica, il 7 dicembre 2006, che quest’ultimo ha provveduto all’adempimento per il tramite del servizio postale, con lettera raccomandata del 9 dicembre che è stata recapitata alla Regione il 14 dicembre 2006.
Premette il ricorrente che la legge regionale in questione, dopo aver previsto all’art. 1, comma 3, che entro il termine di 180 giorni dalla entrata in vigore della medesima legge, la Regione avrebbe individuato l’elenco delle discipline bionaturali, definisce l’operatore delle discipline bionaturali come «colui che opera per la piena e consapevole assunzione di responsabilità da parte di ciascun individuo in relazione al proprio stile di vita»; affida, ai sensi dell’art. 2, comma 2, la formazione professionale degli operatori in tali discipline ad organismi a tal fine accreditati e stabilisce che i relativi corsi potranno essere cofinanziati dalla Regione mentre dovrà essere la Giunta regionale a stabilire i livelli formativi necessari per l’esercizio della attività di operatore nelle dette discipline. Prevede, altresì, che i corsi siano a frequenza obbligatoria e si concludano con un esame articolato su una prova teorica e su una pratica di fronte ad una commissione la cui composizione è stabilita dalla Giunta e che, superata la prova d’esame, sia rilasciato un attestato di qualifica, requisito indispensabile per la iscrizione nel registro degli operatori, istituito ai sensi dell’art. 5.
Infine, un apposito Comitato valuta la validità delle discipline bionaturali emergenti al fine della proposta del loro inserimento, ad opera della Giunta, nell’elenco sopra menzionato. E’ sempre compito della Giunta regionale promuovere, secondo la previsione dell’art. 6 della legge impugnata, intese interregionali per il reciproco riconoscimento dei percorsi formativi e determinare il "credito formativo" da attribuire, ai fini dell’iscrizione nel registro, a chi vanti precedenti esperienze. In particolare, chi sia in possesso della qualifica professionale di estetista, ed abbia esercitato "professionalmente", nell’ambito della propria attività, le discipline bionaturali ha titolo per essere iscritto nel registro.
Così brevemente riassunto il contenuto della legge impugnata, il ricorrente ritiene che esso sia in contrasto con l’art. 117, terzo comma, della Costituzione. Le censure, in particolare, si rivolgono all’art. 1, comma 3, che prevede un elenco di discipline bionaturali; all’art. 1, comma 4, il quale dà la definizione di operatore nelle suddette discipline; all’art. 3, comma 1, che istituisce un Comitato per il coordinamento delle discipline bionaturali il cui compito è, fra l’altro, quello di valutare la inseribilità delle nuove discipline emergenti nell’elenco di cui sopra.
Ad avviso del ricorrente, le disposizioni impugnate sono in contrasto col principio fondamentale, più volte affermato dalla Corte costituzionale, secondo il quale è riservata alla legislazione statale la individuazione delle figure professionali, dei relativi profili, percorsi formativi e titoli abilitanti nonché la istituzione di albi, ordini e registri.
Nessun rilievo, sempre secondo il ricorrente, ha il fatto che le discipline in questione non abbiano specifico carattere sanitario, dato che il principio che riserva allo Stato la competenza legislativa in materia di professioni non è riferibile solo alle professioni sanitarie ma, come evidenziato anche dal recente decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’art. 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131), le riguarda tutte.
A ciò si aggiunga che non vale a superare la dedotta illegittimità il fatto che la legge precisi che le discipline medesime non sono riconducibili alle «attività di prevenzione, cura e riabilitazione della popolazione erogate dal servizio sanitario nazionale» e chi le pratica non prescrive farmaci, in quanto le espressioni legislative hanno un contenuto così ampio che esse potrebbero, ciò nonostante, riguardare attività curative che, essendo ancora prive sia di obbiettive evidenze scientifiche che di riscontri empirici, non forniscono assicurazioni sulla loro innocuità.
Precisa, ancora, il ricorrente che non vale ad affermare la legittimità della legge in questione quanto previsto dalla recente legge n. 43 del 2006, in base alla quale le Regioni individuano e formano i profili degli operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie. Gli operatori delle discipline bionaturali, infatti, diversamente da quelli oggetto della legge n. 43 del 2006, i quali svolgerebbero solo compiti ausiliari rispetto alle professioni sanitarie, potrebbero praticare, secondo il ricorrente, direttamente e con una certa autonomia attività di carattere curativo.
Dato lo stretto vincolo esistente fra le disposizioni dianzi indicate e il restante contenuto della legge regionale n. 19 del 2006, assume l’Avvocatura dello Stato che la dichiarazione di incostituzionalità delle prime deve essere estesa, ai sensi dell’art. 27 della legge n. 87 del 1953, a tutta la legge. 2.1. – Si è costituita in giudizio la Regione Veneto concludendo per l’inammissibilità e, in subordine, per l’infondatezza del ricorso.
Preliminarmente la difesa della Regione ne eccepisce la inammissibilità, stante la tardività della sua presentazione.
Riferisce, infatti, la difesa del Veneto che in data 9 dicembre 2006, ultimo giorno utile per la impugnazione della legge regionale, il ricorso in questione è stato consegnato al «competente organo notificante» affinché fosse notificato alla Regione a mezzo del servizio postale; il ricorso è, quindi, pervenuto presso la sede della Regione in data 14 dicembre 2006.
Prosegue la resistente dichiarandosi consapevole della esistenza della giurisprudenza della Corte costituzionale in ordine alla scissione del momento perfezionativo della notificazione nei riguardi del notificante rispetto a quello relativo al destinatario dell’atto; tale orientamento, però, se applicato anche alle impugnazioni ex art. 127 della Costituzione, determinerebbe un «vulnus al principio di certezza del diritto regionale». A suo avviso, infatti, seguendo il nuovo orientamento, sarebbe sostanzialmente eluso il termine per impugnare le leggi regionali, previsto dall’art. 31, comma 2, della legge 11 marzo 1953, n. 87, essendo questo affidato «all’aleatorietà dei tempi di consegna a cura del servizio postale». Ciò determinerebbe l’incertezza sulla definitiva esenzione delle leggi regionali da ricorsi ex art. 127 della Costituzione, impedendo la adozione degli atti normativi ed amministrativi che «conseguono alla legge».
Quanto al merito delle censure, la Regione osserva che l’intento legislativo perseguito non è quello di definire un’inedita figura professionale, ma quello di «identificare e disciplinare un percorso formativo» tale da garantire uno standard minimo per la preparazione di chi eserciti attività annoverabili fra le discipline bio-naturali. Significativa sarebbe, sul punto, la circostanza che la legge impugnata non impedisce l’accesso alla attività a chi non abbia seguito o completato l’iter formativo dalla legge stessa previsto. In sostanza, la previsione per legge di un percorso formativo avrebbe funzione di garanzia per gli utenti che fruiscono di tali pratiche non sanitarie: si tratterebbe di una sorta di "marchio di qualità", la cui introduzione non comporta, tuttavia, l’esclusione dal mercato di chi abbia una diversa formazione.
Da quanto precede, la resistente fa derivare la ascrivibilità della legge censurata alla materia della formazione professionale e, in parte, a quella della tutela del consumatore, entrambe di competenza regionale.
Ove, comunque, si ritenga che la legge in esame interferisca con la disciplina delle professioni sanitarie, la Regione Veneto sottolinea come l’art. 1, comma 2, della legge n. 43 del 2006 fa salva la competenza regionale «nell’individuazione e formazione dei profili di operatore di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie», categoria cui sarebbe riconducibile l’operatore nelle discipline bionaturali.
Considerato in diritto
1. – Con due distinti ricorsi il Presidente del Consiglio dei ministri ha sollevato questione di legittimità costituzionale, rispettivamente, dell’art. 2, commi 1 e 2, nonché degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge della Regione Liguria 14 marzo 2006, n. 6 (Norme regionali in materia di discipline bionaturali per il benessere a tutela dei consumatori), e dell’art. 1, commi 3 e 4, dell’art. 2, dell’art. 3, comma 1, nonché degli artt. 4, 5, 6 e 7 della legge della Regione Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi per la formazione degli operatori di discipline bio-naturali), deducendo, in ambedue i casi, la violazione dell’art. 117, comma terzo, della Costituzione per avere il legislatore regionale, sia della Liguria che del Veneto, ecceduto dai limiti della propria competenza nella materia, di legislazione concorrente, delle "professioni", violando i principi fondamentali previsti dalla normativa statale.
2. – I giudizi scaturiti dai due ricorsi, attesa la evidente connessione fra i medesimi, vanno riuniti per essere congiuntamente decisi.
3. – Le eccezioni preliminari di inammissibilità dei ricorsi, rispettivamente sollevate dalla difesa della Regione Liguria e da quella della Regione Veneto, debbono essere disattese in quanto ambedue destituite di fondamento.
3.1. – Infatti, quanto al rilievo formulato dalla Regione Liguria in ordine alla indeterminatezza (o erronea indicazione) dei termini normativi della questione sollevata e alla asserita carenza dei minimi requisiti argomentativi del ricorso introduttivo del giudizio, questa Corte osserva che, secondo la propria costante giurisprudenza, nel caso di ricorso in via principale, è necessario che il ricorrente identifichi esattamente la questione sollevata nei suoi termini normativi, indicando le norme costituzionali e ordinarie il cui rapporto di compatibilità o incompatibilità costituisce l’oggetto della questione di costituzionalità, e fornisca una, sia pur sintetica, argomentazione di merito a sostegno della richiesta declaratoria di incostituzionalità della legge (sentenze n. 64 del 2007, n. 139 del 2006 e n. 450 del 2005).
Nel caso che interessa, il ricorrente Presidente del Consiglio dei ministri, al di là di un evidente lapsus calami in cui è incorso nell’indicare la data della legge impugnata – attribuendole la data dell’11 marzo 2006 invece del 14 marzo 2006 – errore questo che, tuttavia, non ha avuto alcuna efficacia decettiva, come è palesato dal fatto che la resistente Regione non ha minimamente dubitato di quale fosse il provvedimento legislativo da scrutinare, ha adeguatamente indicato sia le norme impugnate che il parametro costituzionale di riferimento, argomentando anche sul dedotto rapporto di incompatibilità fra dette disposizioni, tale da condurre, se riscontrato da questa Corte, ad una declaratoria di incostituzionalità delle disposizioni censurate.
3.2. – Quanto alla eccepita inammissibilità del ricorso proposto nei confronti della Regione Veneto, da questa ultima dedotta sulla base di una asserita tardività della sua proposizione per essere stato lo stesso – anche se tempestivamente consegnato all’ufficiale giudiziario per la notificazione – recapitato al Presidente della Regione oltre il termine previsto dall’art. 31 della legge 11 marzo 1953, n. 87 (Norme sulla costituzione e sul funzionamento della Corte costituzionale), questa Corte rileva che il ricorso deve essere considerato ammissibile in forza dell’orientamento della più recente giurisprudenza costituzionale secondo la quale, anche nei giudizi introdotti in via principale di fronte alla Corte stessa, va tenuto distinto il momento in cui la notificazione deve intendersi perfezionata nei confronti del notificante – che coincide con la data della consegna dell’atto all’ufficiale giudiziario – rispetto al momento in cui essa si perfeziona per il destinatario dell’atto – che coincide con la data in cui quest’ultimo lo riceve – (sentenza n. 383 del 2005).
Né hanno un qualche rilievo le osservazioni formulate dalla Regione Veneto in ordine alla asserita situazione di incertezza che la adozione di tale orientamento anche nella materia dei ricorsi in via principale determinerebbe: basti sul punto osservare, per escludere la concludenza giuridica di un tale argomento, che la pendenza del termine per l’impugnazione della legge regionale da parte dello Stato non ha alcuna valenza sospensiva della efficacia della legge regionale stessa, sicché durante siffatta pendenza non è affatto precluso alla Regione dare corso alla attuazione della legge anche, se necessario, tramite la adozione di atti normativi o amministrativi conseguenti.
4. – Nel merito, i ricorsi sono fondati.
4.1. – Osserva, infatti, questa Corte che più volte, scrutinando la legittimità costituzionale di disposizioni di legislazione regionale aventi ad oggetto la regolamentazione di attività di tipo professionale, si è affermato che «la potestà legislativa regionale nella materia concorrente delle "professioni" deve rispettare il principio secondo cui l’individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, è riservata, per il suo carattere necessariamente unitario, allo Stato, rientrando nella competenza delle Regioni la disciplina di quegli aspetti che presentano uno specifico collegamento con la realtà regionale.
Tale principio, al di là della particolare attuazione ad opera dei singoli precetti normativi, si configura infatti quale limite di ordine generale, invalicabile dalla legge regionale» (sentenza n. 153 del 2006, nonché, ex plurimis, sentenze n. 57 del 2007, n. 424 del 2006). Da ciò deriva che non è nei poteri delle Regioni dar vita a nuove figure professionali.
Che nelle presenti fattispecie ci si trovi di fronte a norme di fonte regionale attraverso le quali si realizza la individuazione di nuove figure professionali, lo si desume da una pluralità di elementi. In primo luogo dalla descrizione, sia pur indeterminata, dei compiti assegnati agli operatori delle "discipline bionaturali" per il benessere, compendiati, quanto alla legge della Regione Liguria n. 6 del 2006, nella espressione contenuta nell’art. 2, commi 1 e 2, con la quale si afferma che tali attività concorrono «a prevenire gli stati di disagio fisici e psichici stimolando le risorse vitali proprie di ciascun individuo», avendo come finalità «il mantenimento dello stato di benessere della persona»; e, quanto alla legge della Regione Veneto n. 19 del 2006, nella espressione contenuta nell’art. 1, comma 4, con la quale si definiscono le caratteristiche cui deve essere finalizzata l’azione degli operatori in questo settore, affermando che essi debbono operare «per la piena e consapevole assunzione di responsabilità di ciascun individuo in relazione al proprio stile di vita e per stimolare le risorse vitali della persona, intesa come entità globale e indivisibile, attraverso metodi ed elementi naturali la cui efficacia sia stata verificata».
In secondo luogo la valenza istitutiva di nuove figure professionali della impugnata normativa si desume dalla circostanza che sia l’una legge che l’altra, rispettivamente all’art. 3 per ciò che concerne la legge della Regione Liguria n. 6 del 2006 (la quale ai successivi artt. 4 e 5 determina i soggetti abilitati alla iscrizione e le condizioni per procedervi) e all’art. 5 per ciò che concerne la legge della Regione Veneto n. 19 del 2006 (avendo la medesima previsto al precedente art. 4 le condizioni necessarie per la iscrizione), prevedano la istituzione di un apposito elenco ove possono iscriversi, sulla base del verificato possesso di specifici requisiti attestanti una determinata qualificazione professionale, gli operatori delle discipline bionaturali per il benessere.
Sul punto giova ribadire che la istituzione di un registro professionale e la previsione delle condizioni per l’iscrizione ad esso, prescindendosi dalla circostanza – ancorché sottolineata da ambedue le difese resistenti – che tale iscrizione si caratterizzi o meno per essere necessaria ai fini dello svolgimento della attività cui l’elenco fa riferimento, hanno, già di per sé, «una funzione individuatrice della professione», come tale preclusa alla competenza regionale (sentenze n. 57 del 2007 e n. 355 del 2005).
4.2. – Né vale considerare, come invece dedotto dalle difese della Regione Liguria e della Regione Veneto, che, essendo obiettivo primario della legge quello di «tutelare il consumatore-utente», la materia di riferimento dell’intervento legislativo sarebbe non quella delle "professioni" ma quella della tutela dei consumatori: è, infatti, fin troppo manifesto che nel caso in questione, pur ammettendo che lo scopo dell’intervento legislativo sia anche quello di apprestare, attraverso l’individuazione di uno standard qualitativo, una forma di tutela per il consumatore, esso è evidentemente attuato per il tramite della regolamentazione di una "professione" emergente – come, del resto, ammesso da una delle due difese – allo stato carente di autonoma disciplina.
Né vale a giustificare i suddetti interventi del legislatore regionale l’argomentazione che la disciplina rientrerebbe nell’ambito della formazione professionale: sia per un evidente motivo di consequenzialità, per cui anche le attività di formazione non possono che accedere ad ambiti professionali già riconosciuti con l’osservanza, sia da parte dello Stato che delle Regioni, dei rispettivi piani di competenza; sia poi, in modo specifico con riferimento alle discipline bionaturali, per la circostanza che già questa Corte ha avuto modo di pronunciarsi in detta materia affermando, con la sentenza n. 424 del 2005, relativa alla legge della Regione Piemonte 31 maggio 2004, n. 13 (Regolamentazione delle discipline bio-naturali), che dai principi fondamentali ricavabili dalla legislazione statale «non si trae alcuno spunto che possa consentire iniziative legislative regionali nell’ambito cui si riferisce la legge impugnata».
4.3. – Egualmente non pertinente è il riferimento al contenuto dell’art. 1, comma 2, della legge 1° febbraio 2006, n. 43 (Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo per la istituzione dei relativi ordini professionali), secondo il quale «Resta ferma la competenza delle regioni nell’individuazione e formazione dei profili di operatori di interesse sanitario non riconducibili alle professioni sanitarie». Infatti, per un verso tali profili vanno riferiti esclusivamente ad attività aventi carattere "servente" ed "ausiliario" rispetto a quelle pertinenti alle professioni sanitarie – peraltro ad un livello inferiore rispetto a quello proprio delle «arti ausiliarie delle professioni sanitarie», anche esse rientranti nella materia delle «professioni di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.» (sentenze n. 426 del 2006, n. 319 del 2005 e n. 353 del 2003) – carattere questo non ravvisabile nell’attività dell’operatore delle discipline bionaturali del benessere.
Per altro verso, detta disposizione va, comunque, letta non disgiuntamente da quanto, invece, contenuto nell’art. 1, comma 3, del coevo decreto legislativo 2 febbraio 2006, n. 30 (Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell’articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131), il quale, ribadendo un principio, come dianzi osservato, già qualificato dalla giurisprudenza della Corte come limite della competenza legislativa regionale nella materia delle "professioni", prevede che «la potestà legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite dalla normativa statale». Del resto, poiché la suddetta disposizione legislativa inizia con la seguente espressione: «Resta ferma la competenza delle Regioni» in materia, ne deriva che essa non può essere invocata per rivendicare ampliamenti di competenza.
5. – Poiché le restanti disposizioni contenute nelle due leggi regionali presentano una inscindibile connessione con quelle, rispettivamente, oggetto di specifica impugnazione, tale che senza queste ultime, le medesime restano prive di autonoma portata normativa, la declaratoria di illegittimità costituzionale va, di conseguenza, estesa all’intero testo delle due leggi regionali. Per questi motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
riuniti i giudizi,
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, commi 1 e 2, nonché degli artt. 3, 4, 5, 6, 7 e 8 della legge della Regione Liguria 14 marzo 2006, n. 6 (Norme regionali in materia di discipline bionaturali per il benessere a tutela dei consumatori), e, per conseguenza, della restante parte della intera legge;
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, commi 3 e 4, dell’art. 2, dell’art. 3, comma 1, nonché degli artt. 4, 5, 6 e 7 della legge regionale del Veneto 6 ottobre 2006, n. 19 (Interventi per la formazione degli operatori di discipline bio-naturali), e, per conseguenza, della restante parte della intera legge.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 10 luglio 2007. F.to:
omissis
Depositata in Cancelleria il 20 luglio 2007.