19.12.2005 free
CORTE di CASSAZIONE - (tra le regioni e i direttori generali delle ASL intercorre un rapporto di lavoro privato di natura autonoma)
ESCLUSIVA NOVITA' per i SOCI : " Precauzioni d' uso " sulla responsabilità professionale -
una nuova iniziativa del centro studi.
Dal Gennaio 2006, ogni settimana, dalla analisi del fatto di un recentissimo
provvedimento, la rilevazione del comportamento errato e quello invece consigliato
________________________________________
§ - Il rapporto di lavoro del direttore generale è regolato da contratto di diritto privato, ha una durata determinata, e viene stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile (art. 3 comma 8), ossia secondo le disposizioni del lavoro autonomo di cui agli artt. 2222 e seguenti cod. civile. Non vi è dubbio che il rapporto si costituisce tra direttore generale e la Regione (diversamente da quanto previsto per i direttori sanitari ed amministrativi che stipulano il contratto con la ASL rappresentata dal direttore generale), dal momento che l'artt. 3 comma 6 dlgs n. 502 del 30 dicembre 1992 , prevede che il contratto è sottoscritto dalla regione da una parte ed dal direttore generale dall'altra (www.dirittosanitario.net)
ordinanza n. 21286 del 3 novembre 2005
FATTO
Con ricorso al Tribunale di Torino del 27 settembre 2002 il dr. Luciano S. e gli altri direttori generali di varie ASL del Piemonte (indicati in epigrafe) chiamavano in giudizio la Regione Piemonte, esponendo che con l’art. 1 del dpcm n. 502 del 19 luglio 1995 (emanato in forza dell'art. 3 comma 6 del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992, come modificato dall'art. 2 del decreto legislativo n. 517 del 7 dicembre 1993) erano stati determinati i criteri concernenti gli emolumenti di loro spettanza nella misura di duecento milioni annui, mentre, all'art. 2, era stato previsto che gli emolumenti spettanti ai direttori sanitari ed amministrativi (a loro sottoposti) sarebbero stati determinati nella misura del 70%, con la precisazione che il trattamento economico complessivo di costoro non poteva risultare inferiore "alla somma dello stipendio iniziale lordo, dell’indennità integrativa speciale, della tredicesima mensilità e dell'indennità di direzione dei dirigenti apicali del Servizio Sanitario Nazionale"; che, in forza degli aumenti conseguiti in sede di contrattazione collettiva del comparto sanità, si era venuta a verificare la situazione paradossale per cui il compenso percepito da essi direttori generali era inferiore a quello percepito ad un dirigente apicale medico, ad es. un primario, che pure si trovava in posizione ad essi subordinata; che questa situazione si era protratta fino all'entrata in vigore del successivo dpcm 31 maggio 2001 n. 319, che aveva aumentato il loro trattamento economico complessivo a trecento milioni; quest'ultimo dcpm era stato emanato a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3 comma 8 del decreto legislativo n. 299 del 19 giugno 1999 (in forza della delega di cui alla legge n. 419 del 30 novembre 1998), che aveva sancito che anche il trattamento economico dei direttori generali sarebbe stato definito con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica ed amministrativa.
Lamentavano i ricorrenti che la Regione, con la delibera n. 17 - 4168 del 22 ottobre 2001, avesse fissato la decorrenza dei nuovi trattamenti economici alla data di entrata in vigore del dpcm 319/2001, mentre, si sosteneva in ricorso che - in forza del principio dell'armonizzazione della parità delle retribuzioni dei vertici delle ASL con quelli della dirigenza di ruolo, di cui alla citata disposizione del decreto legislativo 299/99 - la Regione aveva l'obbligo giuridico di far retroagire l'efficacia dei nuovi stipendi a data anteriore; per cui chiedevano venisse dichiarato il diritto, nei confronti della Regione Piemonte, all'adeguamento del loro trattamento economico con decorrenza dal momento in cui, in base alla contrattazione collettiva del comparto sanità, gli stipendi dei dirigenti apicali avevano superato quello dei direttori sanitari ed amministrativi delle ASL; o, in subordine, dalla data di entrata in vigore del citato d.lgs n. 229 del 1999; chiedevano altresì, di conseguenza, che l'amministrazione resistente venisse condannata alla corresponsione a loro favore delle somme arretrate, con accessori, ove necessario, previo accertamento dell'illegittimità della medesima delibera 17- 4168 e - contestualmente - ove necessario con disapplicazione della medesima.
La Regione Piemonte, nel costituirsi in giudizio, eccepiva in primo luogo la carenza di giurisdizione dell'AGO, la inapplicabilità del rito del lavoro, e nel merito il rigetto della domanda.
La medesima Regione ha quindi proposto ricorso preventivo per regolamento di giurisdizione, eccependo ancora la carenza di giurisdizione dell'AGO. Solo il dr. Luigi O. ha proposto controricorso illustrato da memoria, mentre tutti gli altri sono rimasti intimati.
Il Procuratore generale ha concluso per la giurisdizione AGO.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente, nell'insistere nella giurisdizione del giudice amministrativo, deduce sull'inesistenza di qualunque rapporto di lavoro autonomo o subordinato tra le Regioni e i direttori generali delle aziende sanitarie locali, per cui la controversia rientrerebbe tra quelle relative ai servizi pubblici, ivi comprese quelle afferenti al servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'art. 33 del d.lgs n. 80 del 1998, come modificato dalla legge n. 205 del 2000. Inoltre veniva chiesta dai direttori generali disapplicazione dei dcpm 502/95 e 319/2001, nonché della delibera regionale n. 17-4168 del 22 ottobre 2001, e cioè di atti di indirizzo organizzativo aventi carattere generale, estranei ed eterni ai contratti di diritto privato tra azienda e direttori, che non attribuivano diritti soggettivi.
La prospettazione della Regione appare erronea e la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Va premesso che le unità sanitarie locali, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs n. 229 del 19 giugno 1999, sono aziende con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale, i cui organi sono il direttore generale ed il collegio sindacale (art. 3 comma 1 quater).
Alla Regione, nell'ambito delle competenze attribuite nel settore sanitario, è riservato il potere di nomina del direttore generale delle ASL (art. 3 comma 6 del d.lgs n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs n. 537/93) ed anche il potere di risolvere il contratto, dichiarandone la decadenza in presenza di gravi motivi o quando la gestione presenti una situazione di grave disavanzo ecc. (art. 3 bis comma 7 d.lgs n. 299/99). Inoltre alla regione spetta anche di determinare, preventivamente, in via generale, i criteri di valutazione dell'attività dei direttori generali. Il rapporto di lavoro del direttore generale è regolato da contratto di diritto privato, ha una durata determinata, e viene stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile (art. 3 comma 8), ossia secondo le disposizioni del lavoro autonomo di cui agli artt. 2222 e seguenti cod, civ.
Non vi è dubbio che il rapporto, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, si costituisce tra direttore generale e la Regione (diversamente da quanto previsto per i direttori sanitari ed amministrativi che stipulano il contratto con la ASL rappresentata dal direttore generale), dal momento che l'artt. 3 comma 6 dlgs n. 502 del 30 dicembre 1992 (non modificato né dal d.lgs n. 517 del 7 dicembre 1993, né dal d.lgs 229/99) prevede che il contratto è sottoscritto dalla regione da una parte ed dal direttore generale dall'altra. Lo riconfermano i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, nella specie i decreti n. 502/95, e n. 319/2001, ai quali la legge (art. 3 comma 6 d.lgs n. 502 del 1992) rinvia per la determinazione del trattamento economico del direttore generale, in cui si legge all’art. 1 che «La regione ed il direttore generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nominato ai sensi degli artt. 3 e 3 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni, entro quindici giorni dall'atto di nomina sottoscrivono il contratto di lavoro predisposto dalla regione in conformità ai contenuti di cui al presente articolo».
Non vi è dubbio poi che dal contratto stipulato con la Regione discenda, per il direttore generale, l'obbligo di prestare la propria opera a favore della ASL di destinazione e che l'onere economico del compenso sia a carico della ASL.
Pertanto tra le regioni e i direttori generali delle ASL intercorre un rapporto di lavoro privato di natura autonoma.
E' noto che i criteri in base ai quali debbono essere regolati i rapporti tra la giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria (tra le tante Cass. N. 9429 del 21 settembre 1997 e 6626 dell'8 luglio 1998) sono quelli della domanda e della natura della controversia, i quali si integrano a vicenda e si fondono nell'unico criterio del petitum sostanziale, ossia dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, in funzione della "causa pretendi", che è costituita dall'intrinseca natura della posizione soggettiva, dedotta in giudizio, e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall'ordinamento alla posizione medesima, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione della parte.
Nella specie i direttori generali ricorrenti non contestano i citati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, con cui è stato determinato il loro trattamento economico, ma chiedono una sorta di efficacia retroattiva di quello n. 319/2001 che ha disposto gli aumenti, sostenendo che dal contratto stipulato con la Regione deriverebbe l'obbligo di armonizzare i loro compensi a quelli fissati per le posizioni apicali della dirigenza medica e amministrativa, obbligo che prospettano come sussistente ancor prima, ovvero – in via subordinata – immediatamente dopo, l’entrata in vigore della legge, art. 3 bis del d.lgs n. 229 del 1999, che tale armonizzazione ha disposto; di conseguenza chiedono le differenze di compenso tra quanto spettante e quanto percepito a partire dalle predette date e la data di entrata in vigore del dcpm n. 319 del 2001, perché solo da allora la Regione ha fatto decorrere gli aumenti.
Si propone dunque, nella sostanza, una domanda di adeguamento del trattamento economico derivante da un contratto di lavoro autonomo di diritto privato e la si rivolge al soggetto, Regione Piemonte, che in quel contratto è parte, per cui la giurisdizione spetta al giudice ordinario (nello stesso senso Sez. U. ordinanza n. 5328 del 12/04/2002). Si compensano le spese tra le parti costituite.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. Compensa le spese tra le parti costituite.
Così deciso in Roma il 29 settembre 2005.
Depositata in cancelleria il 3 novembre 2005.
una nuova iniziativa del centro studi.
Dal Gennaio 2006, ogni settimana, dalla analisi del fatto di un recentissimo
provvedimento, la rilevazione del comportamento errato e quello invece consigliato
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§ - Il rapporto di lavoro del direttore generale è regolato da contratto di diritto privato, ha una durata determinata, e viene stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile (art. 3 comma 8), ossia secondo le disposizioni del lavoro autonomo di cui agli artt. 2222 e seguenti cod. civile. Non vi è dubbio che il rapporto si costituisce tra direttore generale e la Regione (diversamente da quanto previsto per i direttori sanitari ed amministrativi che stipulano il contratto con la ASL rappresentata dal direttore generale), dal momento che l'artt. 3 comma 6 dlgs n. 502 del 30 dicembre 1992 , prevede che il contratto è sottoscritto dalla regione da una parte ed dal direttore generale dall'altra (www.dirittosanitario.net)
ordinanza n. 21286 del 3 novembre 2005
FATTO
Con ricorso al Tribunale di Torino del 27 settembre 2002 il dr. Luciano S. e gli altri direttori generali di varie ASL del Piemonte (indicati in epigrafe) chiamavano in giudizio la Regione Piemonte, esponendo che con l’art. 1 del dpcm n. 502 del 19 luglio 1995 (emanato in forza dell'art. 3 comma 6 del decreto legislativo n. 502 del 30 dicembre 1992, come modificato dall'art. 2 del decreto legislativo n. 517 del 7 dicembre 1993) erano stati determinati i criteri concernenti gli emolumenti di loro spettanza nella misura di duecento milioni annui, mentre, all'art. 2, era stato previsto che gli emolumenti spettanti ai direttori sanitari ed amministrativi (a loro sottoposti) sarebbero stati determinati nella misura del 70%, con la precisazione che il trattamento economico complessivo di costoro non poteva risultare inferiore "alla somma dello stipendio iniziale lordo, dell’indennità integrativa speciale, della tredicesima mensilità e dell'indennità di direzione dei dirigenti apicali del Servizio Sanitario Nazionale"; che, in forza degli aumenti conseguiti in sede di contrattazione collettiva del comparto sanità, si era venuta a verificare la situazione paradossale per cui il compenso percepito da essi direttori generali era inferiore a quello percepito ad un dirigente apicale medico, ad es. un primario, che pure si trovava in posizione ad essi subordinata; che questa situazione si era protratta fino all'entrata in vigore del successivo dpcm 31 maggio 2001 n. 319, che aveva aumentato il loro trattamento economico complessivo a trecento milioni; quest'ultimo dcpm era stato emanato a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 3 comma 8 del decreto legislativo n. 299 del 19 giugno 1999 (in forza della delega di cui alla legge n. 419 del 30 novembre 1998), che aveva sancito che anche il trattamento economico dei direttori generali sarebbe stato definito con riferimento ai trattamenti previsti dalla contrattazione collettiva nazionale per le posizioni apicali della dirigenza medica ed amministrativa.
Lamentavano i ricorrenti che la Regione, con la delibera n. 17 - 4168 del 22 ottobre 2001, avesse fissato la decorrenza dei nuovi trattamenti economici alla data di entrata in vigore del dpcm 319/2001, mentre, si sosteneva in ricorso che - in forza del principio dell'armonizzazione della parità delle retribuzioni dei vertici delle ASL con quelli della dirigenza di ruolo, di cui alla citata disposizione del decreto legislativo 299/99 - la Regione aveva l'obbligo giuridico di far retroagire l'efficacia dei nuovi stipendi a data anteriore; per cui chiedevano venisse dichiarato il diritto, nei confronti della Regione Piemonte, all'adeguamento del loro trattamento economico con decorrenza dal momento in cui, in base alla contrattazione collettiva del comparto sanità, gli stipendi dei dirigenti apicali avevano superato quello dei direttori sanitari ed amministrativi delle ASL; o, in subordine, dalla data di entrata in vigore del citato d.lgs n. 229 del 1999; chiedevano altresì, di conseguenza, che l'amministrazione resistente venisse condannata alla corresponsione a loro favore delle somme arretrate, con accessori, ove necessario, previo accertamento dell'illegittimità della medesima delibera 17- 4168 e - contestualmente - ove necessario con disapplicazione della medesima.
La Regione Piemonte, nel costituirsi in giudizio, eccepiva in primo luogo la carenza di giurisdizione dell'AGO, la inapplicabilità del rito del lavoro, e nel merito il rigetto della domanda.
La medesima Regione ha quindi proposto ricorso preventivo per regolamento di giurisdizione, eccependo ancora la carenza di giurisdizione dell'AGO. Solo il dr. Luigi O. ha proposto controricorso illustrato da memoria, mentre tutti gli altri sono rimasti intimati.
Il Procuratore generale ha concluso per la giurisdizione AGO.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La ricorrente, nell'insistere nella giurisdizione del giudice amministrativo, deduce sull'inesistenza di qualunque rapporto di lavoro autonomo o subordinato tra le Regioni e i direttori generali delle aziende sanitarie locali, per cui la controversia rientrerebbe tra quelle relative ai servizi pubblici, ivi comprese quelle afferenti al servizio sanitario nazionale, ai sensi dell'art. 33 del d.lgs n. 80 del 1998, come modificato dalla legge n. 205 del 2000. Inoltre veniva chiesta dai direttori generali disapplicazione dei dcpm 502/95 e 319/2001, nonché della delibera regionale n. 17-4168 del 22 ottobre 2001, e cioè di atti di indirizzo organizzativo aventi carattere generale, estranei ed eterni ai contratti di diritto privato tra azienda e direttori, che non attribuivano diritti soggettivi.
La prospettazione della Regione appare erronea e la giurisdizione spetta al giudice ordinario. Va premesso che le unità sanitarie locali, ai sensi dell'art. 3 del d.lgs n. 229 del 19 giugno 1999, sono aziende con personalità giuridica pubblica ed autonomia imprenditoriale, i cui organi sono il direttore generale ed il collegio sindacale (art. 3 comma 1 quater).
Alla Regione, nell'ambito delle competenze attribuite nel settore sanitario, è riservato il potere di nomina del direttore generale delle ASL (art. 3 comma 6 del d.lgs n. 502 del 1992, come modificato dal d.lgs n. 537/93) ed anche il potere di risolvere il contratto, dichiarandone la decadenza in presenza di gravi motivi o quando la gestione presenti una situazione di grave disavanzo ecc. (art. 3 bis comma 7 d.lgs n. 299/99). Inoltre alla regione spetta anche di determinare, preventivamente, in via generale, i criteri di valutazione dell'attività dei direttori generali. Il rapporto di lavoro del direttore generale è regolato da contratto di diritto privato, ha una durata determinata, e viene stipulato in osservanza delle norme del titolo terzo del libro quinto del codice civile (art. 3 comma 8), ossia secondo le disposizioni del lavoro autonomo di cui agli artt. 2222 e seguenti cod, civ.
Non vi è dubbio che il rapporto, contrariamente a quanto dedotto dalla ricorrente, si costituisce tra direttore generale e la Regione (diversamente da quanto previsto per i direttori sanitari ed amministrativi che stipulano il contratto con la ASL rappresentata dal direttore generale), dal momento che l'artt. 3 comma 6 dlgs n. 502 del 30 dicembre 1992 (non modificato né dal d.lgs n. 517 del 7 dicembre 1993, né dal d.lgs 229/99) prevede che il contratto è sottoscritto dalla regione da una parte ed dal direttore generale dall'altra. Lo riconfermano i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, nella specie i decreti n. 502/95, e n. 319/2001, ai quali la legge (art. 3 comma 6 d.lgs n. 502 del 1992) rinvia per la determinazione del trattamento economico del direttore generale, in cui si legge all’art. 1 che «La regione ed il direttore generale dell'unità sanitaria locale o dell'azienda ospedaliera, nominato ai sensi degli artt. 3 e 3 bis del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 502 e successive modificazioni, entro quindici giorni dall'atto di nomina sottoscrivono il contratto di lavoro predisposto dalla regione in conformità ai contenuti di cui al presente articolo».
Non vi è dubbio poi che dal contratto stipulato con la Regione discenda, per il direttore generale, l'obbligo di prestare la propria opera a favore della ASL di destinazione e che l'onere economico del compenso sia a carico della ASL.
Pertanto tra le regioni e i direttori generali delle ASL intercorre un rapporto di lavoro privato di natura autonoma.
E' noto che i criteri in base ai quali debbono essere regolati i rapporti tra la giurisdizione del giudice amministrativo e la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria (tra le tante Cass. N. 9429 del 21 settembre 1997 e 6626 dell'8 luglio 1998) sono quelli della domanda e della natura della controversia, i quali si integrano a vicenda e si fondono nell'unico criterio del petitum sostanziale, ossia dello specifico oggetto e della reale natura della controversia, da identificarsi non soltanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche, e soprattutto, in funzione della "causa pretendi", che è costituita dall'intrinseca natura della posizione soggettiva, dedotta in giudizio, e individuabile in relazione alla sostanziale protezione accordata, in astratto, dall'ordinamento alla posizione medesima, senza che a tal fine possa assumere rilievo la prospettazione della parte.
Nella specie i direttori generali ricorrenti non contestano i citati decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, con cui è stato determinato il loro trattamento economico, ma chiedono una sorta di efficacia retroattiva di quello n. 319/2001 che ha disposto gli aumenti, sostenendo che dal contratto stipulato con la Regione deriverebbe l'obbligo di armonizzare i loro compensi a quelli fissati per le posizioni apicali della dirigenza medica e amministrativa, obbligo che prospettano come sussistente ancor prima, ovvero – in via subordinata – immediatamente dopo, l’entrata in vigore della legge, art. 3 bis del d.lgs n. 229 del 1999, che tale armonizzazione ha disposto; di conseguenza chiedono le differenze di compenso tra quanto spettante e quanto percepito a partire dalle predette date e la data di entrata in vigore del dcpm n. 319 del 2001, perché solo da allora la Regione ha fatto decorrere gli aumenti.
Si propone dunque, nella sostanza, una domanda di adeguamento del trattamento economico derivante da un contratto di lavoro autonomo di diritto privato e la si rivolge al soggetto, Regione Piemonte, che in quel contratto è parte, per cui la giurisdizione spetta al giudice ordinario (nello stesso senso Sez. U. ordinanza n. 5328 del 12/04/2002). Si compensano le spese tra le parti costituite.
P.Q.M.
La Corte dichiara la giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. Compensa le spese tra le parti costituite.
Così deciso in Roma il 29 settembre 2005.
Depositata in cancelleria il 3 novembre 2005.