15/07/2020 free
Indennità congedo parentale, a carico Inps per dipendenti di farmacia comunale
L'azienda speciale farmacia comunale rientra nella categoria degli enti pubblici economici. Ai fini dell'applicazione della disciplina contenuta nel decreto legislativo n. 165 del 2001, recante norme generali in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, non rientrano nella nozione di amministrazione pubblica gli enti pubblici economici, non ricompresi nell'elencazione contenuta nell'articolo 1, comma 2, del medesimo decreto che si riferisce a "tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali.
Ne consegue che i dipendenti di una azienda speciale, non hanno lo status di pubblico dipendente ai sensi dell'art. 1, c. 1, del D.Lgs. n. 165/2001, non essendo l'azienda speciale, ai sensi del successivo c. 2, una amministrazione pubblica.
L'Inps, quindi è tenuto all'erogazione delle indennità per il congedo parentale straordinario fruito dai lavoratori per gravi motivi familiari.
avvocato Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net
Corte d'Appello Milano Sez. lavoro, Sent. del 10.03.2020
omissis
Svolgimento del processo
Il Tribunale di Milano con la sentenza n. 1618/17 rigettava il ricorso in riassunzione, a seguito di declaratoria di incompetenza territoriale del Tribunale di Monza, depositato dall'Azienda S.F.C. - per sentir condannare l'Inps 1) a rifonderle le somme dalla stessa anticipata a I.D. a titolo di congedo straordinario per gravi motivi familiari, autorizzato dall'Istituto con Provv. n. 1539 del 1, pari a complessivi Euro 10.097,48 (di cui Euro 9.867,64 a titolo di congedo parentale ed Euro 230,02 per sanzioni dovute al ritardato pagamento degli oneri contributivi a favore della citata dipendente), oltre rivalutazione ed interessi e 2) per ottenere il risarcimento del danno all'immagine subito, da quantificarsi in via equitativa e comunque in misura non inferiore ad Euro 5.000,00 - e compensava le spese di lite.
Il giudice a quo, dopo avere richiamato il testo dell'art. 42, 5^ comma del D.Lgs. n. 151 del 2001, osservava che la possibilità di conguaglio tra la indennità corrisposta a titolo di congedo straordinario e la contribuzione previdenziale dovuta all'Inps era prevista solo per i datori di lavoro privati, mentre per i datori di lavoro pubblici l'onere della citata indennità e della relativa contribuzione rimaneva a carico dell'amministrazione di appartenenza del dipendente; ed affermava che il ricorso difettava di "specifiche allegazioni in ordine alla natura imprenditoriale della parte ricorrente e della sua organizzazione in forma di società di capitali".
L'A. denuncia la violazione di legge, la erronea applicazione dei principi di diritto sulla natura delle Aziende S. e sulle implicazioni derivanti dalla qualifica di Ente Pubblico Economico, nonché la carenza di motivazione.
Sostiene che "il collegamento che lega l'Ente Comunale all'Azienda Speciale, costituita ai sensi dell'art. 114 del T.U. 267/2000, non va inteso alla stregua della permanenza di un vincolo pubblicistico (tipico delle pubbliche amministrazioni) nell'ambito dei rapporti vigenti con il personale e con i dipendenti dell'Azienda stessa (certamente regolamentato dalle norme vigenti in ambito privatistico)", richiamando pronunce secondo cui "L'azienda speciale del comune rientra nella categoria degli enti pubblici economici, e ai fini dell'applicazione della disciplina di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, non rientrano nella nozione di amministrazione pubblica gli enti pubblici economici, non ricompresi nell'elencazione contenuta nell'art. 1, c. 2, del citato decreto (che si riferisce a "tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali"), di conseguenza le ricorrenti, in quanto dipendenti di un'azienda speciale, non hanno lo status di pubblico dipendente ai sensi dell'art. 1, c. 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, non essendo l'azienda speciale, ai sensi del successivo c. 2, una amministrazione pubblica (Cons. Stato Sez. V, 07-02-2012, n. 641)."
Fa notare che nell'elenco di cui all'art. 1, comma 2 del D.Lgs. n. 165 del 2001 "non sono compresi gli Enti Pubblici Economici (e le ricomprese Aziende S.) i quali non fanno quindi parte delle amministrazioni pubbliche.
Infatti la qualificazione di un ente come pubblico economico determina il suo assoggettamento, oltre all'iscrizione nel registro delle imprese, alla disciplina di diritto privato per quanto attiene al profilo dell'impresa e per i rapporti di lavoro dei dipendenti (come confermato, in precedenza, anche dalla Corte di Cassazione, Sezioni unite, sentenza 12654/1997 e dal Tar Liguria, sezione II, sentenza 272/1995). I contratti collettivi di lavoro non sono quelli del settore pubblico, ma quelli stabiliti dalle parti in riferimento al settore merceologico di appartenenza.........
Da tale errato inquadramento (che muove, come detto, da un'interpretazione analogico-estensiva di norme che disciplinano i rapporti tra gli enti pubblici economici e soggetti giuridici terzi, dunque assolutamente inapplicabili al caso in esame), il Tribunale fa discendere la natura pubblicistica del rapporto di lavoro tra la dipendente I.D. (destinataria, lo si rammenta, di un congedo straordinario approvato e concesso dallo stesso INPS) e l'odierna appellante, con conseguente rigetto del ricorso che mirava ad ottenere dall'INPS (ente previdenziale di riferimento per la lavoratrice) il rimborso - in sede di compensazione contributiva - di quanto anticipato alla lavoratrice per il congedo straordinario autorizzato proprio dall'Istituto Previdenziale oggi appellato.
E' inoltre evidente il totale difetto di motivazione in ordine a tutte le deduzioni in diritto svolte nel primo grado di giudizio (espressamente richiamate nella parte introduttiva del presente appello), con particolare riferimento alle norme ed alle circolari INPS emanate nel corso del tempo le quali, conformandosi all'evoluzione legislativa ed alla giurisprudenza di merito e di legittimità intervenuta in materia, affermano addirittura che deve essere l'INPS a farsi carico degli oneri inerenti al congedo straordinario di tutti i lavoratori dipendenti, ivi compresi quelli pubblici ex INPDAP (!). Ne consegue che quand'anche, per assurdo, fosse astrattamente condivisibile la Tesi del Tribunale (ipotesi impossibile), sarebbe sempre l'INPS il soggetto obbligato a rifondere alla A. di C.M. quanto dalla stessa anticipato a titolo di congedo straordinario della dipendente".
Resiste in giudizio l'Inps per la conferma della sentenza gravata, replicando alle doglianze avversarie e richiamando la difesa svolta in primo grado.
All'udienza del 4/2/20, all'esito della discussione orale, la causa è stata decisa con pubblica lettura del dispositivo.
Motivi della decisione
L'appello è fondato nei limiti che seguono.
La materia del contendere attiene alla natura dell'A. ed in particolare se possa essere considerata "datore di lavoro privato" o "datore di lavoro pubblico" ai sensi dell'art. 42, 5^ comma del D.Lgs. n. 151 del 2001.
La attuale appellante, costituita ai sensi dell'art. 114, 1^ comma del D.Lgs. n. 267 del 2000, è un ente strumentale del Comune di Cusano Milanino, dotato di personalità giuridica e di autonomia organizzativa e gestionale rispetto all'ente di riferimento (la Suprema Corte ha recentemente definito la azienda speciale quale "figura a struttura composita o ibrida, caratterizzata dall'evidente compresenza e dalla reciproca interazione di elementi marcatamente pubblicistici e pienamente privatistici", così Cass. n. 20684/18).
Con riferimento alla natura della citata azienda ed al rapporto con il personale in forza, è principio consolidato quello per cui "I dipendenti di una azienda speciale, non hanno lo status di pubblico dipendente ai sensi dell'art. 1, c. 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, non essendo l'azienda speciale una amministrazione pubblica.
L'azienda speciale del comune rientra nella categoria degli enti pubblici economici, e ai fini dell'applicazione della disciplina di cui al D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, recante norme generali in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, non rientrano nella nozione di amministrazione pubblica gli enti pubblici economici, non ricompresi nell'elencazione contenuta nell'art. 1, c. 2, del citato decreto (che si riferisce a "tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali"), di conseguenza le ricorrenti, in quanto dipendenti di una azienda speciale, non hanno lo status di pubblico dipendente ai sensi dell'art. 1, c. 1, del D.Lgs. n. 165 del 2001, non essendo l'azienda speciale, ai sensi del successivo c. 2, una amministrazione pubblica" (così Consiglio di Stato, Sezione V, n. 641/12).
Ne consegue la natura privatistica del rapporto tra la A. e la dipendente Davì, come peraltro previsto dagli artt. 46 e seg. dello Statuto della citata azienda.
Ciò premesso, è condivisibile l'assunto attoreo secondo cui l'Inps è tenuto all'erogazione della indennità per il congedo parentale fruito dalla Davì, anche alla luce delle stessa circolare dell'istituto (n. 114/08) che, seppur antecedente alla nuova formulazione dell'art. 42, 5^ comma del D.Lgs. n. 151 del 2001, è comunque applicabile al caso in esame, avendo la modifica apportata dal D.Lgs. n. 119 del 2011 inciso unicamente sulle condizioni di priorità nell'accesso ai congedi, confermando sia le prestazioni che i beneficiari potenziali previsti dalla normativa.
Come riportato nella citata circolare, in virtù dell'art. 20, comma 2, del D.L. n. 112 del 2008, convertito con modificazioni nella L. n. 133 del 2008, al punto 1, a "decorrere dal 1 gennaio 2009 le imprese dello Stato, degli Enti Pubblici e degli Enti Locali privatizzate e a capitale misto sono tenute a versare, secondo la normativa vigente, la contribuzione per maternità e malattia... l'Istituto erogherà le prestazioni economiche di maternità (congedo di maternità/paternità, congedo parentale e riposi giornalieri "per allattamento" di cui al D.Lgs. n. 151 del 2001) e le indennità per permessi di cui all'art. 33 della L. n. 104 del 1992 a tutti i lavoratori dipendenti ivi compresi il personale con qualifica dirigenziale, delle imprese di cui al precedente punto 2".
D'altra parte - come si ricava dalla dichiarazione del consulente del lavoro dell'appellante dimessa all'udienza del 21/11/19 e non contestata dall'ente previdenziale che non ha replicato a detta produzione entro il termine concessogli - l'A. versa all'Inps (quale ex Inpdap) non solo la contribuzione per il regime pensionistico, ma anche la contribuzione per malattia, maternità ed assegni familiari.
L'attuale appellante ha quindi diritto all'importo corrisposto a titolo di congedo straordinario alla lavoratrice in questione (Euro 9.867,64) ed al rimborso della sanzione (Euro 230,02) che ha dovuto pagare per il versamento tardivo della contribuzione pensionistica a favore della stessa dipendente e che doveva essere posta in compensazione come da istruzioni fornite dall'Inps (doc. 1 appellante), oltre accessori di legge ex art. 16,6^ comma della L. n. 412 del 1991 dal dovuto al saldo.
Non merita invece accoglimento la domanda avente ad oggetto il preteso danno non patrimoniale reiterata in questa sede per carenza di allegazione e prova.
In considerazione della reciproca soccombenza, le spese del doppio grado - liquidate secondo quanto previsto dal D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 in base al valore della controversia e stante la assenza di istruttoria ed in applicazione della facoltà di riduzione del compenso alla luce del disposto dell'art. 4 comma 1 del D.M. n. 55 del 2014 come modificato dal D.M. n. 37 del 2018 in ragione delle condizioni soggettive delle parti - vengono parzialmente compensate.
P.Q.M.
In parziale riforma della sentenza n. 1618/17 del Tribunale di Milano, condanna l'Inps a pagare all'A. la somma complessiva di Euro 10.097,48, oltre ad accessori di legge dal dovuto al saldo.
Rigetta nel resto l'appello.
Liquida le spese del primo grado in Euro 1.800,00 e del secondo grado in Euro 1.900,00, oltre a spese generali, oneri ed accessori di legge, che pone a carico dell'Inps nella misura del 50%, compensa nel resto.
Così deciso in Milano, il 4 febbraio 2020.
Depositata in Cancelleria il 10 marzo 2020.