22/07/2024 free
Medici specialisti 1992/93 - 2005/06 - sezioni Unite della Cassazione: nessun incremento nè adeguamento triennale delle borse di studio
La Suprema Corte ha statuito il seguente principio:
«l'importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1992/1993 e il 2005/2006 non è soggetto, né ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, né all'adeguamento triennale previsto dall'art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991; ciò per effetto del blocco di tali aggiornamenti previsto, con effetti convergenti e senza soluzione di continuità, dall’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992, convertito nella l. n. 438 del 1992, come interpretato dall’art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1995; dall’art. 3, comma 36, l. n. 537 del 1993; dall’art. 1, comma 66, l. n. 662 del 1996; dall’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997; dall’art. 22 l. n. 488 del 1999; dall’art. 36 l. n. 289 del 2002».
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Numero registro generale 22881/2019
Numero sezionale 268/2024
Numero di raccolta generale 20006/2024
Data pubblicazione 19/07/2024
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE CIVILI
Composta da
MARGHERITA CASSANO
- Presidente -
GIACOMO TRAVAGLINO
- Presidente di Sezione -
LUCIA TRIA
- Presidente di Sezione -
ALBERTO GIUSTI
- Presidente di Sezione -
UMBERTO L.C.G. SCOTTI
- Consigliere –
ANNALISA DI PAOLANTONIO
- Consigliere –
GIUSEPPE GRASSO
- Consigliere –
EMILIO IANNELLO
- Consigliere Rel. –
MARCO ROSSETTI
- Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 22881/2019 R.G. proposto da
Università degli Studi di Catania, rappresentata e difesa dall’Avv. Vincenzo Reina (p.e.c.: vincenzo.reina@pec.ordineavvocaticatania.it), con domicilio eletto in Roma, Largo Trionfale, n. 7, presso lo studio dell'Avv. Luigi Mannucci;
Oggetto
Medici specializzandi – Corsi di specializzazione dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1997 – Borsa di studio ? Rideterminazione triennale ex art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991
– ricorrente –
contro
….., rappresentati e difesi dall'Avv. Mariagrazia Caruso (p.e.c. indicata mariagrazia.caruso@pec.ordineavvocaticatania.it);
– controricorrenti –
e nei confronti di
Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze;
– intimati –
e sul ricorso successivo proposto da
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (p.e.c. indicata: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici domiciliano ope legis in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;
– ricorrenti –
contro
..…. rappresentati e difesi dall'Avv. Mariagrazia Caruso (p.e.c. indicata: mariagrazia.caruso@pec.ordineavvocaticatania.it);
– controricorrenti –
nonché contro
Università degli Studi di Catania, rappresentata e difesa dall’Avv. Vincenzo Reina (p.e.c.: vincenzo.reina@pec.ordineavvocaticatania.it), con domicilio eletto in Roma, Largo Trionfale, n. 7, presso lo studio dell'Avv. Luigi Mannucci;
– controricorrente –
e nei confronti di
Presidenza del Consiglio dei Ministri;
– intimata –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Catania, n. 582/2019, pubblicata il 13 marzo 2019.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 9 luglio 2024 dal Consigliere Emilio Iannello.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Alessandro Pepe, che ha concluso chiedendo l’accoglimento dei ricorsi.
Udita l’Avvocata Domenica Claudia Puntoriero, per delega dell’Avv. Reina.
Udita l’Avvocata Mariagrazia Caruso.
Udito l’Avvocato dello Stato Gianluigi Diodato.
FATTI DI CAUSA
1. Con ricorso ex art. 702-bis cod. proc. civ., depositato in data 26 aprile 2013, ….. adirono il Tribunale di Catania perché pronunciasse, in contraddittorio con la Presidenza del Consiglio dei ministri, il M.I.U.R., il Ministero della Salute e il Ministero dell'Economia e delle Finanze, l’Università degli Studi di Catania e la Regione Sicilia, la condanna degli stessi, in solido, al risarcimento danni conseguenti alla mancata attuazione della Direttiva CE 93/16, in tema di adeguata retribuzione spettante per la frequenza di corsi di specializzazione.
Premesso di essere medici specializzati in varie discipline mediche in anni accademici compresi tra il 1991/1992 e il 1997/1998 e di aver percepito la borsa di studio prevista dal d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, pari a Lire 21.500.000 annuali, lamentarono: la mancata corresponsione della adeguata remunerazione in misura corrispondente a quella percepita dai medici specializzandi a partire dall'anno accademico 2006/2007 e successivi; la mancata applicazione dei benefici previsti dal d.lgs. n. 368 del 1999 nonché dai decreti attuativi d.P.C.M. 3 marzo, 6 luglio, 2 novembre del 2007.
Chiesero, altresì, la condanna delle amministrazioni convenute, in solido tra loro, al pagamento della somma corrispondente alla differenza tra quanto effettivamente percepito e l'importo che avrebbero percepito ove fosse stata applicata la rideterminazione triennale prevista «in funzione del miglioramento tabellare minimo di cui alla contrattazione collettiva relativa al personale medico dipendente del SSN», ai sensi dell’art. 6 d.lgs. n. 257 del 1991.
Instaurato il contraddittorio, il Tribunale, con ordinanza del 2 giugno 2014, rigettò le domande.
2. Con sentenza n. 582/2019, resa pubblica il 13 marzo 2019, la Corte d’appello di Catania, in parziale accoglimento del gravame interposto dai medici, ha riconosciuto il diritto degli stessi alla rideterminazione triennale della borsa di studio limitatamente agli anni compresi tra il 1994 ed il 1997.
Ha infatti ritenuto ? argomentando dal combinato disposto, da un lato, dell’art. 7, comma 1, d.l. 19 settembre 1992, n. 384, convertito con modificazioni dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, che aveva bloccato gli incrementi contrattuali per il personale medico dipendente del SSN fino al 31 dicembre 1993, prevedendo che i nuovi accordi avrebbero avuto effetto dal 1° gennaio 1994, e, dall’altro, dell’art. 32, comma 12, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, che ha disposto il consolidamento nell'importo di 315 miliardi di Lire, a far tempo dal 1998, dell'intera quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti ? che la rideterminazione della remunerazione per la partecipazione alle scuole di specializzazione afferenti alle facoltà di medicina in conseguenza di nuovi accordi sindacali non poteva considerarsi bloccata negli anni compresi tra il 1994 e il 1997, con la conseguenza che, prevedendo l'art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991 un sistema triennale di adeguamento delle borse in funzione dei detti accordi, si doveva riconoscere in favore di tutt’e tre gli appellanti (odierni resistenti) il diritto a beneficiare della rideterminazione a decorrere dall'a.a. 1994/1995, nonché, in favore del solo Cangemi (il solo tra i tre ad aver terminato il corso nel 1998), il diritto a beneficiare anche della seconda rideterminazione, per l’anno accademico 1997/1998.
Ha quindi condannato in solido il Ministero dell'Università e della Ricerca, il Ministero della Salute e il Ministero dell'Economia e delle Finanze e l'Università degli Studi di Catania al pagamento in favore dei ricorrenti di «somma pari alla rideterminazione triennale delle borse di studio corrisposte secondo i criteri di cui in motivazione».
3. Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso l’Università degli Studi di Catania, sulla base di due motivi; successivo ricorso è stato proposto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, dal Ministero della Salute e dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, sulla base di un solo motivo.
L’Università degli Studi di Catania, …. si sono difesi con controricorso.
La Presidenza del Consiglio dei ministri non ha svolto difese.
La difesa dei dottori …… ha depositato memoria.
4. Con ordinanza interlocutoria n. 6928/2024 del 14/03/2024, la Sezione Lavoro della Corte ha rimesso gli atti alla Prima Presidente, ai fini dell’assegnazione del ricorso alle Sezioni Unite, in relazione alla questione di massima di particolare importanza, rilevante per la decisione in ordine al primo motivo del ricorso dell’Università ed all’unico motivo del ricorso proposto dai Ministeri, «se l’importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione sia soggetto, per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1997, all’adeguamento triennale previsto dall’art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 257 del 1991».
5. Il Procuratore Generale ha depositato memoria concludendo per l’accoglimento dei ricorsi.
Tutte le parti hanno depositato memorie.
RAGIONI DELLA DECISIONE
I. Il ricorso dell’Università.
1. Con il primo motivo del proprio ricorso l’Università degli Studi di Catania denuncia la violazione degli artt. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992; 1, comma 33, l. n. 549 del 1995; 22 l. n. 488 del 1999; 36, comma 1, l. n. 289 del 2002.
Sostiene che — in forza della disposizione interpretativa di cui all’art. 1, comma 33, della l. n. 549 del 1995 — alle borse di studio per i medici specializzandi si applichi il “congelamento” degli aumenti disposto dall’art. 7, commi 5 e 6, d.l. n. 384 del 1992 (successivamente prorogato dall’art. 3, comma 36, l. n. 537 del 1993; dall’art. 1, comma 66, l. n. 662 del 1996; dall’art. 22 l. n. 488 del 1999; dall’art. 36, comma 1, l. n. 289 del 2002).
Che tale blocco concernesse anche la rideterminazione triennale di cui all’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257/1991 si desumerebbe dal disposto dell’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997, a mente del quale «a partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui all'articolo 6, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 257 del 1991».
Osserva, sul punto, la ricorrente Università che «sarebbe privo di ragionevolezza ritenere che il legislatore abbia effettivamente inteso intervenire solo sull’adeguamento annuale in base al tasso di inflazione programmato, nel senso cioè di bloccarlo e non anche, invece, sulla rideterminazione triennale delle borse di studio in funzione del miglioramento stipendiale dei medici del S.S.N.» (pag. 10 del ricorso).
Opzione, quest’ultima, che — secondo quanto osservato dalla sentenza della Corte costituzionale n. 432 del 1997 — «non perseguiva affatto l’intento di discriminare irragionevolmente i medici ammessi alle scuole di specializzazione ma, in una logica di bilanciamento con le fondamentali scelte di politica economica ed inserendosi in un più ampio complesso di norme ispirate alla medesima ratio, era rivolta ad adeguare la situazione dei medici specializzandi al diverso principio secondo il quale la difesa dell’aumento del costo della vita è da affidarsi precipuamente alle dinamiche contrattuali, in particolar modo alla contrattazione collettiva, piuttosto che a strumenti legislativi di adeguamento automatico» (pag. 10 del ricorso).
2. Con il secondo motivo di ricorso (rubricato «Difetto di legittimazione passiva e/o mancata valutazione della estraneità dell'Ateneo nei fatti per cui è causa violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 d.lgs. n. 257/1991»), l’Università contesta l’azionabilità nei propri confronti della pretesa economica avanzata dai medici controricorrenti, ritenendosi non titolata ad incrementare l’importo della borsa di studio, in mancanza dei decreti ministeriali di adeguamento.
II. Il ricorso successivo dei Ministeri.
3. Con l’unico motivo posto a fondamento del proprio ricorso il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, Ministero della Salute, Ministero dell'Economia e delle Finanze denunciano «violazione e falsa applicazione degli artt. 6, comma 1, d.lgs. n. 257/1991; 32, comma 12, l. n. 449 del 1997 e 36, comma 1, l. n. 289 del 2002».
Sostengono che, diversamente da quanto ritenuto dalla Corte d’appello, «l’importo delle borse di studio erogate non è soggetto all’adeguamento triennale», richiamando in tal senso per ampi stralci testuali le motivazioni di Cass. n. 4449 del 2018 ed evidenziando che i principi ivi affermati sono stati più volte ribaditi da numerosissime pronunce della S.C..
III. La questione rimessa e la sua prospettazione.
4. La questione rimessa all'esame delle Sezioni Unite investe il punto centrale della controversia, che sta nello stabilire se, sulla base del complesso quadro normativo cui occorre far riferimento, debba o meno riconoscersi il diritto del medico iscritto ad una scuola di specializzazione nel periodo fra il 1° gennaio 1994 ed il 31 dicembre 1997, e titolare della relativa borsa di studio, ad ottenere la rideterminazione triennale del compenso in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del SSN ai sensi dell’art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991.
Più precisamente si tratta di stabilire se — posta la previsione, contenuta nel comma 1 di tale ultima disposizione, che la detta rideterminazione triennale prevede «in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale», accanto al pure previsto incremento annuale in base al tasso programmato d’inflazione — la serie numerosa di interventi normativi diretti a bloccare nel tempo l’attuazione di tale previsione per esigenze di bilancio e programmazione finanziaria (v. infra, §§ 8-11) lasci emergere oppure no un intervallo temporale (segnatamente tra il 1° gennaio 1994 e il 31 dicembre 1997) nel quale tale blocco non opera (e dunque deve per contro trovare applicazione la disciplina originariamente dettata dall’art. 6, comma 1, d.lgs. 257 del 1991).
Con la precisazione che tale quesito si pone con esclusivo riferimento alla rideterminazione triennale, non essendo invece posto in dubbio che il congelamento abbia riguardato, senza soluzione di continuità, il primo tipo di adeguamento, rappresentato dal previsto incremento annuale secondo il tasso programmato d’inflazione.
Lo scrutinio della questione non può che muovere dalla considerazione delle disposizioni che compongono il complesso quadro normativo di riferimento.
IV. Fonti normative.
5. Il d.lgs. n. 257 del 1991 [recante «Attuazione della direttiva n. 82/76/CEE del Consiglio del 26 gennaio 1982, recante modifica di precedenti direttive in tema di formazione dei medici specialisti, a norma della L. 29 dicembre 1990, n. 428, art. 6 (Legge comunitaria 1990)»] dopo aver previsto nell'art. 1, comma 1, che «La formazione specialistica dei medici ammessi alle scuole universitarie di specializzazione in medicina e chirurgia, di tipologia e durata conformi alle norme della comunità economica europea e comuni a due o più Stati membri, si svolge a tempo pieno», stabilisce nell'art. 6, comma 1, che «Agli ammessi alle scuole di specializzazione nei limiti definiti dalla programmazione di cui all'art. 2, comma 2, in relazione all'attuazione dell'impegno a tempo pieno la loro formazione, è corrisposta, per tutta la durata del corso, ad esclusione dei periodi di sospensione della formazione specialistica, una borsa di studio determinata per l'anno 1991 in L. 21.500.000. Tale importo viene annualmente, a partire dal 1° gennaio 1992, incrementato del tasso programmato d'inflazione ed è rideterminato, ogni triennio, con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e del tesoro, in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale».
La norma prevede dunque due tipi di aggiornamento incrementativo nel tempo dell’importo della borsa di studio:
a) il primo, annuale, collegato al tasso programmato d’inflazione;
b) il secondo affidato ad un decreto ministeriale da emanarsi ogni triennio «in funzione del miglioramento tabellare previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio Sanitario nazionale».
L’incremento sub a) mira, in maniera dinamica, all'adeguamento automatico dell'importo della borsa di studio al costo della vita, da computare sul suo ammontare originario, ed è annuale (c.d. adeguamento dinamico); quello sub b) incide, invece, proprio sul detto ammontare, che è modificato in relazione all'andamento della contrattazione relativa al personale medico dipendente del SSN ogni tre anni «con decreto del Ministro della sanità, di concerto con i Ministri dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica e del tesoro» (c.d. adeguamento statico).
Come rileva l’ordinanza di rimessione, questo secondo tipo di adeguamento non è automaticamente correlato all'inflazione, ma rappresenta un modo per raccordare l’ammontare delle borse di studio ai minimi retributivi fissati per i medici del SSN dalla contrattazione dei medici del SSN; ciò, però, attraverso un collegamento indiretto posto che quella contrattazione non può certo concernere le borse in questione, non attenendo esse ad un rapporto di pubblico impiego, né comportare, per esse, gli stessi automatismi normativi previsti dalla legge n. 93 del 1983, essendo pur sempre la rideterminazione triennale affidata alla discrezionale valutazione del Ministero della Sanità, di concerto con il MIUR e l’allora Ministero del Tesoro.
6. Va ricordato che il d.lgs. n. 257 del 1991 è stato abrogato dall'art. 46, comma 3, del d.lgs. 17 agosto 1999, n. 368 (recante «Attuazione della direttiva 93/16/CE in materia di libera circolazione dei medici e di reciproco riconoscimento dei loro diplomi, certificati ed altri titoli e delle direttive 97/50/CE, 98/21/CE, 98/63/CE e 99/46/CE che modificano la direttiva 93/16/CE), il quale tuttavia nel precedente comma 2 (come sostituito dall'art. 8, comma 3, del d.lgs. 21 dicembre 1999, n. 517 e poi dall'art. 1, comma 300, legge 23 dicembre 2005, n. 266) ha disposto che «Fino all'anno accademico 2005-2006 si applicano le disposizioni di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257».
7. L'importo della borsa di studio, aggiornato per il 1992 per effetto di una rivalutazione del 4,5% che lo ha portato a £ 22.466.540 (pari ad € 11.603,00), non ha poi successivamente subito alcuna variazione, in virtù di una serie di disposizioni di blocco di cui qui conviene far rapida rassegna, su di esse concentrandosi la questione interpretativa posta dalla ordinanza interlocutoria.
8. La prima è quella contenuta nell’art. 7, comma 5, d.l. 19 settembre 1992, n. 384 (recante «Misure urgenti in materia di previdenza, di sanità e di pubblico impiego, nonché disposizioni fiscali»), convertito in l. n. 438 del 1992, a tenore del quale «Tutte le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, comprensivi, per disposizioni di legge o atto amministrativo previsto dalla legge o per disposizione contrattuale, di una quota di indennità integrativa speciale di cui alla L. 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, o dell'indennità di contingenza prevista per il settore privato o che siano, comunque, rivalutabili in relazione alla variazione del costo della vita, sono corrisposti per l'anno 1993 nella stessa misura dell'anno 1992».
In funzione della successiva esposizione è importante in proposito sin d’ora sottolineare che:
a) il d.l. n. 384 del 1992 è provvedimento normativo che, come può ricavarsi già dalla sua stessa rubrica, riguarda il pubblico impiego e non è pertanto direttamente riferibile al rapporto che si instaura, in base al d.lgs. n. 257 del 1991, tra le Università e gli ammessi ai corsi di specializzazione in medicina che, come s’è già detto e come appresso tornerà a ribadirsi, ha natura privatistica e non è in alcun modo assimilabile a quello che costituisce specifico oggetto di detto intervento normativo;
b) il d.l. n. 384 del 1992 contiene, sempre nell’art. 7, ma al comma 1, altra disposizione che ha costituito, come si vedrà, termine di riferimento per una ricostruzione del contesto giuridico nei termini problematici evidenziati dalla ordinanza interlocutoria: tale norma prevede, per quanto interessa, che «Resta ferma sino al 31 dicembre 1993 la vigente disciplina emanata sulla base degli accordi di comparto di cui alla legge 29 marzo 1983, n. 93, e successive modificazioni e integrazioni. I nuovi accordi avranno effetto dal 1° gennaio 1994 …».
9. Seguendo un ordine cronologico, la seconda disposizione di cui occorre tener conto è quella contenuta nella legge 24 dicembre 1993, n. 537 (Interventi correttivi di finanza pubblica), art. 3, comma 36 (Pubblico impiego), a mente del quale «Continuano ad applicarsi, nel triennio 1994-1996, le disposizioni dell'articolo 7, commi 5 e 6, del D.L. 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438».
10. Sopravviene a questo punto la prima norma che consente un aggancio della esposta normativa di blocco anche alle borse di studio per gli specializzandi; tale è quella contenuta nella legge 28 dicembre 1995, n. 549 («Misure di razionalizzazione della finanza pubblica»), all’art. 1, comma 33, a tenore del quale: «Le disposizioni di cui all'art. 7, commi 5 e 6, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, prorogate per il triennio 1994-1996 dall'art. 3, comma 36, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, vanno interpretate nel senso che tra le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, da corrispondere nella misura prevista per il 1992, sono comprese le borse di studio di cui all'art. 6 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257».
11. Seguono, quindi, nell’ordine (cronologico):
— legge 23 dicembre 1996, n. 662 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), art. 1 (Misure in materia di sanità, pubblico impiego, istruzione, finanza regionale e locale, previdenza e assistenza), comma 66, a mente del quale: «Le disposizioni dell'articolo 7, comma 5, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, confermate per il triennio 1994-1996 dall'articolo 3, comma 36, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, continuano ad applicarsi anche nel triennio 1997-1999»;
— legge 27 dicembre 1997, n. 449 (Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica), art. 32 (Interventi di razionalizzazione della spesa), comma 12: «a partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui all'articolo 6, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 257 del 1991»;
— legge 23 dicembre 1999, n. 488 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato legge finanziaria 2000), art. 22 (Conferma della disciplina relativa alle indennità ed ai compensi rivalutabili in relazione alla variazione del costo della vita): «Le disposizioni dell'articolo 7, comma 5, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, da ultimo confermate e modificate dall'articolo 1, commi 66 e 67, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, concernenti le indennità, i compensi, le gratifiche, gli emolumenti ed i rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2000-2002. Tali disposizioni si applicano agli emolumenti, indennità, compensi e rimborsi spese erogati dalle amministrazioni pubbliche anche ad estranei per l'espletamento di particolari incarichi e per l'esercizio di specifiche funzioni»;
— legge 27 dicembre 2002, n. 289 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2003)], art. 36 (Indennità e compensi rivalutabili in relazione alla variazione del costo della vita): «Le disposizioni dell'articolo 7, comma 5, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dall'articolo 1, commi 66 e 67, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e da ultimo dall'articolo 22 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, per le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, contenenti il divieto di procedere all'aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005. Tale divieto si applica anche agli emolumenti, indennità, compensi e rimborsi spese erogati, anche ad estranei, per l'espletamento di particolari incarichi e per l'esercizio di specifiche funzioni per i quali è comunque previsto il periodico aggiornamento dei relativi importi nonché, fino alla stipula del contratto annuale di formazione e lavoro previsto dall'articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, alle borse di studio corrisposte ai medici in formazione specialistica ai sensi del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, il cui ammontare a carico del Fondo sanitario nazionale rimane consolidato nell'importo previsto dall'articolo 32, comma 12, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni»;
— legge 23 dicembre 2005, n. 266 [Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2006)], art. 1, comma 212: «l'articolo 36 della legge 27 dicembre 2002, n. 289, così come interpretato dall'articolo 3, comma 73, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, continua ad applicarsi anche nel triennio 2006-2008».
Il susseguirsi degli esposti interventi normativi nell’arco di oltre dieci anni ha avuto inevitabile riflesso in un andamento della giurisprudenza in argomento non alieno da iniziali incertezze, ma che nondimeno ha raggiunto negli ultimi anni approdi stabili.
Di tale evoluzione occorre a questo punto dar conto.
V. L’evoluzione giurisprudenziale.
12. Le prime pronunce della S.C. che hanno affrontato la questione l’hanno risolta postulando, sulla base di argomenti tratti dalle sentenze n. 242 del 1999 e n. 432 del 1997 della Corte costituzionale (su cui appresso si tornerà, v. infra §§ 25, 26, 29 e 30), un pieno parallelismo tematico tra l’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991, da un lato, e i commi 1 e 5 dell’art. 7 del d.l. n. 384 del 1992, dall’altro. Hanno, cioè, ritenuto, rispettivamente, il comma 1 di tale ultima disposizione riferibile alla prevista rideterminazione triennale della borsa di studio e il comma 5 riferibile invece (solo) alla indicizzazione annuale. Sulla base di tale implicita premessa si sono dunque espresse nel senso che il blocco della rideterminazione triennale, in base al disposto dall’art. 7, comma 1, primo periodo, del d.l. n. 384 del 1992, dovesse ritenersi efficace per il solo biennio 1992/1993, in mancanza di specifiche disposizioni di proroga della misura (disposizioni, invece, intervenute relativamente al blocco dell’indicizzazione annuale al costo della vita).
Cass. Sez. L, n. 16385 del 17/06/2008, Rv. 603612–01, così ha accolto il ricorso delle amministrazioni — condannate in primo grado, con sentenza confermata in appello in parte qua, a corrispondere ai medici istanti le differenze da rideterminarsi tra quanto percepito e quanto spettante in virtù degli adeguamenti (statico e dinamico) previsti dall’art. 6, comma 1, d. lgs. n. 257 del 2001 — limitatamente a quanto di tali differenze era riferibile all’indicizzazione annuale, in quanto oggetto di iterati interventi di blocco che tale indicizzazione avevano escluso, nonché a quanto di esse era riferibile alla rideterminazione triennale, per tale ultima parte però fino a quella da compiersi nell’anno acc. 1992/93, non essendo stata per esse successivamente iterata la previsione di blocco.
Sulla stessa scia si pone la successiva Sez. L, n. 18562 del 29/10/2012, Rv. 624381–01 (relativa a specializzandi che avevano seguito i corsi negli anni 1996/2000), che richiama il precedente del 2008 per concludere che «la rivalutazione della cennata remunerazione in conseguenza di nuovi accordi sindacali – anch’essa “bloccata” fino al 31 dicembre 1993 dall’art. 7, comma 1, d.l. n. 384/92 – non restava “bloccata” successivamente alla suddetta data», sicché «per tale componente retributiva (...), a differenza dell’altra, il “blocco” non si estendeva agli incrementi contrattuali-sindacali successivi al 31 dicembre 1993» (pag. 10).
Analoga motivazione caratterizza Sez. L, n. 12624 del 18/06/2015, Rv. 635722–01, con riguardo a medici che avevano frequentato i corsi di specializzazione in anni accademici compresi tra il 1995/96 e il 1998/99.
13. A distanza di dieci anni dalla prima delle ricordate pronunce la questione è stata riconsiderata da Cass. Sez. L n. 4449 del 23/02/2018, Rv. 647457–01, sulla base di una più completa analisi del quadro normativo.
Diversi medici specializzandi avevano chiesto, tra l’altro e per quanto interessa in questa sede, «il riconoscimento del diritto alla indicizzazione annuale della borsa di studio e alla sua rideterminazione triennale in relazione agli incrementi stipendiali previsti dal CCNL per i medici neoassunti del SSN (...)».
A fronte del rigetto della domanda da parte della Corte d’appello, i medici appellanti (tutti iscritti a far tempo dall'anno accademico 1998/1999) proposero ricorso per cassazione lamentando, con il primo motivo, che la Corte d’appello avesse: respinto la domanda volta all'adeguamento della borsa di studio al tasso programmato di inflazione con motivazione omessa e/o insufficiente e contraddittoria; errato nell'omettere di distinguere il periodo 1992/1993, per il quale vigeva il blocco, dal periodo successivo, in relazione al quale il blocco era cessato e di tenere conto dei diversi meccanismi di adeguamento, invocando i principi affermati nella sentenza n. 18562 del 2012.
Il motivo venne rigettato.
Ribadito il principio, già più volte affermato in precedenza, secondo cui l'importo della borsa di studio prevista dall'art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, non è soggetto ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita per gli anni accademici successivi al 1992-1993, e ciò in forza del comma 5 dell’art. 7 d.l. n. 384 del 1992 e successive conferme (v. § 45 della sentenza), ha poi osservato (§§ 55-56), con riferimento alla questione che qui interessa della rideterminazione triennale, che «il dato letterale dell'art. 32 [c. 12 della legge 27 dicembre 1997, n. 449] evidenzia che il legislatore ha fatto riferimento all'intero corpus normativo contenuto nell'art. 6 c. 1 del D. Lgs. n. 257 del 1991, e, dunque, sia annuale del tasso programmato d'inflazione sia alla rideterminazione triennale correlata al miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale (c. 1). … Siffatta lettura trova conforto nella circostanza che l'intera quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialistici, a far tempo dal 1998, è stata consolidata nell'importo pari a 315 miliardi di lire».
Ha poi tratto ulteriore decisivo argomento dall'art. 36 c. 1 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 (legge finanziaria 2003), rilevando come tale disposizione, richiamando il comma 5 dell’art. 7 d.l. n. 384 del 1992 e le successive norme di proroga, «contenenti il divieto di procedere all'aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita» da «applicarsi anche nel triennio 2003-2005», stabilisca che «fino alla stipula del contratto annuale di formazione e lavoro previsto dall'articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, l'ammontare delle borse di studio corrisposte ai medici in formazione specialistica ai sensi del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, a carico del Fondo sanitario nazionale, rimane consolidato nell'importo previsto dall'articolo 32, comma 12, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni» (§§ 57-58).
Ha concluso, quindi, nel senso che «a partire dal 1998 e sino al 2005 le borse di studio dei medici specializzandi non erano soggette all'incremento triennale previsto dal c. 1 dell'art. 6 del D. Lgs. n. 257 del 1991» (§ 59).
14. Come può notarsi, nella pronuncia di Cass. n. 4449 del 2018 si fa riferimento al periodo successivo al 1° gennaio 1998, data di entrata in vigore della legge n. 449 del 1997. La sentenza, tuttavia, non affronta esplicitamente — né aveva motivo di farlo, occupandosi di corsi di specializzazione iniziati successivamente a quella data — la questione della spettanza o meno della rideterminazione nel periodo anteriore, non coperto dal congelamento per altra via precedentemente ritenuto sulla base del comma 1 dell’art. 7 d.l. n. 384 del 1992.
15. Si era posto, dunque, il problema se il principio affermato da Cass. n. 4449 del 2018 si ponesse in contrasto con quello affermato dalle ricordate pronunce della Sezione Lavoro del 2008, 2012 e 2015 che, come s’è detto, sulla base della disposizione da ultimo ricordata, avevano affermato che il blocco della rideterminazione triennale da essa previsto, deve ritenersi efficace per il solo biennio 1992/1993.
Due coeve pronunce successive della Sezione Lavoro (Sez. L, n. 16/07/2020, n. 15226; Sez. L., 15/07/2020, n. 15101) hanno escluso la sussistenza di un tale contrasto, per tal motivo respingendo la richiesta di rimettere la questione al vaglio delle Sezioni Unite.
Hanno infatti osservato che, «se pur è vero che quest'ultimo incremento era stato riconosciuto (Cass. 18 giugno 2015, n. 12624, 29 ottobre 2012, n. 18562 e 17 giugno 2008, n. 16385), sul presupposto che il blocco degli incrementi contrattuali non si fosse esteso successivamente al 31 dicembre 1993 e riguardasse il solo biennio 1992-1993, l'assunto è stato rivisto appunto da Cass. n. 4449/2018 cit., in considerazione non tanto di una diversa interpretazione, quanto piuttosto valorizzandosi una normativa riguardante almeno il periodo successivo all'entrata in vigore dell'art. 32, comma 12, l. 449/1997 (in cui ricadono le borse di studio oggetto di questa causa, che interessano gli anni dal 1999 al 2006) e non considerata da quei precedenti».
16. Sta di fatto, però, che nelle successive numerosissime pronunce delle Sezioni Prima, Terza e Lavoro, l’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997, con l’ivi previsto consolidamento «in lire 315 miliardi» della «quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio», viene ad assumere rilievo centrale e sostanzialmente esclusivo, quale ragione giustificatrice della esclusione del diritto alla rideterminazione triennale delle borse di studio.
Ciò con riferimento bensì, in molti casi, a corsi di specializzazione iniziati effettivamente in anni (anteriori al 2006 ma) successivi al 1998, in altri però senza alcuna precisazione circa il periodo di riferimento e talora, dunque, anche con (esplicito o implicito) riferimento a corsi di specializzazione frequentati in periodi in tutto o in parte compresi tra il 1994 ed il 1997.
A solo titolo di esempio, si considerino in tal senso, tra le molte altre, le seguenti pronunce:
— Sez. 6-3, n. 26240 del 16/10/2019, non massimata, pur premettendo (pag. 5) che, nel caso esaminato, «non si chiarisce neppure quali siano non solo le singole specializzazioni dei ricorrenti, ma anche il relativo tempo, non permettendo di apprezzare la conducenza delle deduzioni fondate sui tempi dei corsi di specializzazione», afferma che, «in ogni caso», le censure sono nel merito cassatorio prive di fondamento, il che si dice dunque anche di quella svolta con il secondo motivo, relativamente alla mancata indicizzazione annuale e alla omessa rideterminazione triennale della borsa di studio, sul rilievo che «ai sensi dell'art. 32, comma 12, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e dell'art. 36, comma 1, della legge 27 dicembre 2002, n. 289, l'importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti negli anni accademici dal 1998 al 2005 non è soggetto all'adeguamento triennale previsto dal comma 1 dell'art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991 (cfr., anche, di recente, Cass., 23/02/2018, n. 4449, Cass., 19/02/2019, n. 4809)» (precedenti, questi ultimi, che però tale principio affermavano entrambi con riferimento a corsi di specializzazione iniziati in anni successivi al 1998);
— Sez. 1, n. 36427 del 13/12/2022, non massimata, inammissibile il ricorso di alcuni medici «specializzatisi negli anni accademici compresi tra il 1991 ed il 2006», richiamando il precedente di Cass. n. 4449 del 2018, ma senza esplicitare, quanto alla seconda tipologia di adeguamento, la ragione del rigetto della domanda, da parte della sentenza impugnata, anche con riferimento alle borse di studio relative ad anni accademici anteriori al 1998;
— Sez. 1, n. 25664 del 04/09/2023, non massimata, dichiara inammissibile (anche) il motivo in punto di rideterminazione triennale, con riferimento a corsi di specializzazione compresi tra il 1993 e il 1999, ritenendo ormai «chiarito che l’importo delle borse di studio in parola non è soggetto all’adeguamento triennale previsto dall'art. 6, comma 1, del d.lgs. n. 257 del 1991, in quanto l'art. 32, comma 12, della legge n. 449 del 1997, con disposizione confermata dall'art. 36, comma 1, della legge n. 289 del 2002, ha consolidato la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio ed escluso integralmente l'applicazione del citato art. 6 (Cass., n. 4449 del 2018, cit., Cass., 20/05/2019, n. 13572, Cass., 18/10/2022, n. 30507)»;
— Sez. 3, n. 25319 del 28/08/2023, non massimata, richiama genericamente il blocco dei due adeguamenti (facendo menzione, per quello triennale, dell’art. 32, comma 12), senza alcuna specificazione dei relativi periodi temporali (appare in tal senso significativo he l’unico precedente citato sul tema sia quello, di cui si è detto dianzi, di Cass. n. 36427 del 2022);
— Sez. 3, n. 35409 del 18/12/2023, non massimata afferma (sia pure in un obiter dictum) l’insussistenza del diritto all’adeguamento della borsa di studio, sia annuale (in base al tasso di inflazione programmato) sia triennale, con generico riferimento agli “iscritti alle scuole di specializzazione anteriormente all’anno 2007” (lett. a) e b) al punto 4.3. a pag. 10);
— Sez. L, n. 1230 dell’11/01/2024, non massimata, ha cassato con rinvio una sentenza della Corte d’appello di Milano che aveva escluso che il blocco della rideterminazione triennale si estendesse ad epoca successiva al 31/12/1993, invocando il precedente di Cass. n. 4449 del 2018 e, dunque, sulla base del disposto del più volte citato art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997, senza, peraltro, svolgere qualsivoglia considerazione circa il periodo “intermedio” tra il 1994 e il 1998.
17. Nel confermare tale tendenza, un folto gruppo di recenti pronunce (ben quarantanove) è giunto infine ad argomentare la riferibilità del blocco della rideterminazione triennale anche al periodo successivo al 31 dicembre 1993, sulla base di un lettura unitaria dei vari interventi in materia — quindi non solo sulla base dell’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997 ma anche sulla base degli interventi di proroga del disposto di cui al comma 5 dell’art. 7 d.l. n. 384 del 1992 — visti nel loro complesso come indicativi della volontà del legislatore di fissare la borsa di studio all’importo previsto per l’anno 1992 congelando ogni previsto adeguamento, senza distinzione tra adeguamento dinamico (alias, indicizzazione annuale) e adeguamento statico (alias, rideterminazione triennale agganciata alla contrattazione sindacale del settore della sanità pubblica).
Si è osservato, infatti, che «le numerose disposizioni legislative succedutesi nel tempo (d.l. n. 384 del 1992, art. 7, comma 5, convertito nella l. n. 438 del 1992; l. n. 537 del 1993, art. 3, comma 36; l. n. 549 del 1995, art. 1, comma 33; l. n. 662 del 1996, art. 1, comma 66; della l. n. 449 del 1997, art. 32, comma 12; l. n. 488 del 1999, art. 22 e della l. n. 289 del 2002, art. 36) danno contezza dell'intento del nostro legislatore di congelare al livello del 1992 l'importo delle singole borse di studio e correlativamente di disporre analoghi blocchi sugli aggregati economici destinati al loro finanziamento, al fine di evitare nell'attuale contesto storico, caratterizzato da una ormai cronica carenza di risorse finanziarie, riduzione progressiva del numero dei soggetti ammessi alla frequenza dei corsi, con correlato danno sociale» (passaggio motivazionale, questo, leggibile per la prima volta in Cass. Sez. 6-3, n. 13572 del 20/05/2019 e poi ripetuto pressoché pedissequamente in ben quarantotto successivi arresti, tra cui, per citarne alcuni: Cass. Sez. 3, n. 8378 del 29/04/2020; Sez. 3, n. 17995 del 28/08/2020; Sez. 6 - 3, n. 18106 del 31/08/2020; Sez. 6 - 3, n. 29124 del 18/12/2020; Sez. L, n. 9104 del 01/04/2021; Sez. 6 - 3, n. 27263 del 07/10/2021; Sez. 6 - L, n. 1287 del 17/01/2022; Sez. 6 - 1, n. 1821 del 20/01/2022; Sez. 3, nn. 9219-9220 del 22/03/2022; Sez. 3, n. 15139 del 12/05/2022; Sez. 3, n. 29311 del 07/10/2022; Sez. 6 - 3, nn. 30506-30507 del 18/10/2022; Sez. 3, n. 3234 del 02/02/2023; Sez. 3, n. 12702 del 10/05/2023; Sez. 3, n. 3867 e n. 4082 del 08/08/2023; Sez. 3, n. 16078 del 07/06/2023; Sez. 3, n. 16365 del 08/06/2023; Sez. 3, n. 20043 del 13/07/2023; Sez. 3, n. 20692 del 17/07/2023; Sez. 1, nn. 28430, 28441, 28456, 28466 e 28496 del 12/10/2023; Sez. 1, nn. 28539, 28552, 28555 e 28565 del 13/10/2023; Sez. 3, n. 36591 del 30/12/2023; Sez. 3, nn. 3411, 3431 del 06/02/2024; Sez. 3, nn. 3546, 3555 del 07/02/2024; Sez. 3, n. 10023 del 12/04/2024; Sez. 3, n. 10628 del 19/04/2024).
Alla stessa conclusione giunge peraltro, seppure alla stregua di un percorso argomentativo più scarno, ma sempre valorizzando non solo l’art. 32, comma 12, legge n. 449 del 1997 ma anche gli interventi di proroga del blocco disposto dal comma 5 dell’art. 7 d.l. n. 387 del 1992, anche Cass. Sez. L n. 18667 del 08/09/2020, nella cui motivazione si legge (§ 6.5) «l'importo della borsa di studio prevista dall'art. 6 del d.lgs. 8 agosto 1991, n. 257, non è soggetto ad incremento per effetto della rideterminazione triennale per gli anni accademici dal 1992-1993 al 2004-2005, in applicazione di quanto disposto dall'art. 7 del d.l. n. 384 del 1992 (ed analoghe normative successive); in particolare, quanto al periodo 1994 /1996 il protrarsi del "blocco" di tale adeguamento risulta fondato sulla previsione dell'art. 3, comma 36, legge n. 537/1993 mentre, per i per i periodi successivi, sull'art. 32, comma 12, della I. n. 449 del 1997 che, con disposizione confermata dall'art. 36, comma 1, della legge n. 289 del 2002, ha consolidato la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio ed escluso integralmente l'applicazione del citato art. 6 (v. tra le altre, Cass. n. 10052/2020, in motivazione, n.10050/ 2020, in motivazione, n. 8505/2020, n 4618/2020 in motivazione, n. 14809/2019, n. 13572/20019, n. 4809/2019, in motivazione, n. 15520/2018, in motivazione, 15293/2918, in motivazione, 4449/2018, n. 18670/2017)».
VI. L’ordinanza di rimessione.
18. Individuata nei termini sopra esposti (v. supra § 4) la questione controversa e dopo aver puntualmente ricostruito la normativa rilevante, l’ordinanza di rimessione, passati in rassegna gli orientamenti della giurisprudenza di legittimità, rileva che gli stessi, se non apertamente in contrasto tra loro, si mostrano non collimanti e — in qualche misura — ambigui, tanto da rendere opportuno l’intervento chiarificatore delle Sezioni Unite.
In particolare, secondo l’ordinanza interlocutoria occorre farsi carico (v. ordinanza, pag. 26):
— dell’esistenza di un possibile contrasto implicito tra Cass., Sez. L, n. 4449 del 23 febbraio 2018 (e le decisioni che ne hanno seguito totalmente le argomentazioni) e Cass., Sez. 6-3, n. 13572 del 20 maggio 2019 (e le pronunce che ne hanno accolto le conclusioni);
— della difficoltà di distinzione fra rivalutazione dinamica annuale e rideterminazione statica triennale ex art. 6 del d.lgs. n. 257 del 1991 delle borse di studio dei medici specializzandi;
— delle divergenze interpretative che potrebbero interessare il testo dell’art. 7, comma 5, del d.l. n. 384 del 1992, conv., con modif., dalla legge n. 438 del 1992;
— delle problematiche concernenti l’individuazione di specifiche norme che interessino la rideterminazione triennale delle borse di studio in esame per il periodo dal 1° gennaio 1994 al 31 dicembre 1997;
— del contenuto della sentenza della Corte costituzionale n. 432 del 16 dicembre 1997.
In definitiva, secondo il Collegio remittente, il problema si concentra sulla interpretazione dell’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992 (v. supra § 8), dovendosi indagare se esso — insieme alle successive disposizioni che vi fanno richiamo — oltre a offrire la base normativa giustificativa del blocco dell’adeguamento dinamico annuale dal 1994 al 2005, possa ritenersi applicabile anche alla rideterminazione statica triennale (cui, secondo la sentenza qui impugnata e secondo anche l’ordinanza interlocutoria, sembra essere propriamente dedicato, invece, il comma 1 dell’articolo menzionato).
La tesi che il Collegio remittente mostra di preferire è quella che dà risposta negativa al quesito, osservandosi in particolare come, dalla sentenza n. 432 del 1997 della Corte costituzionale (su cui v. infra § 29), si ricavi che «le due tipologie di adeguamento» sono distintamente considerate e, quindi, debbono «essere oggetto di provvedimenti di sospensione ad hoc per ciascuna di esse», traendosi altresì conferma che «l’art. 7, comma 5, del d.l. n. 384 del 1992, conv., con modif., dalla legge n. 438 del 1992 attenga alla sola rivalutazione annuale» (pag. 25 dell’ordinanza interlocutoria).
VII. Risposta ai quesiti: a) insussistenza di contrasto attuale nella giurisprudenza delle sezioni semplici.
19. Reputano queste Sezioni Unite che debba condividersi e darsi continuità all’indirizzo da ultimo affermatosi trasversalmente, e sulla base di assai numerose pronunce, nelle tre sezioni che hanno avuto modo di affrontare ripetutamente la questione (v. supra §§ 16-17).
20. Giova anzitutto evidenziare che intorno a tale orientamento non è dato registrare un vero e proprio contrasto, potendosi esso piuttosto considerare il risultato di una graduale stratificazione degli approdi nel tempo raggiunti dalla elaborazione giurisprudenziale, parallelamente alla evoluzione normativa, di cui le più recenti pronunce hanno evidentemente inteso cogliere una costante e unitaria ratio sottostante.
A guardare gli estremi di tale elaborazione può certo registrarsi un contrasto, solo diacronico però, tra il principio inizialmente affermatosi con le ricordate pronunce della Sezione Lavoro del 2008, 2012 e 2015 e quello da ultimo ricordato.
Mentre le prime pronunce, facendo leva come visto (v. supra § 12) sulla distinta specifica previsione dedicata, nel comma 1 dell’art. 7 del d.l. n. 384 del 1992, agli accordi di comparto di cui alla legge 29 marzo 1983, n. 93, hanno ritenuto che la norma di cui al comma 5 dello stesso art. 7 cit. dovesse ritenersi correlabile solo alla componente dinamica (indicizzazione annuale) dell’adeguamento previsto dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991 delle borse di studio e non anche alla componente statica (rideterminazione triennale), e così di conseguenza anche le successive ripetute proroghe, i molto più numerosi arresti da ultimo ricordati hanno invece ritenuto che il detto comma 5, letto anche alla luce delle numerose successive proroghe e del disposto di cui al pure più volte ricordato art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997, fosse da ritenere espressivo, come detto, «dell'intento del nostro legislatore di congelare al livello del 1992 l'importo delle singole borse di studio e correlativamente di disporre analoghi blocchi sugli aggregati economici destinati al loro finanziamento, al fine di evitare nell'attuale contesto storico, caratterizzato da una ormai cronica carenza di risorse finanziarie, la riduzione progressiva del numero dei soggetti ammessi alla frequenza dei corsi, con correlato danno sociale».
A tale affermazione, però, come rende evidente il superiore excursus, la giurisprudenza delle Sezioni semplici è pervenuta non alla stregua di un improvviso e radicale ripensamento dell’iniziale indirizzo, quanto piuttosto nell’intento di fornire una più compiuta veste argomentativa ad un approdo già di fatto comunque stabilizzatosi, a seguito di Cass. n. 4449 del 2018, nel senso dell’integrale congelamento delle borse di studio nell’importo inizialmente fissato, anche nella sua componente rapportata alla contrattazione sindacale.
Proprio l’arresto di Cass. n. 4449 del 2018 segna invero il passaggio tra una prima fase dell’interpretazione giurisprudenziale, concentrata sulla isolata considerazione del combinato disposto degli artt. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991, 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992 e 1, comma 33, l. n. 549 del 1995, anche alla luce delle pronunce di Corte cost. n. 432 del 1997 e n. 242 del 1999, e una seconda fase in cui la lettura di sistema viene necessariamente allargata anche alla previsione di cui all’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997, ed a quella successiva confermativa di cui all'art. 36, comma 1, l. n. 289 del 2002 (legge finanziaria 2003), che, nel disporre il «consolidamento» in Lire 315 miliardi della quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio, è stata ritenuta tale da determinare anche il blocco dell’adeguamento c.d. statico.
Ebbene, all’interno di tale seconda fase non si registrano pronunce che si pongano frontalmente in contrasto con il principio affermato da Cass. n. 13572 del 2019 e dalle numerosissime pronunce conformi.
Se è vero che Cass. n. 4449 del 2018 fa espressamente riferimento al periodo compreso tra il 1998 ed il 2005 e che tale limitato riferimento temporale è rimarcato, come detto, da Cass. Sez. L n. 15226 e n. 15101 del 2020, per giungere alla conclusione che non vi era incompatibilità tra il principio affermato nel 2008, nel 2012 e nel 2015 e l’arresto del 2018, è vero anche che in tutti e tre i casi, tuttavia, si è trattato di affermazioni che non hanno avuto incidenza diretta nel decisum, dal momento che le fattispecie allora scrutinate riguardavano tutte corsi di specializzazione iniziati nel 2008.
Il vero è che Cass. n. 4449 del 2018 ha operato un radicale cambio di prospettiva nell’approccio alla questione, basato sull’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997. È vero che di tale norma essa ebbe a rimarcare il riferimento temporale al periodo successivo al 1998, il solo che in quella occasione veniva in considerazione, sta di fatto però che la nuova impostazione argomentativa da essa introdotta, fondata su un rilevante dato normativo in precedenza obliterato, ha via via condotto l’elaborazione successiva, sollecitata dai casi concreti, ad assegnargli il ruolo anche di chiave di lettura per una rimeditata esegesi retrospettiva delle fonti normative succedutesi in materia.
VIII. (Segue): b) la natura del rapporto e sua rilevanza nella esegesi delle norme.
21. Ciò precisato, ed entrando ora in medias res, la risposta ai quesiti posti dall’ordinanza interlocutoria della Sezione Lavoro deve muovere da un rilievo di fondo relativo alla natura del rapporto che sorge per effetto dell’iscrizione alle scuole di specializzazione in medicina secondo la disciplina dettata dal d.lgs. n. 257 del 1991.
Al riguardo le Sezioni Unite intendono qui far proprio e ribadire il principio, già più volte affermato dalle Sezioni Semplici, secondo cui l’attività svolta dai medici iscritti alle scuole di specializzazione universitarie non è inquadrabile nell’ambito del rapporto di lavoro subordinato né del lavoro parasubordinato, non essendo ravvisabile una relazione sinallagmatica di scambio tra la suddetta attività e la remunerazione prevista dalla legge. Trattasi piuttosto di un rapporto di diritto privato come tale sottratto ai limiti ed ai vincoli di disciplina che sono invece propri del rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, in ragione della rilevanza costituzionale e sovranazionale dei diritti coinvolti.
22. Tale principio deve costituire imprescindibile chiave di lettura della normativa di blocco sopra illustrata (che, varrà rammentare, riguarda anni notoriamente colpiti da grave crisi economica e finanziaria e dalle conseguenti pressanti esigenze di contenimento della spesa pubblica), per quanto di essa è riferibile anche alle borse di studio previste in favore dei medici specializzandi.
23. In proposito, deve anzitutto ulteriormente rimarcarsi che un riferimento diretto ed esplicito alle dette borse di studio è contenuto, per la prima volta, nell’art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1995 (v. supra § 10).
Il problema interpretativo posto dall’ordinanza interlocutoria nasce a ben vedere dalla tecnica redazionale adottata dai conditores di tale norma; questa invero, anziché prevedere direttamente il blocco, al 1992, di ogni tipo di aggiornamento delle borse di studio spettanti agli specializzandi, ha mutuato il proprio precetto dalla norma di cui al comma 5 dell’art. 7 d.l. n. 384 del 1992 (il comma 6, pure richiamato, riguarda «le indennità di missione e di trasferimento, le indennità sostitutive dell'indennità di missione e quelle aventi natura di rimborso spese» e non assume diretta rilevanza ai fini in discorso) e ciò mediante l’indicata necessità di interpretare il riferimento, ivi contenuto, alle indennità di qualsiasi genere come comprensivo delle borse di studio di cui all'art. 6 d.lgs. n. 257 del 1991.
Ne discende che, ai fini della ricostruzione della portata dell’art. 1, comma 33, della l. n. 549 del 1995 occorre muovere da una ricognizione del dato testuale proprio dall’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992, indicato nell’ordinanza di rimessione ad oggetto del problema interpretativo da essa posto.
24. La norma, giova ripetere, è così testualmente formulata: «Tutte le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, comprensivi, per disposizioni di legge o atto amministrativo previsto dalla legge o per disposizione contrattuale, di una quota di indennità integrativa speciale di cui alla L. 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, o dell'indennità di contingenza prevista per il settore privato o che siano, comunque, rivalutabili in relazione alla variazione del costo della vita, sono corrisposti per l'anno 1993 nella stessa misura dell'anno 1992».
L’analisi logica della proposizione normativa consente di distinguere, tra il soggetto («Tutte le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere») e il predicato («sono corrisposti per l'anno 1993 nella stessa misura dell'anno 1992»), due sintagmi aggettivali alternativi, volti essenzialmente a identificare in modo più specifico e circoscritto a quali tra le entità che costituiscono il soggetto della frase è riferita l’azione descritta dal predicato.
Deve dunque trattarsi di «indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere» (soggetto) che:
a) siano «comprensivi, per disposizioni di legge o atto amministrativo previsto dalla legge o per disposizione contrattuale, di una quota di indennità integrativa speciale di cui alla L. 27 maggio 1959, n. 324, e successive modificazioni, o dell'indennità di contingenza prevista per il settore privato» (primo sintagma aggettivale);
«o» che, in alternativa:
b) «siano, comunque, rivalutabili in relazione alla variazione del costo della vita» (secondo sintagma aggettivale).
Appare dunque chiaro che, attraverso sia l’una che l’altra aggettivazione, la norma intende riferirsi (e bloccare) tutti i meccanismi di adeguamento della remunerazione (di qualsiasi tipo e denominazione) alla variazione del costo della vita. Tali invero sono: a) sia l’indennità integrativa speciale di cui alla L. 27 maggio 1959, n.324;
b) sia l'indennità di contingenza prevista per il settore privato; c) sia, naturalmente, qualsiasi altro meccanismo di rivalutazione in relazione alla variazione del costo della vita.
Appare tuttavia altrettanto chiaro che il tenore testuale della norma non impone, di per sé, di leggerla nel senso che il blocco da essa disposto si riferisca solo ed esclusivamente all’adeguamento al costo della vita attraverso meccanismi di automatica indicizzazione, lasciando dunque di per sé consentito un adeguamento delle stesse dettato da altri meccanismi. Al contrario, essendo il blocco congegnato proprio con riferimento alla «misura» delle dette indennità, compensi, etc., appare evidente che ciò che dalla norma è preso di mira non è il tipo di adeguamento, ma il risultato: quale che sia l’adeguamento previsto dalla legge, dai regolamenti o dalla contrattazione, sia esso automatico o meno, comunque non può condurre ad un importo (delle dette indennità, compensi, etc.) diverso da quello previsto per il 1992. Indicativo in tal senso anche il fatto che, mentre le ipotesi descritte attraverso il primo sintagma aggettivale (indennità etc., comprensive di «indennità integrativa speciale» o «indennità di contingenza») possono effettivamente considerarsi di indicizzazione automatica, quella descritta in alternativa dal secondo sintagma (indennità etc., «comunque rivalutabili») è sul punto generica, nulla prevedendo circa il meccanismo della rivalutabilità. Non solo, dunque, la rivalutazione o indicizzazione automatica ma anche ogni altro diverso tipo di adeguamento non può operare per l’anno 1993 e ciò anche indipendentemente dalla fonte che tale adeguamento preveda.
25. Come s’è visto (v. supra § 12), i primi arresti in argomento attribuiscono invece alla citata norma, rapportata ex art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1995 alle borse di studio, il più limitato scopo di blocco della sola indicizzazione automatica prevista dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991.
Ciò sulla base della interpretazione dell’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992 accolta (in rapporto, però, alla retribuzione nel pubblico impiego) da Corte cost. n. 242 del 17 giugno 1999 che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale del ridetto comma 5, sollevata dal Pretore di Torino in riferimento all’art. 36 della Costituzione (che ne sospettava la violazione in relazione ai dedotti effetti restrittivi sulla remunerazione dello straordinario dei ricorrenti, dipendenti delle Ferrovie dello Stato S.p.A.).
Ha infatti in tale occasione rilevato la Corte delle leggi che «con il decreto-legge n. 384 del 1992 il legislatore si è prefisso di contenere la spesa pubblica agendo lungo due direttrici: da un lato, impedire la stipulazione di nuovi accordi economici collettivi; dall’altro, far cessare la crescita automatica delle retribuzioni per effetto dei meccanismi di indicizzazione. Poiché tale crescita può avvenire in seguito a una nuova contrattazione o attraverso l’indicizzazione, il legislatore ha dunque mirato a precludere sia l’una che l’altra.
Tuttavia, mentre l’art. 7, comma 1, impeditivo di nuove contrattazioni, non è stato prorogato, lo è stato invece l’art. 7, comma 5, che si applicherà sino al 31 dicembre 1999. L’esame diacronico del "blocco", determinato dalle norme sin qui esaminate, dimostra che il legislatore ha inteso inibire aumenti automatici della retribuzione, e non quelli contrattati».
26. Detta pronuncia però, diversamente da quanto opinato dai citati più remoti arresti, non può considerarsi vincolante nel senso da essi prospettato.
Valgano in tal senso le seguenti considerazioni.
26.1. Come si ricava dalla motivazione della citata sentenza, la Corte costituzionale non ritiene l’esposta interpretazione dell’art. 7, comma 5, d.l. cit. l’unica possibile alla luce del criterio letterale, ma la considera piuttosto come quella che, tra le altre possibili interpretazioni, consente di sottrarla al prospettato contrasto
con la Costituzione.
26.2. Quella della Corte delle leggi è pur sempre interpretazione operata in funzione di un obiettivo specifico e limitato, quello cioè di escludere che la norma sottoposta a sindacato di costituzionalità potesse essere letta come volta a limitare il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto, tutelato dall’art. 36 Cost..
Ebbene, solo in tale direzione e in tali limiti l’interpretazione predetta è vincolante per il giudice comune.
Va in tal senso ricordato che, secondo principio consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, «il vincolo che deriva, sia per il giudice a quo sia per tutti gli altri giudici comuni, da una sentenza interpretativa di rigetto, resa dalla Corte costituzionale, è soltanto negativo, consistente cioè nell'imperativo di non applicare la norma ritenuta non conforme al parametro costituzionale evocato e scrutinato dalla Corte costituzionale, così da non ledere la libertà dei giudici di interpretare ed applicare la legge (ai sensi dell'art. 101, secondo comma, Cost.) e, conseguentemente, neppure la funzione di nomofilachia attribuita alla Corte di cassazione dall'art. 65 dell'ordinamento giudiziario, non essendo preclusa la possibilità di seguire, nel processo a quo o in altri processi, "terze interpretazioni" ritenute compatibili con la Costituzione, oppure di sollevare nuovamente, in gradi diversi dello stesso processo a quo o in un diverso processo, la questione di legittimità costituzionale della medesima disposizione, sulla base della interpretazione rifiutata dalla Corte costituzionale, eventualmente evocando anche parametri costituzionali diversi da quello precedentemente indicato e scrutinato» (Cass. Sez. U. n. 27986 del 16/12/2013).
26.3. Un siffatto vincolo negativo dell’interpretazione fornita dalla Corte delle leggi è, pertanto, da escludere ai fini che occupano, per quanto già s’è detto (v. supra § 21) circa la natura del rapporto (di mero diritto privato) nascente dalla iscrizione alle scuole di specializzazione, che rende ad esso inapplicabili l’art. 36 Cost. ed il principio di adeguatezza della retribuzione (v. ex multis Cass. Sez. 3, n. 35409 del 2023; Sez. 1, n. 28552 del 2023; Sez. L. n. 9103 del 2021; Sez. L. n. 18670 del 2017; Sez. L. n. 20403 del 2009; Sez. L. n. 27481 del 2008).
27. Alla luce di tali premesse non può considerarsi lettura vincolata quella che riferisce la restrittiva interpretazione accolta dal giudice delle leggi del comma 5 dell’art. 7 d.l. cit. anche a quanto di esso deve intendersi valere per le borse di studio di cui si discute, in virtù della norma di interpretazione autentica dettata dall’art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1995.
Tale norma ? la quale testualmente prevede (giova ricordare) che «Le disposizioni di cui all'art. 7, commi 5 e 6, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, prorogate per il triennio 1994-1996 dall'art. 3, comma 36, della legge 24 dicembre 1993, n. 537, vanno interpretate nel senso che tra le indennità, compensi, gratifiche ed emolumenti di qualsiasi genere, da corrispondere nella misura prevista per il 1992, sono comprese le borse di studio di cui all'art. 6 del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257» ? concorre piuttosto ad evidenziare che ciò che della norma autenticamente interpretata viene valorizzato, almeno ai fini della sua applicazione nei confronti degli specializzandi, non è il riferimento all’indicizzazione o comunque al meccanismo di rivalutazione ma proprio l’ivi previsto «congelamento» dell’importo alla «misura prevista per il 1992».
28. Non può, dunque, essere condiviso il parallelismo postulato dalle prime ricordate pronunce della Sezione Lavoro (v. supra § 12) tra l’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991, da un lato, e i commi 1 e 5 dell’art. 7 del d.l. n. 384 del 1992, dall’altro, in virtù del quale si è ritenuto, rispettivamente, il comma 1 dell’art. 7 riferibile alla rideterminazione triennale della borsa di studio e il comma 5 riferibile invece (solo) alla indicizzazione annuale.
Non può dubitarsi, infatti, che il blocco «sino al 31 dicembre 1993» disposto dall’art. 7, comma 1, d.l. n. 384 del 1992 attiene espressamente solo alla «vigente disciplina» del pubblico impiego «emanata sulla base degli accordi di comparto di cui alla legge 29 marzo 1983, n. 93, e successive modificazioni e integrazioni» e non è dunque riferibile ai rapporti non di lavoro relativi alla frequentazione dei corsi specialistici (cfr. Cass., Sez. 3, n. 22633 del 19/10/2020, in motivazione, pag. 39).
29. Né indicazioni vincolanti, in senso contrario, possono trarsi dalla sentenza della Corte cost. n. 432 del 1997, che ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1997, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 101, 102 e 104 della Costituzione, dal Pretore di Genova.
Con la sollevata q.l.c., il Pretore di Genova (al quale un medico si era rivolto al fine di ottenere l'accertamento del proprio diritto all'incremento dell'importo della borsa di studio, nella misura del tasso programmato di inflazione) aveva censurato l’indicata disposizione per contrasto con gli artt. 3, 101, 102 e 104 Cost., attribuendole natura non già interpretativa, bensì innovativa con efficacia retroattiva, dal momento che rendeva applicabile a un rapporto privatistico (quale quello che lega gli specializzandi all’Università) una disciplina afferente ai rapporti di pubblico impiego, in tal modo incidendo sui giudizi già instaurati dai medici in misura penalizzante rispetto alle altre categorie di soggetti titolari di un rapporto di diritto privato con le pubbliche amministrazioni.
Nel rigettare la questione la Corte costituzionale ha rimarcato, con riferimento al parametro indicato dal remittente nell’art. 3 Cost., che:
— «l'ordinanza di rinvio, pur denunciando il carattere discriminatorio della norma impugnata, non specifica in alcuna maniera quali sarebbero gli altri soggetti che hanno con l'Università un rapporto iure privatorum rispetto ai quali i medici specializzandi sarebbero gli unici a vedersi applicare una disciplina restrittiva, dettata per il comparto del pubblico impiego»;
— «l'identificazione del termine di riferimento comparativo è invece tanto più indefettibile in questa fattispecie, quanto più si considerino, da un lato, la peculiarità della posizione dei medici specializzandi e, dall'altro lato, la particolarità di quel periodo temporale in cui appare generalizzata la eliminazione di ogni altro analogo meccanismo di adeguamento automatico degli emolumenti al costo della vita»;
— «la norma impugnata … non persegue affatto l'intento di discriminare irragionevolmente i medici ammessi alle scuole di specializzazione, ma, in una logica di bilanciamento con le fondamentali scelte di politica economica (sentenza n. 245 del 1997) e, inserendosi in un più ampio complesso di norme ispirate alla stessa ratio, adegua la loro situazione» al «diverso principio, generalizzatosi tanto nel settore privato, quanto in quello pubblico … secondo il quale la difesa dall'aumento del costo della vita è da affidarsi precipuamente alle dinamiche contrattuali, in particolar modo alla contrattazione collettiva, piuttosto che a strumenti legislativi di adeguamento automatico. Sotto questo profilo, va rilevato che la legislazione vigente prevede per i medici specializzandi, pur nella peculiarità della loro posizione, un meccanismo di collegamento dell'importo delle borse di studio ai miglioramenti stipendiali del personale medico dipendente dal Servizio sanitario nazionale (art. 6 del d.P.R. 8 agosto 1991, n. 257)».
— «pertanto, la disposizione censurata, escludendo per le predette borse di studio, in via eccezionale e per un ristretto arco temporale, l'incremento automatico del tasso di inflazione, non appare affatto irragionevole o discriminatoria, ma invece si inserisce in un ampio complesso di norme che perseguono, anche nel settore della sanità, il fine di impedire, per lo stesso periodo di tempo, tutti gli incrementi retributivi conseguenziali ad automatismi stipendiali».
30. Anche in tal caso non si è in presenza di una sentenza interpretativa di rigetto, che possa vincolare, nei limiti sopra detti, il giudice comune, dal momento che il prospettato contrasto con i parametri costituzionali individuati negli artt. 3, 101, 102 e 104 Cost. è ritenuto infondato senza ricorrere ad una interpretazione della norma censurata diversa da quella qui accolta come idonea ad incidere su ogni tipo di adeguamento delle borse di studio ex art. 6 d.lgs. n. 257 del 1991.
Le considerazioni sopra riportate negli ultimi due alinea sono certo in quest’ultima direzione ma risultano meramente aggiuntive e non direttamente fondanti il giudizio di infondatezza della questione di l.c.; questo, infatti, riposa piuttosto sulla indicata mancanza di un tertium comparationis dal cui confronto possa desumersi l'asserita discriminazione della situazione dei medici specializzandi, al qual riguardo appare anzi particolarmente significativa, in senso conforme al ragionamento che qui si sta svolgendo, la sottolineatura della natura privatistica del rapporto tra i medici specializzandi e le Università e, pur in tale ambito, della «peculiarità della posizione» dei medici specializzandi.
In ogni caso, la sentenza non si spinge ad indicare in che modo la disciplina censurata avrebbe potuto consentire l’operatività della determinazione triennale della borsa di studio. Considera bensì la previsione di «un meccanismo di collegamento dell'importo delle borse di studio ai miglioramenti stipendiali del personale medico dipendente dal Servizio sanitario nazionale (art. 6 del d.P.R. 8 agosto 1991, n. 257)», ma non si spinge ad affrontare, anche perché non chiamata a farlo, il problema del se e in che termini tale meccanismo potesse considerarsi non inciso dalla normativa di blocco
31. Ma sono soprattutto i successivi interventi normativi, ricordati dalle più recenti pronunce delle sezioni semplici sopra passate in rassegna (v. § 11), a palesare, anche in funzione per così dire retrospettiva, l’intenzione del legislatore di fermare l’importo delle borse di studio nella misura determinata per l’anno 1992.
Non solo continua a mancare alcuna espressa eccettuazione dall’iterato blocco degli adeguamenti di quelli correlati alle dinamiche contrattuali del personale del S.S.N., ma al contrario diversi indici anche di tipo lessicale depongono per la considerazione quale oggetto del blocco di ogni tipo di adeguamento delle borse di studio.
Certamente indicativo in tal senso è il disposto dell’art. 32, comma 12, legge n. 447 del 1997 («A partire dal 1998 resta consolidata in lire 315 miliardi la quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio per la formazione dei medici specialisti di cui al decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257; conseguentemente non si applicano per il triennio 1998-2000 gli aggiornamenti di cui all'articolo 6, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 257 del 1991»), atteso che, da un lato, l’esigenza di contenimento della spesa è fissata attraverso il previsto «consolidamento» in lire 315 miliardi della quota del Fondo sanitario nazionale destinata al finanziamento delle borse di studio, dall’altro, si prevede espressamente che, di conseguenza, non potranno applicarsi «gli aggiornamenti di cui all'articolo 6, comma 1, del predetto decreto legislativo n. 257 del 1991», senza alcuna distinzione tra i due tipi di adeguamento ivi previsti (indicizzazione annuale e rideterminazione triennale): distinzione non ricavabile né dal termine usato (il generico «aggiornamento», lessicalmente riferibile sia all’uno che all’altro), né dal riferimento alla fonte normativa, per entrambi rappresentata dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 2001.
Analogamente deve dirsi quanto all’art. 36 legge 27 dicembre 2002, n. 289, a mente del quale «Le disposizioni dell'articolo 7, comma 5, del decreto-legge 19 settembre 1992, n. 384, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 novembre 1992, n. 438, come confermate e modificate dall'articolo 1, commi 66 e 67, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e da ultimo dall'articolo 22 della legge 23 dicembre 1999, n. 488, per le amministrazioni di cui agli articoli 1, comma 2, e 70, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, contenenti il divieto di procedere all'aggiornamento delle indennità, dei compensi, delle gratifiche, degli emolumenti e dei rimborsi spesa soggetti ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, continuano ad applicarsi anche nel triennio 2003-2005. Tale divieto si applica anche agli emolumenti, indennità, compensi e rimborsi spese erogati, anche ad estranei, per l'espletamento di particolari incarichi e per l'esercizio di specifiche funzioni per i quali è comunque previsto il periodico aggiornamento dei relativi importi nonché, fino alla stipula del contratto annuale di formazione e lavoro previsto dall'articolo 37 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 368, alle borse di studio corrisposte ai medici in formazione specialistica ai sensi del decreto legislativo 8 agosto 1991, n. 257, il cui ammontare a carico del Fondo sanitario nazionale rimane consolidato nell'importo previsto dall'articolo 32, comma 12, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni».
Appare invero significativo che la norma per la prima volta associ esplicitamente, in quanto strumenti convergenti allo stesso fine, la norma di cui all’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992, al «consolidamento», nell’importo fissato dall’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997, delle risorse del Fondo sanitario nazionale da destinare al finanziamento delle borse di studio.
32. Esplicita in tal senso è poi, come rimarca nel proprio ricorso la ricorrente Università, la relazione illustrativa alla legge finanziaria n. 266/2005, che, con l’art. 1, comma 212, ha reiterato gli effetti dell'articolo 36 della Legge n. 289/2002 anche per il triennio 2006/2008; in essa si legge, infatti: «La disposizione … per contenere la spesa connessa alla formazione dei medici specialisti, conferma, fino alla stipula del contratto annuale di formazione-lavoro, l'anzidetto blocco sulle misure delle borse di studio (per le quali si conferma quindi l'impossibilità di procedere alle rideterminazioni annuali e triennali di cui all'art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257/1991), congelando la spesa complessiva per la stessa a carico del Fondo Sanitario Nazionale nell'importo fissato dall'art. 32, comma 12, della Legge n. 449/1997».
IX. (Segue): c) argomento di carattere logico.
33. Le conclusioni cui conduce l’analisi fin qui condotta sono, infine, avvalorate da una considerazione di carattere insieme testuale e logico.
Come s’è già evidenziato, l’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991 descrive così il previsto meccanismo di «rideterminazione triennale»: «a partire dal 1° gennaio 1992» l’importo delle borse di studio «è rideterminato, ogni triennio», «in funzione del miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale».
Già s’è detto (v. supra, § 5) che la previsione non autorizza alcun automatismo, né fonda di per sé l’esistenza di un diritto di credito liquido ed esigibile immediatamente azionabile, essendo pur sempre la rideterminazione triennale affidata ad un provvedimento del Ministero della Sanità, di concerto con il MIUR e l’allora Ministero del Tesoro.
Quel che importa piuttosto qui rimarcare è, da un lato, la cadenza triennale («a partire dal 1° gennaio 1992») indicata per il compiersi della rideterminazione, dall’altro, la logica dell’istituto che è quella di aggiornare l’importo della borsa di studio «in funzione» miglioramenti stipendiali eventualmente intervenuti, per effetto della contrattazione collettiva relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale, nel triennio precedente: vale a dire in rapporto con detti miglioramenti, senza che però di tale rapporto sia indicata alcuna fissa e predeterminata regola operativa.
Data la decorrenza indicata (1° gennaio 1992) il primo triennio venne a scadere il 31 dicembre 1994 e, di conseguenza, la prima rideterminazione, da valere per il triennio successivo, della borsa di studio avrebbe dovuto farsi il (o comunque a decorrere dal) 1° gennaio 1995. Ciò, però, a condizione che nel triennio precedente (1992 – 1994) fosse intervenuto l’ipotizzato miglioramento stipendiale tabellare minimo previsto dalla contrattazione relativa al personale medico dipendente del Servizio sanitario nazionale.
Tale presupposto, nella specie, è mancato o di esso, comunque, non è stata offerta alcuna allegazione e prova.
Per effetto del blocco della contrattazione collettiva (o comunque della sua efficacia) disposto come visto dall’art. 7, comma 1, d.l. n. 384 del 1992, nel triennio precedente non risulta intervenuto alcun mutamento del parametro di riferimento, e ciò indipendentemente dal fatto che il limite temporale fissato da detta disposizione fosse individuato nel 31 dicembre 1993.
Il primo rinnovo contrattuale successivo a detta disposizione, con effetti migliorativi anche sul trattamento economico, risulta intervenuto il 5 dicembre 1996 (C.C.L.N. dell’Area della Dirigenza Medica e Veterinaria del Comparto Sanità).
Secondo la logica che si è detto sottesa al meccanismo in parola, il miglioramento stipendiale tabellare minimo apportato da tale accordo, in quanto intervenuto nel triennio 1995-1997, avrebbe potuto costituire la base di una rideterminazione delle borse di studio, ai sensi del comma 1 dell’art. 6 d.lgs. n. 257 del 1991, solo per il triennio successivo 1998-2000.
A bloccare quest’ultima rideterminazione è, però, intervenuta la vista norma di cui all’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997, con effetti poi successivamente prorogati, senza soluzione di continuità, fino al termine di efficacia dello stesso d.lgs. n. 257 del 1991.
Se ne può dedurre che l’indicazione, in detta disposizione, della data del 1° gennaio 1998 come decorrenza dell’ivi disposto «consolidamento» delle risorse destinabili al finanziamento delle borse di studio, lungi dal potersi attribuire a involontaria lacuna normativa o, addirittura, alla implicita volontà di consentire il dispiegarsi della rideterminazione della borsa di studio per gli anni anteriori, si spiega agevolmente proprio in relazione al fatto che, in base al meccanismo dettato dall’art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991 e della mancanza di mutamenti nel parametro di riferimento nel triennio 1° gennaio 1992 – 31 dicembre 1994, solo a quella data (1° gennaio 1998) si sarebbe potuto e dovuto provvedere alla prevista rideterminazione.
X. Conclusioni.
34. In continuità, dunque, con il più recente e consolidato indirizzo della giurisprudenza delle sezioni semplici, va affermato il seguente principio di diritto: «l'importo delle borse di studio dei medici specializzandi iscritti ai corsi di specializzazione negli anni accademici compresi tra il 1992/1993 e il 2005/2006 non è soggetto, né ad incremento in relazione alla variazione del costo della vita, né all'adeguamento triennale previsto dall'art. 6, comma 1, d.lgs. n. 257 del 1991; ciò per effetto del blocco di tali aggiornamenti previsto, con effetti convergenti e senza soluzione di continuità, dall’art. 7, comma 5, d.l. n. 384 del 1992, convertito nella l. n. 438 del 1992, come interpretato dall’art. 1, comma 33, l. n. 549 del 1995; dall’art. 3, comma 36, l. n. 537 del 1993; dall’art. 1, comma 66, l. n. 662 del 1996; dall’art. 32, comma 12, l. n. 449 del 1997; dall’art. 22 l. n. 488 del 1999; dall’art. 36 l. n. 289 del 2002».
XI. Scrutinio dei motivi di ricorso.
35. La Corte d’appello di Catania, avendo riconosciuto il diritto degli appellanti, odierni resistenti, alla rideterminazione triennale, ha evidentemente adottato una regola di giudizio in contrasto con l’esposto principio ed è pertanto incorsa nell’error iuris denunciato da entrambi i ricorrenti.
36. In accoglimento, dunque, in parte qua, di entrambi i ricorsi, la sentenza impugnata deve essere cassata, restando assorbito l’esame del secondo motivo del ricorso proposto dall’Università degli Studi di Catania.
Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell'art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., con il rigetto delle domande formulate in primo grado dai dottori …….
37. Avuto riguardo alla complessità del quadro normativo di riferimento, si ravvisano i presupposti per l’integrale compensazione tra le parti delle spese del giudizio di appello nonché di quelle del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
accoglie il primo motivo del ricorso proposto dall’Università degli Studi di Catania e l’unico motivo del ricorso proposto dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, dal Ministero della Salute, dal Ministero dell'Economia e delle Finanze; dichiara assorbito il secondo motivo del ricorso dell’Università; cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti; decidendo nel merito, rigetta le domande proposte, con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado, dai dottori …..
Compensa integralmente le spese del giudizio di appello e quelle del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civile della Corte Suprema di Cassazione, il 9 luglio 2024.
Il Consigliere estensore
(Emilio Iannello)
Il Presidente
(Margherita Cassano)