10/08/2019 free
La disposizione «ha già usufruito di una borsa di studio non può usufruirne una seconda volta allo stesso titolo» consente la remunerazione di due specialità diverse.
Cass. civ. Sez. III, Ord., (ud. 16-04-2019) 25-07-2019, n. 20095
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA CIVILE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FRASCA Raffaele - Presidente -
Dott. OLIVIERI Stefano - Consigliere -
Dott. SCODITTI Enrico - Consigliere -
Dott. CIRILLO Francesco Maria - rel. Consigliere -
Dott. ROSSETTI Marco - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
ORDINANZA
sul ricorso 27132-2015 proposto da:
MINISTERO UNIVERSITA' RICERCA SCIENTIFICA E TECNOLOGICA, MINISTERO DELLA SALUTE (OMISSIS), MINISTERO ECONOMIA FINANZE (OMISSIS), in persona dei rispettivi Ministri p.t., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso l'AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che rappresenta e difende;
- ricorrenti -
contro
M.M.G.;
- intimata -
avverso la sentenza n. 3035/2015 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 18/05/2015;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 16/04/2019 dal Consigliere Dott. FRANCESCO MARIA CIRILLO;
Svolgimento del processo
1. La dottoressa M.M.G. e un gruppo di altri medici convennero in giudizio il Ministero dell'istruzione, il Ministero della salute e il Ministero dell'economia e finanze davanti al Tribunale di Roma e, assumendo di non aver percepito alcun compenso per il periodo nel quale avevano regolarmente frequentato diverse scuole di specializzazione, tutte svoltesi in epoca antecedente l'anno accademico 1991-1992, chiesero che fosse riconosciuto il loro diritto ad un'adeguata remunerazione, come previsto dalle specifiche direttive comunitarie in materia.
Si costituirono in giudizio i Ministeri convenuti, eccependo il proprio difetto di legittimazione passiva e la prescrizione del diritto e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda.
Il Tribunale rigettò la domanda accogliendo l'eccezione di prescrizione.
L'appello proposto dai medici soccombenti fu respinto dalla Corte d'appello di Roma.
2. Proposti separati ricorsi da parte dei medici, la Corte di cassazione, con sentenza 31 agosto 2011, n. 17868, cassò la sentenza impugnata e rinviò il giudizio alla medesima Corte d'appello, rilevando che la prescrizione era, nella specie, decennale e che, cominciando essa a decorrere dall'entrata in vigore della L. 19 ottobre 1999, n. 370, si sarebbe maturata solo in mancanza di atti interruttivi entro la data del 27 ottobre 2009.
3. Il giudizio è stato riassunto dai medici in sede di rinvio e la Corte d'appello di Roma, con sentenza del 18 maggio 2015, ha accolto il gravame ed ha condannato i Ministeri convenuti al pagamento dell'importo di Euro 6.713,94 per ciascun anno del corso di specializzazione, ai sensi della L. n. 370 del 1999, ART. 11 diversificando le somme complessive a seconda che i corsi avessero avuto durata di tre, quattro o cinque anni.
Quanto alla posizione della dottoressa M., in particolare, la Corte d'appello ha riconosciuto in suo favore la somma di Euro 53.712, posto che la stessa aveva conseguito due specializzazioni, per la durata complessiva di otto anni di corso.
Richiamati i principi della giurisprudenza di legittimità, la sentenza ha rilevato che la prescrizione non era nella specie decorsa, poichè gli appellanti avevano promosso il giudizio con una domanda del 3 settembre 2001, entro il termine decennale individuato dalla pronuncia di cassazione.
3. Contro la sentenza della Corte d'appello di Roma propongono ricorso i Ministeri suindicati, con unico atto affidato ad un motivo, in relazione alla sola posizione della dottoressa M..
Resiste quest'ultima con controricorso affiancato da memoria.
Motivi della decisione
1. Con l'unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), violazione e falsa applicazione della L. 30 novembre 1989, n. 398, art. 6, comma 2.
Osservano i Ministeri ricorrenti che la sentenza ha riconosciuto in favore della dottoressa M. il compenso fissato dalla L. n. 370 del 1999 per entrambe le specializzazioni conseguite, l'una in ginecologia ed ostetricia (conseguita nel 1986) e l'altra in odontostomatologia (conseguita nel 1990), per una durata complessiva di otto anni (cinque più tre). Tale decisione sarebbe errata, perchè la norma invocata non consente a chi ha usufruito di una borsa di studio di usufruirne una seconda volta per lo stesso titolo; si tratta, comunque, di una provvidenza fissata dalla legge per consentire l'avviamento alla professione, per cui non avrebbe senso riconoscere il compenso per due volte, posto che il medico è in condizione, una volta conseguita la prima specializzazione, di avviarsi all'esercizio della professione.
1.1. Il motivo non è fondato.
Giova innanzitutto rilevare che la norma posta dai ricorrenti a fondamento della censura non supporta in alcun modo le conclusioni che essi vorrebbero trarne. Ed infatti la L. n. 398 del 1989, art. 6, comma 2, si limita a stabilire, in materia di borse di studio universitarie, che chi "ha già usufruito di una borsa di studio non può usufruirne una seconda volta allo stesso titolo". Come si vede, il riferimento allo stesso titolo non può valere nel caso in esame, nel quale la Corte di merito ha riconosciuto alla dottoressa M. il compenso previsto dalla L. n. 370 del 1999, art. 11 per entrambe le specializzazioni; ed è evidente che qui non ricorreva l'ipotesi dell'identità del titolo, trattandosi dell'avvenuto conseguimento di due diverse specializzazioni.
Tanto premesso, la Corte rileva che le note direttive Europee in tema di medici specializzandi hanno imposto di riconoscere agli stessi un'adeguata remunerazione; per cui, trattandosi di "remunerazione" per l'attività prestata, essa sarebbe stata giustificata, ove non vi fosse stato il tardivo adempimento, per tutte le specializzazioni. Ed aver inquadrato la responsabilità dello Stato, in conseguenza del ritardo, nell'ambito contrattuale - come stabilito dalla ormai pacifica giurisprudenza di questa Corte - non fa che ulteriormente confermare la bontà dell'approdo interpretativo raggiunto dalla Corte d'appello. Nè è sostenibile - come afferma l'odierno ricorso - che, essendo il medico specializzato in condizione di conseguire una stabile occupazione, per ciò solo egli perda il diritto alla remunerazione della seconda e delle ulteriori (eventuali) specializzazioni.
2. Il ricorso, pertanto, è rigettato, enunciandosi il seguente principio di diritto: "In caso di omessa o tardiva trasposizione da parte del legislatore italiano nel termine prescritto delle direttive comunitarie (nella specie, le direttive n. 75/362/CEE e n. 82/76/CEE, non autoesecutive, in tema di retribuzione della formazione dei medici specializzandi), sorge, conformemente ai principi più volte affermati dalla Corte di giustizia dell'Unione Europea, il diritto degli interessati alla percezione della adeguata remunerazione stabilita dalle norme interne di recepimento; ne consegue che, ove il medico abbia conseguito più di una specializzazione, al medesimo va riconosciuta la remunerazione per ciascuna di esse".
A tale esito segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.
Non si fa luogo al versamento del doppio del contributo unificato, attesa la natura di parti pubbliche dei ricorrenti.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Terza Civile, il 16 aprile 2019.
Depositato in Cancelleria il 25 luglio 2019