12/02/2019 free
L'immediata cessazione di qualsiasi attività sanitaria nel presidio ambulatoriale va preceduta dalla necessaria partecipazione al procedimento.
Deve essere ritenuta sussistente la violazione dell'art. 7 L. n. 241 del 1990,in relazione alla mancata comunicazione di avvio del procedimento.
Tale onere partecipativo avrebbe, infatti, dovuto essere posto in essere dall'amministrazione prima dell'adozione del provvedimento che ha inciso negativamente sulla sfera giuridica della Società ; né tale formalità, specificamente prevista dall'art. 7 L. n. 241 del 1990 citato, può ritenersi nella fattispecie superflua alla luce della conoscenza della pendenza del procedimento dedotta da parte resistente.
Dalla relazione tecnica risulta che il personale della amministrazione competente ha desunto lo svolgimento di attività non autorizzata da parte della società, dalla presenza di materiale pubblicitario, dalla "visura camerale dalla quale si evince, nell'oggetto sociale, l'attività sanitaria che la società svolge", dalla presenza di macchinari sanitari e dalle dichiarazioni del medico, ivi esercente attività medica odontoiatrica, secondo cui parte dei locali sarebbero stati utilizzati da altri due medici per trattamenti di ozonoterapia ed attività di medico di medicina generale.
Le circostanze in esame, però, non sono univocamente comprovanti l'esercizio di un'attività medica non autorizzata.
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T.A.R. Lazio Roma Sez. II ter, Sent., (ud. 07-12-2018) 25-01-2019, n. 987
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2329 del 2010, proposto da
S. s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliata in Roma, via Paolo Emilio n. 57 presso lo studio dell'avv. Marcello Greco e rappresentata e difesa nel presente giudizio dall'avv. Sebastiano Briganti
contro
COMUNE DI TIVOLI, in persona del Sindaco p.t., con domicilio digitale ex art. 7 D.L. n. 168 del 2016 e rappresentato e difeso nel presente giudizio dagli avv.ti Marco Marci, Martina Ramondo e Diana Scarpitti
per l'annullamento
dell'ordinanza n. 1041 prot. n. (...) del 18/12/09 con cui il Comune di Tivoli ha ordinato alla ricorrente l'immediata cessazione di qualsiasi attività sanitaria nel presidio ambulatoriale sito in T., via della M. n. 8 ed ha irrogato la sanzione amministrativa di Euro seimila/00.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Tivoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 dicembre 2018 il dott. Michelangelo Francavilla e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Svolgimento del processo
Con ricorso notificato il 16/02/10 e depositato il 15/03/10 la S. s.r.l. ha impugnato l'ordinanza n. 1041 prot. n. (...) del 18/12/09 con cui il Comune di Tivoli ha ordinato alla ricorrente l'immediata cessazione di qualsiasi attività sanitaria nel presidio ambulatoriale sito in T., via della M. n. 8 ed ha irrogato la sanzione amministrativa di Euro seimila/00.
Il Comune di Tivoli, costituitosi in giudizio con comparsa depositata il 18/03/10, ha chiesto il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n. 1593/10 del 12/04/10 il Tribunale ha accolto l'istanza cautelare proposta dalla ricorrente.
Alla pubblica udienza del 7 dicembre 2018 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Motivi della decisione
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
La S. s.r.l. impugna l'ordinanza n. 1041 prot. n. (...) del 18/12/09 con cui il Comune di Tivoli ha ordinato alla ricorrente l'immediata cessazione di qualsiasi attività sanitaria esercitata nel presidio ambulatoriale sito in T., via della M. n. 8 ed ha irrogato la sanzione amministrativa di Euro seimila/00.
Il gravato provvedimento è stato emesso dal Comune in quanto, nel corso di un sopralluogo espletato in data 13/11/09, personale tecnico della competente A. avrebbe accertato lo svolgimento nel presidio, oltre ad attività odontoiatriche (regolarmente autorizzate), anche di attività di poliambulatorio medico soggetta ad autorizzazione sanitaria e nella fattispecie esercitata in assenza di titolo abilitativo.
Con due censure tra loro connesse la ricorrente prospetta la violazione e falsa applicazione degli artt. 2, 3 e 7 L. n. 241 del 1990, 193 T.U.LL.SS. e 4 L.R. n. 4 del 2003 ed eccesso di potere per violazione del giusto procedimento, difetto di motivazione ed istruttoria, travisamento dei fatti e sviamento di potere in quanto il provvedimento impugnato sarebbe stato emesso sulla base della mera segnalazione dell'A., senza consentire all'interessata di partecipare al procedimento e senza effettuare una reale istruttoria in ordine all'effettivo svolgimento di attività non autorizzata laddove la presenza di volantini pubblicitari e di alcuni macchinari allocati nello stabile sarebbe temporanea (si tratterebbe di attrezzature destinate alla sede, regolarmente autorizzata, di via Due Pini all'epoca in corso di nuovo allestimento) e, comunque, riferibile anche ad altro medico che eserciterebbe attività medica odontoiatrica e di posturologia, ritualmente assentite.
I motivi in esame sono fondati secondo quanto in prosieguo specificato.
Deve, innanzi tutto, essere ritenuta sussistente la violazione dell'art. 7 L. n. 241 del 1990, dalla ricorrente prospettata in relazione alla mancata comunicazione di avvio del procedimento.
Tale onere partecipativo avrebbe, infatti, dovuto essere posto in essere dall'amministrazione prima dell'adozione del Provv. del 18 dicembre 2009 che incide negativamente sulla sfera giuridica della S. s.r.l. né tale formalità, specificamente prevista dall'art. 7 L. n. 241 del 1990 citato, può ritenersi nella fattispecie superflua alla luce della conoscenza della pendenza del procedimento dedotta da parte resistente.
Ed, infatti, la comunicazione ex art. 7 L. n. 241 del 1990, con le informazioni specificamente previste dall'art. 8 del medesimo testo normativo, avrebbe consentito alla ricorrente di rappresentare più efficacemente le proprie ragioni nell'ambito del procedimento.
Né all'ipotesi in esame può applicarsi la preclusione all'annullamento giurisdizionale prevista dall'art. 21 octies comma 2 L. n. 241 del 1990 non emergendo dagli atti la prova della correttezza sostanziale del provvedimento impugnato.
Infatti, dalla relazione del 24/11/09 risulta che il personale della A. ha desunto lo svolgimento di attività non autorizzata da parte della S. s.r.l. in T., via della M. n. 8 dalla presenza di materiale pubblicitario, dalla "visura camerale dalla quale si evince, nell'oggetto sociale, l'attività sanitaria che la società svolge", dalla presenza di macchinari sanitari e dalle dichiarazioni del dott. M., ivi esercente attività medica odontoiatrica, secondo cui parte dei locali sarebbero stati utilizzati da altri due medici per trattamenti di ozonoterapia ed attività di medico di medicina generale.
Le circostanze in esame, però, non sono univocamente comprovanti l'esercizio di un'attività medica non autorizzata e, soprattutto, la riconducibilità della stessa alla S. s.r.l..
In particolare, come dedotto dalla ricorrente, al momento dell'accesso non era in corso alcuna attività sanitaria e/o medica non autorizzata né è stata rinvenuta la presenza di dipendenti della S. s.r.l..
Inoltre, dagli atti non emerge il nesso tra le attività ipoteticamente esercitate dai due medici menzionati nella nota della A. del 24/11/09 e la ricorrente; il richiamo, poi, della relazione A. alla visura camerale è equivoco dal momento che l'attività sociale, ivi indicata, è regolarmente esercitata dalla ricorrente nella sede di T., via D. P. e, pertanto, non comprova che la medesima attività sia stata svolta nel diverso luogo oggetto degli accertamenti da parte della A..
Quanto fin qui evidenziato palesa l'esistenza dei vizi, ritualmente dedotti nel gravame, di violazione dell'art. 7 L. n. 241 del 1990 e di difetto d'istruttoria, quest'ultimo in quanto le circostanze richiamate nel provvedimento impugnato non sono univocamente interpretabili come comprovanti lo svolgimento di attività non autorizzata.
La fondatezza delle censure esaminate comporta l'accoglimento del ricorso (previa declaratoria di assorbimento delle ulteriori doglianze) e l'annullamento dell'atto impugnato.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Ter), definendo il giudizio:
1) accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla l'atto impugnato;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 7 dicembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Pietro Morabito, Presidente
Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore
Maria Laura Maddalena, Consigliere