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Legittima la regressione tariffaria anche senza la puntuale e piena osservanza delle regole procedimentali in tema di monitoraggio
Il mancato o ritardato o impreciso adempimento dell'obbligo di eseguire, per il tramite del tavolo tecnico, un monitoraggio delle prestazioni erogate dalle strutture accreditate non esclude la potestà dell'amministrazione sanitaria di modulare la regressione tariffaria allo scopo di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati; né comporta l'obbligo per l'amministrazione di acquistare prestazioni sanitarie impiegando risorse superiori a quelle disponibili, evidenziandosi che l'esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e l'osservanza del limite di spesa non sono condizionati all'esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, in quanto, nonostante inadempimenti o irregolarità al riguardo, resta da soddisfare l'esigenza (fondamentale ed ineludibile) di contenimento della spesa, nonché di rispetto dei limiti fissati, che a loro volta recepiscono il quadro delle risorse e dei vincoli determinati con legge statale.
Si è osservato, difatti, che i prevalenti ed ineludibili principi di rispetto della programmazione economico-finanziaria e di contenimento della spesa rendono irrilevanti, ai fini della legittimità della regressione tariffaria, la puntuale e piena osservanza delle regole procedimentali in tema di monitoraggio e che l'operatore privato, professionalmente inserito nel sistema dell'accreditamento, ben conosce le regole ed i limiti della remunerazione delle prestazioni, subordinate alla osservanza del budget e delle risorse disponibili, onde lo stesso può ragionevolmente prevedere fino a che punto il SSR potrà assicurargli la remunerazione, modulando, con una possibile, cauta e ragionevole previsione di entrata, le prestazioni da erogare.
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Corte d'Appello Napoli Sez. I, Sent., 28-06-2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Corte d'appello di Napoli
- Prima sezione civile -
riunita in camera di consiglio in persona dei magistrati:
dr. Maria Rosaria Cultrera - Presidente
dr. Alessandra Tabarro - Consigliere rel.
dr. Nicoletta Celentano - Consigliere
riunita in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel processo civile in grado di appello - avverso la sentenza del Tribunale di Napoli n. 3472/14 emessa in data 24 novembre 2014 - iscritto al n. 1061 del ruolo generale degli affari contenziosi dell'anno 2015, avente ad oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo e vertente
TRA
C. s.r.l. ( P.IVA: (...)) in persona del legale rappresentante p.t. dr. E.P., rappresentata e difesa dall'avv. Ennio Romano (c.f.: (...)) in virtù di mandato a margine dell'atto di appello, con il quale elett.te domicilia in Napoli Via Roma n.22 presso lo studio dell'avv. Vittorio Lamberti ;
Appellante
E
A.S. (P.IVA (...)) in persona del Commissario Straordinario legale rappresentante p.t., rappresentata e difesa dall'avv. Francesca Di Sette (c.f.: (...)) congiuntamente e disgiuntamente dall'avv. Carlo Di Marsilio (c.f.: (...)) giusta mandato in calce alla comparsa di costituzione presso i quali elett.te domicilia in Caserta Via Unità Italiana n.28 sede dell'ente ;
Appellata
Svolgimento del processo
Con decreto ingiuntivo n. 1280/09 dell'11/11/09, il Tribunale di S.Maria CV- sezione distaccata di Caserta-, su ricorso della C. s.r.l., ingiungeva alla A.C. il pagamento in favore della ricorrente della somma di Euro 61.665,32 oltre interessi e spese della procedura - pari al 90%dell'importo complessivo dovuto per il periodo ottobre - dicembre 2008 per prestazioni sanitarie erogate agli assistiti per la branca Medicina nucleare, giusta contratto e fatture prodotte.
Avverso il predetto decreto, con atto di citazione ritualmente notificato, l'A.C. proponeva opposizione, deducendo che l'importo indicato nel decreto ingiuntivo doveva essere decurtato: a) dell'importo di Euro 15.858,27 a titolo di sconto legale sulle tariffe ex art. 1 comma 796 lettera O L. n. 296 del 2006 ( Finanziaria 2007); b) della somma di Euro 75.100,81 per regressione tariffaria anno 2008 calcolata con le modalità dettate dal punto 19 della D.G.R.C. n.1269/09, con saldo negativo per il Centro di Euro 29.293,76.
Concludeva, quindi, per l'accoglimento dell'opposizione proposta e per la revoca del decreto ingiuntivo opposto, con vittoria di spese ed onorari di giudizio.
Costituitasi in giudizio, la C. s.rl. chiedeva il rigetto dell'opposizione, con vittoria di spese ed attribuzione al procuratore antistatario.
Con la sentenza indicata in epigrafe, il Tribunale di Napoli, affermata la non applicabilità dello sconto legale, ha accolto l'opposizione revocando il decreto ingiuntivo opposto ritenendo, invece, applicabile la regressione tariffaria calcolata dall'A. in misura superiore all'importo ingiunto, in mancanza di prova da parte del Centro del mancato superamento del tetto di spesa.
Avverso la predetta sentenza, con atto notificato alla A. CE il 6 marzo 2015, la C. s.r.l. ha proposto appello alla stregua dei motivi di seguito specificati, chiedendo, in parziale riforma della sentenza impugnata, il rigetto dell'opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto, con condanna dell'A. alle spese del doppio grado o in subordine la compensazione.
Costituitasi in giudizio l'A. CE ha contestato l'avversa impugnazione, di cui ha invocato il rigetto, con conferma della sentenza di primo grado e vittoria di spese del presente grado.
A seguito di alcuni rinvii la causa, acquisito il fascicolo di primo grado, all'udienza del 6 dicembre 2017, è stata riservata per la decisione, con la contestuale assegnazione dei termini ex art. 190 c.p.c. di gg.50+20.
Con il proposto gravame la C. s.r.l. lamenta l'erroneità della sentenza resa dal primo giudice per aver affermato che ricadesse in capo al Centro la prova del mancato superamento del tetto di spesa, laddove oggetto di contestazione era soltanto la misura dei conteggi effettuati e, quindi, la determinazione della quota di regressione tariffaria calcolata a carico del Centro.
Deduce sul punto che l'A. di Caserta non avrebbe fornito la prova di quanto assunto essendosi limitata ad una mera affermazione priva di riscontro probatorio sulla misura della regressione tariffaria determinata.
L'assunto è infondato.
Giova premettere che, come di recente affermato dalla Suprema Corte, ricade sulla A. la dimostrazione del fatto (non costitutivo del diritto dell'attore ma) impeditivo dell'accoglimento della pretesa azionata, costituito dal superamento del tetto di spesa, fatto che, essendo stato opposto al fine di paralizzare il titolo vantato dalla controparte, deve essere provato dalla parte eccipiente. ( cfr. in termini Cass. 17437/16)
Nella specie l'A. Ce ha opposto l'estinzione del credito azionato dal Centro per effetto della Regressione tariffaria anno 2008 di Euro 75.100,81 calcolata secondo le modalità dettate dal punto 19 della D.G.R.C. n.1269/09, con conseguente saldo negativo per il Centro di Euro 29.293,76.
In particolare l'A. ha prodotto in atti la Delib. n. 1002 del 2009 nella quale si dava atto che i legali rappresentanti dei Centri provvisoriamente accreditati per la branca di medicina nucleare avevano sottoscritto, per l'anno 2008, regolare contratto in linea con gli indirizzi formulati con la Dgrc 1268/08 e che, con deliberazione aziendale n.154 del'11/3/09, avente ad oggetto "D.G.R.C. n.1268/08 Macroarea Specialistica Ambulatoriale-Tetti di Spesa-Branca Medicina Nucleare - Applicazione regressione tariffaria, erano stati approvati gli schemi relativi alle note di credito da richiedere ai Centri per le prestazioni eccedenti il tetto economico sulla base di opportuna regressione tariffaria.
Si era, quindi, proceduto alla determinazione dei conguagli dovuti dai Centri tenuto conto della misura dello sconto legale, del superamento del 10% di eccedenza sulle prestazioni e della Regressione tariffaria per sforamento del tetto di spesa contrattualizzato.
Con successiva Delib. n. 3342 del 23 dicembre 2009 l'A. CE aveva provveduto, poi, alla quantificazione della regressione tariffaria a carico, tra l'altro, del centro appellante nella misura suindicata.
In primo grado, inoltre, l'Azienda sanitaria locale ha prodotto la nota n.371 del 29/6/10, tra cui la richiamata Delib. G.R.C. n. 1269 del 2009, con relativi allegati e tabulati riferiti alle singole macroaree con specificazione delle modalità di calcolo degli sforamenti di spesa e dello sconto legale, avente ad oggetto "Piano 2007-2009 di Rientro del disavanzo sanitario, volumi di prestazione 2009-2010 e correlati limiti di spesa ; integrazioni ed aggiornamenti delle disposizioni in materia di prestazioni sanitarie acquistate da privati accreditati e/o provvisoriamente accreditati, in conseguenza della razionalizzazione degli ambiti territoriali e distrettuali elle A.S....", nella quale venivano indicati i criteri di ripartizione tra i centri dei limiti di spesa regionali da approvarsi con la stipula dei singoli contratti ex art. 8 quinquies decr. 502/92 dalle singole strutture, e la notifica effettuata al centro appellante.
Ciò posto giova chiarire che la L. n. 205 del 2000, art. 7 ha demandato alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi comprese quelle riguardanti le attività e le prestazioni di ogni genere rese nell'ambito del servizio sanitario nazionale; e che tuttavia, tale disposizione è stata dichiarata incostituzionale (sent. 204/2004) nella parte che comprendeva nella nuova giurisdizione tutte le controversie in tema di pubblici servizi anziché solo quelle "relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi....": perciò sostanzialmente ripristinandosi il criterio di riparto della L. n. 1034 del 1971, art. 5 il quale infine è stato recepito senza sostanziali modifiche dal D.Lgs. n. 104 del 2010, art. 133, comma 1, lett. c (cod. proc. amm).
Siffatta ripartizione è stata sempre interpretata dalle Sezioni Unite nel senso che le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario se non coinvolgano l'accertamento dell'esistenza o del contenuto della concessione, ne' la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio sottostante ovvero investano l'esercizio di poteri discrezionali - valutativi nella determinazione delle indennità o canoni stessi: piuttosto che l'accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali sia sull'"an" che sul "quantum" del corrispettivo (Cass. sez. un. 2006/ 15217 e 2006/ 22661 e 2007/ 411). Perciò concludendosi che le controversie concernenti "indennità, canoni o altri corrispettivi" riservate alla giurisdizione del giudice ordinario sono sostanzialmente quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio "obbligo-pretesa", senza che assuma rilievo un potere d'intervento riservato alla P.A. per la tutela d'interessi generali. Laddove se la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull'intera economia del rapporto concessori, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il binomio "potere-interesse" e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (Cass. sez. un. 7861/ 2001; 22661/2006).
In applicazione di questo criterio nel settore sanitario, la giurisprudenza ha perciò ritenuto appartenenti alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo (Cass. sez. un. 16391/2011), le controversie aventi per oggetto la determinazione da parte dell'Amministrazione del tetto di spesa per le prestazioni erogate dalle strutture private in regime di accreditamento, la possibilità di rettificare in aumento la capacità operativa massima o ancora la suddivisione della spesa tra le attività assistenziali, perché tutte inerenti all'esercizio del potere di programmazione sanitaria in cui la questione delle somme dovute o pagate in eccesso diviene meramente consequenziale allo scrutinio sull'esercizio del potere. Per converso proprio in materia di regressione sanitaria la giurisdizione è stata devoluta al giudice ordinario avendo la controversia quale oggetto, soltanto l'effettiva debenza dei corrispettivi maturati in favore del concessionario del servizio senza coinvolgere una verifica dell'azione autoritativa della P.A., posto che: da un lato, la A. è priva di potere discrezionale a scelta autoritativa laddove, come nel caso di specie, il rapporto trova il tetto insuperabile dello stanziamento. E dall'altro nell'attuale sistema sanitario il pagamento di prestazioni rese dai soggetti privati accreditati viene effettuato dalle aziende sanitarie locali nell'ambito di appositi accordi contrattuali (Cass. sez. un. 1771, 1772 e 1773/2011). ( cfr. da ultimo Cass. SSUU 10149/2012 )
Pertanto chiarito nei termini di cui sopra l'ambito del sindacato del GO in materia di regressione tariffaria, deve osservarsi che a fronte della documentazione prodotta dall'A. nel presente giudizio appaiono del tutto generiche le eccezioni mosse dal Centro in primo grado, sulle quali il primo giudice non si è pronunciato, limitandosi ad affermare il criterio del riparto dell'onere della prova del mancato superamento del tetto di spesa, e reiterate nel presente gravame.
Da essa emerge, difatti, che il limite di spesa era stato indicato in un protocollo di intesa stipulato dalle A. con i rappresentanti delle associazione di categoria e riportato nei contratti sottoscritti con i singoli erogatori accreditati, nei quali si indicavano specificamente la quantità ed il costo delle prestazioni che ogni singola A. avrebbe dovuto acquistare, nonché la regressione tariffaria applicabile in caso di superamento dei limiti di spesa.
Inoltre nella delibera suindicata erano stati indicati i criteri di calcolo adottati dall'A. nel determinare lo sconfinamento del tetto di spesa e le relative determinazioni di spesa, ed anche il limite di spesa era stato indicato in un protocollo di intesa stipulato dalle A. con i rappresentanti delle associazione di categoria,e riportato nei contratti sottoscritti con i singoli erogatori accreditati, nei quali si indicavano specificamente la quantità ed il costo delle prestazioni che ogni singola A. avrebbe dovuto acquistare, nonché la regressione tariffaria applicabile in caso di superamento dei limiti di spesa.
Da ciò discende la genericità dell'eccezione dell'appellante con la quale si è lamentato che l'A. non abbia esplicitato nè dato contezza dei conteggi effettuati per la determinazione della regressione tariffaria.
A ciò aggiungasi che la C. s.r.l. non risulta abbia impugnato la predetta delibera recante la fissazione dei tetti di spesa, la disciplina degli accordi contrattuali, l'attività del tavolo tecnico, nonché il meccanismo della regressione tariffaria in precedenza applicato.
Quanto al lamentato mancato rispetto degli obblighi contrattuali relativi alla comunicazione entro i termini contrattualmente stabiliti dei lavori del tavolo tecnico deve rilevarsi che il mancato o ritardato o impreciso adempimento dell'obbligo di eseguire, per il tramite del tavolo tecnico, un monitoraggio delle prestazioni erogate dalle strutture accreditate non esclude la potestà dell'amministrazione sanitaria di modulare la regressione tariffaria allo scopo di contenere la remunerazione complessiva delle prestazioni nei limiti fissati; né comporta l'obbligo per l'amministrazione di acquistare prestazioni sanitarie impiegando risorse superiori a quelle disponibili, evidenziandosi che l'esercizio del potere di fissare la regressione tariffaria e l'osservanza del limite di spesa non sono condizionati all'esecuzione del monitoraggio delle prestazioni erogate, in quanto, nonostante inadempimenti o irregolarità al riguardo, resta da soddisfare l'esigenza (fondamentale ed ineludibile) di contenimento della spesa, nonché di rispetto dei limiti fissati, che a loro volta recepiscono il quadro delle risorse e dei vincoli determinati con legge statale. ( cfr. TAR Campania Salerno 1491/14; TAR Campania, Napoli n. 34/14; Cons. stato, n. 4540/13)
Si è osservato, difatti, che i prevalenti ed ineludibili principi di rispetto della programmazione economico-finanziaria e di contenimento della spesa rendono irrilevanti, ai fini della legittimità della regressione tariffaria, la puntuale e piena osservanza delle regole procedimentali in tema di monitoraggio e che l'operatore privato, professionalmente inserito nel sistema dell'accreditamento, ben conosce le regole ed i limiti della remunerazione delle prestazioni, subordinate alla osservanza del budget e delle risorse disponibili, onde lo stesso può ragionevolmente prevedere fino a che punto il SSR potrà assicurargli la remunerazione, modulando, con una possibile, cauta e ragionevole previsione di entrata, le prestazioni da erogare.
Si è, dunque, condivisibilmente affermato che non vi è un legittimo affidamento da tutelare ed, inoltre, non è stata ritenuta configurata la violazione del principio di irretroattività degli atti amministrativi, deducendosi che la regressione ed i presupposti criteri di calcolo sono stati determinati ad anno inoltrato anche per prestazioni sanitarie già rese.
Ancora si è aggiunto che il complesso delle attività necessarie alla determinazione della percentuale di regressione tariffaria rende praticamente impossibile la sua fissazione in via preventiva e che di tanto l'operatore istituzionale è ben consapevole, onde è rimesso al suo prudente apprezzamento un onere di previsione della stessa.
Sotto altro profilo si è, poi, sottolineato che la giurisprudenza amministrativa si è consolidata nel senso che le determinazioni in ordine ai limiti di spesa possono intervenire anche ad anno inoltrato, non costituendo ciò causa di illegittimità e che, per altro verso, costituisce consolidato principio quello secondo il quale i soggetti erogatori possono e devono effettuare le opportune programmazioni della rispettiva attività in base alle risorse loro assegnate, utilizzando, quale parametro di riferimento, nel caso in cui i relativi atti non siano ancora stati adottati, i limiti applicati nell'anno precedente, (cfr. Tar Salerno cit. in motivazione).
In conclusione l'appello va respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano in dispositivo in applicazione del D.M. 19 marzo 2014, n. 55 in relazione allo scaglione economico (Euro 52.001-260.000-) di riferimento, ragguagliato al valore del decisum ed ai minimi tabellari, stante la non rilevante complessità della causa.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunziando sull'appello avverso la sentenza n. 3972/14 pronunziata il 24 novembre 2014 dal Tribunale di S.Maria Capua Vetere proposto dalla s.r.l. C. nei confronti della A. CE, così provvede:
a) rigetta l'appello e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata;
b) condanna l'appellante alla rifusione delle spese processuali sostenute dal Centro appellato che liquida in complessivi Euro 7.650,00, oltre rimborso forfettario spese generali al 15% , IVA e CPA come per legge.
Si da atto che per effetto dell' odierna decisione sussistono i presupposti di cui all'art.13 comma 1 quater D.P.R. n. 115 del 2002, per il versamento dell'ulteriore contributo unificato di cui all'art.13 comma 1 bis D.P.R. n. 115 del 2002.
Così deciso in Napoli, il 28 febbraio 2018.
Depositata in Cancelleria il 28 giugno 2018.