28/10/2017 free
il medico convenzionato con la ASL riveste la qualifica di pubblico ufficiale anche quando opera “fuori Regione” : un caso specifico.
L'originaria imputazione era quella di tentata concussione (artt. 56 e 317 c.p.) per avere l'imputato, in qualità di medico di turno presso la Guardia Medica , compiuto atti idonei diretti in modo non equivoco ad indurre un soggetto a versargli sotto banco una somma di denaro in luogo del corrispettivo della visita medica che avrebbe dovuto svolgere in favore del padre dello stesso , residente fuori della Regione Puglia, prima di prescrivergli un farmaco telefonicamente consigliato dal medico curante e che il paziente non aveva potuto acquistare proprio in assenza di prescrizione medica.
Il medico convenzionato con la
ASL riveste la qualifica di pubblico
ufficiale e non quella di incaricato di pubblico servizio "poichè svolge
l'attività per mezzo di poteri pubblicistici di certificazione, che si
estrinsecano nella diagnosi e nella correlativa prescrizione di esami e
prestazioni alla cui erogazione il cittadino ha diritto presso strutture
pubbliche ovvero presso strutture private convenzionate"
Nè rileva la circostanza che la prestazione potesse riguardare un paziente
"fuori Regione", atteso che la funzione esplicata dal sanitario nel
contesto organizzativo - funzionale di riferimento rimaneva comunque
inalterata.
Cassazione penale, sez. VI, 11/05/2017 n. 29788
RITENUTO IN FATTO
1. Con la sentenza impugnata la
Corte d'Appello di Lecce ha confermato quella emessa dal Tribunale di Lecce il
04/04/2012, ribadendo la responsabilità di V.V. a titolo di istigazione alla
corruzione (art. 322 c.p., comma 3), attenuata ai sensi dell'art. 323-bis c.p.
e art. 612 c.p., n. 4 e confermando la pena inflittagli in primo grado nella
misura di otto mesi di reclusione, condizionalmente sospesa, oltre alle
statuizioni disposte in favore della parte civile I.A..
L'originaria imputazione era quella
di tentata concussione (artt. 56 e 317 c.p.) per avere l'imputato, in qualità
di medico di turno presso la Guardia Medica del (OMISSIS), compiuto atti idonei
diretti in modo non equivoco ad indurre lo I. a versargli sotto banco una somma
di denaro in luogo del corrispettivo della visita medica che avrebbe dovuto
svolgere in favore del padre dello stesso I., soggetto residente fuori della
Regione Puglia, prima di prescrivergli un farmaco telefonicamente consigliato
dal medico curante e che il paziente non aveva potuto acquistare proprio in
assenza di prescrizione medica.
La Corte territoriale ha esaminato
ma disatteso le doglianze formulate dallo appellante, ribadendo l'attendibilità
della versione dei fatti offerta dalla parte civile, prendendo sì atto della
natura del rapporto professionale svolto dall'imputato di medico convenzionato
con la ASL e tuttavia rilevando l'esercizio di una pubblica funzione
nell'attività di visita, diagnosi e certificazione di patologie, correlata o
meno alla prescrizione di determinati farmaci, concretamente espletata nella
circostanza.
La Corte d'appello ha, infine,
condiviso la diversa qualificazione giuridica data al fatto dal giudice di
primo grado e la misura della pena inflitta nel limite minimo edittale, previo
riconoscimento dell'attenuante speciale di cui all'art. 323-bis e di quella
generale di cui all'art. 62 c.p., n. 4.
2. Avverso la sentenza ha proposto
ricorso l'imputato, che deduce come al momento del fatto svolgesse attività di
libero professionista in regime di lavoro autonomo convenzionato, disciplinata
da fonti normative primarie e da accordi di categoria collettivi integrativi e
come tale ostativa alla configurabilità sia del reato contestato che di quello
ritenuto in sentenza.
In altri termini, la condotta
ascrittagli di avere sollecitato il pagamento di una somma in nero in luogo
della corresponsione dell'importo di Euro 15,00 per la visita ambulatoriale o
alternativamente di Euro 25,00 per la visita domiciliare, entrambe prodromiche
alla prescrizione in favore del paziente fuori regione del farmaco, non può
rilevare ai sensi dell'art. 322 c.p., comma 3, non rivestendo egli al momento
del fatto la qualifica di pubblico ufficiale e al massimo potendoglisi
addebitare un'omissione di natura meramente fiscale in caso di mancato
versamento alla ASL della quota di relativa spettanza.
Il ricorrente deduce, inoltre, che
la Corte d'appello non ha correttamente valutato la portata delle dichiarazioni
della parte offesa I.A., escusso in dibattimento ai sensi dell'art. 507 c.p.p.;
non ha motivato riguardo all'esatta qualifica professionale ricoperta, in forza
della quale non avrebbe dovuto versare alcunchè alla Regione Puglia anche in
ipotesi di espletamento della visita medica poichè eseguita nei confronti di
paziente residente fuori Regione.
La Corte territoriale avrebbe,
infine, dovuto escludere la punibilità della condotta per la particolare
tenuità del fatto ai sensi e per gli effetti dell'art. 131-bis c.p. e comunque
riconoscere in suo favore le invocate attenuanti generiche.
Diritto
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato
limitatamente all'applicabilità dell'esimente del fatto di speciale tenuità di
cui all'art. 131-bis c.p. e in detti termine deve essere accolto.
2. Sul merito dell'accusa, invece,
l'impugnazione consiste nella mera riproduzione dei motivi d'appello,
debitamente vagliati dalla Corte territoriale e dalla stessa disattesi mediante
argomenti insuscettibili di censura sotto il profilo logico.
In particolare, il ricorrente
omette di ricordare che in una fattispecie perfettamente sovrapponibile a quella
oggetto di giudizio, la giurisprudenza di questa Corte di Cassazione ha
affermato che il medico convenzionato con la ASL (e quindi con il Servizio
Sanitario Nazionale) riveste la qualifica di pubblico ufficiale e non quella di
incaricato di pubblico servizio "poichè svolge l'attività per mezzo di
poteri pubblicistici di certificazione, che si estrinsecano nella diagnosi e
nella correlativa prescrizione di esami e prestazioni alla cui erogazione il
cittadino ha diritto presso strutture pubbliche ovvero presso strutture private
convenzionate" (Sez. 6, sent. n. 35836 del 22/02/2007, P.G. in proc.
Manzoni e altri, Rv. 238439; conf. anche Sez. 5, sent. n. 8423 del 17/06/1992,
Moretti e altri, Rv. 191497).
Nè rileva la circostanza che -
stando al ricorrente ma non anche alla parte offesa - la prestazione dovesse
riguardare un paziente "fuori Regione", atteso che la funzione
esplicata dal sanitario nel contesto organizzativo - funzionale di riferimento
rimaneva comunque inalterata.
Trattasi di un caso non infrequente
di divaricazione tra funzioni in concreto svolte e qualifica soggettiva
formalmente ricoperta dal soggetto, nella specie di prestatore d'opera
professionale regolata dalla L. n. 833 del 1978, art. 48 e dagli accordi
collettivi nazionali integrativi della previsione normativa, conforme sia al
dato normativo rappresentato dagli artt. 357 e 358 c.p. sia all'interpretazione
giurisprudenziale sedimentatasi sugli stessi, non essendovi, pertanto, nulla di
eccentrico nell'applicazione datane dalla Corte territoriale
La stessa ha, infatti, debitamente
e correttamente messo in luce tale aspetto cruciale della vicenda e l'avere da
parte del ricorrente riprodotto il tema senza alcun elemento di critica
aggiuntiva e/o innovativa rispetto alle argomentazioni svolte in sentenza
connota la doglianza in termini di aspecificità, ciò che ne determina
l'inammissibilità giusta consolidata quanto negletta giurisprudenza di questa
Corte di legittimità sul punto (ex pluribus v. Cass. Sez. 5, sent. 28011/13;
Sez. 6 sent. n. 22445/09; Sez. 5, sent. n. 11933/05 Giagnorio, Rv. 231708; Sez.
4, sent. 15497/02; Sez. 5, sent. n. 2896/99).
Quanto alle censure inerenti la
dedotta divaricazione tra ricostruzione dei fatti secondo la persona offesa e
narrazione dell'imputato, esse attengono chiaramente al merito del giudizio e
come tali non possono trovare neppure ascolto in sede di legittimità.
Sotto diverso profilo, si rivela,
infine, infondata la doglianza concernente il mancato riconoscimento delle
attenuanti generiche, che per un verso involge le scelte operate dai giudici
dei gradi di merito giudizio in ordine alla concreta determinazione del
trattamento sanzionatorio (nella specie, oltre tutto corrispondente al minimo
edittale del reato ritenuto in sentenza) e per altro verso appare assorbita
dall'avvenuto riconoscimento di ben due attenuanti, una di carattere generale
(art. 64 c.p., n. 2) e l'altra speciale (art. 323-bis c.p.) proprio in funzione
di commisurazione della pena alla specificità del caso.
3. A diverse conclusioni deve, invece,
pervenirsi quanto all'invocata applicazione dell'esimente speciale di cui
all'art. 131-bis c.p..
La Corte d'appello si è già
pronunciata nel senso della modesta gravità del fatto mediante la concorrente
applicazione delle citate attenuanti.
Quanto, però, all'esimente in sè,
dal fascicolo del procedimento celebratosi dinanzi alla Corte d'Appello si
ricava che il 01/03/2016 l'imputato procedeva alla nomina di due nuovi
difensori, conferendo loro procura speciale al fine di richiedere
l'applicazione dell'art. 131-bis c.p. introdotto con D.Lgs. n. 28 del 2015
"in subordine ai già spiegati motivi d'appello"; la nomina veniva
allegata al verbale d'udienza del 11/03/2016, che ne dava atto unitamente al
conferimento della procura (ff. 27-28 fascicolo Corte d'Appello Lecce).
Deve, pertanto, ritenersi che la
questione sia stata effettivamente devoluta all'esame della Corte territoriale,
la quale ha, tuttavia, omesso di pronunciarsi su di essa in violazione
dell'art. 597 c.p.p., comma 1, tant'è che l'imputato ha reiterato la richiesta
con il ricorso per cassazione.
Ne consegue l'annullamento della
decisione impugnata limitatamente a tale punto, con rinvio per nuovo giudizio
ad altra sezione della corte territoriale di Lecce.
PQM
annulla la sentenza impugnata
limitatamente all'applicabilità dell'art. 131-bis c.p. e rinvia per nuovo
giudizio ad altra sezione della Corte d'Appello di Lecce; rigetta nel resto il
ricorso.
Così deciso in Roma, il 11 maggio
2017.
Depositato in Cancelleria il 14
giugno 2017