15.04.2016 free
Licenziamento ASA per omessa sorveglianza di una persona in fin di vita
Il tribunale di Milano ha confermato la sanzione del licenziamento applicata all’assistente non appartenente al personale medico o infermieristico. La lavoratrice aveva omesso di vigilare una persona in fin di vita come richiesto dal medico chiamato ad intervenire in altra situazione urgente.
Alla dipendente che ha impugnato il provvedimento disciplinare, alla quale non era stata richiesta alcuna prestazione di carattere medico infermieristico cui non era abilitata, ma semplicemente di monitorare una persona in fin di vita, è stata imputata in definitiva una grave omissione di vigilanza, tale da pregiudicare irrimediabilmente il rapporto fiduciario in essere.
Il tribunale ha ritenuto non esserci dubbi sulla proporzionalità della sanzione inflitta anche tenuto conto che la lavoratrice era socia della cooperativa con conseguente sommarsi, al rapporto lavorativo, del rapporto associativo che implica una condivisione di ideali scopi mutualistici. [avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]
Tribunale di Milano Sez. lavoro, Sent., 29.02.2016
omissis
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con ricorso ritualmente notificato, P.V.H. ha convenuto in giudizio la o. P. p. c del X. (infra O.P. o P.C.) e la Cooperativa A.O.M. (infra A.O. o la Cooperativa) esponendo:
1) di avere lavorato sin dal 2005 come ausiliaria socio assistenziale (ASA) presso la P.C. del X. di Milano;
2) che dal 2005 era stata regolarizzata dalla Cooperativa Sociale D. e dall'l giugno 2012, a seguito di trattativa sindacale, da A.O.;
3) nel predetto periodo, la ricorrente aveva sempre svolto le medesime mansioni durante i turni che le venivano assegnati dai responsabili di P.C., coadiuvando in particolare infermieri e medici nel giro di visite, occupandosi di pulizia degli ambienti e degli ausili, del cambio di postura dei degenti;
4) di avere ricevuto ordini sempre direttamente dai responsabili ovvero "soggetti afferenti alla P.C. del X.". La sua attività veniva controllata e verificata da personale della casa di cura - che faceva capo al direttore sanitario - e, in particolare, dalla caposala L.C.;
5) i rapporti con la Cooperativa si limitavano invece alla consegna delle buste paga senza che A.O. avesse una vera e propria organizzazione diretta del lavoro;
6) il 18 aprile 2014, la ricorrente aveva ricevuto una contestazione disciplinare del seguente tenore: "L'11 aprile 2014 c'è stata confermata per iscritto la denuncia dall'appaltante La P.C. del X. del comportamento da lei tenuto nella notte tra il quattro e 5 aprile 2014 scorso. Risulta che in tale circostanza lei sia stata invitata dal medico notturno a sorvegliare una utente in condizioni cliniche molto gravi con obbligo di avvisare immediatamente per ogni minima variazione della situazione affinché egli, momentaneamente impegnato in un altro reparto per un 'urgenza, potesse intervenire immediatamente per le necessità del caso.
Gestita l'urgenza incombente il medico notturno verso la una e 40 di notte è tornato presso il reparto che doveva sorvegliare con particolare attenzione alle condizioni della paziente in questione e ha verificato il decesso della stessa e la sua totale assenza dal reparto.
Dopo aver fatto intervenire l 'infermiera notturna di avere eseguito le operazioni da praticarsi in tutti i casi di decesso degli utenti (nel corso dei quali lei ha continuato ad essere assente e irreperibile) l'infermiera trovata sdraiata dormiente in poltrona chiusa al buio in sala da pranzo. Questa condotta di estrema gravità, che si è concretata nell'abbandono del reparto che doveva vigilare nel turno di notte, nell'abbandono di una persona in gravi condizioni che era stata invitata a tenere sotto stretta osservazione dal medico, nell'addormentarsi in servizio e per di più chiusa al buio in un locale appartato, elementare dovere professionale e non potrà che avere gravi ripercussioni per la cooperativa nel rapporto con la committenza.
La informiamo pertanto fin da ora che sarà nostra cura pure a suo carico eventuali penali, riduzioni di servizio o ogni altro tipo di perdita che dovesse conseguire alla cooperativa per effetto di quanto sopra...".
7) la ricorrente aveva tempestivamente impugnato la sanzione, contestando gli addebiti, chiedendo e ottenendo di essere sentita in presenza di rappresentante dell'organizzazione sindacale cui aderiva;
8) una volta sentita, il 12 maggio 2014 la ricorrente aveva tuttavia ricevuto una lettera di risoluzione del rapporto ("in relazione alla nostra contestazione del 18 aprile 2014 ...La informiamo che il CD A nella seduta del 12 maggio 2014 tenuto conto dell'inconsistenza delle Sue giustificazioni ha deliberato la sua esclusione dalla cooperativa per lesione irrimediabile del vincolo fiduciario e con una contestuale risoluzione con decorrenza dal 13 maggio 2014 . Ferme le azioni risarcitoria che la cooperativa intenderà assumere la invitiamo a ritirare le sue spettanze finali che saranno elaborate nei tempi tecnici") che aveva impugnato nei confronti di entrambe le parti convenute, eccependo contestualmente l'interposizione fittizia di manodopera.
Essendosi reso vano ogni tentativo di soluzione bonaria della vicenda, la ricorrente aveva dunque agito nella presente sede formulando le seguenti domande:
in via principale:
1) previo accertamento della nullità e/o simulazione dei contratti di appalto, dell'illegittimità dell'assunzione della ricorrente e della sussistenza di interposizione fittizia di manodopera, accertare altresì la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato alle dipendenze della stessa P.C. del X. a partire dalla data di assunzione del ricorrente con medesima qualifica e mansioni svolte presso A.O.;
2) accertare la nullità del licenziamento comminatole dalla cooperativa il 12 maggio 2014, con conseguente condanna della O.P. alla reintegra della ricorrente e al risarcimento dei danni ex art. 18 L. n. 300 del 1970 o, in subordine la condanna dell'ente a riassumere la ricorrente o a corrispondere un'indennità determinata nella misura di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto;
in via subordinata, in caso di ritenuta liceità dell'appalto, la ricorrente chiesto:
1) l'accertamento della nullità del licenziamento intimatole da A.O.;
2) la conseguente condanna in via solidale delle resistenti alla reintegra della ricorrente e al risarcimento dei danni ex art. 18 L. n. 300 del 1970 o, in subordine, la condanna delle convenute in solido riassumere la ricorrente o a corrisponderle un'indennità determinata nella misura di sei mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.
In via di ulteriore subordine, in caso di ritenuta liceità dell'appalto, la ricorrente chiesto:
1) l'accertamento della nullità e inefficacia del licenziamento " in ogni caso perché reso verbalmente, comunque privo di giusta causa o giustificato motivo" con condanna di A.O. alla reintegra della ricorrente stessa nel proprio posto di lavoro ex art. 18 L. n. 300 del 1970;
2) " ovvero a riassumere la ricorrente nel medesimo posto di lavoro ex art. 8 L. n. 604 del 1966 e a risarcire ex art. 18 L. n. 300 del 1970, ogni danno cagionato alla ricorrente dall'illegittimo recesso datoriale da quantificarsi nella retribuzione globale di fatto perduta dalla data di risoluzione del rapporto all'effettiva reintegra...";
3) "ovvero corrispondere l'indennità risarcitoria ex art. 8 . n. 604 del 1966 ".
La ricorrente assume dunque che la Cooperativa non sarebbe dotata di una propria organizzazione di lavoro "diretta con i lavoratori" per cui il contratto di appalto tra le convenute dissimulerebbe una interposizione illecita di manodopera e/o una somministrazione irregolare.
Il licenziamento irrogato sarebbe di conseguenza nullo, in quanto intimato da soggetto diverso dall'effettivo datore di lavoro e comunque ingiusto per infondatezza degli addebiti e sproporzione della sanzione irrogata rispetto alla gravità dei fatti contestati.
Si sono costituite ritualmente entrambe le parti convenute.
La Cooperativa ha rappresentato di operare nella gestione dei servizi socio - assistenziali ed educativi, svolti a livello domiciliare e presso case di riposo o altre strutture e di espletare la sua attività in forza di appalti affidati da vari committenti, avvalendosi di soci lavoratori tutti qualificati come ASA o OSS le cui prestazioni lavorative sono disciplinate da statuto, regolamento interno e C.C.N.L. delle cooperative sociali per la sola parte economica.
La Cooperativa ha affermato di valersi di un coordinamento operativo affidato a coordinatori e di avere un responsabile generale degli operatori.
Questi soggetti curano il regolare svolgimento del lavoro nell'ambito di ciascuna sede di appalto, dirigono e coordinano il personale ivi operante che deve attenersi alle loro disposizioni, pena l'adozione di misure disciplinari. I coordinatori intrattengono rapporti diretti con i responsabili dell'impresa committente per tutto ciò che attiene all'esecuzione della commessa affidata.
Tutti i soci della Cooperativa sono assicurati ai fini previdenziali assistenziali e antinfortunistici. Per l'esecuzione delle prestazioni lavorative, la cooperativa munisce i soci di divisa, scarpe antinfortunistiche, dispositivi di protezione e cartellino di riconoscimento con il logo di A.O. da esporre sulla divisa.
La Cooperativa è munita di una propria sede in cui operano tre socie con mansioni impiegatizie e dotate di tutte le apparecchiature necessarie per la gestione.
Quanto all'appalto con l'O.P., la Cooperativa ha evidenziato trattarsi di un ente suddiviso in 14 nuclei di reparto all'interno dei quali operano medici e infermieri tutti dipendenti dello stesso ente. Su ogni piano sono presenti due nuclei.
Tra le parti è in essere un contratto di appalto a partire dal 1 gennaio 2012, in forza del quale la Cooperativa si è obbligata ad effettuare, dietro corrispettivo, con i propri soci ASA e OSS in 8 dei 14 nuclei complessivi tre turni al giorno: mattina pomeriggio e notte.
Gli operatori ASA e OSS si occupano tra l'altro di igiene personale, cambio postura e accompagnamento al bagno. Attività palesemente distinte e diverse da quelle tipicamente mediche e infermieristiche, rese in via esclusiva dal personale della P.C. in regime di dipendenza o collaborazione professionale anche nei reparti ove operano gli ASA e gli OSS della cooperativa.
Il corrispettivo per la fornitura di servizi è sempre consistito in un importo forfettario, pagato periodicamente dietro presentazione di regolare fattura e salvo conguaglio.
Per la registrazione delle presenze i soci si avvalgono di una struttura a orologeria installata dalla Cooperativa presso l'area di accesso alla P.C..
Sulla Cooperativa ricadono inoltre i costi del personale: dal pagamento delle retribuzioni alle coperture assicurative e previdenziali. La Cooperativa fornisce inoltre ai propri soci lavoratori assistenza sanitaria, sopportandone il costo.
La Cooperativa esercita il potere organizzativo, direttivo e disciplinare nei confronti dei suoi soci attraverso la responsabile dell'esecuzione dei servizi, Goida Liudmila, che funge da interfaccia tra l'appaltatore il committente, organizzando e assegnando i turni di lavoro e consegnando ciascuno dei soci il relativo prospetto mensile e giornaliero con l'indicazione del nucleo di assegnazione.
Vi è poi una vicepresidente, L.G., che ha ruolo di supervisore della corretta esecuzione dell'appalto e che interviene per la soluzione di problematiche tecniche e organizzative non routinarie, raccoglie le richieste di ferie e permessi, decidere sostituzioni, organizza riunioni e incontri periodici con gli operatori.
La Cooperativa ha inoltre evidenziato che presso ciascun nucleo della P.C. è presente quotidianamente un ASA di livello gerarchicamente superiore che svolge mansioni di coordinatore degli altri operatori di turno del singolo nucleo.
Il cambio di turno peraltro avviene sempre mediante passaggio di consegne dal precedente, con contestuale compilazione di diario per ogni paziente. Gli operatori che svolgono il turno notturno devono contattare il personale medico e infermieristico dell'O.P. nei casi in cui è richiesto il loro intervento. Di notte, infatti, sono sempre presenti nella struttura almeno un medico e un'infermiera professionale preposti da P.C. la quale si astiene da qualunque ingerenza circa le modalità organizzative ed esecutive della prestazione lavorativa del personale della Cooperativa, limitandosi a verificarne la conformità al livello di servizio richiesto.
La Cooperativa ha confermato che la ricorrente è divenuta socia lavoratrice nel 2012, a seguito del subentro nell'appalto prima gestito dalla Cooperativa D. - poi posta in liquidazione - avendo versato la quota a titolo di conferimento di Euro 51,64.
Il rapporto instaurato è a tempo indeterminato, con inquadramento al livello C1 C.C.N.L. Cooperative socio sanitarie, mansioni di ausiliaria socio assistenziale ASA.
Nell'ambito dell'appalto, la ricorrente è stata stabilmente adibita al nucleo Verdi, svolgendo turni sull'intero arco della giornata, a seconda delle necessità.
Nel corso del rapporto, la ricorrente ha partecipato alle assemblee dei soci o si è fatto rappresentare mediante conferimento di delega. Ha inoltre sempre individuato la Cooperativa come sua unica datrice di lavoro cui ha indirizzato certificati di malattia, congedi di maternità, richieste di permessi e ferie.
La Cooperativa ha dunque contestato che la ricorrente coadiuvasse infermieri e i medici in quanto priva delle necessarie conoscenze mediche e specialistiche o che la stessa H.U. abbia mai provveduto alla pulizia degli ambienti cui è invece preposta apposita società terza (Fabbro s.p.a.).
Né la ricorrente è mai stata controllata o verificata dal personale della casa di cura, men che meno dal direttore sanitario dott. M. o dalla caposala C. che ha conosciuto la signora V.H. solo in occasione dei fatti di causa.
La Cooperativa ha esposto infine che, a seguito della denuncia del grave comportamento tenuto dal ricorrente, la signora C. aveva ricevuto da quest'ultima delle telefonate contenenti richieste di rettifica della versione dei fatti con tono in buona sostanza intimidatorio, telefonate cui aveva assistito anche la dipendente dell'O.P.C.Z..
La Cooperativa ha quindi ricostruito le ragioni dell'esclusione della ricorrente dalla cooperativa, ribadendo la sussistenza di giusta causa del licenziamento.
In via preliminare, ha eccepito la decadenza di controparte dall'impugnazione della delibera di esclusione da socia e la conseguente inapplicabilità dell'art. 18 ai soci lavoratori di cooperativa.
Ha affermato il carattere imprenditoriale della sua attività e la genuinità dell'appalto con la P.C. del X..
L'O.P. ha confermato i contenuti del contratto di appalto con la Cooperativa nei termini illustrati da quest'ultima, ribadendo che ASA e OSS esercitano attività di sorveglianza di pazienti e di assistenza materiale con esclusione di qualunque attività tipicamente infermieristica e medica che risulta invece espletata in via esclusiva da personale della P.C..
L'O. ha poi ribadito la presenza del responsabile dell'esecuzione dei servizi presso la cooperativa, signora G., e della vicepresidente, L.G., riferendo, in punto di rispettive competenze, le stesse informazioni della Cooperativa.
Parimenti ribadita è la presenza quotidiana, presso ciascun nucleo della P.C., di un ASA gerarchicamente superiore che svolge mansioni di coordinatore degli altri operatori di turno del singolo nucleo. Nel nucleo di appartenenza della ricorrente (Verdi) la coordinatrice è la signora A.T..
La P.C. ha poi confermato i fatti avvenuti nella notte del 4 aprile 2014 così come contestati nella lettera di licenziamento della Cooperativa.
Ha quindi negato la sussistenza dell'interposizione illecita ipotizzata in ricorso.
Ha negato l'esistenza di un rapporto di lavoro subordinato con la ricorrente.
In via subordinata, ha affermato la legittimità del licenziamento anche in ipotesi di somministrazione irregolare di manodopera.
Fallito il tentativo di conciliazione, sono state ammesse ed espletate prove orali.
Nelle more dell'incombente, il giudice ordinariamente assegnatari del procedimento è stato trasferito e sostituito dall'odierna precedente.
All'udienza del 2 febbraio 2016 la causa è stata discussa e decisa.
Ciò posto, tenuto conto della documentazione complessivamente prodotta in atti e delle risultanze dell'ampia istruttoria orale svolta in corso di causa, il ricorso deve essere respinto. La ricorrente ha affermato, in primo luogo, la sussistenza di un'ipotesi di interposizione fittizia di manodopera tra le due parti convenute, rappresentando l'assenza, in capo alla cooperativa, di un'organizzazione di mezzi necessaria per l'esercizio dell'attività commissionatale; la mancanza di un effettivo potere organizzativo e direttivo nei confronti della lavoratrice, la mancata assunzione del cosiddetto rischio di impresa.
Nella sostanza quindi, la P.C. pur possedendo l'organizzazione aziendale per svolgere l'attività di servizio, si è rivolta alla Cooperativa per la formale "amministrazione della manodopera", con conseguente legittimità dell'appalto tant'è che tutte le attività svolte dalla ricorrente " venivano controllate e la ricorrente doveva sottostare agli ordini di soggetti afferenti la casa di cura non essendo mai presente sul luogo di lavoro alcun responsabile della coop risultante datrice di lavoro... La formale datrice di lavoro non aveva autonomia gestionale, non impiegava capitali propri, non acquistava materiale, non affrontava alcuna spesa viva per l'attività della ricorrente e non conferiva alcun elemento attivo nella produzione del lavoro della stessa. Modalità e tempi di lavoro erano estranei alla soc. coop, e la direzione e controllo del coordinamento con gli altri lavoratori era esercitato dai responsabili della casa di cura che tra l'altro stabilivano i turni di lavoro e le mansioni da svolgere con ordine di servizi interni".
Nessuno degli assunti della ricorrente ha trovato conferma in corso di causa.
Gli stessi testi intimati dalla signora V.H. (F. e Q.) hanno riferito circostanze incompatibili con la prospettazione in fatto della lavoratrice.
In particolare, la teste F.I.M., impiegata presso FISASCAT CIS di Milano dal 2007, ha riferito: "Conosco la ricorrente in quanto lei si è rivolta a me per essere assistita relativamente ad una lettera di contestazione che la signora ha ricevuto dal suo datore di lavora, la Coop. A.O..
Non ricordo se l'avessi conosciuta in precedenza. Anzi, mi correggo. Ricordo che ho conosciuto in precedenza la signora perchè lavorava presso altra cooperativa di cui non ricordo il nome e l'ho assistita nel cambio di appalto.
Mi risulta che la ricorrente lavori come ASA non so dire di preciso da quando.
Confermo la successione delle Cooperative come descritta nel capitolo 2, la Coop. D. e quella a cui mi riferivo in precedenza, ora non esisteche io sappia.
Mi risulta - in quanto riferitomi dalla ricorrente ed essendo a conoscenza dell'attività svolta nella struttura - che la signora abbia sempre svolto le stesse mansioni di ASA.
Che io sappia, i turni erano programmati dalla cooperativa anche se, a detta di alcuni operatori, durante le assemblee, chi decide sui turni, chi decide chi fa che cosa e il Piccolo X., come succede nella gran parte degli appalti
Mi risulta che la ricorrente fosse adibita ai cambio dei pannolini degli ospiti.
Quando ai coadiuvare medici ed infermieri, non ne so nulla.
Non so dire se la signora si occupasse di pulizie degli ambienti ma è un incarico coerente con il profilo di ASA per quanto riguarda taluni ambienti mentre altri sono affidati al personale di pulizia.
Confermo che si occupasse di cambio postura dei degenti.
Mi è stato riferito dalla ricorrente che la stessa riceveva ordini direttamente dai responsabili del Piccolo X., intendo medici e infermieri, che sono gli unici presenti oltre agli ASA durante la notte.
Non conosco il dott. M.. Non sono a conoscenza che l'attività della ricorrente venisse controllata e verificata da personale del Piccolo X.
Posso solo riferire di essere a conoscenza che nell'occasione di cui ai fatti di causa, mi risulta che la ricorrente sia stata controllata dalla infermiera caposala Capolini.
Ciò mi e stato riferito dalla ricorrente.
E' vero che la cooperativa consegna le buste paga. Mi risulta però che questa non sia l'unica forma di presenza della cooperativa stessa, mi risulta infatti, in termini generali, che la cooperativa dia dette direttive organizzative, irroghi sanzioni disciplinari, a seguito di segnalazioni del committente".
Il teste C. FERNANDO CURISAPRA Q., collega della ricorrente, ha riferito: "Io lavoravo nei reparto Schubert e poi sono passato al reparto Beethoven. La ricorrente invece lavorava al reparto Verdi. Mi risulta che facesse I'ASA. L'ASA assiste gli ospite, ne cura l'igiene, aiuta ad imboccarli. Aiuta gli infermieri e i medici, nei senso che, ad esempio, aiuta a svestire i pazienti se ci sono da prendere dei parametri, cambia le camice da notte, i pannolini. Non fa le pulizie, c'è una ditta che se ne occupa.
Non so dire chi fosse il responsabile della ricorrente. Il dott. M. è il direttore sanitario.
Non so dire se la ricorrente fosse controllata nel suo lavoro dall'infermiera C..
Che io sappia, in base alla mia esperienza presso entrambi i reparti dove ho lavorato, la cooperativa viene e consegna le buste paga al coordinatore o alla coordinatrice del reparto che poi le consegna a noi che siamo i lavoratori della cooperativa.
La cooperativa viene due volte alla settimana e parla con la capo sala e con i responsabili per sapere come vanno i reparti.
Noi abbiamo un piano di lavoro che gestiamo. Se ci sono problemi, si fa una riunione o ci chiama la responsabile della cooperativa.
Il piano di lavoro viene predisposto di concerto tra noi ASA e OSS, la caposala e la cooperativa".
La teste G.A.L., già assistente sanitaria presso ASL di Milano, responsabile del centro geriatrico, sito in via Creta n. 17, da tre anni volontaria e vice presidente di A.O., ha riferito: "Conosco la P.C. del X.. Ha reparti propri, diretti da loro, e poi altri reparti sono dati in accreditamento alla Cooperativa A.O., solo come ASA e OSS. Confermo la strutturazione descritta nel capitolo n. 1. In particolare, è stato fatto dalla Cooperativa A.O. c'è un contratto di appalto, dall'anno scorso per tre anni.
In questo ruolo, mi occupo di supervisione per cui vado due volte alla settimana al Piccolo X. insieme alla signora L.G. - che invece è assunta - e che fa i programmi del personale di A.O.. Io invece come volontaria verifico che all'interno dei reparti proceda tutto correttamente. All'interno di ogni reparto accreditato con A.O. c'è una coordinatrice che coordina tutte le ASA del reparto. Nel reparto della ricorrente, coordinatrice era la signora Alessandra Tuarez.
Confermo che Piccolo X. ha dato il servizio mensa in appalto a Elior, lavanderia e Pulizie a Sodexo.
Confermo che nella struttura ci sono 14 reparti, di cui 7 accreditati a noi e 7 gestiti direttamente dalla struttura. All'interno di ogni singolo reparto operano medici e infermieri che sono della P.C.. Per ogni piano, sono presenti due nuclei.
Diamo agli operatori divise, calzature, mascherine, grembiuli da cucina all'occorrenza, guanti, due o tre sollevatori. Sono beni che la cooperativa ha acquistato a sue spese.
Abbiamo un registro nel quale annotiamo la data e i supporti che sono stati dati ai collaboratori.
Preciso che la Cooperativa divulga ai dipendenti i rischi connessi all'attività lavorativa. Facciamo anche corsi di aggiornamento, gli ultimi due anni fa e poi, tra poco, a settembre.
Gli ultimi li abbiamo fatti con l'azienda Forte che lavora con le cooperative di servizi. All'interno di questa struttura che fa i corsi c'è Vela Counsulting - accreditata - che ci da i registri dove scrivere sui quali annotiamo i corsi, le date in cui si tengono, i nomi degli insegnanti e degli operatori che li seguono, a volte ci forniscono loro gli insegnanti se non li abbiamo noi. Poi loro controllano anche che i corsi vengano fatti.
Siamo stati anche controllati della Finanza proprio a fini di accertamento dei corsi.
Lo schema operativo relativo atto svolgimento dell'attività di assistenza socio assistenziale è stato concordato con P.C. che prima ci ha detto cosa voleva. Noi, poi - intendo proprio io e la signora G. - insieme atta nostra coordinatrice di reparto, abbiamo predisposto i piani di lavoro.
Lo schema operativo viene poi tradotto in ordini di servizio da parte della coordinatrice di reparto che è nostra, della cooperativa.
L'ordine di servizio esplicita per ogni operatore cosa questi è chiamato a fare.
Confermo che i nostri ASA e OSS si occupano di sorveglianza e assistenza materiate dei ricoverati mentre tutto quello che attiene l'aspetto infermieristico e medico è di competenza di P.C..
II personale medico ed infermieristico in questione O. tanto nei reparti di P.C. che in quelli dove siamo accreditati noi.
Posso confermare che di notte sono sempre presenti, presso la struttura, almeno un medico e un infermiere di P.C. cui i nostri operatori fanno riferimento per ogni evenienza anomala.
Confermo che io e la signora G. coordiniamo e dirigiamo il personale della cooperativa insieme alle nostre coordinatrici. Di solito sono in coppia.
Confermo il ruolo della signora G. come descritto nel cap. 18. Preciso peraltro che poi lei condivide tutto, quanto torna in cooperativa, si discute e si decide insieme.
E' vero che sono vice presidente della cooperativa.
Preciso che però è la signora G. ad occuparsi di ferie e permessi, a decidere le sostituzioni, lei si occupa di tutto quanto riguarda il piano di lavoro.
Confermo quanto al resto i miei incarichi, come descritti nel cap. 19.
Confermo, come ho già detto, la presenza di un nostro coordinatore per reparto.
Non c'è nessuna ingerenza di P.C. nella organizzazione e gestione del nostro personale. Se ci sono contestazioni o rilievi vengono riferiti a me o al presidente o alla signora G. per conoscenza.
La teste G.L. impiegata presso A.O.M. dal marzo 2007, ha riferito: "Sono responsabile di servizio dell'appalto presso la L.C. del X., io seguo gli operatori.
E' vero che A.O. per l'espletamento dei servizi in appalto si serve di soci lavoratori con qualifica di ASA e OSS disciplinati dallo Statuto e dal Regolamento interno che mi vengono mostrati e che riconosco (docc. 1 e 2).
Confermo l'assetto organizzativo descritto nel capitolo n. 3 della memoria di A.O. che mi viene letto. Preciso soltanto che sono io il responsabile degli operatori; i coordinatori intrattengono rapporti con i responsabili dell'impresa committente, in particolare con le capo sala.
Preciso che il lunedì e il giovedì io effettuo un sopralluogo in ogni reparto.
E' vero che la Cooperativa fornisce ai soci lavoratori divisa, scarpe antinfortunistiche, dispositivi di protezione individuali e che il costo di tutto ciò è a carico della cooperativa stessa.
E' vero che la cooperativa ha una sua sede dove operano tre impiegati che si servono di apparecchiature e di tutto quanto necessario per lo svolgimento dei avori amministrativi.
E' vero che nell'ambito della P.C. il personale della cooperativa svolge attività di assistenza nei confronti dei pazienti, ad esempio, igiene personale, cambio di postura, accompagnamento in bagno, cambio dei pannoloni mentre non vengono
svolte attività di tipo infermieristico e medico.
E' vero che A.O. paga gli stipendi, le coperture assicurative e previdenziali dei soci lavoratori.
E' vero che la Cooperativa ha potere organizzativo, direttivo e disciplinare sui soci lavoratori. E' vero che io sono responsabile dell'esecuzione dei servizi presso la
P.C. del X.. E' vero che io mi occupo di organizzare i gruppi per ogni reparto dell'appalto e della turnistica per ogni operatore. E' vero che sono io il contatto con la P.C., come anche risulta dal contratto.
E' vero che io preparo all'inizio di ogni mese il prospetto che mi viene mostrato (doc. 9bis).
E' vero che creo il gruppo di ogni reparto per il lungo periodo.
E' vero che mi occupo io di ferie e permessi dei soci lavoratori, di sostituzione per malattia e di ogni assenza, che indico riunioni e incontri periodici per cercare di rendere il servizio più efficiente.
E' vero che in ogni nucleo è presente un ASA gerarchicamente sovraordinato agli altri assegnati al nucleo medesimo e che svolge mansioni di coordinatore. Confermo che hanno questo ruolo la signora D. per il reparto Beethoven e la signora T. per il reparto Verdi (NdA quello cui è assegnata la ricorrente).
E' vero che gli operatori della Cooperativa devono chiedere immediatamente l'intervento del personale medico ed infermieristico quando si verificano evenienze che ne rendono necessario l'intervento (cambi flebo, crisi respiratorie ecc...).
E' vero che la ricorrente si riferiva alla cooperativa come sua datrice di lavoro, inoltrando certificati di malattia, richieste di congedi, permessi e ferie.
La ricorrente ha soltanto qualifica di ASA. La ricorrente non si occupava di pulizie degli ambienti della P.C....oltre alla turnazione di cui al doc. 9 bis esiste il c.d. piano di lavoro per reparto che viene predisposto dal coordinatore con il gruppo di lavoro, sotto mia supervisione, come ad esempio quello che si rinviene alle pag. 13 e segg. del contratto di appalto (doc. 4).
La teste L.C., caposala presso la P.C. del X., ha riferito:
"Confermo la strutturazione di P.C. come mi viene letta in relazione al cap. 1 Confermo gli appalti di cui al cap. 3.
Confermo che nella struttura ci sono 14 nuclei con medici e infermieri che operano all'interno vuoi come dipendenti vuoi come collaboratori. Per gli infermieri c'è anche una cooperativa di cui al momento non ricordo il nome.
Confermo che la Cooperativa A.O. fornisce al suo personale beni di consumo, divise, ecc...e mi risulta che la cooperativa stessa abbia anche a disposizione degli ausili per l'assistenza diretta sul paziente, tipo i sollevatori.
La circostanza che il personale della cooperativa sia stato formato sul piano della sicurezza mi risulta in quanto confermatami dalle responsabili della cooperativa, signore G. e G., le quali in occasioni di incontri che precedono l'appalto di un singolo piano, a fronte delle esigenze stillate dalla capo sala, ci dicono che il personale è formato.
Mai ho incontrato la ricorrente prima dei fatti di causa. Preciso che io ho lavorato sempre e solo al V piano.
Dal punto di vista organizzativo, noi facciamo le nostre richieste e le signore G. e G. organizzano tutto.
Durante la settimana, passano un paio di volte per controllare, chiedono informazioni sull'andamento delle loro dipendenti. Se ci sono cose che non vanno, io chiamo la G., anche per cose banali, tipo la divisa sporca o un cartellino che si è cancellato con l'acqua.
Per problemi più importanti, chiamo il capo del personale e poi metto al corrente la signora G.; in questi casi lei vuole che le si scriva.
L'ordine di servizio viene predisposto dalla signora G..
E' vero che il personale della Cooperativa svolge mansioni di assistenza materiale, tipo personale di un albergo mentre il personale medico ed infermieristico è tutto di P.C..
E' vero che se ci sono emergenze sanitarie, il personale medico ed infermieristico di P.C. è di riferimento anche per i reparti in cui c'è il personale della Cooperativa.
Un medico e un infermiere sono sempre presenti. C'è un infermiere per piano e poi i medici di turno. Intendo di giorno.
Di notte c'è un'infermiera reperibile, cioè fisicamente presente in struttura, per tutti i piani e un medico che gestisce le emergenze con l'infermiera, anche lui presente in struttura. Di notte, di A.O., è presente un operatore per singolo reparto accreditato alla cooperativa. Preciso che nucleo e reparto sono sinonimi.
Nei reparti Verdi e Beethoven sono presenti circa 20 pazienti ciascuno.
La signora G. organizza tutti i turni, predispone il materiale per le ragazze, fa il cambio del personale, per malattia o ferie, mentre la signora G. ha un ruolo più di supervisione. Oltre a loro, nei singoli reparti ci sono delle ragazze, sempre della cooperativa, che svolgono ruolo di coordinatrici e a cui fanno riferimento le altre ASA e OSS per esigenze non complesse oppure per riferire cose alla cooperativa.
Conosco le signore T. e D..
E' vero che P.C. si astiene da qualunque ingerenza nella gestione del personale della cooperativa.
Il teste N.T., professione medico, attualmente specializzando in geriatria per l'Università di Milano, ma in precedenza collaboratore, con attività libero professionale, presso La P.C. del X., ha riferito: "Io svolgevo le guardie mediche notturne, sempre, e diurne nei giorni festivi. Prima che accadessero i fatti di causa, non conoscevo la ricorrente. Confermo che all'interno della struttura, ASA e OSS dovevano esercitare attività di sorveglianza dei pazienti e di assistenza materiale. Posso inoltre confermare che le attività più tipicamente infermieristiche e mediche erano esercitate da infermieri e medici, in via esclusiva. Nulla so dire del regime di dipendenza o collaborazione di tale personale.
E' vero che il personale infermieristico e medico della struttura O. anche nei confronti dei pazienti ospiti nei nuclei nel cui ambito lavorano gli ASA e gli OSS della cooperativa.
Confermo che gli operatori della cooperativa dovevano contattare immediatamente il personale medico ed infermieristico della struttura nel caso di necessità, ad esempio, esaurimento flebo, crisi respiratoria, ecc...per qualsiasi urgenza.
E' vero che nelle ore notturne erano sempre presenti presso la struttura un medico e un'infermiera professionale e che a loro dovevano fare ricorso gli operatori della cooperativa in caso di emergenza o di eventi comunque esulanti dalle loro competenze.
Alla luce di quanto precede, la prospettazione della ricorrente, in punto di somministrazione irregolare di manodopera, risulta smentita posto che la ricorrente non ha fornito prova che l'organizzazione dei mezzi necessari per l'esecuzione del lavoro faceva capo, anziché alla Cooperativa, a P.O..
La ricorrente si è limitata ad affermare genericamente l'illegittimità dei contratti di appalto per mancanza dei requisiti di legge ma in sede testimoniale non è riuscita a provare nulla. Come già in precedenza condivisibilmente statuito da questo Tribunale in caso analogo "l'esigenza di un coordinamento tra il personale infermieristico e il complesso della struttura presso la quale detto personale chiamato ad operare, anche nell'ipotesi di appalto genuino, è di tutta evidenza, cosicché, in assenza di qualsiasi specificazione relativamente al contenuto concreto delle direttive fornite alla ricorrente dai coordinatori delle parti, il dato... Appare privo di rilievo nell'ottica della pretesa a storia; parimenti adirsi con riferimento al costante controllo esercitato dal direttore del personale, emergendo anche sotto tale profilo la genericità delle allegazioni sia per quanto concerne la tipologia del controllo che in relazione alla frequenza di esso, tenutosi anche conto che l'impresa committente ha sicuramente la facoltà di verificare l'andamento dei lavori, espressione con la quale - in assenza di ulteriori specificazioni e tenutosi conto del fatto che si tratta del direttore del personale della resistente" (sent. n. 2447/2012 est. Greco; 1786/2014 est. Taraborrelli).
Se ne deduce che l'attività della Cooperativa, per modalità, entità delle risorse umane, materiali e immateriali ad essa finalizzate, configura svolgimento professionale di attività economica organizzata al fine della produzione dei beni e dei servizi prevista dall'articolo 2082 c.c. il che è sufficiente e necessario per delineare un'impresa a carattere genuinamente imprenditoriale che ha contraddistinto l'attività oggetto di contratti di appalto intercorso tra le parti.
I documenti di causa e le risultanze testimoniali consentono infatti di affermare che:
- A.O. ha sempre svolto gli incarichi oggetto di appalto con autonomia organizzativa gestionale e a proprio rischio in assenza di alcun ingerenza da parte di P.C. fatta salva la fissazione delle priorità degli standard da rispettare nell'esecuzione dei servizi;
- La Cooperativa O. infatti a favore di una pluralità di committenti, nel mercato delle prestazioni assistenziali di alto livello, tramite personale dalla stessa cooperativa selezionato formate diretto;
- il lavoro dei soci lavoratori è organizzato dalla Cooperativa salve le indicazioni operative pratiche di volta in volta necessarie per l'esecuzione del servizio e il coordinamento che vengono rese dalle due responsabili, signore G. e G.;
- il corrispettivo per lo svolgimento dei servizi appaltati consiste in un canone, fisso salvo conguaglio, che viene corrisposto dalla committente dietro presentazione di regolare fattura. Anche sotto tale profilo è dunque la Cooperativa che assume su di sé il rischio di impresa;
- P.C. non ha alcun ingerenza nella gestione del personale addetto allo svolgimento delle attività oggetto di appalto, non esercita sullo stesso alcun potere direttivo, organizzativo o disciplinare, non verifica l'operato dei singoli addetti ma solo la complessiva esecuzione del contratto;
- in caso di disservizi, l'O.P. comunica direttamente con i responsabili della cooperativa affinché questa provveda ai necessari provvedimenti.
Sotto altro profilo, si osserva che la domanda di accertamento della sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la ricorrente e P.C. è risultata carente di allegazioni oltre che totalmente sprovvista di riscontri all'esito della fase istruttoria.
Il ricorso infatti è totalmente privo dell'indicazione di circostanze concrete, specifiche, sintomatiche della asserita soggezione della signora V.H. al potere direttivo organizzativo disciplinare della struttura.
Al riguardo, frasi come " veniva controllate verificato dal personale della casa di cura che faceva capo ai direttore sanitario dott. M." e " veniva controllata nello svolgimento delle sue mansioni dalla caposala sig.ra L.C." permangono alla stregua di mere affermazioni apodittiche, rimaste prive di riscontro.
Anche l'istruttoria orale ha dato atto che, prima degli accadimenti della notte del 4 aprile 2014, la caposala C. nemmeno conosceva la ricorrente.
Venendo ora al profilo della ritenuta illegittimità del licenziamento, va respinta - in quanto destituita di fondamento - l'eccezione preliminare di decadenza sollevata da A.O. per non avere la ricorrente impugnato entro 60 giorni dalla comunicazione al Tribunale delle Imprese la delibera di esclusione dalla cooperativa; iniziativa che, a fronte dell'affermata simulazione del rapporto e della ritenuta interposizione fittizia, non avrebbe avuto alcuna coerenza.
La ricorrente ha dunque affermato in ricorso che il licenziamento è illegittimo, in via principale, in quanto trattandosi di interposizione fittizia di manodopera, è stato intimato da datore di lavoro presunto nell'ambito di rapporto simulato.
La ricorrente ha poi contestato che i fatti si siano svolti come indicati nella lettera disciplinare, eccependo che la vigilanza che era stata richiesta sulla degente poi deceduta era di tipo sanitario e come tale da demandare al personale medico e infermieristico e non al personale ausiliario.
La ricorrente ha rammentato che dal 2005 e sino ai fatti di causa non ha mai avuto alcun provvedimento disciplinare " e pertanto i 5 minuti di malessere che ha avuto semmai possono essere oggetto di un'azione disciplinare devono essere sanzionati con provvedimenti conservativi e non certamente con la massima sanzione che il C.C.N.L. permette.
Pertanto è evidente l'inesistenza dei fatti addebitati ma anche la sproporzione della sanzione comminata, entrambi fatti che rendono il licenziamento illegittimo".
Ora, in punto di interposizione fittizia di manodopera già si è argomentato con integrale rigetto della domanda storia sul punto.
Deve conseguentemente ritenersi che il licenziamento sia stato intimato da soggetto cui tale potere spettava, vale a dire dal datore di lavoro, Cooperativa A.O..
Quanto alle modalità con cui si sono svolti i fatti, la ricostruzione raggiunta in corso di causa è del tutto univoca.
Lo stesso "testimone chiave" della ricorrente, signor Q. ha ben chiarito per quale motivo, in precedenza, aveva fornito una versione difforme da quella resa processualmente: "Ero di turno la notte in cui è morta la signora.
Non so dire quanti pazienti fossero ricoverati quella notte nei reparti Beethoven e Verdi.
E' vero che, nel corso del servizio notturno, I'ASA deve cambiare la postura dei degenti e il pannolone.
Non necessariamente questo avviene a mezzanotte. Ogni reparto si organizza un po' a suo modo, lo ad esempio, lo facevo a partire dalle 23 circa.
Non so dire se c'è un ordine di servizio che prevede che i due ASA di turno nei reparti Beethoven e Verdi debbano procedere insieme, prima in un reparto e poi nell'altro. Ciò che accade in concreto è che i due ASA di turno si danno una mano se ci sono pazienti non collaboranti per cui uno dei due ASA da solo non riesce a gestirli.
A questo punto, viene mostrato al teste il documento n. 17 di parte ricorrente.
Il teste dichiara: "non ho mai visto questo documento, non l'ho letto, non ci ho fatto attenzione".
Quella notte, intorno alle 3.30 circa, non ricordo esattamente, la ricorrente mi ha chiamato e mi ha detto che una paziente era deceduta. Mi chiese di darle una mano per lavarla.
Prima di quel momento, intorno alle 23.30, la ricorrente era venuta al mio reparto, Beethoven, per aiutarmi a mettere a letto una paziente, di nome P.. La ricorrente si era fermata lì circa 15 minuti.
Prima delle 3.30 del mattino, non mi sono recato al reparto Verdi.
Quando sono arrivato al reparto Verdi, ho visto il medico di cui non ricordo il nome ma è quello che è stato qui prima di me. Era lui di turno. E poi c'era l'infermiera L., non conosco il cognome.
La ricorrente era nervosa perché la paziente era morta e lei non l'aveva vista, non era presente, qualcosa del genere.
lo sono andato a prendere la barella e poi abbiamo lavato la salma insieme alla ricorrente.
Non ricordo a che ora abbiamo finito.
ADR: non vero che quella notte io abbia accudito con la ricorrente la paziente V..
Non ricordo se ci siamo occupati insieme della paziente F..
Dopo quasi un mese dai fatti, non ricordo bene la data, la ricorrente mi ha telefonato. Mi ha chiesto di aiutarla perché le avevano sospeso il lavoro. Mi ha detto che un sindacato la stava aiutando. Mi ha chiesto di andarci anch'io, lo sono andato, era sulla linea della metro verde. Siamo saliti al sindacato dove c'era un ufficio con una signora, di nome S. o S..
Mi ha detto: aiutiamo questa ragazza che ha figli.
La signora V. mi chiese di dire che io ero stato con lei quella notte, di fare la falsa testimonianza.
lo avevo dei dubbi perché temevo di mettermi nei guai, a mia volta ho dei figli.
La signora S. insisteva perché io aiutassi la ricorrente. Aveva un foglio pronto, già scritto e mi ha chiesto di metterci la mia firma.
Ho deciso di firmarlo, per aiutare e sperando che non succedesse niente. Si tratta del documento n. 15 di parte ricorrente che mi viene mostrato.
Poi continuavo a pensarci, al falso che stavo facendo. Ho chiamato la ricorrente e le chiesto di vederci al sindacato.
Siamo tornati lì e c'era anche la signora S.. Le ho detto che avevo sbagliato a fare quella testimonianza falsa, che non avrei dovuto farlo e le ho chiesto indietro il foglio.
La signora V.H. mi restituì l 'originale del foglio.
Dopo due o tre giorni, la cooperativa mi ha chiamato per dirmi che avevo commesso un reato.
Poi, io sono andato all'ufficio a dire la verità e a smentire il documento.
La ricorrente aveva fatto una copia del documento e lo aveva mandato via fax alla cooperativa".
La teste L.C.: "Ero di turno nella notte tra il 4 e 5 aprile 2014.
Come medico era presente il dott. N.. Erano presenti anche il signor C. Q. della cooperativa, al primo piano, lo sono arrivata alle 21, il medico era già lì.
Solitamente facciamo il giro intorno alle 22.30 - 23.
E' quella l'occasione in cui facciamo, se necessario, raccomandazioni specifiche alle ASA, tipo di chiamare se la flebo non scende, o se qualcuno non sta bene.
Quel giorno, abbiamo fatto il giro e la signora D.B. era molto grave, terminale.
Era in flebo terapia e abbiamo chiesto alla ricorrente - che era di turno - di chiamarci per qualsiasi cosa, anche solo per una sudorazione anomala.
Ad un certo punto io sono stata chiamata al reparto R. blu dove c'era una ragazzina con crisi epilettiche. E' poi arrivato anche il medico, abbiamo gestito l'urgenza, per circa 20 - 25 minuti. Il medico mi ha lasciata lì ed è tornato al reparto della D.B.,
lo intanto ho sistemato la ragazzina. Dopo circa una ventina di minuti, il medico mi ha chiamato dicendo che al reparto Verdi non c'era nessuno e che la D.B. era quasi morta. Tempo di salire, il medico aveva fatto il massaggio cardiaco ma la signora era deceduta.
lo sono uscita fuori, abbiamo preso il macchinario dell'ECG, ho tolto le flebo, abbiamo fatto 20 minuti di ECG per constatare la morte. Ho cominciato a togliere i cerotti. Poi ho lasciato il medico per cercare I'ASA. Ho infine trovato la signora H. nel salone, stava dormendo. L'ho scossa ma non si è svegliata. Sono tornata
all'ECG.
Mentre stavamo finendo le pratiche sulla salma, la ricorrente è comparsa, si è fatta il segno della croce e mi ha chiesto se avevo fatto l'elettrocardiogramma.
Il medico è sbottato e l'ha rimproverata. La paziente aveva anche la luce accesa sugli occhi, lo non ho detto nulla, ho solo detto di ricomporre la salma e rivestirla. Poi abbiamo fatto le carte e siamo tornate alla ragazza con le crisi epilettiche che abbiamo inviato in pronto soccorso.
Successivamente ai fatti di causa, sono stata contattata più volte al telefono dalla ricorrente che mi chiedeva di ritrattare la lettera che avevo inviato alla signora G.. Per due volte, in occasione delle telefonate della ricorrente, era con me anche la mia collega C.Z. alla quale ho riferito il tenore della richiesta della ricorrente. Un'altra volta, io ho detto alla ricorrente che non doveva chiamare me ma la G. o la G. e che io mi ero limitata ad esporre i fatti per conoscenza al capo del personale e alla G.. Questa, dopo che l'avevo chiamata al telefono, mi ha detto di scriverle una lettera.
ADR: nella notte dei fatti, nel reparto della ricorrente, di grave c'era solo la signora
D.B..
Non credo che ci fossero pazienti con la flebo. Loro, le ASA, fanno le sorveglianze, entrano nelle camere del nucleo circa ogni due ore, se non ci sono problemi. Salve chiamate dei pazienti. Le camere del nucleo sono circa 10, due pazienti per stanza.
Non ci sono state lamentele di altri paziente quella notte.
ADR: mai ho dato ordini o impartito istruzioni alla signora H.. Nemmeno l'ho rimproverata quella notte. Preciso che mai, prima di quella notte, avevo conosciuto la ricorrente.
Il teste T.N.: "Non ricordo la data ma confermo che ero di turno notturno quando sono accaduti i fatti. II turno iniziava alle ore 20.00. Ero di turno su tutti i reparti della struttura, come ogni notte.
Preciso che quando prendevo servizio, non sapevo chi ci fosse di turno con me, né come infermiere e men che meno come ASA e OSS, lo scoprivo durante la notte.
Posso confermare che, a inizio turno, ho saputo che era di turno l'infermiera C..
Ho saputo che la signora R.D.B. era ospite del nucleo Verdi dal collega che mi diede le consegne al momento in cui inizia il turno.
Il collega mi disse che la signora D.B. era in gravissime condizioni di salute, in fase terminale e che probabilmente sarebbe deceduta durante la notte o il giorno successivo.
Mai ho avuto accesso al diario tenuto dagli ASA.
E' vero che, ricevute le consegne da parte del collega precedente, intorno alle 20, dopo essermi cambiato, salii in reparto per constatare di persona le condizioni della ricoverata. La visitai e mi resi conto che le informazioni datemi dal collega erano corrette e che l'equilibrio generale della paziente era molto labile. Lì ho incontrato la ricorrente. Ho parlato con lei, dicendole che le condizioni della signora erano molto critiche, che probabilmente l'ospite sarebbe deceduta durante la notte; che l'avrei rivalutata più volte nel corso della notte ma che in caso di necessità, di complicanze improvvise o di qualsiasi altro problema, avrebbe dovuto chiamarmi immediatamente, come è di regola fare sempre.
La ricorrente non mi fece domande ma mi disse che sarebbe rimasta vicina all'ospite, per la quale avrebbe avuto un occhio di riguardo. Accese la luce nella stanza, non ricordo se ci fosse solo la signora D.B. all'interno, e mi disse che mi avrebbe chiamato in caso di necessità o di avvenuto decesso, come le avevo chiesto di fare.
ADR: Ritengo che un ASA debba essere in condizione di saper distinguere se una persona è viva o morta.
E' vero che in un orario che mi sembra corrispondere a quello indicato nel capitolo (23.50), dovetti recarmi al reparto R. blu per una crisi epilettica molto grave con scosse tonico cloniche e iperpiressia (42 gradi) di una paziente giovane, tra i 30 e 40 anni. Faceva parte del nucleo che accoglie ospiti con deficit cognitivi. E' stata una situazione molto complessa ed è vero che mi ha tenuto impegnato quasi due ore. Ho dovuto contattare il 118, è venuta un'ambulanza con un medico anestesista ad assistere sia me che l'infermiera C. che nel frattempo avevo chiamato. E' stata l'ASA al piano ad accorgersi di quello che stava succedendo e a darci l'allarme.
La prassi era proprio questa: I'ASA, se rilevava sofferenza, allertava l'infermiera e poi questa, all'occorrenza, allertava il medico.
Nell'arco di tempo in cui ho affrontato questa emergenza, mai sono stato chiamato dalla signora V.H..
Sono stato invece contattato da altra ASA di altro reparto di cui non ricordo il nome per la caduta di un ospite. Ho lasciato la paziente con la crisi epilettica con il medico dell'ambulanza e con l'infermiera C. e da solo sono andato su a valutare l'altra ospite che era caduta. Poi, l'ospite del reparto R. Blu è stata trasportata in ospedale.
Risolti questi due problemi, a notte inoltrata, intorno alle 2 - 2.30, stavo rientrando nella mia stanza quando ho deciso di andare a valutare nuovamente la signora D.B.. Ero abbastanza tranquillo, non essendo stato contattato dall'ASA.
Entrato nel reparto, mi accorsi dell'assenza di qualsiasi operatore. Preciso che, nell'occasione, avrebbe dovuto essere presente solo la ricorrente.
Il reparto è strutturato con un lungo corridoio, in fondo al quale c'è un soggiorno dove R. di turno può stare quando non è impegnata nel lavoro, e comunque per sorvegliare perché consente di vedere l'intero reparto.
Sono entrato in reparto dalla parte opposta del corridoio rispetto alla sala, il soggiorno aveva le porte chiuse e la luce spenta.
La stanza della signora D.B. aveva ancora la luce accesa, come all'inizio del turno.
Sono entrato in stanza e l'ospite era immobile, non c'era attività respiratoria visibile.
L'ho visitata e dopo pochi secondi mi sono reso conto che era in arresto cardiaco. Ho immediatamente telefonato all'infermiera C. che mi ha raggiunto di lì a poco.
Prima che arrivasse ho iniziato a praticare il massaggio cardiaco esterno.
Poi mi ha raggiunto l'infermiera. A quel punto, ho recuperato l'elettrocardiografo, credo che fosse in corridoio, per eseguire l'elettrocardiogramma che era utile per capire che tipo di rianimazione praticare. Ho fatto molto rumore nel reparto perché il macchinario cigola.
Ho praticato le manovre rianimatorie per una mezz'ora circa.
AI termine, ho dichiarato il decesso anche se era già palese all'inizio perché l'ospite era già fredda quando io sono arrivato.
A quel punto, sono andato nello studio dove si trovano le cartelle mediche per compilare il modulo di decesso.
Sono rientrato nella stanza della signora D.B.. L'infermiera aveva iniziato a staccare gli elettrodi e a comporre la salma. Solo al quel punto ho visto entrare la ricorrente.
La ricorrente era molto sorpresa di tutto quello che era appena accaduto, della presenza mia e dell'infermiera, del fatto che l'ospite fosse deceduta.
Immediatamente, si fece il segno della croce, lo le chiesi come mai arrivasse solo in quel momento in reparto, dissi che ero molto stupito dell'accaduto, che non mi era mia successo niente di simile e che quello non era il modo di svolgere il proprio turno nel reparto. La ricorrente non replicò nulla, lo non le chiesi dove lei fosse stata sino a quel momento.
ADR: non vero che la ricorrente mi abbia detto, nell'occasione, di avere controllato più volte la paziente, nel corso della notte.
Preciso che tra l'inizio del turno e l'emergenza al reparto R. Blu, io avevo più volte rivalutato la situazione della paziente D.B., recandomi lì fisicamente e non avevo rinvenuto alcun mutamento rispetto alla situazione di inizio turno. In queste occasioni, la ricorrente era presente, nel reparto e quando mi sentiva arrivare, veniva anche lei nella stanza.
Preciso che era prassi che, intorno alle ore 23, il medico di turno facesse un giro di tutti i reparti con l'infermiere e chiedesse agli ASA se c'era qualcosa da fare, cosa che avvenne anche quella sera.
ADR: non so dire quanti ospiti fossero presenti nel reparto della signora D.B. ma confermo che ce n 'erano altri, oltre a lei.
ADR: ho stabilito l'ora del decesso ma non ricordo ora quale fosse. E' necessario riportarlo sul modulo ISTAT oltre che sulla cartella medica.
Gli altri testi escussi non erano presenti nella notte fra il 4 e 5 aprile avendo quindi riferito solo circostanze apprese de relato che, ad ogni buon conto e per completezza, si riportano.
La teste F.: "Non sono stata presente ai fatti accaduti nella notte tra il 4 e 5 aprile 2014. La ricorrente mi ha riferito che durante il suo turno notturno le è stata data indicazione da parte del medico a sua volta di turno di sorvegliare una signora che era in fin di vita. La ricorrente ha fatto il suo giro. A me risulta che i giri abbiano dei tempi per cui ci sono attività (cambio pannoloni, cambio posture e sorveglianza) che devono rispettare questi tempi. La signora ha effettuato il suo giro intorno alle 2 di notte, ha valutato che la paziente era ancora in vita. Poi ha proseguito la sua attività.
Mi risulta che ci siano due reparti, uno da circa 30 pazienti e un altro da circa 19. La signora mi ha riferito che quella notte erano due ASA.
La signora mi ha riferito che quel giorno o lei o il bambino, non ricorso, non stavano bene ma ha scelto di presentarsi ugualmente sul posto di lavoro.
Finito il giro, la ricorrente si è allontanata dalla stanza della paziente in gravi condizioni e dopo un quarto d'ora circa, se non ricordo male i tempi, ha visto che fuori dalla porta di questa ospite c'erano il medico e l'infermiera, non ne ricordo i nomi.
Loro si sono rivolti a lei, pare che il medico lo abbia fatto in malo modo, dicendole che la ricorrente era venuta meno all'ordine di sorvegliare la paziente continuamente.
La ricorrente mi ha riferito invece che il datore di lavoro, signor Salem, le aveva detto che, per colpa sua, la paziente era morta male, da sola, senza assistenza.
La ricorrente ci è rimasta male ma mi ha riferito che l'infermiera l'aveva comunque tranquillizzata che non sarebbe successo niente.
La ricorrente mi ha riferito che l'orario del decesso e stato indicato sul documento nelle ore 2.20 La teste G.: "Non sono stata presente ai fatti di causa. La direzione della P.C. mi ha scritto per dirmi cosa era successo, lo ho chiesto di avere ragguagli alla direzione, di farmi scrivere dal dott. N. e dalla signora C..
Mi è stato riferito da entrambi che avevano fatto il giro all'inizio del notturno, ore 21.
Siccome la paziente stava già male, avevano chiesto alla ricorrente di monitorarla e di essere avvisati immediatamente se la situazione fosse cambiata.
Per monitorare intendo che la ricorrente dovesse controllare la paziente, ad esempio verificando se respirava male, se si lamentava, se diventava cianotica, avvertendo nel caso il medico, pur continuando ad espletare il suo lavoro.
Il dott. N. - era lui di turno, con l'infermiere C. - è stato poi chiamato al reparto R. Blu per un 'emergenza e mai è stato chiamato dalla ricorrente.
Alla fine dell'emergenza è tornato in reparto, è andato dalla paziente grave. L'ha trovata con la luce accesa. Non aveva più polso e non respirava. Ha iniziato le manovre di emergenza e ha chiamato l'infermiera C. avendo verificato l'assenza dell'ASA.
Hanno preso l'apparecchio dell'elettrocardiogramma, che cigola.
Alla fine delle manovre, dopo circa 40 minuti, la C. è andata nella sala soggiorno pranzo degli ospiti dove ha rinvenuto la ricorrente sdraiata in poltrona, coperta con la luce e la televisione spente che dormiva. Ha cercato di svegliarla e non c'è riuscita. Allora è tornata in camera dal medico. Dopo un po' di minuti, la ricorrente è arrivata nella camera. Non si era accorta di nulla. A quel punto, il dottore ha fatto la cartella e ci sono state le solite incombenze.
Confermo di avere appresso dalla signora C. che nei giorni successivi ai fatti, la ricorrente ha telefonato alla C. stessa più volte, chiedendole di ritirare ciò che aveva scritto, avendo la ricorrente famiglia e figli. La C. mi ha anche riferito che almeno in una occasione ha potuto sentire la telefonata anche la signora C.Z., infermiera, in quanto la C. aveva messo il viva voce.
La C. mi ha detto che non è stata una bella richiesta ma velatamente intimidatoria.
Non vero che la ricorrente coadiuvasse medici e infermieri non avendo le necessarie competenze. Delle pulizie degli ambienti si occupa un 'impresa di pulizie.
E' vero invece che carrozzine oppure i bagni, quando si fa il bagno al paziente, devono essere puliti dagli ASA.
ADR: per singolo reparto, di notte, è presente un ASA.
ADR: abbiamo rilevato la ricorrente da precedente cooperativa, D., che lavorava alla P.C.. La ricorrente però era incinta e al termine della maternità è passata da noi".
Alla luce di quanto precede deve ritenersi che i fatti posti alla base del recesso esercitato dalla Cooperativa nei confronti della ricorrente siano di gravità tale da giustificare ampiamente l'esclusione della stessa dalla Cooperativa e la conclusione del rapporto di lavoro.
La condotta della signora V.H., come pacificamente accettata in causa, appare sicuramente idonea ad incidere sull'elemento fiduciario. La ricorrente, infatti, si è addormentata sul posto di lavoro durante il turno notturno, omettendo così la vigilanza su una paziente in condizioni critiche e sulla quale, secondo le consegne ricevute dal medico di turno, avrebbe dovuto solo e soltanto vegliare in modo costante.
È pacifico infatti che, nel caso concreto, non fosse stata richiesta alla ricorrente alcuna prestazione di carattere medico infermieristico - per la quale la stessa V.U. non sarebbe stata abilitata - ma semplicemente di monitorare una persona in fin di vita, come chiunque - pur non essendo A.S.A. - sarebbe in grado di fare.
Parimenti, non si imputa alla signora V.H. che la paziente ricoverata si sia aggravata e/o sia morta per causa sua.
Ciò che si attribuisce alla ricorrente è - pacificamente - una comprovata, grave omissione di vigilanza, tale da pregiudicare irrimediabilmente il rapporto fiduciario in essere con la Cooperativa.
Alla stregua di quanto precede si individua infatti una violazione dell'articolo 12 dello statuto di A.O. il quale prevede: " salvo l'interesse della cooperativa alla prosecuzione del rapporto societario, l'esclusione viene deliberata dal consiglio di amministrazione nei confronti del socio:
che commetta gravi inadempienze delle obbligazioni che derivano dalla legge, dalle presenti norme sul funzionamento, dai regolamenti sociali, dalle deliberazioni degli organi sociali, che nell'esecuzione del proprio lavoro oggetto del rapporto mutualistico si rende responsabile di inadempimenti che incidono sull'elemento fiduciario.
L'esclusione del socio determina la cessazione del rapporto di prestazione mutualistica contestualmente...".
Ad ulteriore riprova di quanto sin qui esposto si rammenta che il teste Q. ha ammesso di essere stato indotto ad avallare una ricostruzione dei fatti contrari al vero che ha poi ritrattato (docc. 15 e 19 A.O.) mentre la teste C. ha riferito di avere subito dalla ricorrente larvate minacce per modificare la versione dei fatti fornita.
Non pare quindi possono esserci dubbi sulla proporzionalità della sanzione inflitta alla ricorrente anche tenuto conto che la stessa era socia della cooperativa con conseguente sommarsi, al rapporto lavorativo, del rapporto associativo che implica una condivisione di ideali scopi mutualistici (affectio societatis).
Le domande formulate in ricorso vanno dunque integralmente respinte.
Le spese di lite seguono la soccombenza.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando, così provvede:
1) respinge integralmente il ricorso;
2) condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite sostenute dalle resistenti, liquidate in complessivi Euro 3.500,00 oltre al rimborso delle spese generali al 15%, IVA e CPA;
3) fissa termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.
Così deciso in Milano, il 2 febbraio 2016.
Depositata in Cancelleria il 29 febbraio 2016.