05.01.2011 free
Sequestro preventivo disposto dal G.I.P. dell'ambulatorio odontoiatrico e delle relative attrezzature
Laureato in medicina e chirurgia e abilitato all'esercizio della professione di medico chirurgo, ma non ancora specializzato in Odontoiatria e Protesi dentaria, in quanto iscritto al secondo anno del relativo corso, era stato sorpreso in detto ambulatorio di sua proprietà, mentre esercitava l'attività di odontoiatra , senza essere in possesso della relativa specializzazione e iscritto al relativo albo e senza essere in grado di esibire l'autorizzazione sanitaria prescritta dall'art. 193 T.U.LL.SS
Cassazione penale sez. VI
26 novembre 2010
sentenza n. 43464
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. DI VIRGINIO Adolfo Presidente del 26/11/2 - -
Dott. AGRO' Antonio Consigliere SENTE - -
Dott. GRAMENDOLA Francesco P. rel. Consigliere N. 1 - -
Dott. ROTUNDO Vincenzo Consigliere REGISTRO GENER - -
Dott. PAOLONI Giacomo Consigliere N. 34801/2 - -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
1) M.M. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 1519/2010 TRIB. LIBERTA' di NAPOLI, del
12/07/2010;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GRAMENDOLA Francesco
Paolo;
sentite le conclusioni del PG Dott. FODARONI Maria Giuseppina che ha
concluso per la inammissibilità del ricorso;
Udito il difensore Avv. Pivetti Antonio che ha concluso come da
ricorso.
Osserva in:
FATTO E DIRITTO
Con l'ordinanza indicata in epigrafe il Tribunale di Napoli, adito dall'indagato M.M. in sede di riesame ai sensi dell'art. 324 c.p.p., confermava il sequestro preventivo disposto dal G.I.P. in sede in data 23/6/2010 dell'ambulatorio odontoiatrico e delle relative attrezzature in riferimento al reato di esercizio abusivo della professione medico-odontoiatrica ex art. 348 c.p., osservando, quanto al fumus, che il predetto, laureato in medicina e chirurgia e abilitato all'esercizio della professione di medico chirurgo, ma non ancora specializzato in Odontoiatria e Protesi dentaria, in quanto iscritto al secondo anno del relativo corso, era stato sorpreso in detto ambulatorio di sua proprietà, mentre esercitava l'attività di odontoiatra , senza essere in possesso della relativa specializzazione e iscritto al relativo albo e senza essere in grado di esibire l'autorizzazione sanitaria prescritta dall'art. 193 T.U.LL.SS., quanto al periculum in mora, che la libera disponibilità del locale e delle attrezzature potesse aggravare o protrarre le conseguenze del reato.
Contro tale decisione ricorre l'indagato personalmente e a sostegno della richiesta di annullamento ne denuncia con il primo motivo la nullità per violazione della legge processuale e delle garanzie difensive, sostenendo che il sequestro non era stato preceduto dall'informazione di garanzia di cui all'art. 369 c.p.p. e dalla informazione sul diritto di difesa, di cui all'art. 369/bis c.p.p., con il secondo e terzo motivo l'erronea applicazione delle legge penale e processuale e il vizio di motivazione in riferimento alla sussistenza delle condizioni previste dall'art. 321 c.p.p. per procedere al sequestro, sostenendo che mancava il fumus, giacchè, quale medico chirurgo iscritto all'albo professionale dei medici chirurghi dal 1995, era abilitato ad esercitare nel proprio studio attività di odontostomatologia, ossia di diagnosi e terapia delle malattie della bocca e dei denti, che rientravano nel genus più ampio della professione medico-chirurgica, che in ogni caso la L. 31 marzo 1912, n. 298, art. 1, che consentiva ai laureati in medicina e chirurgia di esercitare l'odontoiatria era stata abrogata solo dal mese di gennaio 2009, senza alcuna efficacia retroattiva, che non si era mai fregiato del titolo di odontoiatra , essendo il suo uno "studio medico di odontostomatologia e protesi dentaria e medico chirurgo" come si poteva evincere dal timbro, di cui si era avvalso per sottoscrivere il verbale di sequestro, richiamando al riguardo e in modo alquanto confuso la legislazione statale e comunitaria, che a suo avviso, consentiva di esercitare in piena regola tale attività.
Evidenziava quanto al periculum in mora che non esistevano particolari esigenze - cautelari, proprio perchè l'indagato non si era mai fregiato del titolo di odontoiatra , ma quale medico chirurgo esercitava a pieno titolo l'attività di odontostomatologo, per il quale era abilitato, che gli consentiva di compiere atti medici comuni ad entrambe le professioni.
Il ricorso è inammissibile.
Ed invero la prima censura è manifestamente infondata; essendo il sequestro atto a sorpresa, non è concepibile dal punto di vista giuridico, oltre che logico, far precedere a tale atto l'informazione di garanzia di cui all'art. 369 c.p.p..
Stessa sorte meritano le restanti censure, concernenti i requisiti del "fumus commissi delicti" e del "periculum in mora".
In riferimento al primo requisito, per quanto la giurisprudenza di legittimità sia orientata nel senso che il giudice del riesame non possa avere riguardo alla sola astratta configurabilità del reato, ma debba tener conto, in modo puntuale e coerente, delle concrete risultanze processuali e dell'effettiva situazione, emergente dagli elementi forniti dalle parti, indicando, sia pure sommariamente, le ragioni, che rendono allo stato sostenibile l'impostazione accusatoria (Cass. Sez. 3, 5/5-9/7/10 n. 26197 Rv. 247694), nel caso in esame è lo stesso ricorrente che non contesta la mancata iscrizione all'albo professionale, così come non contesta il mancato possesso dell'autorizzazione sanitaria. Le doglianze formulate dal ricorrente al riguardo attengono al merito dell'imputazione e non sono valutabili in questa sede, giacchè il ricorso per cassazione contro le ordinanza in materia cautelare reale è limitato alla violazione di legge ai sensi e per gli effetti di cui all'art. 325 c.p.p., comma 1.
Quanto al secondo requisito, risponde adeguatamente il giudice del riesame, laddove valorizza le condizioni di piena operatività del laboratorio, perfettamente attrezzato per l'esercizio dell'attività odontoiatrica.
Segue alla declaratoria di inammissibilità la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento in favore della Cassa delle ammende della somma, ritenuta di giustizia ex art. 616 c.p.p., di Euro 1.000,00.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 26 novembre 2010.
Depositato in Cancelleria il 7 dicembre 2010