17.06.03 free
TAR CAMPANIA - (sulle prestazioni di dialisi ; sulla giurisdizione del G.A. - lett. e, art 33 D.l.vo 80/98 - anche in caso di mancanza del rapporto di accreditamento della struttura privata ed in regime di assistenza indiretta)
sentenza 1610/2003 -
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la
Campania - Sezione Prima -
composto dai Magistrati:
1) dr. Giancarlo Coraggio - Presidente
2) dr. Angelo Scafuri - Consigliere
3) dr. Arcangelo Monaciliuni - Consigliere, relatore
ha pronunciato la seguente
Sentenza
sul ricorso n. 6912/2001 Reg. gen., proposto dal Centro Emodialisi “DIDA” s.r.l., in persona del suo legale rappresentante, in proprio e nella qualità di procuratore speciale del sig. Lubrano Lobianco Francesco (in virtù di procura notarile versata in atti), rappresentato e difeso, per mandato in calce all'atto introduttivo del giudizio, dall’avv. Antonio de Notaristefani di Vastogirardi, presso il cui studio, in Napoli, via dei Mille, n. 13, è elettivamente domiciliato
contro
l’Azienda sanitaria locale Napoli 2, in persona del Direttore generale p.t., non costituitosi in giudizio
per la condanna (previa adozione di provvedimenti ingiuntivi e/o cautelari)
dell’Azienda intimata al pagamento, in favore del ricorrente, della somma di £. 2.186.217, maggiorata di danni ex art. 1224 c.c. e di interessi legali, a titolo di adeguamento tariffario relativo agli anni 1999 e 2000
Visto il ricorso ed i relativi allegati;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore il Consigliere, dr. Arcangelo Monaciliuni;
Udito, alla pubblica udienza del 13 novembre 2002, il procuratore attoreo, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
Fatto
Con il ricorso in esame, il centro di emodialisi in epigrafe indicato rivendica il diritto a vedersi corrisposte dall’Azienda sanitaria locale Napoli 2 somme asseritamente dovute per adeguamenti tariffari relativi agli anni 1996, 1997,1998, 1999 e 2000 in relazione a prestazioni di dialisi rese, in forma di assistenza indiretta, a favore del sig. Lubrano Lobianco Francesco.
La pretesa, nella prospettazione attorea, consegue all’applicazione della delibera di Giunta regionale della Campania n. 1557 del 10 marzo 2000, che sarebbe sopravvenuta a sancire il diritto invocato, sicchè illegittimamente l’Azienda sanitaria intimata lo negherebbe.
L’Azienda intimata non si è costituita in giudizio.
Con ordinanza collegiale n. 3510 dell’11.7.2001 la richiesta di provvedimenti interinali è stata respinta.
Con ordinanza collegiale n. 456 del 28 gennaio 2002, rimasta ineseguita, è stata disposta l’acquisizione dalla Regione Campania di elementi indispensabili ai fini del decidere.
La successiva ordinanza del maggio 2002, reiterativa dell’ordine già impartito, è stata eseguita (nei modi di cui nell’esposizione in diritto).
Alla pubblica udienza del 13 novembre 2002, la causa è stata trattenuta per la decisione di merito.
Diritto
1- Prima di procedere con l’esame del merito vanno risolte le questioni in rito che la controversia pone, a partire dalla giurisdizione che, per quanto appresso, appartiene al giudice amministrativo adito.
Il gravame è stato proposto dal Centro ricorrente -non accreditato presso il Servizio sanitario regionale- in proprio e nella qualità di procuratore speciale dell’uremico cronico indicato nell’atto che ha fruito di prestazioni di dialisi erogate dal Centro medesimo in forma ambulatoriale ed in regime di assistenza indiretta.
Prima facie, condurrebbero a concludere per la declinatoria della giurisdizione del giudice amministrativo la mancanza del rapporto di accreditamento della struttura privata ed il regime di assistenza indiretta, laddove il paziente è chiamato a pagare al soggetto erogatore le prestazioni di cui fruisce, salvo rimborso da parte dell’amministrazione sanitaria pubblica se previsto ed entro i limiti fissati.
Se non che la fattispecie in esame presenta tratti peculiari che la collocano sotto l’imperio della lettera e), parte prima, dell’art. 33 del d.l.vo n. 80/1998, nel testo vigente, assoggettandola alla giurisdizione esclusiva di questo giudice, senza ricadere nell’eccezione “con esclusione dei rapporti individuali di utenza con soggetti privati" (riservati alla giurisdizione del giudice ordinario).
Ancorché in assenza di un rapporto di accreditamento, il centro ricorrente, in una ai restanti centri privati eroganti le medesime prestazioni sempre in regime di assistenza indiretta, per esplicite e reiterate ammissioni della regione Campania ha reso (e rende) possibile l’erogazione delle prestazioni di che trattasi, non altrimenti assicurabili (in forma di assistenza diretta) “dall’esiguo numero dei soggetti accreditati in quanto intrattenenti un rapporto convenzionale al 31.12.1992" (cfr., da ultimo, deliberazione della Giunta regionale della Campania n. 7258 del 27.12.2001, in atti).
Quel che è accaduto è che la regione Campania, in presenza di un’ampia platea di soggetti abbisognevoli di dette prestazioni, ha intrattenuto, come meglio si vedrà in appresso in sede di esame del merito, un rapporto continuativo con i centri privati regolamentato sia da accordi che da provvedimenti amministrativi, fra i quali quello (delibera di Giunta regionale n. 1557 del 10 marzo 2000, recante adeguamenti tariffari) qui sottoposto all’esame del Tribunale per aver dato luogo a divergenti letture dei suoi contenuti. Tali rapporti, a contenuto obbligatorio, si sono resi necessari, a dire della regione, “nelle more dell’emanazione delle disposizioni per il definitivo accreditamento, onde non creare soluzioni di continuità nell’assistenza dialitica a favore dei numerosi neuropatici cronici che dializzano in regime di assistenza indiretta in centri di dialisi privati" (cfr. delibera 7258 cit.).
Deve quindi concludersi che si è in presenza di un rapporto pubblicistico, che vede peraltro le tariffe da corrispondersi a detti centri fissate in un atto amministrativo a valenza provvedimentale, ancorchè preceduto da incontri fra le parti. Il che è sufficiente per far ritenere le prestazioni rese attratte nell’ambito diretto del Servizio pubblico, sanitario nazionale, e ad affermare in conseguenza la giurisdizione esclusiva di questo giudice sulla controversia odierna, avente ad oggetto prestazioni di natura patrimoniale che l’Asl intimata si rifiuta di riconoscere al Centro, attore anche in proprio.
Peraltro, alla stessa conclusione si perviene avuto riguardo alla posizione degli assistiti.
Fermo che nel regime di assistenza sanitaria indiretta il diritto dell’assistito al rimborso, pur assumendo i tratti propri di un’obbligazione pecuniaria, si innesta comunque nell’ambito di un particolare rapporto amministrativo facente capo all’amministrazione preposta al governo del settore (Cons. Stato, Sez. V, 26 marzo 2001, n. 1720), come già chiaro per quanto detto innanzi e come meglio sarà specificato in avanti, il regime di assistenza indiretta, nella situazione concretamente data, è per certi versi solo nominale. In forza di atti, tutti ad identico contenuto, i pazienti (le cui condizioni cliniche non consentono attese e rendono necessitato il ricorso periodico alla più vicina struttura per sottoporsi a dialisi) rilasciano procure speciali ai centri per riscuotere, in loro nome e per loro conto, “tutti i rimborsi e qualsiasi altra somma a loro dovuta compreso gli arretrati per prestazioni di emodialisi effettuate ed effettuande". Si è di fronte ad un meccanismo generalizzato e peculiare, ancorché ben noto all’amministrazione pubblica che in base a tali procure ha sempre corrisposto direttamente ai centri privati quanto spettante, a titolo di rimborso, ai fruitori delle prestazioni in via indiretta.
Ne deriva che, anche riguardo alla posizione degli assistiti, la giurisdizione appartiene a questo giudice, non rientrando la fattispecie nell’eccezione prevista dalla seconda parte dell’art. 33 del d. l.vo n. 80/1998 “rapporti individuali di utenza con soggetti privati". La forma giuridica che media l’erogazione della prestazione presenta tratti pubblicistici di diretto ed immediato rilievo che a loro volta attraggono la controversia nell’ambito della giurisdizione esclusiva di questo giudice.
1.1- Le procure speciali (in atti quelle rilasciate dai soggetti per cui conto è proposto il gravame) conferiscono ai Centri anche la potestà “di agire in giudizio, compresa la richiesta di decreti ingiuntivi, per il recupero forzato di detti rimborsi, in qualsiasi grado, nominando all’uopo avvocati e procuratori".
Le stesse legittimano quindi il Centro alla proposta azione, nella precisazione che le procure di che trattasi sono già state accettate dall’amministrazione sanitaria locale che, in forza delle stesse, ha effettuato i rimborsi a favore del Centro, sicchè esse sono in egual misura idonee anche per quanto attiene agli adeguamenti tariffari qui richiesti e riferiti ai rimborsi già effettuati, ove riconosciuti dovuti dal Tribunale (come espressamente previsto dagli atti in parola).
2- Quanto al merito, la questione controversa si incentra sull’individuazione dei soggetti destinatari della deliberazione della Giunta regionale della Campania n. 1557 del 10 marzo 2000; essa dispone “che le tariffe per le prestazioni di dialisi erogate in favore degli uremici cronici che dializzano presso centri operanti sul territorio regionale siano pari a quelle in vigore per l’anno 1995, incrementate di anno in anno di un valore percentuale pari al tasso programmato di inflazione per il corrispondente esercizio…”.
Il dispositivo sopra riportato non chiarisce chi siano i soggetti destinatari degli incrementi: se le strutture private, quelle accreditate, ovvero entrambe. La prima soluzione è quella sostenuta dal centro privato ricorrente (nel mentre, deve ritenersi, l’Asl intimata e non costituitasi in giudizio, opti per la seconda)..
Orbene, una mera lettura della narrativa del provvedimento (in una al quale va interpretato il dispositivo) fuga ogni dubbio al riguardo: come sostenuto ex parte attorea, destinatari degli adeguamenti sono i centri privati, e solo essi.
L’incipit della narrativa dà atto che l’erogazione delle prestazioni di dialisi presso centri convenzionati, temporaneamente accreditati o presso strutture private è disciplinata dalle disposizioni emanate dalla Giunta regionale con deliberazione n. 3139 del 12.5.1995 che fissa un’unica, indifferenziata tariffa per ogni singola dialisi ambulatoriale da erogare ai Centri di dialisi convenzionati ed agli uremici cronici che dializzano presso strutture non convenzionate; ciò fino all’attuazione del definitivo accreditamento e con riserva, in tale sede, di rideterminare i requisiti strutturali, funzionali e di personale ai quali i Centri di dialisi privati dovranno uniformarsi.
La deliberazione (1557/2000) prosegue poi dando atto che con una serie di deliberazioni succedutesi negli anni sono state determinate le nuove tariffe per le prestazioni di che trattasi da corrispondere ai soggetti pubblici e privati operanti in regime di temporaneo accreditamento, con esclusione di quelle “riguardanti le dialisi erogate in favore degli uremici cronici da parte di centri privati non convenzionati per i quali sono state confermate le disposizioni emanate con delibera di Giunta regionale n. 3139 del 12.5.1995" (ovvero, la tariffa quale ivi stabilita).
Segue quindi la considerazione che la tariffa del 1995 risulta inadeguata in conseguenza dell’erosione subita per effetto della svalutazione e l’assunto che, in attesa sempre della definizione dei cennati requisiti idoneativi per l’accreditamento, non possono essere accolte richieste di aggiornamenti tariffari se non nei limiti del recupero della svalutazione intervenuta.
Previo richiamo al verbale di intesa, siglato in data 15.2.2000 con la rappresentanza della categoria, vengono poi disposti i ripetuti adeguamenti ai tassi programmati di inflazione fissati di anno in anno (anni 1996-2000).
E’ dunque pacifico che per i centri già convenzionati ed oggi in regime di temporaneo accreditamento la regione è intervenuta nel corso degli anni per rideterminare le tariffe, sicchè il provvedimento in esame non può che riguardare i soggetti rimasti esclusi da tali rideterminazioni e con tariffe rimaste bloccate all’anno 1995.
La questione non presentava particolari problemi interpretativi già ad un primo esame; in ogni caso, la conclusione è stata confermata dai contenuti del verbale d’intesa su indicato, acquisito a seguito della disposta istruttoria.
Con quel verbale le parti, dopo aver fissato il recupero del tasso programmato di inflazione, stabilivano di doversi incontrare al più presto “per definire le modalità di superamento delle attuali modalità di erogazione delle prestazioni di dialisi e l’introduzione del sistema dell’accreditamento". Come sostenuto in memoria dal procuratore attoreo, tale previsione può avere un senso solo se riferita alle strutture non convenzionate; e dunque, ex art. 1367 c.c., l’effetto che essa ha è quello di rendere inequivoco chi sia lo steso soggetto contraente (qui, il destinatario del provvedimento seguito all’accordo).
3- A questo punto, la questione dovrebbe dirsi risolta, accogliendosi la domanda ed ordinando all’amministrazione sanitaria locale convenuta di eseguire il deliberato regionale per come interpretato dal Tribunale.
Se non che, resta da definire un aspetto della problematica; quell’aspetto che ha indotto per ben due volte il Tribunale a richiedere chiarimenti all’amministrazione regionale, non in qualità di parte del processo (al quale è rimasta formalmente estranea), ma di amministrazione pubblica tenuta ad ottemperare all’ordine giudiziale.
Il riferimento è alla previsione dell’art. 8 septies del d.l.vo n. 502/1992, introdotto dal d.l.vo n. 229 del del 19 giugno 1999, secondo il quale “I rimborsi relativi alle prestazioni erogate in forma indiretta sono definiti dalle regioni e dalle province autonome in misura non superiore al cinquanta per cento delle corrispondenti tariffe regionali determinate ai sensi dell’articolo 8 sexies".
Tale punto specifico aveva in particolare imposto l’istruttoria (con l’occasione estesa alla richiesta dei restanti atti intervenuti in materia) per verificare il rispetto, da parte della deliberazione n. 1557 del 10 marzo 2000, sopra esaminata, della norma di rango primario. La deliberazione, invero, spiega la sua efficacia anche per il periodo ricadente sotto l’imperio dell’8 septies, sicchè si imponeva l’acquisizione della richiesta relazione riepilogativa della gestione a tutt’oggi dell’assistenza di che trattasi “in particolare riferimento al rispetto" della cennata previsione normativa.
Al riguardo, la relazione depositata dalla regione (peraltro solo due giorni or sono, ossia in data 11 novembre 2002) non offre alcun utile elemento. Riassunti i provvedimenti nel tempo emanati e le iniziative intraprese (istituzione di una commissione per predisporre i criteri per l’accreditamento), si conclude: “essendo indispensabile, in vista del definitivo accreditamento e quindi dell’applicazione dei principi e dei dettami contenuti nel d.l.vo n. 229, comunque assicurare i livelli minimi assistenziali e la non soluzione di continuità di assistenza nei confronti dei nefropatici cronici…di dover mantenere il regime assistenziale tuttora vigente e quindi di dover continuare a dare applicazione alle disposizioni previste dagli atti deliberativi 3139/1995, 1860/1998, 1874/1998, 1557/2000, 7528/2001 e 3181/2002, relativamente alla prosecuzione del regime di assistenza indiretta a favore dei nefropatici cronici che dializzano in strutture private non accreditate”.
La domanda del giudice è cioè elusa, in quanto non chiarita la sorte dei rimborsi che i detti deliberati intendono assicurare. Pudicamente, relazione e provvedimenti si limitano a prorogare il regime di assistenza indiretta (sul punto, ci si soffermerà in appresso); il che, di per sé, nulla chiarisce per quanto qui riguarda e non offre risposta adeguata allo specifico quesito posto.
4- Parte ricorrente, in memoria conclusionale, sostiene in primo luogo che per esplicita indicazione di una delibera di Giunta regionale (la n. 3181 del 28.6.2002), che fa seguito alla pregressa n. 7258 del 27.12.2001, il decreto legislativo n. 229/1999 non si applica in Campania (nelle previsioni di che trattasi, è da intendersi).
Più esattamente, la Giunta regionale, come innanzi riassunto nella relazione depositata, ha prorogato l’attuale disciplina vigente ivi compresa la previsione del prosieguo dell’assistenza indiretta erogata dai centri privati in discorso in attesa dell’applicazione del decreto 229 con l’accreditamento definitivo delle strutture sanitarie eroganti le ripetute prestazioni; ciò ancorché la seconda parte del richiamato art. 8 septies (come modificata, questa, dall’art. 8 del d.l.vo 28 luglio 2000, n. 254) rechi l’abolizione dell’assistenza in forma indiretta entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229 (pubblicato in G.U. 16 luglio 1999, n. 165). Tanto, alla stregua della dichiarata necessità (espressamente enunciata negli atti deliberativi del 2001 e del 2002) di assicurare i livelli minimi di assistenziali e la non soluzione di continuità di assistenza nei confronti dei nefropatici cronici che dializzano in strutture private non accreditate.
Le regole processuali -ed esse solo- precludono al Collegio l’esame specifico di dette sopravvenute determinazioni emanate da un soggetto che non è parte dell’odierno giudizio, delimitato temporalmente (al 31.12.2000, il nuovo regime, fissato ex lege, non era ancora scattato).
Tuttavia, a tale data, o meglio a quella di adozione della deliberazione n. 1557 (10 marzo 2000: in epoca quindi, va precisato ad ogni buon fine, precedente la modifica del Titolo V della Costituzione, il che rende superflua ogni indagine sulle attribuzioni nella specifica materia di che trattasi, ove viene in rilievo la determinazione di livelli essenziali di assistenza da garantirsi su tutto il territorio nazionale, implicanti anche una componente sociale) era invece operante, pro quota, la previsione della prima parte dell’art. 8 septies ripetuto: ossia l’onere per la regione di definire il limite della spesa rimborsabile.
La cennata genericità delle risposte fornite al Tribunale non consente di conoscere se ed in quale misura la deliberazione n. 1557/2000 abbia osservato la disposizione di legge, ovvero le ragioni per cui, ad avviso dell’amministrazione regionale, la norma avesse a ritenersi non applicabile nella situazione data: deve infatti ritenersi che alcuna riduzione è stata apportata, in presenza di adeguamenti tariffari anche per gli anni 1999 e 2000 riferiti alla medesima tariffa iniziale piena del 1995.
Vi ha supplito (per così dire) la difesa attorea; essa sostiene che la norma primaria, quale posta, escluda la sua applicabilità a situazioni come quelle qui in esame. La tesi è che la previsione di legge disponga che le tariffe per l’assistenza indiretta non debbano essere superiori al 50 % (non di quelle già fissate per l’assistenza diretta ma) di quelle determinate ex art. 8 sexies dello stesso decreto legislativo.
Nella prospettazione di parte ricorrente, la lettera della legge è inequivoca nel riferimento alle tariffe determinate ex art. 8 sexies, che individua il meccanismo di determinazione delle tariffe e, soprattutto, ipotizza “un’articolazione tariffaria per classi di strutture secondo le loro caratteristiche organizzative e di attività, verificati in sede di accreditamento delle strutture stesse": determinazione ed articolazione non avutasi in Campania. Il sistema peraltro avrebbe una sua logica: “Nel momento in cui viene introdotto e diventa operativo -anche mediante l’introduzione delle relative tariffe- il sistema dell’accreditamento, chi preferisce restarne fuori, per non sottomettersi alla potestà programmatoria della regione, è giusto che accetti una decurtazione dei rimborsi; ma quando invece -come è nel caso che ne occupa- i centri abbiano richiesto di essere accreditati, ma la loro domanda è rimasta lettera morta perché la regione Campania non ha ancora realizzato le procedure che consentono l’accreditamento, è evidente che il rimborso dei costi di una terapia salvavita, qual è la dialisi per gli uremici cronici, non potrà che essere quello stabilito in sede regionale: qualsiasi altra interpretazione non potrebbe sottrarsi alla censura di incostituzionalità per violazione degli artt. 3, 32 e 41 della Costituzione” (pag. 5 della memoria conclusionale).
Fermo quanto appresso si dirà, deve convenirsi sull’impossibilità di ipotizzare una (generalizzata ed indiscriminata) decurtazione del 50 % per prestazioni salvavita, qual è la dialisi per gli uremici cronici, in una situazione che vede, da un canto, i centri privati di cui si discute restare da anni in attesa di un accreditamento richiesto senza esito e, d’altro canto, gli utenti costretti a rivolgersi agli stessi in assenza di strutture pubbliche o temporaneamente accreditate, ovvero a ricorrere a quella che (formalmente) rimane un’assistenza indiretta.
Ed è proprio tale ultima circostanza a convincere il Collegio che ogni altra soluzione si porrebbe in violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 32 della Cost. (se non anche dell’art. 41, per quanto attiene alla posizione dei Centri).
Al di là delle procure e del meccanismo generalizzato su descritto, alle conseguenze economiche di una limitazione dei rimborsi difficilmente appaiono poter essere sottratti i pazienti, nel caso in via di possibile rivalsa in riferimento alle prestazioni già ottenute e, comunque, mediante richiesta di corresponsione anticipata del dovuto per il futuro, alla stregua della proroga del regime disposta dalla regione. Ma ciò il sistema consente solo se i pazienti possono scegliere: ad esempio, di ricevere le prestazioni in una struttura che offra maggiori conforts alberghieri e vedersi, in tal caso, esclusi dal rimborso, per così dire, tale surplus prestazionale; ma non già allorquando -come ampiamente ammesso dalla regione negli atti esaminati e nei restanti pure versati in atti- si è di fronte ad una vera e propria impossibilità di scelta. A maggior ragione la soluzione sarebbe iniqua, con vulnerazione dei principi costituzionali sucitati, in presenza di pazienti (nefropatici cronici in trattamento dialitico) per i quali è previsto anche il rimborso delle spese di trasporto al centro di dialisi (pag. 9 del d.P.C.M. del 29 novembre 2001, recante la definizione dei livelli essenziali di assistenza), oltre il diritto alle esenzioni dalla partecipazione ai costi nei sensi e con le modalità di cui, da ultimo, alla circolare del Ministero della salute 13 dicembre 2001, n. 13.
D’altra parte, riferisce parte attrice, alcune aziende sanitarie locali hanno già autonomamente pagato i conguagli di che trattasi riconoscendo quindi la fondatezza delle pretese dei centri (e la Asl Na 4, anch’essa convenuta in giudizio a mezzo di separati gravami in decisione nella odierna camera di Consiglio, lo ha fatto nelle more del giudizio); il che, va sottolineato, rende censurabile il comportamento della regione che, in una situazione ben nota da tempo, non ha ritenuto di dover emanare direttive applicative ovvero di dare essa l’interpretazione autentica del proprio deliberato evitando gli aggravi conseguenti alle statuizioni che qui saranno rese ed ancor prima assicurando uniformità di comportamenti sull’intero territorio regionale.
5- Tirando infine le somme, le conclusioni del Collegio sono le seguenti.
Parte ricorrente non può essere seguita fino in fondo, laddove afferma che la mancanza dell’accreditamento istituzionale di per sè precludesse alla regione Campania di applicare il disposto normativo primario.
Non vi è dubbio che la perdurante assenza delle determinazioni regionali in tema di accreditamento istituzionale sia divenuta intollerabile. La Sezione, ormai da anni, segnala la latitanza regionale in materia e le conseguenze pregiudizievoli che ne derivano per la programmazione e, quindi, per la lievitazione della spesa sanitaria campana. Di continuo, è stato reso l’avvertimento che resistere in giudizio (più in generale, negli innumerevoli giudizi in tema di determinazioni di tetti di spesa, di capacità operative massime et similia) opponendo la mera esigenza di contenere i costi non costituisce difesa accettabile. I costi si contengono -anche e soprattutto- a mezzo di una programmazione adeguata nel rispetto delle previsioni di legge e, per quanto qui riguarda più da vicino, a mezzo di un sistema di accreditamento istituzionale che fissi i requisiti da possedersi da ciascuno e tenga conto del fabbisogno effettivo rapportato ai bacini di utenza a seconda delle diverse prestazioni a rendersi.
Tuttavia, la mancanza di regole definitive, la mancata introduzione di un regime previsto ormai da un decennio (art. 8 dell’originario d.l.vo n. 502/1992), ancorché rimodulato nel tempo ed abbisognevole di previe determinazioni -via via intervenute- in sede ministeriale per poter essere definito dalla regioni, non può comportare una giungla prestazionale. Di volta in volta, a seconda delle singole situazioni date, la Sezione ha individuato norme ed istituti applicabili.
Nella fattispecie in esame, l’affermazione di principio attorea non appare esatta, posto che in attesa degli accreditamenti definitivi, alla regione non era (non è) precluso di far luogo -nei limiti delle necessità- ad accreditamenti provvisori ex art. 8 quater, comma 7, d.l.vo n. 229/1999 operando, già in tale sede, articolazioni tariffarie (a seconda delle caratteristiche organizzative al momento possedute da ciascun centro), ferma la rivisitazione della materia in sede (o all’esito) della definizione dei requisiti ulteriori per l’accreditamento istituzionale quale da operarsi in via generale. Ovvero, nulla vieta(va) di avanzare per stralci, per settori di interventi, laddove, come nel caso dato, la situazione imponga accelerazioni sui tempi del generale e sistematico intervento definitivo.
Se non che a tanto non si è ritenuto di far luogo (leggesi nella relazione rimessa dalla regione che la Commissione ha avuto incarico di predisporre entro breve tempo i criteri per l’accreditamento); quali che siano stati i motivi ostativi ad una definizione della materia -di quella generale e di quella peculiare qui data- in tempi ragionevoli (è per lo meno dal 1995 che si è acuito il problema specifico dei dializzati assistiti da centri privati per carenza di strutture pubbliche o provvisoriamente accreditate), quel che ne consegue è la necessitata dichiarazione di fondatezza della domanda attorea nella sua interezza.
Degli adeguamenti stabiliti nella deliberazione regionale in discorso sono destinatari i centri privati, fra i quali quello ricorrente, presso i quali i pazienti -cui deve essere assicurato il diritto fondamentale alla cura senza oneri- si rivolgono non per loro scelta (a natura alberghiera). Ancorché in suo potere, la regione Campania non ha immutato la posizione di diritto dei centri (di quanti fra essi da accreditare provvisoriamente nell’ambito di un corretto quadro programmatorio) e, nel contempo, li ha tutti chiamati ad un’impropria (per modalità) funzione di supplenza del servizio pubblico senza far luogo, a monte, ad alcuna determinazione tariffaria nei sensi previsti dalle norme esaminate nella interpretazione complessiva operatane dal Collegio, costituente presupposto di legge per le riduzioni da operarsi.
6- In conclusione, alla stregua di tutto quanto sopra ritenuto e considerato, la domanda attorea è fondata.
L’azienda sanitaria locale qui convenuta in giudizio dovrà quindi corrispondere gli adeguamenti tariffari di che trattasi, nella consistenza richiesta dalla parte ricorrente e non contestata ex adverso.
In presenza di accordo fra le parti intervenuto prima del 6 agosto 2002 (cfr. d.l.vo 9 ottobre 2002, n. 231) gli interessi legali su tali somme decorreranno dalla data di costituzione in mora, contenente in allegato i prospetti contabili, ossia dal 21.11.2000.
Non può trovare ingresso l’ulteriore domanda risarcitoria, in carenza di ogni elemento di prova del maggior danno subito.
Le spese di giudizio possono essere compensate fra le parti, dovendosi ascrivere a sostanziale responsabilità della regione Campania il trascinarsi della situazione e la sua ambiguità.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania- Sezione prima, accoglie, nei sensi e nei limiti di cui innanzi, il ricorso in epigrafe.
Ordina, pertanto, alla Azienda sanitaria locale intimata di pagare alla parte ricorrente la somma di £. 2.186.217 (nella sua attuale consistenza in Euro), maggiorata dagli interessi legali a far tempo dal 21.11.2000.
Rigetta l’ulteriore pretesa risarcitoria.
Compensa le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, in Camera di consiglio, addì 13 novembre 2002.
dr. Giancarlo Coraggio, Presidente
dr. Arcangelo Monaciliuni, Consigliere, est.