04.11.2014 free
Società a capitale pubblico e privato per la gestione della farmacia comunale.
Il Consiglio di Stato sulla questione della necessità o meno dei farmacisti nella compagine sociale.
Non sussiste la condizione ostativa alla costituzione di una società a capitale pubblico e privato per la gestione della farmacia comunale afferente all’Ente che, nel caso specifico, ha dovuto agire in giudizio nei confronti della Regione, la quale aveva opposto la necessaria presenza nella compagine sociale “di farmacisti che, al momento della costituzione della società, prestino servizio presso farmacie di cui il comune abbia la titolarità”.
Il Consiglio di Stato ha così respinto il ricorso proposto dalla Regione contro la sentenza TAR che in primo grado dava ragione all’Ente che aveva impugnato la comunicazione di non eseguibilità della deliberazione di costituzione di una società a capitale pubblico-privato per la gestione della farmacia comunale.
Il TAR aveva concluso nel senso che i Comuni possono scegliere di gestire una farmacia mediante la costituzione di una società a capitale pubblico/privato senza che sia ostativa la circostanza della mancanza di farmacisti che, al momento della costituzione della compagine societaria, prestino servizio presso farmacie comunali.
Sebbene l’art. 9 della Legge n. 475 del 1968 preveda il citato limite, la stessa norma, in realtà, è stata posta al centro di una importate attività interpretativa anche a seguito del testo unico (t.u.) sull’ordinamento degli enti locali, approvato nel 2000 (d.lgs n. 267/2000), che ha disciplinato nel complesso la materia dei servizi pubblici locali, nel cui ambito - nonostante le evoluzioni successive dirette a far rivivere integralmente la disciplina precedente (art. 9 L. 475/68) - si ritiene ricada anche il servizio farmaceutico.
Il Consiglio di Stato ha osservato ancora che le disposizioni richiamate «sono parte di un complesso di norme attuative di principi dell'Unione europea in materia di servizi pubblici locali aventi rilevanza economica, con la conseguenza che una interpretazione "esclusiva" dell'art. 9 della legge n. 475 del 1968 più volte citato dall’effetto abrogativo - nel senso di riservare la partecipazione alla società di capitali solo ai farmacisti dipendenti - dovrebbe essere disapplicata per contrasto con il diritto europeo o in ogni caso sottoposta al giudizio della Corte di Giustizia.»
[Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net]