17.02.2011 free
Aggiornamento tecnico del farmacista ospedaliero e riduzione dei costi SSN
La Corte dei Conti, sezione centrale d’appello, ha ribaltato una precedente sentenza di condanna pronunciata a carico di due direttori di farmacia ospedaliera per una ipotesi di danno quantificato complessivamente in oltre 21.000 euro.
La vicenda.
A seguito di una indagine della guardia di finanza, diretta a verificare le modalità di acquisto di farmaci ospedalieri e il rispetto dei parametri di spesa, la Sezione calabrese della Corte dei Conti, giungeva a condannare due dirigenti ASL che nell’intento di perseguire il contenimento dei costi avrebbero dovuto verificare se le specialità medicinali richieste fossero ancora coperte dal brevetto di esclusività ed indicare al responsabile degli acquisti il solo principio attivo unitamente al prodotto generico, ovvero il farmaco equivalente. Al contrario, indicavano anche il nome commerciale, inducendo l’ufficio preposto - secondo l’accusa - all’acquisto di quel prodotto anche se non più coperto dal vincolo di esclusività; e ciò, facendo riferimento a taluni elenchi predisposti nel lontano 1997 e, quindi, cagionando un danno pari alla differenza tra il prezzo dei farmaci acquistati come esclusivi (ma non più tali) e il prezzo dei farmaci generici.
Il principio di rilievo.
Attraverso la ricostruzione delle competenze e degli obblighi della specifica figura professionale, si può affermare che al farmacista ospedaliero è richiesto un costante aggiornamento tecnico anche al fine di pervenire al contenimento dei consumi farmaceutici e alla riduzione dei costi a carico del SSN.
In un tale assetto non può sostenersi che la verifica della esclusività o meno del farmaco richiesto competa solo all’ufficio beni e servizi operante nell’azienda. I direttori di farmacia dovranno prestare attenzione anche al profilo della economicità.
Epilogo
Il Collegio giudicante, riformando la sentenza di condanna del primo grado, prosciogliendo nel merito i dirigenti tratti a giudizio, ha osservato, tra gli altri aspetti, che nel caso concreto, per molte specialità medicinali non più coperte da brevetto di esclusività, non si era verificato il danno accertato dai primi giudici; e ciò, da un lato, per errori materiali che potevano essere rilevati da un più attento esame dei tabulati e, dall’altro, per la non perfetta equivalenza tra il farmaco acquistato e il farmaco generico. In ipotesi di responsabilità, quale quella di specie, ove si controverte sulla congruità di prezzi di acquisto ovvero sulla economicità di un servizio, la difformità rispetto alla condotta esigibile acquista connotazioni di gravità ove emerga un evidente e ingiustificabile divario tra l’entità della spesa in concreto effettuata e il risparmio che avrebbe potuto essere altrimenti conseguito; divario che, nella vicenda, non si era manifestato particolarmente consistente, tenuto anche conto delle considerevoli quantità di medicinali acquistati nell’arco di circa quattro anni.
Avv. Rodolfo Pacifico – www.dirittosanitario.net
Corte dei Conti – Sez. II Giurisd. Centrale d’Appello; Sent. n. 79 del 03.02.2011
omissis
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione del 7 settembre 2006 la Procura regionale per la Calabria chiamava in giudizio i sigg. E. X. e G. M. Y. chiedendone la condanna al pagamento in favore della ASL n. X di L. della somma di euro 21.343,86 di cui euro 18.443,04 a carico della prima ed euro 2.900,82 a carico del secondo. La citazione traeva origine da una indagine della Guardia di Finanza finalizzata a verificare le modalità di acquisto dei farmaci ospedalieri e il rispetto dei parametri di spesa nel campo della sanità pubblica.
La Sezione territoriale, con la sentenza n. 81 del 2008, ha condannato i convenuti al danno contestato dalla Procura, oltre rivalutazione e interessi, osservando che gli stessi rivestivano la carica, rispettivamente, di direttore delle farmacie ospedaliere di L. e S. dal 18 maggio 1998 (la dott.ssa X.) e dall’8 marzo 1999 (il dott. Y.) e in tale qualità avrebbero dovuto contribuire al contenimento dei costi, verificando se la specialità medicinale richiesta fosse ancora coperta dal brevetto di esclusività, indicando al responsabile degli acquisti il solo principio attivo unitamente al prodotto generico, ovvero “il farmaco equivalente”. Al contrario, per le specialità da acquistare i convenuti indicavano anche il nome commerciale, “con la conseguenza di indurre l’Ufficio Beni e Servizi all’acquisto di quel prodotto anche se non più coperto dal vincolo di esclusività”; e ciò facendo riferimento ad elenchi predisposti nel lontano 1997 e, quindi, cagionando un danno pari alla differenza tra il prezzo dei farmaci acquistati come esclusivi (ma non più tali) e il prezzo dei farmaci generici.
La sentenza è stata impugnata dalla dott.ssa X. con appello notificato il 30 aprile 2008 e depositato il 16 maggio 2008, nel quale innanzitutto si contesta che i responsabili delle farmacie ospedaliere – prima di inoltrare la richiesta all’Ufficio Beni e Servizi - avrebbero dovuto verificare se il farmaco da acquistare rivestisse ancora il carattere di esclusività.
Osserva, al riguardo, che la farmacia utilizza l’informatore farmaceutico prevalentemente per le informazioni sanitarie (quali posologia e dosaggio), mentre l’Ufficio Beni e Servizi – che, tra l’altro, procede all’acquisto anche a distanza di settimane o mesi dalla richiesta della farmacia - lo utilizza per le informazioni di natura amministrativa (quali prezzi e fornitori); in sostanza l’eventuale esclusività viene in rilievo solo “al momento dell’acquisto del farmaco” e, quindi, i responsabili dell’Ufficio Beni e Servizi “prima di procedere all’acquisto” “avrebbero dovuto riscontrare se ciascun farmaco rivestiva o continuava a rivestire carattere esclusivo”. In ogni caso, l’inserimento del nome commerciale del farmaco da acquistare avveniva – da parte della farmacia – per finalità puramente indicative, in ossequio ad un’antica prassi; tanto è vero che in talune circostanze l’Ufficio procedeva a modificare il nome commerciale del farmaco e il fornitore al quale rivolgersi. In sostanza, sostiene l’appellante che “l’indicazione del nome commerciale non poteva … indurre in errore il Direttore dell’Ufficio Beni e Servizi, che non era un «passa carte», ma il maggiore esperto dell’Azienda nella cura di tutti i risvolti commerciali …”. E, comunque, le norme richiamate in sentenza riguardano la diversa ipotesi della dispensazione dei medicinali al pubblico a cura delle farmacie convenzionate e non può essere estesa agli acquisti ospedalieri dove il criterio in presenza di equivalenti è la gara; e la gara attiene alle “specifiche competenze dell’Ufficio Beni e Servizi, inspiegabilmente rimasto estraneo alle contestazioni del presente giudizio”. Inoltre l’appellante evidenzia che: a) “la prescrizione del farmaco rientra in linea di principio nella discrezionalità del medico”, e “al responsabile della farmacia ospedaliera … non compete alcuna facoltà di sostituzione del farmaco esclusivo con quello c.d. generico”; b) “non è sempre agevole dichiarare la fungibilità di un medicinale”, come risulterebbe nei due casi emblematici della «Va. AP» e dell’«A. C.»; c) sarebbe, comunque, da escludere la colpa grave che è stata affermata dal primo giudice “con frasi fatte … senza rapportarsi alle concrete circostanze di fatto e di diritto” e senza prendere in considerazione “la generale condotta solerte e coscienziosa della concludente, che … ripetutamente ha invitato l’Ufficio Beni e Servizi e i vertici aziendali a tenere sotto controllo la spesa per l’acquisto dei farmaci mediante ricorso a gara pubblica”; indica, al riguardo, alcune note inviate nel corso del 2003. Deduce, inoltre, che il primo giudice non ha tenuto conto delle difese concernenti la misura del danno; difese con le quali venivano evidenziati numerosi errori contenuti nei prospetti allegati dalla Procura regionale. L’appellante ne evidenzia, in particolare, due: 1) l’errore di uno zero nella trascrizione del prezzo di acquisto della F. compresse da 25 mg, che è risultato, quindi, moltiplicato per dieci con un danno di oltre 2.000,00 euro, in realtà inesistente; 2) una molteplicità di errori con riferimento al farmaco AN. B. (contenuto delle fiale, data di prima commercializzazione, prezzo di vendita al pubblico), con conseguente maggiorazione del danno per oltre 10.000,00 euro. L’appellante osserva, infine, che si doveva tenere conto del concorso causale di tutti gli altri soggetti che avrebbero dovuto interferire nella pratica degli acquisti. Invoca, in via di ulteriore subordine, l’esercizio del potere “esentivo o ampiamente riduttivo, secondo principi di giustizia sostanziale e di equità immanenti nel giudizio di responsabilità contabile”.
Nelle conclusioni depositate il 2 luglio 2009 la Procura Generale ha ritenuto “di associarsi alle motivazioni della decisione impugnata, nel senso di ravvisare la colpa grave nel comportamento della ricorrente e di non poter condividere le giustificazioni addotte in proposito nell’atto di appello”. Non si è, peraltro, opposta alla richiesta “di abbattimento dell’addebito”, tenendo conto di altre responsabilità concorrenti ma non evocate in giudizio.
Con memoria depositata il 2 novembre 2010 l’appellante, nel far presente di essere stata colpita da un male incurabile, ha chiesto il rinvio dell’udienza di merito al fine di poter “collaborare all’attività preliminare di difesa e assistere anche alla discussione del ricorso”. Nell’ipotesi in cui ciò non sia possibile, ha richiamato tutte le precedenti difese e il corredo documentale già prodotto.
All’udienza del 23 novembre 2010, respinta l’istanza di rinvio trattandosi, tra l’altro, di giudizio ammesso alla trattazione anticipata proprio per le precarie condizioni di salute dell’appellante, l’Avv. M. ha ripercorso i principali motivi di gravame, insistendo sulla insussistenza della colpa grave ed evidenziando l’esigua entità del danno in discussione; il difensore ha chiesto, in subordine, che venga fatto ampio uso del potere riduttivo. Il P.M. ha chiesto la conferma della sentenza impugnata riportandosi alle conclusioni scritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Trattasi di accertare se – come ritenuto dalla Sezione territoriale – debba essere affermata la responsabilità del direttore delle farmacie ospedaliere di L. e S. per non aver contribuito al contenimento dei costi per l’acquisto di specialità medicinali, omettendo di verificare se le stesse fossero ancora coperte dal brevetto di esclusività e, quindi, omettendo di indicare al responsabile degli acquisti il solo principio attivo e il prodotto generico (c.d. “farmaco equivalente”); omissioni che hanno condotto all’accertamento di responsabilità per il danno di euro 18.443,04 verificatosi nel periodo 2001-2004, essendo il danno risalente al periodo pregresso (1997-2000) coperto dalla prescrizione.
Venendo ad esaminare, in via gradata, i motivi di gravame proposti dall’appellante, reputa innanzitutto il Collegio che la sentenza impugnata debba essere condivisa per quanto concerne la ricostruzione delle competenze e degli obblighi del farmacista ospedaliero in base alle disposizioni contenute nel D.P.R. n. 128 del 1969, nel D.P.R. n. 821 del 1984 e nel d.lgs. n. 502 del 1992; disposizioni che impongono a tale figura professionale un costante aggiornamento tecnico anche al fine di contenere i consumi farmaceutici e di ridurre i costi del servizio sanitario pubblico.
In tale quadro normativo non può affermarsi – come, invece, sostiene l’appellante – che la verifica della esclusività o meno del farmaco richiesto competesse soltanto all’Ufficio Beni e Servizi e non anche al responsabile della farmacia ospedaliera. A ciò ostano sia le disposizioni sopra richiamate che, come si è detto, impongono ai direttori di farmacia di prestare attenzione anche al profilo della economicità del servizio farmaceutico pubblico, sia le peculiarità del caso concreto, caratterizzato dal fatto che – scaduta nel 1999 l’aggiudicazione della gara indetta con deliberazione del 1997 - si continuava ad utilizzare, per la fornitura dei farmaci, un elenco di specialità risalente a periodo antecedente al mese di dicembre del 1997 e, quindi, un elenco che indicava come esclusivi anche farmaci per i quali era nel frattempo scaduto il brevetto di esclusività.
In sostanza, in conformità con quanto osservato dai primi giudici, deve rilevarsi che il direttore della farmacia ospedaliera avrebbe dovuto indicare il solo principio attivo unitamente al prodotto generico, anche e soprattutto a causa del mancato aggiornamento dell’elenco farmaceutico e in ragione del criterio di economicità nella gestione del servizio.
Il che conduce ad affermare che le somme pagate in più per l’acquisto di farmaci non coperti da vincolo di esclusività sono da imputare anche all’appellante che, ove avesse agito secondo canoni di compiuta diligenza, avrebbe dovuto richiedere – ogni qual volta ne ricossero i presupposti e quando non vi fosse una specifica diversa segnalazione del medico – il farmaco generico senza indicare il nome commerciale del prodotto.
2. Tanto chiarito, reputa peraltro il Collegio che – come dedotto con specifico motivo di gravame – la condotta dell’appellante non sia stata connotata da colpa grave. Militano in tal senso le considerazioni che di seguito si espongono.
2.a Sono innanzitutto doverose alcune puntualizzazioni sulla misura del danno, anche per il loro riverberarsi sulla coloritura della colpa dell’appellante.
In proposito si deve rilevare che – come analiticamente dimostrato dalla difesa – per molte specialità medicinali, non più coperte da brevetto di esclusività, non si è verificato il danno accertato dai primi giudici; e ciò, da un lato, per errori materiali che potevano essere rilevati da un più attento esame dei tabulati già contestati in primo grado e, dall’altro, per la non perfetta equivalenza tra il farmaco acquistato e il farmaco generico.
Sotto un primo profilo non può che prendersi atto della palese svista sul farmaco “F.” che - acquistato sempre al prezzo unitario di € 0,029 inferiore al “costo unitario al minor prezzo al netto del 50% di sconto” e, quindi, con nessun riflesso dannoso – compare in tabella negli ordinativi di marzo e luglio 2004 al prezzo unitario di € 0,29 (e, quindi, ad un importo che, per l’omissione di uno 0 decimale, risulta erroneamente moltiplicato per dieci) con conseguente esposizione di un danno pari, rispettivamente, ad € 1.037,40 e ad € 1.092,00; danno, in realtà, inesistente.
Sotto l’altro profilo si osserva che l’appellante ha evidenziato, dandone prova con prospetti riepilogativi e allegando idonea documentazione, che il prezzo di alcune specialità medicinali non poteva essere comparato secondo le modalità adottate dalla Guardia di Finanza (e recepite dalla Procura e dalla Sezione territoriale); e ciò in considerazione del diverso dosaggio delle confezioni o del periodo in cui è scaduto il brevetto di esclusività (come indicato per la specialità “AN. B.”), ovvero della non perfetta fungibilità tra il farmaco acquistato e quello c.d. equivalente (come rilevato per la “V. fiale” e per l’“A. C.”); divergenze che conducono a consistenti abbattimenti del danno contestato in citazione e che già di per sé inducono a dubitare sulla sussistenza della gravità della colpa.
Va, invero, rilevato che in ipotesi di responsabilità, quale quella di specie, ove si controverte sulla congruità di prezzi di acquisto ovvero sulla economicità di un servizio, la difformità rispetto alla condotta esigibile acquista connotazioni di gravità ove emerga un evidente e ingiustificabile divario tra l’entità della spesa in concreto effettuata e il risparmio che avrebbe potuto essere altrimenti conseguito; divario che, nel caso all’esame, per le ragioni dianzi evidenziate, non si manifesta particolarmente consistente, tenuto anche conto che si tratta di considerevoli quantità di medicinali acquistati nell’arco di circa quattro anni.
2.b Venendo, più propriamente, alla valutazione della condotta, rileva il Collegio che l’appellante ha ragionevolmente confidato sulla collaborazione dell’Ufficio Beni e Servizi per quanto concerne l’individuazione dei farmaci non più coperti da brevetto di esclusività.
Risulta, invero, dagli analitici e documentati prospetti forniti dalla parte che in molte occasioni, pur essendo stato indicato dal direttore della farmacia il nome commerciale del prodotto farmaceutico, l’Ufficio ha provveduto all’acquisto dello stesso principio attivo nella forma di farmaco generico (ad es.: “S.” al posto dell’indicato “C.”; “B.” in sostituzione dell’indicato “R.”). Risulta, altresì, sempre dalla documentazione fornita dall’appellante, che il direttore della farmacia segnalava espressamente le ipotesi in cui un farmaco doveva essere acquistato nella specifica forma commerciale indicata, perché in tale forma richiesto dal medico specialista.
In sostanza, la documentazione in atti evidenzia che era convincimento dell’appellante che l’eventuale esclusività dei farmaci venisse in rilievo solo al momento dell’acquisto; e tale convincimento non può essere imputato a colpa grave, in quanto è stato indotto proprio dalle modalità d’acquisto in concreto adottate dall’Ufficio Beni e Servizi, risultando dagli atti che tale Ufficio ha sostituito in molti casi il prodotto generico alla specialità medicinale non più esclusiva; il che presuppone che effettuasse di volta in volta una verifica sulla vigenza o meno del brevetto di esclusività, a prescindere dalle indicazioni del prodotto commerciale fornite dal direttore della farmacia.
In definitiva, seppure un comportamento di massima diligenza avrebbe richiesto l’indicazione del solo principio attivo, sì da assicurare la massima collaborazione in termini di economicità del servizio farmaceutico, reputa il Collegio che le circostanze del caso concreto militino nel senso che la condotta dell’appellante non possa essere qualificata come gravemente colposa.
Per tutte le considerazioni sopra esposte, l’appello è fondato e da accogliere, con conseguente affermazione - in riforma della sentenza impugnata – della infondatezza della domanda risarcitoria per assenza della colpa grave.
3. Al proscioglimento nel merito consegue il diritto dell’appellante ad ottenere il rimborso di spese e onorari di difesa che, in considerazione della modesta entità delle somme in discussione e dell’assenza di notula, si ritiene equo liquidare nella misura onnicomprensiva di € 2.000,00 per entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale
ACCOGLIE
l’appello proposto dalla dott.ssa X. E. avverso la sentenza della Sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria n. 81/08 del 29 gennaio 2008 e, per l’effetto, in riforma della sentenza, assolve l’appellante dalla imputazione di responsabilità per assenza della colpa grave.
LIQUIDA
in favore dell’appellante l’ammontare delle spese e degli onorari di difesa di primo e di secondo grado nell’importo di euro 2.000,00 onnicomprensivo.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 23 novembre 2010.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Angela SILVERI) (Sergio Maria PISANA)
F.to Angela Silveri F.to Sergio Maria Pisana
Depositata in Segreteria il 3 FEB. 2011
p. IL DIRIGENTE
F.to Andreana Basoli