01.03.2010 free
TRIBUNALE di Roma - (denuncia del collega e successiva archiviazione del procedimento penale: escluso il risarcimento se non c’è calunnia)
§ - il titolare di una cattedra di chirurgia oncologica aveva inviato una lettera alla Direzione sanitaria dell’Azienda Ospedaliera e per conoscenza alla Procura della Repubblica denunciando l’interruzione del servizio ospedaliero per mancanza di disponibilità delle sale operatorie in conseguenza di un ordine di servizio del responsabile del servizio di anestesia.
A seguito di tale denuncia, la procura della repubblica apriva un procedimento penale nei confronti del responsabile del servizio di anestesia, che si concludeva con l’archiviazione.
Il responsabile del servizio di anestesia ottenuta l’archiviazione del procedimento penale agiva contro l’autore della lettera per ottenere il risarcimento dei danni provocati assumendo che l'introduzione di tale procedimento penale aveva ingiustamente causato danni alla reputazione, alla vita di relazione ed alla salute di cui chiedeva al responsabile il risarcimento.
Il tribunale di Roma ha respinto la richiesta risarcitoria affermando, tra gli altri significativi aspetti, che l'iniziativa del privato cittadino, permettendo di attivare la risposta della giustizia dinanzi all'infrazione della norma penale, è oggetto di una valutazione largamente positiva da parte dell'ordinamento, giacché coincide con l'interesse pubblico alla repressione dei reati; onde la minaccia di una responsabilità civile fondata sulla colpa avrebbe l'effetto di scoraggiare quest'opera di collaborazione del cittadino con lo stato.
Ovviamente la valutazione positiva dell'ordinamento viene meno in presenza di interventi privati deliberatamente dannosi, integranti gli estremi del reato di calunnia (Avv. Ennio Grassini - www.dirittosanitario.net]
Tribunale di Roma - Sez. XII; Sent. del 07.01.2010
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Svolgimento del processo
Con atto di citazione notificato in data 10/06/2005 Gi.De. ha convenuto in giudizio An.Bo. per ivi veder accertare e dichiarare l'illegittimità del comportamento e della condotta di quest'ultimo e, per l'effetto, condannare al risarcimento di tutti i danni dalla stessa subiti, quantificati in Euro 75.000,00 con vittoria di spese del giudizio.
Deduceva che in data 22/03/04 il Prof. Bo., quale titolare della cattedra di chirurgia oncologica dell'Università degli Studi di Roma La. aveva inviato una lettera alla Direzione Sanitaria dell'Azienda Policlinico Um. e, per conoscenza; alla Procura della Repubblica, denunciando l'interruzione del servizio ospedaliero per mancata disponibilità delle sale operatorie in conseguenza di un ordine di servizio della Prof.ssa De., responsabile del servizio di Anestesia del Blocco Operatorio di tale dipartimento e che, a seguito di tale denuncia, la Procura della Repubblica di Roma aveva aperto un procedimento penale nei suoi confronti, conclusosi con un procedimento di archiviazione.
Assumeva che l'introduzione di tale procedimento penale le aveva ingiustamente causato danni alla reputazione, alla vita di relazione ed alla salute di cui chiedeva al responsabile di tale illegittima denuncia il risarcimento.
An.Bo. si costituiva in giudizio e, contestata in fatto ed in diritto l'avversa domanda, ne chiedeva il rigetto, con vittoria di spese del giudizio.
Assumeva, infatti, di aver soltanto segnalato all'amministrazione competente ed alla Procura della Repubblica le oggettive difficoltà incontrate nell'espletamento della propria attività e, pertanto, chiedeva di rigettarsi l'avversa domanda con vittoria di spese del giudizio.
La causa veniva istruita mediante deposito di documenti e l'espletamento di prove testimoniali.
Sulle precisate conclusioni delle parti la causa veniva trattenuta in decisione all'udienza indicata in epigrafe.
Motivi della decisione
Secondo la costante giurisprudenza di legittimità e di merito "la denuncia di un reato perseguibile d'ufficio non è fonte di responsabilità per danni a carico del denunciante, ai sensi dell'art. 2043 c.c. anche in caso di proscioglimento o di assoluzione del denunciato, a meno che non integri gli estremi del delitto di calunnia, poiché, al di fuori di tale ipotesi, l'attività pubblicistica dell'organo titolare dell'azione penale si sovrappone all'iniziativa del denunciante, togliendole ogni efficacia causale e interrompendo così, ogni nesso tra tale iniziativa ed il danno eventualmente subito dal denunciato" (Cass. Civ. n. 560 del 13/01/2005; Cass. Civ. 24/03/2000 n. 3536; id. Cass. Civ. n. 750 del 23/01/2002 anche in relazione ai reati perseguibili a querela di parte).
Si ritiene, infatti, che nella materia in esame una responsabilità aquilana ex art. 2043 c.c. sia ravvisabile solo in caso di dolo del denunciante e non anche in caso di colpa. Si adduce, infatti, che l'iniziativa del privato cittadino, permettendo di attivare la risposta della giustizia dinanzi all'infrazione della norma penale, è oggetto di una valutazione largamente positiva da parte dell'ordinamento, giacché coincide con l'interesse pubblico alla repressione dei reati; onde la minaccia di una responsabilità civile fondata sulla colpa avrebbe l'effetto di scoraggiare quest'opera di collaborazione del cittadino con lo stato. Ovviamente la ricordata valutazione positiva dell'ordinamento viene meno solo in presenza di interventi privati deliberatamente dannosi, integranti gli estremi del reato di calunnia.
Nel caso in esame si rileva, inoltre, che la parte attrice non ha proposto nei confronti del convenuto alcuna denuncia per il reato di calunnia.
E l'istruttoria espletata, ad avviso del giudicante, non consente di ritenere adeguatamente provato che il Prof. An.Bo., all'atto dell'invio della sua lettera anche alla Procura della Repubblica per conoscenza, fosse consapevole di incolpare del reato di interruzione di un pubblico servizio la Prof.ssa De., pur sapendola innocente.
Dalle numerose lettere prodotte in atti è, infatti, emerso che da diverso tempo si era creato un clima di notevole tensione tra la Prof.ssa De. ed i chirurghi del reparto e che le difficoltà di coordinamento tra l'equipe di anestesisti e quella dei chirurghi avevano creato alcuni inconvenienti nella gestione delle sedute operatorie con conseguente pregiudizio nello svolgimento del pubblico servizio espletato(v. lettere doc. nn. 2 - 17 anche a firma di altri medici della struttura).
In particolare, nella lettera del 20/01/2004 a firma del Prof. Ia. si legge che le discussioni con la Prof. De. avevano determinato l'annullamento di uno degli interventi programmati ed un ridotto utilizzo della sala operatoria (v. doc. n. 3).
I testimoni sentiti, inoltre, in relazione all'evento del 19/03/2004, menzionato nella lettera del 22/03/2004 a firma del Prof. Bo., hanno confermato che quel giorno sono state attivate solo due delle tre sale operatorie previste e che, seppur per mancanza di personale (anestesisti), il Prof. Bo. non ha potuto eseguire tutti gli interventi programmati ed un intervento (carcinoma mammario) è stato eseguito nel pomeriggio all'esito delle altre sedute operatorie mentre, un altro intervento, è stato eseguito senza assistenza anestesiologica.
E', inoltre, incontestato che vi sia stato un diverbio tra il Prof. Bo. e La Prof.ssa De. in quanto, quest'ultima, pur essendo a conoscenza dal giorno prima della tipologia degli interventi da eseguire nelle tre sale operatorie, non aveva predisposto la presenza del personale (anestesisti) necessario per consentire il funzionamento delle tre sale o comunicato al Prof. Bo. e/o agli altri chirurghi la necessità di ridefinire il programma degli interventi per consentire a tutti gli operatori di eseguire gli interventi più urgenti.
Tale comportamento può, quindi, aver indotto il Prof. Bo. a ritenere ingiusta e, quindi, arbitraria, in quanto idonea a pregiudicare e/o interrompere un pubblico servizio, la decisione della Prof. De. di non prestare assistenza anestesiologica alla sala operatoria allo stesso destinata e di garantire, invece, un regolare servizio nelle altre due sale operatorie.
Pertanto, in considerazione del mancato raggiungimento della prova del dolo del Prof. Bo. all'atto dell'invio della lettera - denuncia anche all'autorità giudiziaria, si ritiene di poter rigettare la domanda di risarcimento danni ex art. 2043 c.c.
In considerazione della peculiarità della vicenda si ritiene che sussistano giusti motivi per disporsi l'integrale compensazione delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza, eccezione, deduzione disattesa, così provvede:
1) Rigetta la domanda di risarcimento danni e compensa integralmente le spese del giudizio.
Così deciso in Roma il 7 dicembre 2009.
Depositata in Cancelleria il 7 gennaio 2010.