19.02.2009 free
CORTE dei CONTI : indennità erogata e responsabilità dei vertici aziendali
§ - risarcimento del danno a carico dei direttori generali, amministrativi e per i direttori responsabili del servizio gestione risorse umane succedutisi nel tempo, per aver cagionato alla ASL, nell’esercizio delle rispettive funzioni, un danno patrimoniale consistente nell’indebita corresponsione al personale infermieristico dell’indennità di rischio di malattia infettiva.
Era stata riconosciuta e deliberata la spettanza con conseguente erogazione della indennità a personale non espressamente ricompreso nella norma di riferimento e in una ASL che non disponeva neppure di specifici reparti di malattie infettive o equipollenti.
La condanna, ad avviso del giudice contabile era da ritenersi inevitabile, anche considerando la non ragionevolezza di una difficoltà interpretativa della disposizione sul tema, mentre nulla, in realtà, legittimava seriamente la liquidazione a tappeto al personale che prestava servizio presso reparti non definibili come reparti di malattie infettive o equipollenti.
Peraltro, dalla documentazione depositata agli atti del processo emergeva che la motivazione per la quale la dirigenza ASL ebbe a riconoscere l'indennità di rischio infettivo in maniera del tutto indiscriminata andava ricercata – prevalentemente - nelle pressanti richieste delle componenti sindacali, tese ad ottenere una applicazione estensiva del principio. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]
Corte dei Conti – Sez. Giur. Regione Campania, sent. n. 12 del 15.01.2009
omissis
ritenuto in
FATTO
1. Con citazione depositata presso questa Sezione Giurisdizionale il giorno 28 dicembre 2007, ritualmente notificata, la Procura Regionale della Corte dei Conti per la Campania conveniva in giudizio i sigg. R. C., V. A., D. C., V. M., F. T., A. R., F. B., G. G., per sentirli condannare al pagamento, in favore della A.S.L. CE/1, della complessiva somma di euro 813.061,20, da ripartirsi pro quota, oltre rivalutazione monetaria, interessi legali e spese di giustizia.
Veniva contestato ai predetti soggetti di aver cagionato all’ente di appartenenza - a titolo di colpa grave e nell'esercizio delle funzioni rispettivamente svolte di Direttore Generale, Direttore Amministrativo, Direttore responsabile del Servizio Gestione Risorse Umane - un danno patrimoniale (come sopra quantificato) consistente nell’indebita corresponsione al personale infermieristico, dal 2002 al 2006, dell’indennità di rischio di malattia infettiva prevista dall’art. 44, comma 6, lett. c) del CCNL 94/97.
2. Dagli atti di causa risulta che, a seguito d’istruttoria amministrativa, il requirente presso questa Sezione giurisdizionale provvedeva a notificare invito ex articolo 5 legge n. 19 del 1994 ai sigg. F. T., A. R., A. A., F. A. B., G. G., G. G., G. D. ritenendoli responsabili del danno - per la causale sopra individuata - quantificato nel maggior importo di euro 1.023.716,52; acquisiva, quindi, le documentate controdeduzioni dei predetti e riteneva di estendere le contestazioni ad altri soggetti (R. C., V. A., D. C., V. M.).
La complessità dell'attività istruttoria determinava il suddetto organo a depositare una prima istanza di proroga (datata 20 aprile 2007) del termine per l'emissione della citazione cui seguivano una seconda (del 20 luglio 2007) ed una terza istanza (2 novembre 2007), tutte accolte con decreti del Presidente di questa Sezione giurisdizionale nn. 12/2007, 17/07 e 232/07.
La domanda risarcitoria di cui è causa, veniva, conclusivamente, formulata nei soli confronti dei direttori generali, direttori amministrativi, direttori del servizio risorse umane nel periodo 2001-2006 e ridimensionata, quanto all'importo, in euro 813.061,20.
3. Nel merito, la Procura rappresentava che, con atto n. 864 del 20.12.2000, il Direttore Generale (dott. F. T.) aveva riconosciuto e deliberato - a seguito di un incontro (in data 12.9.2000) tra la dirigenza ASL CE 1 e le OO.SS. del comparto e sulla scorta dei pareri del Direttore Amministrativo (dott. A. R.) e del Direttore Sanitario (dott. A. A.) - la spettanza e la conseguente erogazione della precitata indennità a personale non espressamente ricompreso nella norma di riferimento.
Sottolineava, al proposito, che l’art. 44 cit., al comma 6, prevedeva che il beneficio in questione fosse erogabile al personale infermieristico per ogni giornata di effettivo servizio prestato nei servizi di malattie infettive e che altri operatori del ruolo sanitario ne potessero godere limitatamente ai giorni in cui avessero prestato un intero turno lavorativo nei servizi di riferimento”.
Riteneva, altresì, che il quadro normativo escludesse l’estensione di tale beneficio al personale infermieristico operante in altri servizi (terapie intensive, sale operatorie, terapie sub-intensive, servizi di Nefrologia e Dialisi) nonché al personale “dei Servizi equiparabili al Servizio di Malattie Infettive e cioè Ser.T., Pronto Soccorso e Laboratorio di Analisi Ospedaliero ed Ematologia” in quanto l’indennità giornaliera di cui trattasi risultava collegata alla effettiva prestazione di particolari mansioni svolte in specifici reparti sanitari di cura per patologie diagnosticate come infettive, malattie puntualmente elencate nel DM 10/3/1983 e successive modificazioni e integrazioni.
Rilevava, quindi che - come comunicato con nota della Guardia di Finanza n. 452846 del 23.5.2006 – i reparti di malattie infettive erano allocati esclusivamente in alcuni nosocomi regionali [Azienda Ospedaliera Cotugno (NA); Università di Studi di Napoli – Federico II (NA); I° Università di Napoli – ex I Policlinico (NA); Azienda Ospedaliera Rummo (BN); - Azienda Ospedaliera San Sebastiano di Caserta (CE); Azienda Ospedaliera Moscati (AV); Presidio Ospedaliero di Eboli (SA)] e che, quindi, l’Azienda Sanitaria Locale CE 1 non disponeva di tali reparti né di altri equipollenti così come individuati dai richiamati decreti ministeriali.
Concludeva ritenendo che l’indennità in parola fosse stata illegittimamente assegnata al personale operante nel Ser.T., Pronto Soccorso, Laboratorio di Analisi ed Ematologia, (servizi nei quali il personale è sottoposto al rischio generico del contagio della malattia infettiva, ove sia scoperto, nel corso del ricovero, che il paziente ne sia affetto, ma non al rischio reale esistente nei servizi di malattie infettive ove sono ricoverati pazienti cui sia stata già fatta la diagnosi della malattia stessa) con un indebito esborso a tale titolo – a decorrere dal gennaio 2001 – dei seguenti importi.
ANNO |
Importo in Euro |
N O T E |
2001 |
156.650,76 |
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2002 |
203.711,64 |
|
2003 |
201.859,20 |
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2004 |
214.748,88 |
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2005 |
174.867,24 |
|
2006 |
71.878,80 |
Mesi di Gen., Feb., Mar., Apr., Mag.. |
TOTALE |
1.023.716,52 |
|
Parte attrice riduceva, comunque, il danno addebitabile in euro 813.061,20 individuandolo nella sommatoria delle indennità corrisposte dal 2002 al maggio 2006, comprensiva, per quanto attiene all'indennità erogata al personale del SER.T. degli importi liquidati a decorrere dal 2004.
La liquidazione degli emolumenti – elargiti indiscriminatamente – sarebbe stata, dunque, causata dalla condotta delle persone convenute in giudizio “le quali avrebbero dovuto, dapprima, impedire gli esborsi e, comunque, verificare e vigilare sulla corretta e, si aggiunge, perequata spesa in materia di personale, anche sulla scorta del principio generale di cui all’art. 40, secondo comma, c.p. secondo il quale non impedire un evento, sulla verificazione o meno del quale si ha specifico potere conferito dalla legge (su questo si veda il menzionato art. 3 del d.lgs. 229/99), equivale a cagionarlo. Cosa assolutamente verificabile, quantomeno anno per anno, in occasione della redazione del bilancio e dell’esame delle singole componenti retributive stipendiali (che, come è noto, sono un aspetto che incide in maniera notevolissima sulla gestione finanziaria di una Azienda)” (citaz.).
L'illecito erariale veniva quindi contestato a titolo di colpa grave in ragione della consapevolezza, da parte degli organi di vertice della ASL della specificità del beneficio economico.
La Procura riteneva, comunque, che fosse scusabile l'errore in cui erano incorsi quanti avevano consentito l'erogazione dell'indennità in parola al personale in servizio nei Ser.T. per la presenza di utenti affetti da HIV ed epatite C in mancanza di previsione normativa di un'indennità al ristoro dei rischi professionali degli operatori dei servizi in questione.
Ciò, però, limitatamente al periodo dal 2001 fino all'aprile del 2004 quando il c.c.n.l. Comparto sanità del 19 aprile 2004 espressamente prevedeva che “ a decorrere dall’1 gennaio 2003, al personale addetto ai Ser.T. in via permanente, indipendentemente dal ruolo di appartenenza, compete un'indennità giornaliera per ogni giorno di servizio prestato …(citaz.).
I soggetti responsabili dell'indebito esborso venivano quindi individuati nei:
A. Direttori generali ASL Ce 1, dott. F. T. e F. A. B. per non aver attivato, nell'ambito dei poteri di gestione e delle funzioni di indirizzo politico strategico dell'azienda (art. 3 d.lgs 229/99), le misure idonee a non consentire l'illegittima erogazione dell'indennità (tenuto conto dell'interpretazione autentica del dicembre 2001 e dell'articolo 27 del nuovo c.c.n.l.). A costoro spettavano, anche, le funzioni di controllo relative alla corretta ed economica gestione delle risorse attribuite, a garanzia dell'imparzialità e del buon andamento dell'azione amministrativa;
B. Direttori amministrativi dottor A. R. e G. G., per non aver attivato ogni idonea iniziativa per impedire l'illegittima erogazione dell'indennità e ciò nell'ambito dei poteri loro affidati d’indirizzo e controllo sugli aspetti giuridico - amministrativi ed economico-finanziari dell'azienda, volti ad assicurare l'imparzialità e il buon andamento dell'azione amministrativa;
C. Direttori del servizio di gestione delle risorse umane, dottori R. C. limitatamente ai periodi 29 gennaio 2002 - 31 luglio 2002, 1 marzo 2004 - 31 maggio 2004, 1 ottobre 2004 - 28 febbraio 2005 e 24 gennaio 2006 - 31 maggio 2006, V. A., per il periodo 1 agosto 2002 - 28 febbraio 2004, D. C., per il periodo 1 giugno 2004 - 30 settembre 2004, V. M., per il periodo 1 marzo 2005 - 23 gennaio 2006, per non aver posto fine, nell'ambito dei propri poteri gestionali, all'assegnazione dell'indennità contestata, proponendo una rinnovata istruttoria almeno successivamente all'entrata in vigore dell’art. 27 del c.c.n.l. del 2004.
Viceversa, veniva esclusa ogni responsabilità dei direttori sanitari in ragione dei compiti prettamente tecnico sanitari e igienico – organizzativi – affidati ai medesimi.
La contestata responsabilità veniva dunque imputata a titolo di colpa grave e “a ciascuno per la parte presa nella causazione del danno, secondo i vari periodi di formazione dello stesso e, conseguentemente, di erogazione delle singole indennità, risultando grave la negligenza e-o l'imperizia dimostrata da ognuno nell'adempimento dei propri compiti istituzionali. Salvo diverso apprezzamento del collegio, si ritiene pari l'apporto causale di ciascun convenuto nella concorrente responsabilità afferente l'erogazione di ogni singola mensilità di indennità nei vari periodi di incarico" (citaz.).
4. Con memoria depositata in data 16 ottobre 2008 si costituiva in giudizio, per il tramite del Prof. Avv. Laura Foglia, il dottor A. V. il quale, nel far riferimento all'atto aziendale dell'ASL Caserta 1 ed alla delibera del Direttore generale n. 864 del 20 dicembre 2000, rilevava che è il dirigente sanitario responsabile del Presidio Ospedaliero a gestire, in concorso con il direttore amministrativo, l’ allocazione del personale sanitario – amministrativa e quindi a controllare le specifiche, mutevoli condizioni di lavoro dei dipendenti, compresi, quindi, quelle degli infermieri.
Questi respingeva ogni contestazione, ritenendo che non potesse essergli imputata alcuna omissione di controllo, nessun comportamento gravemente colposo e, di conseguenza, il prodursi del danno erariale.
Sul punto evidenziava che, con nota del 14 ottobre 2002 n. 8412, aveva chiesto al responsabile del settore se il trattamento economico del personale fosse erogato nel rispetto della posizione giuridica rivestita dai dipendenti e secondo le vigenti disposizioni contrattuali in materia, ma che non gli erano state segnalate irregolarità.
Rilevava, inoltre, che non poteva ritenersi sussistente l’elemento oggettivo della responsabilità in quanto la perdita finanziaria doveva ritenersi meramente ipotetica stante il recupero (ancora in corso) – da parte dell'azienda sanitaria - delle somme illegittimamente erogate per il titolo in parola.
Concludeva, chiedendo una pronuncia di inammissibilità della domanda giudiziale per infondatezza della stessa e, in subordine, l’ applicazione dell'articolo 1, comma 231, della legge 266/2005 con quantificazione del danno imputabile nei limiti del 10%.
5. Si costituiva in giudizio, con il patrocinio degli avvocati Giuseppe Ceceri ed Arturo Testa, il dottor F. T. il quale affermava l'assenza di responsabilità, ed in particolare la mancanza dell’elemento soggettivo della colpa grave, per la difficile e controversa interpretazione dell'articolo 44, comma 6, lettera C. del ccnl 94/97 (interpretazione estensiva avvalorata e reiteratamente auspicata dal responsabile del Ser.T. nonché dai direttori amministrativo e sanitario della ASL Ce 1).
Quanto all'ambito di applicazione della predetta indennità, rilevava che l'accordo sull’interpretazione autentica del citato articolo 44 fornita dall’ARAN (cui fa riferimento la Procura del proprio atto di citazione) era esclusivamente una ipotesi di interpretazione (e dunque inefficace in quanto mai approvata da tutte le associazioni di categoria firmatarie dell'originario contratto collettivo nazionale di lavoro 94/97) e che il contrasto interpretativo della norma si era risolto soltanto all'esito del verbale ARAN del 19 luglio 2006.
E, infatti, dopo appena quattro mesi dalla pubblicazione della relazione di accompagno predisposta dall'Aran ai sensi dell'art. 64 decreto legislativo n. 165 del 2001, l’A.S.L. Ce 1 aveva sospeso l'erogazione dell'indennità di rischio in parola ed aveva attivato l'iter per il recupero delle somme.
La difesa del convenuto escludeva la sussistenza di una condotta gravemente colposa del direttore generale (in considerazione della molteplicità e complessità delle attività poste in essere) e faceva presente che l'Azienda sanitaria aveva dato avvio ad un procedimento di recupero integrale delle somme erogate in eccesso (delibera del 18 aprile 2007 n. 200), comprensive di interessi legali e rivalutazione monetaria.
Concludeva per l’assoluzione del suo assistito e, in via del tutto subordinata, chiedeva al Collegio di esercitare il proprio potere riduttivo.
6. Con memoria del 17 ottobre 2007 si costituiva in giudizio il dottor M. V. il quale contestava la ricostruzione della vicenda operata dalla Procura rilevando, anch’esso, che l'atto deliberativo n. 864 del 20 dicembre 2000 era stato revocato (limitatamente alla parte concernente l'indennità di cui all'articolo 44, comma 6, del CCNL - comparto sanità 1994 -1997), che l’Amministrazione stava recuperando quanto percepito impropriamente dai dipendenti (non operanti in servizi di malattie infettive e discipline equipollenti) e che l’avvio del procedimento di recupero aveva determinato il venir meno dei requisiti della concretezza e dell'attualità del danno.
Chiedeva, conclusivamente, la reiezione della domanda risarcitoria rilevando che non rientrava nelle proprie funzioni alcuna attività di verifica e controllo essendo questa di competenza dell'area funzionale economico - finanziaria.
7. Con memoria datata 14 ottobre 2008 si costituiva in giudizio il dottor C. R., patrocinato dagli avvocati Marco Cocilovo e Mauro Di Monaco, il quale rilevava che l'erogazione dell’indennità di rischio di malattia infettiva prevista dal già citato art. 44, comma 6, lettera C. avveniva esclusivamente in esecuzione dei provvedimenti del direttore generale e del responsabile del servizio di gestione risorse umane ed in base alle comunicazioni provenienti dai dirigenti responsabili dei Presidi ospedalieri e strutture periferiche della ASL.
Orbene, il fatto causativo del danno, a suo avviso, era da collegarsi essenzialmente all'assunzione dell’atto deliberativo del 2000 e, di conseguenza, doveva ritenersi indubitabile l’applicazione dell'istituto estintivo della prescrizione per il periodo contestato al dottor C..
In ogni caso, quanto all’elemento soggettivo della responsabilità, faceva presente che aveva svolto le proprie funzioni in sostituzione del responsabile del servizio personale e quindi senza alcun passaggio di consegne e senza alcun ragguaglio circa le problematiche inerenti l'erogazione dell'indennità in esame.
Respingeva, conclusivamente, gli addebiti per mancanza sia dell'elemento oggettivo della responsabilità (in quanto è in corso il recupero degli emolumenti erogati) e sia di quello soggettivo per difficoltà e contrasti interpretativi.
Concludeva affinché, in via principale, previa chiamata in causa dei dirigenti amministrativi e sanitari dei vari presidi ospedalieri e strutture periferiche della ASL di Caserta 1, fossero respinti integralmente gli addebiti e le contestazioni contenute nella domanda attorea. Chiedeva, in via subordinata, l’applicazione del potere riduttivo, considerando il minor grado di responsabilità del convenuto a cui rapportare l'eventuale risarcimento.
8. Con memoria del 10 ottobre 2008 si costituiva in giudizio il dottor F. A. B., difeso dall'avvocato Paolo Di Martino.
Il convenuto respingeva l'impostazione accusatoria ritenendola palesemente infondata.
Nel sottolineare che, una volta informato dai settori preposti, aveva disposto il recupero delle indennità di rischio nei confronti del personale infermieristico non addetto ai servizi di malattie infettive, rilevava, inoltre, che la responsabilità del direttore generale deve essere, comunque, considerata con riferimento a parametri normativi e regolamentari che dettagliano le sue attribuzioni specifiche.
Di conseguenza, non poteva essergli addebitato né alcun risultato negativo della gestione o mancato raggiungimento degli obiettivi prefissati né comportamenti gravemente colposi.
Concludeva ritenendo la pretesa accusatoria inammissibile e infondata ed evidenziando che non sussiste alcun danno erariale in quanto la ASL Caserta
Chiedeva, comunque, l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei dirigenti responsabili della U.O.C. Servizio finanziario negli anni considerati dal requirente e, nel merito, la propria assoluzione.
In via subordinata, chiedeva un rinvio del giudizio a data successiva alla definizione del procedimento amministrativo di recupero.
Il convenuto, quale direttore amministrativo della ASL Caserta 1 dal febbraio 2004, non appena insediatosi chiedeva al responsabile del servizio G.R.U. la stesura di una relazione sullo stato di applicazione degli istituti contrattuali – dirigenza e comparto, relazione che non evidenziava alcuna problematica in merito alla gestione delle risorse umane.
Rilevava che, secondo l'organizzazione normativa delle aziende sanitarie e delle attribuzioni del direttore amministrativo, non rientrava nelle sue funzioni verificare se le delibere approvate dal precedente management (e mai impugnate) fossero legittime o meno ed impedire, in presenza di delibere mai contestate (…) e di accordi sanciti (in materia di personale del comparto) a livello di contrattazione decentrata, l'erogazione di emolumenti delegata al controllo dei dirigenti preposti ai vari Presìdi ospedalieri.
10. Con memoria di costituzione, anche il dottor A. R. respingeva le contestazioni contenute nell'atto di citazione inerenti la mancata assunzione di un parere, quale direttore amministrativo, sulla delibera del direttore generale n. 864 del 20 dicembre 2000 e sul precedente verbale di incontro sindacale del 12 settembre 2000.
Rilevava, al proposito che con la definitiva chiusura dell'iter di contrattazione integrativa, le cui risultanze sono trasposte nella delibera numero 864 /2000, il dottor R. non aveva alcun potere né, a maggior ragione, alcun obbligo di intervenire a modifica dei criteri adottati dalle parti contrattuali ….. non aveva nemmeno le specifiche competenze per contestare le determinazioni assunte in sede di contrattazione integrativa posto che quest'ultima presuppongono conoscenze in campo strettamente medico necessarie per correttamente valutare l'incidenza del rischio effettivo e non servizio sanitario piuttosto che un altro.
Confutava, quindi, l'impianto accusatorio sia per quanto concerne il profilo della sussistenza dell'elemento psicologico sia con riferimento al connotato oggettivo della definitività del presunto danno erariale (essendo in corso una procedura di recupero delle indennità di rischio i cui importi sono stati addebitati ai convenuti). Eccepiva, in ogni caso, la prescrizione quinquennale del diritto al risarcimento del danno erariale a partire dalla data di adozione della delibera n. 864 più volte citata.
11. Non si costituiva in giudizio il dott. D. C., Dirigente responsabile del Servizio Gestione Risorse Umane della ASL dal 1.6.2004 al 30.9.2004.
12. All'odierna udienza, l’avv. Ceceri per il Direttore Generale dott. T. ha illustrato le proprie argomentazioni difensive e ha insistito sulla mancanza dell'elemento soggettivo della colpa grave per la difficile e controversa interpretazione della norma rilevando, in ogni caso, che – in ipotesi di condanna - il danno addebitabile deve essere limitato al solo periodo di carica.
L'avvocato Di Martino per il direttore Generale dott. B. ha chiesto che venga disposta l'integrazione del contraddittorio nei confronti dei dirigenti responsabili della U.O.C.. Ha, comunque, concluso per l’assoluzione del comparente per mancanza di una condotta gravemente colposa posto che, una volta a conoscenza della vicenda, aveva disposto prontamente il recupero degli emolumenti.
L'avvocato Mario Romano per il direttore amministrativo A. R. ha respinto ogni addebito mentre l'avvocato Mario Valentino per il dottor G. G. ha sostenuto che - nei confronti del proprio assistito - non è stata fornita la prova della conoscenza del fatto e che, in ogni caso, le iniziative auspicate dalla Procura non rientravano nella competenza del direttore amministrativo.
Gli avvocati Di Monaco per il dott. C., Foglia per il dott. A. e Landolfi per il dott. M. hanno insistito per l’assoluzione dei loro assistiti, come da conclusioni scritte.
Il rappresentante del pubblico ministero si è riportato alle precedenti decisioni di questa Sezione Giurisdizionale in materia ed ha rilevato che il recupero della sorte capitale in sede amministrativa non esclude la pronuncia di condanna nei confronti dei convenuti potendosi eventualmente procedere alle opportune decurtazioni dell'addebito in sede esecutiva.
DIRITTO
L'eccezione dev’ essere disattesa.
Al riguardo si osserva, in linea con la giurisprudenza ormai consolidatasi sul punto, che il dies a quo del termine di prescrizione dell'azione di responsabilità decorre non tanto dall’assunzione delle delibere con cui vengono disposte spese a carico dell’ente quanto dal momento in cui l'ente pubblico, per effetto di ciò, ha effettivamente subìto un depauperamento alle proprie finanze.
Risulta, pertanto, evidente che il danno erariale diventa certo ed attuale al momento dell’effettivo esborso e che, “poiché il danno da risarcire deriva dall'effettivo depauperamento e si identifica con esso ed inoltre nei casi di debenza di una somma di denaro, esso si verifica con l'esborso della somma non dovuta, è solo da questo momento che all'(asserito) obbligo di pagare consegue il danno azionabile con il correlativo sorgere dell'interesse ad agire. Prima del pagamento vi è solo una situazione di danno potenziale che, proprio perché tale, può anche non attualizzarsi per vicende successive“ (Corte dei Conti SSRR dec. n. 7/QM/2000).
Con riferimento, pertanto, alla pretesa risarcitoria fatta valere dalla Procura attrice identificabile nell’indebita erogazione dell’ indennità di rischio per il periodo 2002 – 2006, questa Sezione ritiene che il decorso del termine di prescrizione quinquennale (ai sensi dell'art. 1, comma 2 e 2 bis, della legge 14 gennaio 1994, n. 20, modificato e sostituito dall'art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543 conv. in L. 20 dicembre 1996 n. 639) non può ritenersi decorso- tenuto conto dell'efficacia interruttiva dell’atto di invito (come riconosciuto dalle Sezioni Riunite di questa Corte con dec. nn. 14/2000/QM, n. 6/2003/QM, n. 1/2004/QM e n. 4/2007) e della data di ogni singola erogazione.
2. Quanto alla richiesta di integrazione del contraddittorio formulata nei confronti dei dirigenti amministrativi e sanitari dei vari Presidi ospedalieri e strutture periferiche della ASL Caserta 1, nonché dei dirigenti responsabili della UOC -Servizio economico finanziario della ASL Caserta 1, questa non è meritevole di accoglimento.
In proposito, si osserva come parte della giurisprudenza di questa Corte ritenga che, anche dopo la modifica dell’art. 111 della Costituzione (introdotta dalla legge cost. 23 novembre 1999 n. 2), permanga in capo al giudice contabile – nell’ambito del potere sindacatorio riconosciutogli dall’ordinamento – il potere di ampliare l’ambito soggettivo del giudizio attraverso l’ordine rivolto al PM di integrare il contraddittorio con la chiamata in causa di soggetti che ne erano rimasti estranei sia ai sensi dell’art. 107 c.p.c. sia dell’art. 102 c.p.c., essendo tale potere espressamente previsto dall’art. 47 del R.D. del 13 agosto 1933 n. 1038 e dal rinvio operato dall’art. 26 del predetto regolamento alle norme del codice di procedura civile (Sez. Giurisd. Veneto n. 1158 del 7 dicembre 2006).
Altra giurisprudenza di questa Corte, da ritenersi preferibile in ragione delle peculiarità che connotano il processo di responsabilità amministrativo - contabile, considera, viceversa, che “il principio della terzietà del giudice e l’intangibilità delle garanzie della difesa, come recentemente riaffermate dal novellato art. 111 Cost., escludano che il giudice contabile possa, avvalendosi del c.d. potere “sindacatorio”, chiamare d’ufficio in causa soggetti che ritenga, anche soltanto in via di mera ipotesi, corresponsabili del danno contabile dedotto in giudizio, posto che l’apporto causale di questi ed il grado di colpevolezza della rispettiva condotta possono essere valutati nel processo contabile in via soltanto incidentale ed al solo fine di meglio quantificare la quota di danno ascrivibile effettivamente ai convenuti” (Sez. III centrale, 1° aprile 2003 n. 137/A).
Orbene, tanto considerato questo Collegio ritiene che l’esercizio del potere di integrazione del contraddittorio si giustifichi soltanto nelle ipotesi in cui diritti ed obblighi facenti capo a più soggetti confluiscano in un rapporto strutturalmente unitario, necessariamente oggetto di una pronuncia giudiziale unica.
“Il litisconsorzio necessario è – in altri termini - il riflesso processuale dell’inscindibilità della situazione controversa facente capo a più persone le quali proprio per l’indissolubile legame giuridico che le unisce, devono necessariamente agire o essere convenute nel medesimo processo” (Sez. Giurisd. Molise, sentenza n. 110 del 2001).
Tali condizioni non si realizzano nella presente fattispecie e, pertanto, questa Sezione ritiene di non allargare il contraddittorio nei confronti dei soggetti specificatamente elencati ed individuati dalla difesa dei convenuti riservandosi - qualora sia individuabile una loro partecipazione concausale all’evento lesivo – di tenerne doverosamente conto – in caso di condanna dei soggetti citati in giudizio - nella quantificazione e ripartizione del danno da addebitare.
3. Quanto all'istanza – formulata, in via subordinata, dal difensore del dottor A. V. - volta ad ottenere (in caso di condanna) la quantificazione del danno imputabile nella misura del 10% ai sensi dell'articolo 1, comma 231, della legge 266/2005, si osserva che l'ambito di applicazione della predetta normativa è limitato ai soli giudizi di impugnazione e presuppone che vi sia già stata una pronuncia di condanna in primo grado, ipotesi che, evidentemente, non si verifica nel caso di specie.
L'inapplicabilità della disposizione in parola si evince chiaramente dal testo della stessa e di seguito si riporta: "231. Con riferimento alle sentenze di primo grado pronunciata nei giudizi di responsabilità dinnanzi alla corte dei conti per fatti commessi antecedentemente alla data di entrata in vigore della presente legge, i soggetti nei cui confronti sia stata pronunciata sentenza di condanna, possono chiedere alla competente sezione d'appello, in sede di impugnazione, che il procedimento venga definito mediante il pagamento di una somma non inferiore al 10% e non superiore al 20% del danno quantificato nella sentenza. "
4. Nel merito, il Collegio deve considerare la sussistenza degli elementi richiesti dalla legge per il configurarsi delle responsabilità amministrative contestate con l’atto introduttivo di giudizio ed, in primis, l'elemento oggettivo e cioè l'effettivo prodursi di un danno pubblico, valutandone, quindi, l'entità alla luce delle risultanze probatorie prodotte in causa.
Dall'esame degli atti, emerge con chiarezza che l'intera vicenda descritta in parte di fatto ha senz'altro determinato un danno ingiusto ed evitabile per l’ASL Ce 1, pur se a tutt'oggi in fase di recupero.
Al riguardo, va considerato il quadro normativo di riferimento ed, in primis, l'articolo 44, 6 comma, lett. C del CCNL - comparto sanità del 1 settembre 1995. La norma, testualmente, prevede:
“Al personale infermieristico competono altresì le seguenti indennità per ogni giornata di effettivo servizio prestato:
a) nelle terapie intensive e nelle sale operatorie: £. 8.000;
b) nelle terapie sub-intensive individuate ai sensi delle disposizioni regionali e nei servizi di nefrologia e dialisi £. 8.000;
c) nei servizi di malattie infettive £. 10.000.”
La medesima disposizione, al nono comma, stabilisce, inoltre, che “in contrattazione decentrata, nei limiti delle disponibilità disposte di cui all’art. 43 comma 2, punto 2, possono essere individuati altri operatori del ruolo sanitario ai quali corrispondere l’indennità giornaliera prevista al comma 6, limitatamente ai giorni in cui abbiano prestato un intero turno lavorativo nei servizi di riferimento”, e dunque, nei servizi di malattie infettive.
Ed ancora, al 10º comma del medesimo articolo, “ le indennità previste nei commi 6 …. non sono corrisposte nei giorni di assenza dal servizio a qualsiasi titolo effettuata, salvo per i riposi compensativi”.
Orbene dalla lettura della disposizione di riferimento, risulta evidente che l’indennità in esame compete esclusivamente al personale infermieristico assegnato ai “servizi di malattie infettive” e dunque a coloro che prestano servizio in reparti di malattie infettive, reparti cioè ove sono ricoverati pazienti la cui malattia è già stata diagnosticata come infettiva, “condizione che presuppone la continuità del contatto con i bisogni terapeutici dei pazienti stessi e l'attuazione delle misure assistenziali idonee a soddisfarle (citaz.)..
Come osservato dalla Procura con proprio atto introduttivo di giudizio, il citato art. 44, comma 6, lettera c., del CCLN. Del 1/9/1995 riproduce, inoltre, in maniera pressoché pedissequa, il contenuto dell’art. 49 del DPR n. 384/1990 (precedente CCNL). Tale disposizione era già stata interpretata con nota n. 78278 del 2/8/1991 dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri la quale ne aveva chiarito la portata applicativa ed aveva fugato ogni dubbio sul significato della “dizione malattie infettive”, da intendersi – come chiarito - in senso tecnico e cioè come disciplina clinica di malattie infettive prevista dal D.M. 31/3/1983 e successive modificazioni.
In tale ottica, sia il D.M. del 1983 che il successivo D.M. del 30/1/1998 espressamente specificavano che non solo la definizione di “malattia infettiva” è di competenza del Ministero della Salute e non delle parti negoziali, ma che le individuate equipollenze dovevano ritenersi tassative e riferirsi esclusivamente ai servizi presso la clinica delle malattie infettive, la clinica delle malattie infettive e Tropicali, le malattie infettive Tropicali, la parassitologia clinica e virologia clinica e le relative scuole (circolare della Presidenza del Consiglio n.88392 del 2/6/1992).
Tali principi trovavano conferma nell’ ipotesi di accordo sull’ interpretazione autentica della norma di riferimento sottoscritta, in data 4 dicembre 2001, dall’ARAN e dalla quasi totalità delle organizzazioni e confederazioni sindacali, accordo che, pur non vincolante (per mancata sottoscrizione), risultava pienamente in linea con la normativa testè indicata, come di seguito si evidenza:
- la dizione “malattie infettive” deve essere intesa nel senso tecnico della disciplina clinica di malattie infettive prevista dal d.m. 10.3.1983 e succ. mod e integr e di quelle equipollenti;
- la definizione di malattie infettive e l’individuazione delle equipollenze è di competenza del Ministero della Salute e non delle parti negoziali;
- l’indennità non è correlata al numero degli infermieri operanti in tutti i servizi e, quindi, sottoposti al rischio generico di poter contrarre il contagio di una malattia infettiva, ove sia scoperto – nel corso del ricovero – che il paziente ne sia affetto, ma solo al numero degli operatori sottoposti al rischio reale esistente nei servizi di malattie infettive, in quanto specialità medica individuata dal d.m. del 10.3.1983, servizi ove sono ricoverati pazienti la cui malattia è già stata diagnosticata;
- l’indennità all’esame di lire 10.000 per ogni giornata di effettivo servizio spetta conclusivamente ed esclusivamente al personale infermieristico operante nei servizi di malattie infettive e discipline equipollenti così come individuati dal d.m. del 10.3.1983 e successive modificazioni ed integrazioni.
Aspetto fondamentale dell'indennità in parola (vedasi circolare Ministeriale 28/3/1991) è, pertanto, l’effettività del servizio (in servizi di malattie infettive), presupposto che comporta una specifica e reiterata attività di verifica, prodromica alla erogazione dell’emolumento in parola.
Orbene, la Procura ha quantificato il danno derivato alla ASL Ce
Al riguardo, il requirente ha ritenuto che “in ragione della presenza nei Ser.T. anche di utenti affetti da HIV ed epatite C e della contemporanea assenza di previsione normativa di un’indennità a ristoro dei rischi professionali degli operatori dei servizi in questione, ritiene la Procura che possa qualificarsi scusabile l’errore in cui sono incorsi quanti hanno assegnato o consentito l’erogazione dell’indennità in parola prima del 2001 e anche successivamente, ma solo sino all’aprile del 2004, quando con il c.c.n.l. comparto Sanità del 19.4.2004, all’art. 27, si è previsto che “a decorrere dall’1 gennaio 2003, al personale addetto ai Ser.T. in via permanente, indipendentemente dal ruolo di appartenenza, compete un’indennità giornaliera per ogni giorno di servizio prestato (…)”. In tale momento, infatti, e nella vigenza della nuova normativa, la questione dell’applicabilità o meno dell’indennità ex art. 44, comma 6, lett. C, al personale operante nei Ser.T, avrebbe dovuto esser riaperta, essendo chiaro che, per il rischio professionale di quel dato personale, era stato istituito specifico trattamento accessorio e che il mantenimento dell’indennità erogata ai sensi del contratto del 1995 (almeno) a quel punto non aveva più senso (e fumus di legittimo fondamento).
L'importazione accusatoria, come sopra riportata, appare condivisibile anche in considerazione di quanto affermato dall’ARAN in data 26.5.2005 (su un quesito posto dall’ASL NA 2) secondo cui “l’indennità SERT”, prevista dall’art. 27 del c.c.n.l. 2002-2005, da non confondersi con quella prevista dall’art. 44, comma 6, lett. c, del c.c.n.l. del 1°.9.1995, spettante esclusivamente al personale operante nei servizi di malattie infettive e discipline equipollenti, non è cumulabile con quest’ultima (ma sì con tutte le altre, ex art. 44 del contratto del 1995, relative ai turni ove spettanti al personale operante nei Ser.T.)”.
Il contesto normativo, come sopra illustrato, induce questo Collegio a ritenere che non sia ragionevolmente possibile configurare una difficoltà interpretativa della disposizione di cui è causa e che, in realtà, nulla legittimava seriamente la liquidazione a tappeto dell'indennità di rischio al personale che prestava servizio presso reparti non definibili come reparti di malattie infettive o equipollenti.
Ne consegue che l’erogazione dei predetti emolumenti va configurata come danno pubblico e ben può essere quantificato negli importi indicati nell’atto introduttivo di giudizio; il danno nocumento erariale ammonta, quindi, secondo i criteri adottati in citazione, in euro
5. Quanto al nesso di causalità e alla sussistenza del rapporto di servizio è evidente che il nocumento alle finanze della ASL CE 1 deriva proprio dall’indebita erogazione, al predetto personale dipendente, dell'indennità di cui all'articolo 44, sesto comma, lettera c. e che la Procura ha inteso addebitare il predetto danno ai vertici amministrativi dell'azienda sanitaria e quindi a coloro i quali, inseriti nelle posizioni maggiormente rilevanti dell'apparato organizzativo (direttore generale, direttore amministrativo e responsabile G.R.U.), si trovavano - nell'ambito delle rispettive competenze – a dover individuare un ragionevole indirizzo politico amministrativo e a gestire e controllare le erogazioni retributive del personale aziendale.
In tale ottica va, pertanto, escluso l’apporto causale (al prodursi del danno) di altri soggetti (quali i dirigenti dei Presidi ospedalieri e strutture periferiche della ASL) i quali davano mera esecuzione ai provvedimenti e indirizzi assunti dalla Direzione generale, dagli organi gestori ed amministrativi di vertice.
6. Per quanto concerne, poi, la sussistenza dell'elemento soggettivo della responsabilità amministrativa contestato ai convenuti (e qualificato, necessariamente come gravemente colposo), il Collegio non può non riportarsi alle considerazioni generali e all’impostazione già espresse nella sentenza n. 1617 del 27 giugno 2008 di questa Sezione giurisdizionale, in fattispecie del tutto analoga.
Con la citata decisione il Collegio giudicante ha condiviso, innanzitutto, la distinzione operata dalla Procura tra gli istituti dell’ inquadramento e quello del sistema delle indennità di rischio ed ha affermato la responsabilità del management dell’Azienda sanitaria o Azienda Ospedaliera in relazione ad esborsi per emolumenti non dovuti al personale.
Al riguardo, ha evidenziato che “dalle norme contrattuali, poste a tutela di particolari condizioni di rischio, nasce non solo il divieto di effettuare spese non consentite, ma anche un preciso obbligo, a carico degli agenti pubblici preposti, di vigilanza sull’ attribuzione continuata dell'indennità in questione, giornaliera e dunque bisognevole di una verifica costante, o almeno periodica, circa il perdurare della sussistenza dei requisiti prescritti per il relativo riconoscimento. Mentre, infatti, l'inquadramento professionale retributivo del dipendente pubblico fa riferimento al fatto che con apposito atto deliberativo dell’ente di appartenenza egli è inquadrato nella progressione economica per posizioni stipendiati della corrispondente qualifica professionale del comparto di cui fa parte normativamente individuata, le indennità accessorie attribuibili al medesimo dipendente che concorrono a formarne lo specifico trattamento retributivo - trovano la propria fonte nel contratto collettivo nazionale, da applicare in sede decentrata, secondo principi rispondenti al sistema della privatizzazione del rapporto di lavoro, che nel caso delle attuali AA.SS.LL. ha avuto applicazione nel 1992, con il passaggio – appunto – alla configurazione aziendale.
Orbene, appare evidente che, in generale, nel riconoscimento di tali indennità accessorie a ciascun dipendente vi è la necessità di fare riferimento a specifiche mutevoli condizioni di lavoro; la spettanza dell’indennità di rischio di malattie infettive, oggetto del presente giudizio, in particolare, non può ritenersi automatica poiché correlata dall’accertata e circostanziata verifica degli aspetti di rischio da cui dipende, cioè è direttamente connessa alla destinazione del personale paramedico ad operare in reparti sanitari esposti ad uno specifico contagio.
(…) L'applicazione dell'indennità in parola, esplicitamente considerata di natura giornaliera, richiede una costante attenzione da parte dei contraenti, perché il controllo è esplicazione dell'esercizio dei diritti negoziali della parte interessata al più esatto corretto adempimento della disposizione contrattuale concordata. Ai vertici manageriali dell'azienda, in particolare, compete la gestione dei singoli rapporti che riguardano la relazione del datore di lavoro - lavoratore, di modo che ad essi è rimesso il costante controllo dell'esecuzione il tempo del contratto.
Da quanto finora esposto e riportato, risulta indubbio che spetta alla dirigenza non solo “promuovere la dinamicità interna delle organizzazioni connesse alla loro capacità di evolvere e di generare sempre nuove soluzioni”, ma soprattutto razionalizzare l'organizzazione dell'azienda, predisporre verifiche e vigilare costantemente al fine di garantire il contenimento delle risorse disponibili, con assunzione delle relative responsabilità.
Ed è proprio con particolare riguardo all’aspetto della responsabilità e della responsabilizzazione degli organi di governo della ASL che va data lettura all'articolo 3, commi 1°, bis, quater e quinquies, del decreto legislativo 30.12.1992 n. 517, come modificato dall’art. 3, D.lgs 21 dicembre 1999 n. 517 secondo il quale il direttore generale adotta l'atto aziendale di disciplina dell'organizzazione e del funzionamento dell'azienda sanitaria (comma 1 bis del medesimo articolo 3), è responsabile della gestione complessiva e della nomina dei responsabili delle strutture operative dell'azienda, venendo coadiuvato - nell'esercizio delle proprie funzioni e con condivisione di responsabilità - dal direttore amministrativo, dal direttore sanitario.
Quest'ultimi, nominati dal direttore generale, partecipano, unitamente a questi, (che ne ha la responsabilità), alla direzione dell'azienda, assumendo diretta responsabilità delle funzioni loro attribuite e concorrendo, con la formulazione di proposte di parere, alla formazione delle decisioni della direzione generale.
Ed è coerente con il suesposto principio di responsabilità per scelte di gestione anche del personale, che tutti i poteri riservati al direttore generale implichino e si fondino necessariamente su costanti verifiche, “valutazioni comparative dei costi, dei rendimenti e dei risultati”, in modo da garantire la corretta ed economica gestione delle risorse attribuite ed introitate nonché l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa” (art. 3, 6° comma, D.Lgs n. 502/1992 e succ. mod.)”.
Ciò rilevato in via generale, risulta evidente che la responsabilità dell'indebito esborso per le indennità di rischio di cui si controverte, contestata dalla Procura ai direttori generali (T. – B.), ai direttori amministrativi (R. – G.) e ai direttori del servizio Gestione delle Risorse Umane (C., A., C. e M.) trova il proprio fondamento nel ruolo e nelle funzioni svolte dai predetti così come disciplinate negli atti aziendali succedutisi nel tempo.
6.1. Quanto all’elemento della grave colpevolezza degli odierni convenuti, si osserva che la Procura ha imputato ai comparenti un’ingiustificata e grave negligenza in considerazione della chiarezza della disposizione normativa in applicazione, dell'esistenza del parere dell'Aran del 2001 (che - pur non sottoscritto da tutte le componenti sindacali - esplicitava il rigoroso ambito applicativo dell’art. 44, comma 6 cit.), delle evidenti conseguenze economico -finanziarie sul bilancio dell'azienda sanitaria e della circostanza che presso altre AA.SS.LL. o AA.OO. campane la suddetta indennità non veniva erogata in quanto valutata come non dovuta per mancanza di reparti di malattie infettive (come per la ASL CE 1).
Tale impostazione dev’ essere condivisa.
Al riguardo, va considerato che, nel periodo di riferimento (dal 2002 fino al recupero di indebite erogazioni nel 2006), l’interpretazione della norma contrattuale sopra citata doveva ritenersi ormai univoca e, di conseguenza, sussisteva un preciso obbligo per l’Azienda (anche nell’ipotesi di incertezza interpretativa) di non dar corso ad emolumenti che avrebbero comportato un rilevantissimo esborso di danaro pubblico. La ASL. “centro nevralgico di mediazione tra i bisogni di risanamento del deficit e di contenimento della spesa sanitaria, imposti dall’alto e le esigenze di miglioramento della qualità dei servizi…” (in tal senso art. 2 atto aziendale del 2002), non solo non avrebbe dovuto riconoscere l’indennità di cui trattasi al proprio personale, ma, in ogni caso, avrebbe dovuto adottare prontamente i necessari interventi correttivi.
Dalla documentazione depositata agli atti di giudizio emerge con chiarezza che la motivazione per la quale la dirigenza della Asl ebbe a riconoscere l'indennità di rischio infettivo in maniera del tutto indiscriminata va ricercata –prevalentemente - nelle pressanti richieste delle componenti sindacali, tese ad ottenere una applicazione estensiva della norma in esame.
Anche il responsabile del Ser.T. chiedeva più volte il riconoscimento dell'indennità in parola al personale paramedico ivi operante, ma mentre per tale servizio può riconoscersi - in linea con quanto rappresentato dalla Procura - la sussistenza, fino al 2004, di un errore scusabile nell’attribuzione dell’emolumento al personale occupato nel predetto servizio (condotta commissiva e/o omissiva non gravemente colpevole del management della ASL), non altrettanto può dirsi nei confronti dei paramedici occupati in altri reparti ai quali nulla spettava.
Con la previsione contrattuale di un’apposita indennità giornaliera di rischio per il personale SERT, dal maggio 2004, non doveva ritenersi ulteriormente ammissibile e giustificabile l'erogazione dell'indennità ex art. 44, comma 6, lett. C la quale doveva essere sospesa.
Secondo l’atto aziendale del 2002, dunque, spettava al direttore generale adottare " tutti gli atti relativi alla programmazione finanziaria di bilancio nonché procedere all’l'individuazione delle risorse umane materiali e finanziarie da destinare alle diverse finalità e alla loro ripartizione tra le strutture" (art. 4), al direttore amministrativo promuovere un'azione di “indirizzo/controllo sugli aspetti giuridico-amministrativi ed economici finanziari dell'azienda, per l'imparzialità ed il buon andamento dell'azione amministrativa” (art.6) e ai responsabili del servizio gestione del personale vigilare in ordine al trattamento economico del personale svolgendo, altresì, una funzione di supporto per l'indirizzo e il coordinamento delle attività dirette alla realizzazione delle strategie aziendali (art.13) come specificate all’art. 2 titolato “finalità e missione aziendale”.
Ciò rendeva doveroso per il direttore generale procedere ad una interpretazione rigorosa della norma contrattuale in ragione della sua incidenza sulla programmazione economica e di bilancio, per il Direttore Amministrativo esercitare il controllo sugli aspetti giuridico amministrativi ed economici finanziari della vicenda e per il responsabile del servizio amministrativo competente porre in essere un costante monitoraggio e verifica delle erogazioni in parola, segnalandone la criticità e problematicità.
Ne consegue che sia il direttore generale dott. T. (che ha assentito e consentito l’illegittima erogazione) e sia il direttore generale dott. B. (che ha disposto il recupero dell'indennità in parola a distanza di oltre due anni dalla sua nomina avvenuta il 17 novembre 2003) vanno ritenuti responsabili dell'indebito esborso dovendosi ravvisare nei loro confronti un comportamento gravemente negligente e inosservante dell'interesse alla corretta gestione delle risorse pubbliche.
Medesime considerazioni valgono anche per i direttori amministrativi, dott.ri R. A. (nelle funzioni fino al febbraio 2004) e G. G. i quali non hanno posto in essere alcuna attività volta a verificare la correttezza dell'assegnazione dell’emolumento, considerata la notevole incidenza dello stesso sulle finanze dell'Azienda sanitaria.
Per quanto concerne, infine, i responsabili del Servizio Risorse Umane succedutisi nel tempo, va rilevato che - pur avendo specifiche competenze sulla corretta formazione ed erogazione del trattamento economico di ciascun dipendente aziendale (atto aziendale del 2002) nonché specifiche responsabilità in ordine al rigoroso rispetto delle norme vigenti per quanto riguarda il corretto svolgimento del rapporto di lavoro del personale (atto aziendale 2004) -hanno tenuto anch’essi un comportamento ingiustificatamente inerte e non hanno svolto alcuna attività, ad essi espressamente demandata, volta ad evitare l’ingente spendita di danaro pubblico di cui è causa.
Anche successivamente all’adozione dell’atto aziendale del 2004 ( avvenuta con delibera n. 398 del 21.5.2004), infatti, i responsabili del Servizio Gestione Risorse del Personale avrebbero dovuto (nonostante le funzioni in materia di trattamento economico fossero state attribuite all’Area Funzionale Gestione Economico - Finanziaria) “collaborare alla realizzazione delle funzioni del controllo di gestione per gli aspetti attinenti all'allocazione delle risorse umane nei centri di costo e all'attuazione dei budget di risorse concordati” e “provvedere all'applicazione di tutti gli istituti normativi previsti sia dalle leggi vigenti che dalle norme contrattuali … per “il perseguimento del pieno rispetto della normativa e della contrattualistica vigente in materia”.
L’elemento della colpa grave va dunque ravvisato nel non aver posto in essere quegli “approfondimenti” in ordine alla corresponsione dell’indennità di cui trattasi che avrebbero evitato, per tempo, l’ingiustificato esborso di danaro pubblico. Tali “approfondimenti” venivano posti in essere dal dirigente del servizio G.R.U. (avendo acquisito copia dell’interpretazione autentica resa dall’ARAN in data 3 giugno 2002) soltanto nell’ottobre
7. Così valutata la sussistenza, in capo a tutti gli odierni convenuti, dell'elemento soggettivo della colpa grave nella produzione del danno quantificato al punto 4, va ora operata la ripartizione dello stesso e la quantificazione delle singole obbligazioni risarcitorie.
Al riguardo si osserva che, come evidenziato dalla difesa di tutti i convenuti, l'amministrazione ha proceduto e sta tuttora procedendo al recupero delle indennità illegittimamente erogate e che, come attestato con nota prot. 4830 del 9 ottobre
Sul punto va, innanzitutto, chiarito che la sussistenza di un procedimento di recupero e il reintegro rateale (da parte del personale interessato) delle somme in questione non fanno venir meno il danno contestato il quale si è attualizzato e concretizzato ad ogni singolo esborso (reiterato nel tempo) e risulta, tutt’oggi, certo ed attuale con riferimento alle somme (ratei comprensivi di oneri accessori) non ancora rientrate nella disponibilità dell’ente pubblico.
Il nocumento addebitato dalla Procura dovrà essere, pertanto, decurtato degli importi per i quali è stato accertato il recupero (nota prot. N. 4830 del 9 ottobre 2008), fermo restando che, in sede di esecuzione della presente sentenza, ben si potrà provvedere ad una ulteriore riduzione dell'indebito corrispondente a quanto, nel frattempo, recuperato.
Non essendo possibile, sulla scorta della certificazione depositata agli atti di giudizio, individuare le specifiche annualità a cui si riferiscono le somme finora introitate (recuperi) dall’Amministrazione, questo Collegio ritiene – anche per ragioni di equità - di decurtare gli importi annui configurati come danno (risultanti dalle tabelle allegate agli atti e distinti per anno dal febbraio 2002 al maggio 2006) delle somme già recuperate, in maniera proporzionale (rispetto agli indebiti pagamenti annui), come da tabella che segue.
Anno |
danno |
recupero |
Netto |
2002 |
176.239,80 |
41.874,93 |
134.364,87 |
2003 |
175.326,48 |
41.657,93 |
133.668,55 |
2004 |
214.748,88 |
51.024,77 |
163.724,11 |
2005 |
174.867,24 |
41.548,81 |
133.318,43 |
2006 |
71.878,80 |
17.078,55 |
54.800,25 |
|
|
|
|
Totale |
813.061,20 |
193.184,98 |
619.876,22 |
I singoli importi netti vanno poi ripartiti in quote uguali tra tutti i convenuti, in quanto si ritiene che ognuno di essi abbia posto in essere - nell’esercizio delle funzioni assegnategli – un’inammissibile violazione dei propri obblighi di servizio avente pari rilievo nella produzione dell’erogazione illecita, oggetto della pretesa risarcitoria.
Il danno andrà, in ogni caso, ripartito in ragione del periodo di carica e/o di funzione calcolato in mesi, specificatamente per ogni annualità in contestazione, tenuto conto che – quanto alla posizione del dott. Amedeo Romano – quest’ultimo ha svolto, contemporaneamente, nel 2003, le funzioni sia di direttore generale ff. e sia di direttore amministrativo.
Anno 2002 |
funzione |
mesi |
Importo |
|
|
|
|
T |
dir.gen. |
12 |
46.067,95 |
R |
dir.amm. |
12 |
46.067,95 |
C |
resp.GRU |
6 |
23.033,98 |
A |
resp.GRU |
5 |
19.194,98 |
|
|
|
|
Totale |
|
35 |
134.364,87 |
Anno 2003 |
funzione |
mesi |
Importo |
|
|
|
|
T |
dir.gen. |
5,5 |
20.421,58 |
R |
dir.gen. |
5 |
18.565,08 |
B |
dir.gen. |
1,5 |
5.569,52 |
R |
dir.amm. |
12 |
44.556,18 |
A |
resp.GRU |
12 |
44.556,18 |
|
|
|
|
Totale |
|
36 |
133.668,55 |
Anno 2004 |
funzione |
mesi |
Importo |
|
|
|
|
B |
dir.gen. |
12 |
54.574,70 |
R |
dir.amm.. |
1,5 |
6.821,84 |
G |
dir.amm. |
10,5 |
47.752,87 |
C |
resp.GRU |
6 |
27.287,35 |
A |
resp.GRU |
2 |
9.095,78 |
C |
resp.GRU |
4 |
18.191,57 |
|
|
|
|
Totale |
|
36 |
163.724,11 |
Anno 2005 |
funzione |
mesi |
importo |
|
|
|
|
B |
dir.gen. |
12 |
44.439,48 |
G |
dir.amm. |
12 |
44.439,48 |
C |
resp.GRU |
2 |
7.406,58 |
M |
resp.GRU |
10 |
37.032,90 |
|
|
|
|
Totale |
|
36 |
133.318,43 |
Anno 2006 |
funzione |
mesi |
importo |
|
|
|
|
B |
dir.gen. |
5 |
18.266,75 |
G |
dir.amm. |
5 |
18.266,75 |
C |
resp.GRU |
4 |
14.613,40 |
M |
resp.GRU |
1 |
3.653,35 |
|
|
|
|
Totale |
|
15 |
54.800,25 |
Ogni convenuto dovrà, conclusivamente, rispondere della somma complessiva indicata come di seguito:
Convenuti |
funzione |
|
importo |
|
|
|
|
T |
dir.gen. |
|
66.489,54 |
B |
dir.gen. |
|
122.850,46 |
R |
dir.gen - dir.amm. |
116.011,05 | |
G |
dir.amm. |
|
110.459,09 |
C |
resp.GRU |
|
72.341,31 |
A |
resp.GRU |
|
72.846,95 |
C |
resp.GRU |
|
18.191,57 |
M |
resp.GRU |
|
40.686,25 |
|
|
|
|
|
|
|
|
Totale |
|
|
619.876,22 |
Agli importi di cui sopra andrà aggiunta rivalutazione monetaria mentre gli interessi legali saranno corrisposti dalla data di pubblicazione della presente sentenza fino al soddisfo.
Questo Collegio, infatti, non ritiene di esercitare, nei confronti dei predetti amministratori, il potere riduttivo concessogli dagli artt. 83, I° comma, R.D. n. 2440/1923 e 53, II° comma T.U. n. 1214/1934 in quanto non ravvisa, nella presente fattispecie, l’esistenza di circostanze esterne che consentano - senza alterare gli elementi costitutivi della responsabilità – di ridimensionare il risarcimento da porre a carico dei convenuti. Va, inoltre, considerato che l’onere della scelta gestoria censurata grava e verrà a gravare, definitivamente (all’esito del procedimento di recupero in corso), sui dipendenti incolpevolmente beneficiari degli indebiti esborsi e che l’alea del recupero integrale non può non essere complessivamente addebitata ai soggetti ritenuti responsabili delle predette erogazioni.
8. Per quanto riguarda, infine, le spese di giudizio, queste, ai sensi dell'art. 97 c.p.c. seguono la soccombenza.
P.Q.M.
la Corte de Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente la domanda risarcitoria formulata dalla Procura Regionale con l'atto introduttivo di giudizio e per l'effetto condanna:
1) il dott. F. T. al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 66.489,54, oltre rivalutazione monetaria;
2) il dott. F. A. B., al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 122.850,46 oltre rivalutazione monetaria
3) il dott. A. R., al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 116.011,05 oltre rivalutazione monetaria
4) il dott. G. G., al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 110.459,09 oltre rivalutazione monetaria.
5) il dott. R.C. al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 72.341,31, oltre rivalutazione monetaria
6) il dott. V. A., al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 72.846,95, oltre rivalutazione monetaria
7) il dott. D. C., al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 18.191,57, oltre rivalutazione monetaria
8) il dott. V. M., al pagamento, in favore della ASL Ce 1, della somma di euro 40.686,25, oltre rivalutazione monetaria,
per un totale complessivo di euro 619.876, 22, oltre rivalutazione monetaria.
Dette somme saranno gravate di interessi legali dalla data di pubblicazione della presente sentenza al soddisfo.
I predetti soggetti sono, poi, tenuti al pagamento, nei confronti dell'erario, delle spese di giustizia che si liquidano in euro 1999,63 (millenovecentonovantanove/63)
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del giorno 6 novembre 2008.
IL Cons. ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Marta Tonolo) (Enrico Gustapane)
Depositata in Segreteria il 15 Gennaio 2009
Il Direttore della Segreteria
Il Dirigente
(F.to G. Volpe)