27.03.2008 free
CORTE di CASSAZIONE – PENALE - ( quando non è ingiuriosa una espressione “colorita” del direttore di struttura sanitaria rivolta al chirurgo )
§ - Nel giudizio di appello si era ritenuto che la portata offensiva della frase «sei un persona sola» dovesse essere riconosciuta in considerazione della personalità del destinatario – chirurgo del nosocomio – e dell’ambiente nel quale il fatto era avvenuto.
Tuttavia, premesso che la locuzione "sei una persona sola" non possiede, di per sè, una carica ingiuriosa, non essendo obiettivamente lesiva dell'onore e del decoro, tale, cioè da offendere, per il suo significato, qualunque persona, va osservato che, contrariamente alle deduzioni del giudice di appello, proprio per il contesto nel quale la locuzione era stata pronunciata, la stessa perdeva ogni rilevanza offensiva.
È consolidato l'orientamento per il quale non sussiste il reato di ingiuria qualora un superiore usi nei confronti di un subordinato un'espressione che abbia il significato di richiamo, sia pure vivace e colorito, per una maggiore efficienza nel servizio, affinché il soggetto si adegui alle modalità vigenti, secondo criteri di funzionalità imposti dalla natura del servizio [Avv.
Sezione V Sentenza n. 10007 del 05/03/2008
omissis
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
OSSERVA
Il tribunale di Ascoli Piceno con sentenza 27.3.2006 confermava la decisione del giudice di pace di A. con la quale D. T. era stato ritenuto responsabile del reato di ingiuria in danno di C.S. e condannato alla pena della multa.
Era emerso che l'imputato, direttore della struttura sanitaria di A., nel corso di un colloquio "per problemi che c'erano stati nel reparto chirurgia" (come riferito dal teste B., presente all'episodio) aveva rivolto alla persona offesa, medico del reparto, la frase: "sei una persona sola".
Il decidente - premesso che questa era l'unica espressione in ordine alla quale era stata raggiunta la prova che fosse stata pronunciata - osservava che la locuzione aveva portata ingiuriosa verso il professionista, in quanto, riferendosi alla posizione del Dott. C. all'interno della struttura sanitaria, lo indicava come persona "ghettizzata dai colleghi" e quindi "poco autorevole all'interno dell'ospedale".
Propone ricorso per cassazione il difensore dell'imputato denunciando violazione di legge e vizio di motivazione.
Deduce nel primo motivo che la frase, nel suo significato letterale, è priva di valenza ingiuriosa ma risulta ancor meno offensiva nel contesto in cui era stata pronunciata.
L'imputato stava, infatti, conducendo, per dovere d'ufficio, un'inchiesta su episodi, accaduti in precedenza, in relazione a contrasti sorti tra chirurghi del nosocomio e faceva riferimento al fatto che il soggetto passivo era "veramente solo", in quanto nessuno voleva entrare con lui in sala operatoria.
Aggiunge che la frase era stata pronunciata da un superiore nell'ambito di un colloquio che concerneva esclusivamente l'attività lavorativa del destinatario e non certo la sua sfera personale; la stessa, priva di ogni intento offensivo, mirava solo a risolvere un grave problema che riguardava il corretto funzionamento dell'ospedale, turbato dai contrasti indicati.
Negli altri motivi lamenta, in subordine, la mancata applicazione dell'esimente di cui all'art. 599 c.p. ed il travisamento di una prova decisiva.
Il primo motivo è fondato ed assorbente e la sentenza deve essere annullata senza rinvio perchè il fatto non sussiste.
Deve premettersi che la locuzione "Sei una persona sola" non possiede, di per sè, una carica ingiuriosa, non essendo obiettivamente lesiva dell'onore e del decoro, tale, cioè da offendere, per il suo significato, qualunque persona.
Tuttavia il tribunale ha ritenuto che, nella specie, la portata offensiva dovesse esser riconosciuta in considerazione della personalità del soggetto passivo (chirurgo del nosocomio) e dell'ambiente nel quale il fatto si era svolto.
Ciò premesso, va osservato che, contrariamente alle deduzioni del decidente, proprio per il contesto nel quale la locuzione era stata pronunciata, la stessa perdeva ogni rilevanza offensiva.
E' consolidato l'orientamento giurisprudenziale per il quale non sussiste il reato di ingiuria qualora un superiore usi nei confronti di un subordinato un'espressione che abbia il significato di richiamo, sia pure vivace e colorito, per una maggiore efficienza nel servizio, affinchè il soggetto si adegui alle modalità vigenti, secondo criteri di funzionalità imposti dalla natura del servizio (Cass. Sez. 5^, 13.1.1984 n. 2516), con l'avvertenza che la doverosa riprovazione non sconfini nell'insulto, sia mantenuta nei limiti della correttezza ed individui gli aspetti censurabili del comportamento.
Nella specie la stessa sentenza, mentre precisa che il colloquio concerneva "problemi" insorti nel reparto di chirurgia, tralascia di considerare che, proprio per la risoluzione degli stessi, l'imputato aveva segnalato al C., ai fini di un corretto funzionamento del reparto e quindi in relazione al solo ambito lavorativo del chirurgo, la "solitudine" in cui lo stesso era venuto a trovarsi.
Essendo innegabile che la locuzione, tesa solo ad un doveroso avvertimento, risulta priva, obiettivamente, di attribuzioni spregiative circa la sfera personale del destinatario, il reato non risulta integrato.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perchè il fatto non sussiste.
Così deciso in Roma, il 22 gennaio 2008.