18.03.2008 free
TRIBUNALE di BARI – (sosta senza grattino e condanna del medico per violenza e minaccia a pubblico ufficiale ).
§ - è possibile affermare che la condotta del medico, almeno nella fase finale in cui egli ebbe ad allontanarsi frettolosamente e bruscamente, fu certamente ispirata dall'intento di impedire al all’ausiliario di omettere l'atto di ufficio che stava compiendo, vale a dire l'ultimazione della redazione del verbale di contravvenzione e la contestazione al contravventore.
Non si spiega altrimenti il rifiuto, desumibile per acta concludentia, di fornire all’ausiliario i documenti di circolazione che sarebbero serviti per la contestazione in presenza del contravventore e la repentina mossa di entrare in auto, di uscire bruscamente dal parcheggio e di urtare l'ausiliario al braccio, proprio al fine di impedirgli di continuare nella sua condotta doverosa. [Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]
Tribunale di Bari - Sezione I, Sent. del 18/02/2008
omissis
Svolgimento del processo - Motivi della decisione
Con decreto del 22.11.2006 il PM in sede disponeva la citazione diretta a giudizio innanzi a questo Tribunale in composizione monocratica nei confronti di M.F. per rispondere dei reati indicati in epigrafe.
All'udienza del 28 maggio 2007, su richiesta della difesa della persona offesa veniva dichiarata la nullità della citazione della predetta parte privata, onde consentirle di costituirsi parte civile.
Alla successiva udienza del 17 settembre, celebrata in contumacia dell'imputato, preliminarmente si costituiva parte civile il procuratore speciale di D.Mi.; quindi il PM indicava i fatti di causa e chiedeva l'ammissione delle prove orali e documentali illustrate.
La difesa dell'imputato formulava la richiesta di controesame dei testi di accusa, di esame dell'imputato e dei propri testi come da lista tempestivamente depositata ed il giudice ammetteva le prove richieste.
Veniva, quindi, sentita l'agente di Polizia Municipale, An.IP., la quale riferiva che, il 28 marzo, si era avvicinato a lei e alla collega FO. un uomo che si era qualificato cardiologo e aveva detto di avere parcheggiato la sua auto senza apporre il grattino, in quanto era in visita domiciliare, aggiungendo che l'ausiliario alla sosta pretendeva che pagasse l'importo per il parcheggio. Poco dopo, era stata chiamata dal portinaio di uno stabile vicino, Ga.LU., che le aveva riferito che il signore di prima, nell'uscire dall'area di sosta, aveva urtato in retromarcia con la sua auto il braccio destro dell'ausiliario del traffico, dopo che costui lo aveva contravvenzionato per non aver esposto il contrassegno del pagamento del parcheggio. Precisava che l'uomo aveva avvertito lei e la sua collega che le avrebbe addotte come testimoni a suo favore.
Anche l'agente Vi.FO. confermava di essere stata avvicinata da una persona che aveva detto di essere cardiologo, che non intendeva pagare il parcheggio perché a suo dire doveva eseguire una visita domiciliare, così come risultava dal foglietto di carta non intestato, vergato di suo pugno ed apposto sul parabrezza, ma ciò le era sembrato strano in quanto l'uomo era vestito in maniera molto elegante, senza borsa professionale al seguito ed in compagnia di una donna. Ribadiva che il medico aveva detto loro che le avrebbe chiamate a testimoniare in un eventuale giudizio. Il LU. aveva successivamente riferito loro che il signore, quando si era accorto che l'ausiliario del traffico aveva redatto il verbale di contravvenzione, era andato via in tutta fretta, urtando con violenza il braccio del DI..
Veniva, di seguito, esaminata la parte civile, Mi.D., il quale dichiarava di avere redatto il verbale di contravvenzione n. x in atti dopo che un signore che aveva parcheggiato la sua auto in zona a pagamento, aveva preteso di non pagare il grattino, in quanto era in visita domiciliare, e nel dire ciò aveva apposto un foglietto di carta scritto a mano sul cruscotto e si era allontanato senza curarsi delle proteste dell'ausiliario del traffico. Costui aveva spiegato l'accaduto a due vigilesse che erano nei pressi e mentre stava per apporre il verbale di contravvenzione sull'auto, l'automobilista era tornato, si era messo in macchina senza dargli i documenti di circolazione che gli aveva chiesto e molto velocemente si era allontanato dal parcheggio, urtandolo ad un braccio, prima ancora che l'ausiliario riuscisse a porre la contravvenzione sul parabrezza.
Terminato l'esame del teste, il P.M. chiedeva l'esame quale teste di riferimento di Ga.LU., e il Giudice, sentite le altre parti, disponeva la citazione del predetto testimone.
All'udienza del 21 gennaio 2008 veniva esaminato il LU., il quale dichiarava che, il 28 marzo 2006, aveva notato l'automobilista parcheggiare la sua auto e l’ausiliario avvicinarsi per chiedergli se aveva bisogno del ticket per il parcheggio. Subito dopo, l'uomo si era allontanato e mentre l'ausiliario stava per compilare la contravvenzione, era tornato, era entrato in auto e bruscamente era ripartito, urtandolo al braccio.
Il Giudice revocava l'ordinanza ammissiva dei testi della difesa cui questa aveva rinunciato.
All'odierna udienza il procuratore della parte civile, munito di procura ad hoc, rimetteva la querela e il difensore del prevenuto accettava la remissione, all'uopo debitamente delegato.
Il Giudice dichiarava l'utilizzabilità degli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento e di quelli acquisiti d'ufficio, quindi il P.M. e il difensore degli imputati formulavano le rispettive conclusioni trascritte a verbale.
Le risultanze probatorie consentono di affermare la responsabilità del MO. limitatamente al delitto di violenza in danno del DI. e non anche per le minacce nei confronti delle vigilesse.
Dalle risultanze dibattimentali è emerso, invero, che il MO. non ebbe ad assumere alcun atteggiamento intimidatorio nei confronti delle due donne vigili urbani, cui il predetto si era rivolto per lamentarsi della condotta dell’ausiliario del traffico, il quale pretendeva che apponesse il grattino del parcheggio sull'auto, nonostante gli avesse detto che era un cardiologo in visita domiciliare. Le due vigilesse hanno chiarito di avere dubitato di quanto intendeva loro accreditare il MO., dal momento che costui era elegantemente vestito, non aveva con sé la borsa né attrezzi da medico ed era in compagnia di una donna, con la quale si stava avviando verso la centralissima via Sparano di Bari.
Il MO. si sarebbe limitato a tenere un atteggiamento arrogante e ad avvisare le vigilasse che avrebbe citato in giudizio l'ausiliario e che le avrebbe chiamate a testimoniare a suo favore. E' evidente che un avvertimento di tal fatta non può ritenersi neppure velatamente o implicitamente intimidatorio, né è stato percepito come tale dalle destinatarie, ma è espressione dell'arroganza di chi, per il solo fatto di essere un medico, pretendeva di non osservare la regola valida per tutti gli automobilisti, di pagare il parcheggio nelle aree di sosta a pagamento, volendo far credere che si stava recando ad effettuare una visita domiciliare.
Certo è che non avendo l'ausiliario del traffico ritenuto sufficiente a comprovare la veridicità dell'affermazione dell'automobilista - il quale non aveva in auto neppure il contrassegno dell'ordine dei medici e non esibì alcuna documentazione attestante la sua qualità - il mero fogliettino vergato a mano apposto sul cruscotto, costui aveva deciso di sanzionarlo. Aveva, pertanto, redatto il verbale di contravvenzione, che non aveva fatto in tempo ad apporre sul parabrezza, perché nel frattempo l'uomo, che evidentemente aveva previsto tale evenienza e stava controllando da distanza le mosse del DI., era tornato indietro da solo e, con prepotenza, era entrato in macchina, non curandosi della richiesta di fornire di documenti di circolazione ed era uscito velocemente dall'area di parcheggio, urtando il braccio dell'ausiliario e procurandogli le lievi lesioni refertategli al Pronto Soccorso.
Ebbene, di tale evento lesivo non ci si può occupare, essendo intervenuta durante il dibattimento la remissione di querela da parte della persona offesa, laddove, invece, il reato di cui all'art. 336, che nella specie, è ravvisabile attesa la incontestabile qualificata di incaricato di pubblico servizio dell'ausiliario del traffico, è procedibile d'ufficio.
Sulla base della testimonianza resa dai testi esaminati, e soprattutto dal LU., il quale assistette a tutta la scena, è possibile affermare che la condotta del MO., almeno nella fase finale in cui egli ebbe ad allontanarsi frettolosamente e bruscamente, fu certamente ispirata dall'intento di impedire al DI. di omettere l'atto di ufficio che stava compiendo, vale a dire l'ultimazione della redazione del verbale di contravvenzione e la contestazione al contravventore.
Invero, non si spiega altrimenti il rifiuto, desumibile per acta concludentia, di fornire al DI. i documenti di circolazione che sarebbero serviti per la contestazione in presenza del contravventore e la repentina mossa di entrare in auto, di uscire bruscamente dal parcheggio e di urtare l'ausiliario al braccio, proprio al fine di impedirgli di continuare nella sua condotta doverosa.
Non ha alcuna rilevanza il fatto che il DI., nonostante il comportamento arrogante e violento del MO., sia in effetti riuscito a completare il verbale, lo abbia firmato e trasmesso alla Polizia Urbana, anche in assenza del contravventore.
Invero, il delitto de quo è reato di mera condotta assistita da dolo specifico e si consuma indipendentemente dal raggiungimento dello scopo prefissosi dal reo o dalla possibilità in concreto, da parte del p.u., di soddisfare l’intimazione ogni volta che l'atto richiesto concerne l'attività amministrativa dell'ente al cui servizio è svolto il lavoro del p.u. o dell'i.p.s., essendo sufficiente la coscienza e volontà di usare la violenza o la minaccia per il fine propostosi dall'agente di costringere il p.u. a omettere un atto dell'ufficio o del servizio.
All'imputato possono concedersi le attenuanti generi che, tenuto conto dello stato di incensuratezza e della lieve intensità del dolo.
Per l'effetto, la pena di giustizia si determina in mesi quattro di reclusione (partendo dalla pena base di mesi sei ridotta di un terzo per le generiche).
Il prevenuto va condannato al pagamento delle spese processuali in relazione sia al reato di violenza che a quello di lesioni, non essendo intervenuto un diverso accordo tra le parti. Con riferimento a quest'ultimo reato, va dichiarata l'estinzione per intervenuta remissione della querela.
Tenuto conto della personalità dell'imputato, non gravato da precedenti penali, della natura e dei motivi della condotta, possono applicarsi i doppi benefici della sospensione condizionale della pena e della non menzione della condanna.
Atteso il carico di lavoro si riserva la redazione della motivazione in sessanta giorni.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533 e 535 c.p.p., dichiara MO.F. colpevole del delitto di cui all'art. 336 c.p. ascrittogli, commesso in danno di D.Mi., e in concorso di attenuanti generiche, lo condanna alla pena di mesi quattro di reclusione.
Letto l'art. 163 c.p. ordina che la pena come sopra inflitta al MO. resti sospesa nei termini e alle condizioni di legge e che della condanna non sia fatta menzione nel certificato del casellario giudiziale.
Letto l'art. 531 c.p.p. dichiara non doversi procedere nei confronti di MO. in ordine al reato di lesioni volontarie in danno di DI.Mi. perché estinto per intervenuta remissione di querela.
Condanna il MO. al pagamento delle spese processuali.
Letto l'art. 530 c.p.p. assolve il MO. dal delitto di cui all'art. 336 c.p. limitatamente al fatto commesso in danno di IP.An. e FO.Vi., perché il fatto non sussiste.
Visto l'art. 544, co. 3° c.p.p., indica il termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione.
Così deciso in Bari il 28 gennaio 2008.
Depositata in Cancelleria il 18 febbraio 2008.