20.03.2007 free
CASSAZIONE CIVILE Sez. Lavoro – ( licenziamento giustificato del dirigente responsabile di P.O. )
§ - sospendere le accettazioni, dimettere pazienti e chiudere formalmente il reparto anche solo per 24 ore rappresenta, tenuto conto del tipo di servizio reso (a pazienti psichiatrici), un provvedimento estremo che, alla luce delle circostanze di fatto non trova adeguata giustificazione nelle sia pur oggettive condizioni di difficoltà e di disagio del personale. Inoltre, nel valutare il contesto nel quale i suddetti comportamenti dovevano essere inquadrati, si osservava che nessun elemento autorizzava a ritenere la sussistenza di una situazione di affaticamento così prolungata da divenire assolutamente intollerabile e che in ogni caso, anche di fronte al rischio di "born out" cui era esposto il personale medico e paramedico assegnato al Servizio diretto dal responsabile licenziato, questi avrebbe dovuto adottare tutte le misure alternative possibili e, comunque, non poteva legittimamente allontanarsi dal servizio determinando una situazione di difficoltà per altri servizi ed organi dell'Azienda sanitaria. Da qui la conclusione, che la condotta contestata non poteva essere considerata una risposta adeguata nè conforme agli obblighi derivanti dalla posizione ricoperta, che presuppone un rapporto di fiducia e di affidamento particolarmente qualificato. Con l'ulteriore conseguenza della configurabilità di una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario e della adeguatezza del provvedimento di licenziamento in quanto sanzione proporzionata alla gravità dei comportamenti posti in essere. [ Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net ]
Cassazione civile – Sezione lavoro, Sent. 2639 del 07/02/2007
omissis
Svolgimento del processo
Con sentenza in data 28 giugno 2001 il Tribunale di Latina dichiarava la nullità del licenziamento intimato, in data 18 novembre 1999, a X.X., responsabile del Presidio Ospedaliero di YY, dall'Azienda Unità Sanitaria Locale della XXX e condannava la suddetta AUSL a riassegnare al ricorrente le funzioni dirigenziali precedentemente svolte nonché a risarcirgli il danno in misura pari alle retribuzioni globali di fatto maturate dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva riassunzione.
La Corte d'appello di Roma, decidendo sul gravame proposto dall'AUSL, in riforma dell'impugnata sentenza, dichiarava l'esistenza del giustificato motivo soggettivo del licenziamento a decorrere dalla cessazione dello stato di malattia con il conseguente diritto dell'appellato all'indennità sostitutiva del preavviso. Sotto un primo profilo osservava che il fatto che il recesso era stato intimato durante il periodo di malattia non aveva inciso sulla possibilità del dipendente di esercitare il proprio diritto di difesa, come poteva desumersi dall'ampia corrispondenza intercorsa fra le parti. Nel merito, premesso che i comportamenti addebitati e posti a fondamento del provvedimento espulsivo non erano stati contestati dall' X., osservava in primo luogo che l'avvenuta archiviazione del procedimento penale a carico del dipendente avente ad oggetto il reato di interruzione di pubblico servizio non poteva avere riflessi sul procedimento civile relativo alla legittimità del licenziamento. Riteneva inoltre che i comportamenti addebitati non potevano trovare adeguata giustificazione nelle oggettive condizioni di difficoltà e di disagio del personale del reparto. Affermava quindi, sulla base di una nuova valutazione dei suddetti comportamenti, che il licenziamento costituiva una reazione adeguata rispetto alla gravità delle infrazioni contestate; riteneva peraltro che non esistessero gli estremi per il licenziamento in tronco e convettiva pertanto il provvedimento espulsivo de quo in licenziamento per giustificato motivo soggettivo con conseguente diritto del lavoratore licenziato all'indennità di preavviso. Per la cassazione di tale sentenza propone ricorso X. X., affidato a cinque motivi. Resiste con controricorso e propone ricorso incidentale affidato a due motivi l'Azienda Unità Sanitaria Locale di YY. L' X. ha depositato memoria illustrativa.
Motivi della decisione
Preliminarmente deve disporsi la riunione dei ricorsi in quanto diretti ad impugnare la medesima sentenza.
Col primo motivo il ricorrente denuncia violazione di atto avente forza di legge tra le parti (e cioè dell'art. 38, comma 1, lettera b) del c.c.n.l.) e contraddittorietà. Premesso che, in base alla norma collettiva sopra citata, il recesso è nullo se è intimato, senza giusta causa, durante i periodi di sospensione previsti dall'art. 2110 cod. civ., osserva che la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare nullo il licenziamento de quo avendo riconosciuto la sussistenza di un giustificato motivo soggettivo ed essendo stato il recesso intimato durante il periodo di malattia. Il motivo è inammissibile in applicazione del principio, costantemente affermato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte (cfr., ex multis, Cass. 19 marzo 2001 n. 3912; Cass. 5 marzo 2002 n. 3158; Cass. 25 maggio 2006 n. 12446), secondo cui, qualora in sede di legittimità vengano denunciati vizi della sentenza impugnata in merito all'interpretazione di clausole della contrattazione collettiva, il ricorrente ha l'onere, in forza del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione e a pena di inammissibilità dello stesso, di riportare il contenuto integrale delle suddette clausole, non essendo sufficiente trascrivere solo una parte di esse.
Nel caso di specie il ricorrente denuncia la violazione dell'art. 38 del c.c.n.l. applicabile al rapporto, ma il testo di tale articolo non è stato trascritto integralmente in ricorso. In particolare non è nemmeno chiaro se la parte di testo riportata in ricorso contiene l'intero primo comma dell'articolo sopra citato.
Col secondo motivo il ricorrente denuncia violazione di atto avente forza di legge tra le parti e cioè dell'art. 36, comma 3, del c.c.n.l. e contraddittorietà con riferimento alle statuizioni, contenute nella sentenza impugnata, concernenti, da un lato, il mancato esame del profilo della violazione formale della procedura di contestazione, e, dall'altro, l'insussistenza di una violazione del diritto di difesa in considerazione dell'ampia corrispondenza intercorsa fra le parti e del rilievo che lo stato di malattia non costituisce di per sè ostacolo all'esercizio del diritto di difesa.
Il motivo è inammissibile in primo luogo per quanto concerne la dedotta violazione dell'art. 36 del c.c.n.l., comma 3, atteso che di tale norma collettiva non è stato riportato il testo nel ricorso per Cassazione. Si applicano pertanto i principi già in precedenza ricordati.
L'inammissibilità del motivo riguarda anche la dedotta censura di contraddittorietà della decisione in quanto sostanzialmente basata sulla violazione della procedura di contestazione così come regolata dalla norma contrattuale sopra invocata, ma non riprodotta.
Col terzo motivo il ricorrente denuncia contraddittorietà e carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento alla parte della motivazione nella quale la Corte territoriale, dopo aver richiamato il clima di conflittualità esistente fra la Direzione dell'AUSL e l' X., ha espresso dubbi unicamente sulla neutralità di quest'ultimo nell'esprimere doglianze e sollecitazioni alla direzione aziendale in ordine alla carenza di organico del reparto. Deduce che sul punto la Corte aveva omesso di considerare gli aspetti sintomatici della pretestuosità dell'atteggiamento aziendale. Sottolinea in particolare che nei giorni in cui erano stati posti in essere i fatti contestati la direzione aziendale era rimasta totalmente inerte di fronte alle doglianze del primario.
Col quarto motivo il ricorrente denuncia ulteriore contraddittorietà e carenza di motivazione su un punto decisivo della controversia con riferimento all'affermazione della Corte territoriale secondo cui la sospensione delle accettazioni era un provvedimento estremo che non poteva trovare adeguata giustificazione nelle sia pur oggettive condizioni di difficoltà o disagio del personale. Deduce che i provvedimenti adottati dal primario non erano stati adeguatamente e congruamente messi in relazione con la situazione oggettiva esistente nel reparto.
Col quinto motivo il ricorrente denuncia ulteriore contraddittorietà della decisione con riferimento all'affermazione secondo cui la lesione dell'immagine e della professionalità del primario non sarebbero state direttamente ed intenzionalmente provocate dall'amministrazione aziendale. Osserva in proposito che il procedimento penale è stato attivato proprio su denuncia dell'amministrazione. I suddetti motivi che, in quanto logicamente connessi, devono essere esaminati congiuntamente, sono infondati.
Deve premettersi che, secondo il consolidato insegnamento di questa Suprema Corte (cfr., ad esempio, Cass. 6 aprile 2006 n. 8106), non è sufficiente, perchè la motivazione di una sentenza sia definita contraddittoria, che un'espressione contenuta in questa sia in contrasto con altra, essendo indispensabile che si sia in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere la ratio decidendi che sorregge il decisum adottato. Non sussiste, pertanto, motivazione contraddittoria allorchè dalla lettura della sentenza sia agevole accertare che non sussistono incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del giudice.
Ciò premesso deve osservarsi che la motivazione della sentenza impugnata è molto chiara nella parte in cui ha affermato che sospendere le accettazioni, dimettere pazienti e chiudere formalmente il reparto anche solo per 24 ore rappresenta, tenuto conto del tipo di servizio reso (a pazienti psichiatrici), un provvedimento estremo che, alla luce delle circostanze emerse non trova adeguata giustificazione nelle sia pur oggettive condizioni di difficoltà e di disagio del personale.
In particolare la Corte di merito ha rilevato che uno dei tre pazienti dimessi dall' X. aveva presentato disturbi comportamentali che avevano reso necessario l'intervento dei Carabinieri e che la Direzione dell'AUSL aveva dovuto attivare un altro medico ed altri servizi sanitari per garantire l'assistenza.
Inoltre, nel valutare il contesto nel quale i suddetti comportamenti dell' X. dovevano essere inquadrati, la Corte ha osservato che nessun elemento autorizzava a ritenere la sussistenza di una situazione di affaticamento così prolungata da divenire assolutamente intollerabile e che in ogni caso, anche di fronte al rischio di "born out" cui era esposto il personale medico e paramedico assegnato al Servizio diretto dall' X., questi avrebbe dovuto adottare tutte le misure alternative possibili e, comunque, non poteva legittimamente allontanarsi dal servizio determinando una situazione di difficoltà per altri servizi ed organi dell'Azienda sanitaria.
Da qui la conclusione, del tutto coerente con le premesse, che la condotta contestata non poteva essere considerata una risposta adeguata nè conforme agli obblighi derivanti dalla posizione ricoperta, che presuppone un rapporto di fiducia e di affidamento particolarmente qualificato. Con l'ulteriore conseguenza della configurabilità di una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario e della adeguatezza del provvedimento di licenziamento in quanto sanzione proporzionata alla gravità dei comportamenti posti in essere.
La suddetta conclusione appare logicamente e congruamente motivata e non è pertanto sindacabile in sede di legittimità. Deve ricordarsi in proposito il principio, univocamente espresso da questa Suprema Corte (cfr., fra le più recenti, Cass. 20 aprile 2006 n. 9233), secondo cui il motivo di ricorso per Cassazione, con il quale la sentenza impugnata venga censurata per vizio della motivazione, non può essere inteso a far valere la rispondenza della ricostruzione dei fatti operata dal giudice del merito al diverso convincimento soggettivo della parte e, in particolare, non si può proporre con esso un preteso migliore e più appagante coordinamento dei molteplici dati acquisiti, atteso che tali aspetti del giudizio, interni all'ambito della discrezionalità di valutazione degli elementi di prova e dell'apprezzamento dei fatti, attengono al libero convincimento del giudice e non ai possibili vizi del percorso formativo di tale convincimento rilevanti ai sensi della disposizione di cui all'art. 360 cod. proc. civ., comma 1, n. 5); in caso contrario, questo motivo di ricorso si risolverebbe in un'inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e dei convincimenti del giudice di merito, e, perciò, in una richiesta diretta all'ottenimento di una nuova pronuncia sul fatto, sicuramente estranea alla natura e alle finalità del giudizio di Cassazione.
Con particolare riferimento al quinto motivo, deve osservarsi che la denunciata contraddittorietà, ove sussistente, è comunque irrilevante nella struttura della motivazione atteso che la Corte ha giustificato pienamente il clamore suscitato dalla vicenda ed il risalto che essa ha avuto sulla stampa, oltre che il procedimento penale instaurato, osservando che essi non costituiscono effetti abnormi rispetto all'entità del fatto ed alla notorietà delle persone implicate.
Il ricorso principale deve essere in definitiva rigettato.
Col primo motivo del ricorso incidentale viene denunciata violazione dell'art. 2119 cod. civ. e contraddittorietà della conclusione alla quale è pervenuta la Corte di merito circa l'insussistenza di una giusta causa di licenziamento pur in presenza del giustificato motivo soggettivo. Se, da un lato, si è ritenuta la sussistenza di un grave inadempimento idoneo, per la sua gravità, a ledere il vincolo fiduciario con il datore di lavoro, dall'altro non è stato adeguatamente spiegato il perchè la gravità del suddetto comportamento sia stata sminuita.
Anche tale motivo deve ritenersi infondato. La Corte territoriale ha infatti motivato in modo congruo e coerente le ragioni per cui, pur in presenza di una lesione irrimediabile del vincolo fiduciario, il comportamento dell' X. non era tale da legittimare un licenziamento in tronco con la conseguenza che il provvedimento espulsivo doveva essere riconvertito in licenziamento per giustificato motivo soggettivo.
Ha infatti osservato che per valutare la gravità del suddetto comportamento doveva considerarsi altresì l'oggettività della situazione di disagio nella quale operava il servizio diretto dall' X. e la mancata tempestiva adozione, da parte della direzione aziendale, di misure idonee. Si tratta anche in tale caso di una valutazione di merito per la quale valgono i principi in precedenza enunciati e che pertanto deve ritenersi insindacabile in questa sede di legittimità.
Col secondo motivo di ricorso incidentale si lamenta il mancato accoglimento della domanda riconvenzionale. In particolare si deduce che la sentenza non chiarisce i motivi per cui tale domanda è stata ritenuta generica.
Il motivo è inammissibile.
La ricorrente incidentale, nel dolersi dell'omessa motivazione della suddetta statuizione di rigetto della domanda di risarcimento del danno dalla stessa proposta, non riproduce in ricorso le argomentazioni poste alla base della domanda stessa, in violazione del principio di autosufficienza del ricorso.
Anche il ricorso incidentale deve essere rigettato.
Tenuto conto dell'esito della lite si ritiene conforme a giustizia compensare integralmente fra le parti le spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta entrambi; compensa le spese del giudizio di Cassazione. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 12 ottobre 2006. Depositato in Cancelleria il 7 febbraio 2007