27.04.2017 free
Come si individua il nesso causale tra l'omessa prestazione chirurgica e il decesso.
Il nesso causale, verificato nei rapporti tra la condotta omissiva ed evento
deve tener conto del fatto che la omissione è, in natura, un elemento inesistente nel decorso eziologico reale empiricamente verificabile e produttivo dell'evento lesivo.
Il ragionamento probatorio deve strutturarsi, perciò, intorno a proposizioni controfattuali di tipo ipotetico e deve verificarsi se l'evento si sarebbe o meno verificato laddove fosse stata posta in essere la condotta in tesi omessa.
Deve scindersi il momento della verifica della relazione eziologica tra la condotta omissiva (benché avvalendosi di ipotesi formulate sulla base della condotta attiva in tesi dovuta ed omessa) e l'evento - attinente al momento oggettivo della fattispecie -, da un lato, e la verifica dell'evitabilità del fatto lesivo e/o dell'inadempimento ad opera della condotta diligente o perita esigibile nella data situazione concreta - attinente al momento soggettivo della colpa del sanitario.
Tribunale Roma, sez. XIII, 01/03/2017 sentenza n. 4176
omissis
FATTO E DIRITTO
Viene omesso lo svolgimento del processo, ai sensi del nuovo testo dell'art. 132, comma 2 nr. 4 c.p.c. introdotto dall'art. 45, comma 17 legge nr. 69 del 2009.
Si precisa quanto all'oggetto del processo. D.B.E., D.B.M., D.B.L., in proprio e quali eredi di D.B.Se., hanno dedotto:
- D.B.Se., operato, il 6 giugno 1995, per la sostituzione valvolare aortica con protesi meccanica, presso l'European Hospital di Roma, ne era dimesso il successivo 10 giugno;
- nella serata del 13 giugno 1995, al manifestarsi di pesantezza alle gambe, è stato trasportato, d'urgenza, presso il pronto soccorso dell'Ospedale San Camillo di Roma, dove è giunto alle ore 23.10;
- informato del recente intervento cui era stato sottoposto il ... e dopo averlo sottoposto a diversi accertamenti strumentali, il medico del pronto soccorso ne ha disposto il ricovero presso il reparto di cardiochirurgia dove faceva ingresso con diagnosi di "dissezione aortica in paziente con esiti di sostituzione valvolare aortica recente - stato di shock" e dove era di turno il dott. B. il quale, nonostante avesse ravvisato la necessità di intervenire, chirurgicamente, d'urgenza, informava i parenti che bisognava attendere l'arrivo del primario, di fatto giunto alle ore 2.20 del 14 giugno 1995;
- alle ore 2.30 ,veniva comunicato il decesso di D.B.Se.;
- ai fatti aveva fatto seguito giudizio penale che ha visto, imputati, il B. e il primario (conclusosi ,in primo grado, con sentenza di assoluzione del B. e di estinzione, per intervenuta morte del reo, ex art. 129 c.p.p., nei confronti di D.L.C.);
- la prestazione professionale è censurata con riguardo a diversi profili (mancato trattamento della patologia che ha portato al decesso anche per mancata predisposizione di turni che prevedessero la presenza, in reparto, di personale medico in grado di rendere la prestazione in oggetto; mancata rappresentazione, al momento della accettazione del paziente, della mancanza, in reparto, di personale qualificato a rendere la necessaria prestazione) e ,il decesso, è ricondotto alla errata prestazione professionale.
Hanno concluso per l'accertamento della responsabilità dei convenuti e per la condanna, degli stessi, in solido, al risarcimento dei danni, patrimoniali e non patrimoniali, conseguiti al decesso di D.B.Se. (originariamente, è stato azionato danno iure proprio e iure ereditario) con favore delle spese di lite. Il B. ha opposto:
- correttezza del proprio operato professionale nella accertata inesigibilità (in sede penale) di un comportamento professionale diverso da quello tenuto in difetto di sufficiente esperienza professionale per la esecuzione dell'intervento;
- comportamento conforme alle direttive della divisione di cardiochirurgia che volevano i giovani aiuti chirurghi (quale era il B. all'epoca dei fatti) non abilitati alla esecuzione degli interventi di maggiore complessità quali quello necessario al ..., direttive di reparto delle quali la direzione sanitaria era a conoscenza, alle quali aveva fatto seguito incapacità di esecuzione dell'intervento in oggetto.
Il B. ha concluso per il rigetto della domanda.
Ha chiamato in causa la MAA Assicurazioni, oggi Milano Assicurazioni, e Assitalia (questa ultima per polizza contratta dalla azienda ospedaliera) nei confronti delle quali ha svolto domanda di garanzia impropria per polizze rcp.
L'Azienda ospedaliera San Camillo Forlanini ha opposto:
- correttezza della prestazione professionale;
- difetto di nesso causale tra prestazione professionale e decesso in quanto la dissecazione aortica acuta ha una mortalità elevatissima e, comunque, come causa del decesso di D.B.Se., va ricondotta alla errata esecuzione dell'intervento chirurgico presso l'European Hospital.
In subordine ha contestato la misura di danno azionata.
Ha svolto domanda di garanzia impropria nei confronti di "Le Assicurazioni d'Italia" per polizza n. ....
La Milano Assicurazioni (già MAA Assicurazioni S.p.a.) chiamata in giudizio dal B., ha eccepito:
- prescrizione del diritto del chiamante ex art. 2952 II e III co. c.c.;
- carenza di legittimazione attiva degli attori (nella mancata prova della qualità di eredi azionata).
Nel merito ha opposto:
- correttezza dell'operato professionale del proprio assicurato;
- riconducibilità del decesso (non alla condotta professionale del B. ma) alla disorganizzazione della divisione di cardiochirurgia nota alla direzione sanitaria e alla condotta negligente del primario.
In subordine, ha contestato la misura di danno azionata.
Quanto alla domanda di garanzia impropria svolta nei propri confronti dall'assicurato.
Ha contestato la inoperatività della polizza dedotta da INA Ass.ni. (e di cui di seguito).
Ha opposto il limite del massimale di polizza.
Ina Assitalia S.P.A., chiamata in giudizio dalla azienda ospedaliera, ha eccepito:
- inoperatività della polizza azionata (la n. ...) essendo operativa la n. ...;
- inoperatività della polizza per mancata denuncia del sinistro;
- inoperatività della polizza per omesso pagamento del premio (corrisposto solo in data 8 agosto 1996 quanto all'anno 1993/1994);
- difetto di legittimazione degli attori quali eredi;
- responsabilità dell'European Hospital;
- minime possibilità di riuscita dell'intervento;
- esistenza di coassicurazione e limite del massimale.
L'INA ASSITALIA S.P.A., chiamata in giudizio dal B. ha eccepito:
- carenza di legittimazione ad agire del B.;
- inoperatività della polizza per mancato (ritardato) pagamento del premio per l'anno 1993/1994 (il premio è stato calcolato con appendice di polizza n. ..., emessa il 2 marzo 2005); prescrizione del diritto del chiamante (per omessa denuncia di sinistro);
carenza di legittimazione attiva degli attori per mancata dimostrazione della loro qualità di eredi;
- limite del massimale di polizza e della quota di coassicurazione;
- difetto di nesso causale tra la prestazione professionale e la morte di D.B..
Con la memoria di cui all'art. 186 co. VI n. 1, a seguito di rinuncia all'eredità di D.B.Se., parte attrice ha rinunciato alle voci di danno azionate nella qualità di eredi del D.B.Se.. Legittimazione attiva. Va ritenuta.
In tal senso, il certificato storico di stato di famiglia, del comune di Roma, in data del 14 giugno 2012 (cfr. all. 6 memoria ex art. 183 co. VI n. 2 c.p.c.) Merito.
La domanda non è meritevole di accoglimento.
In diritto.
Dalla qualificazione della responsabilità oggetto di causa quale responsabilità contrattuale, in termini di ripartizione dell'onere della prova deriva quanto di seguito.
L'attore, paziente/danneggiato, deve limitarsi a provare l'esistenza del contratto (o il contatto sociale) e l'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento), nonché il relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari.
L'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - è onerato della prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile (così in generale Cass., Sez. U, n. 577 del 11/01/2008; nonché Cass., Sez. 3, n. 975 del 16/01/2009).
La giurisprudenza ha inoltre avuto modo di precisare che tale riparto dell'onere probatorio non subisce deroghe nemmeno quando l'intervento o l'attività diagnostica sia stata di speciale difficoltà, in quanto "l'esonero di responsabilità di cui all'art. 2236 cod. civ. non incide sui criteri di riparto dell'onere della prova", ma opera esclusivamente nella definizione dei parametri di valutazione (diligenza professionale) del sanitario, limitando la responsabilità ai soli casi di colpa grave (e plurimis, chiaramente: Cass., Sez. 3, n. 24791 del 08/10/2008).
È quindi ormai principio consolidato che nell'ambito della responsabilità medica l'onere della prova della causalità tra la condotta del medico allegata come negligente ovvero imperita, ovvero comunque inosservante delle leges artis, e l'evento è posto a carico del paziente danneggiato il quale deve fornire la prova del contratto (o del "contatto") e dell'aggravamento della situazione patologica (o dell'insorgenza di nuove patologie per effetto dell'intervento) e del relativo nesso di causalità con l'azione o l'omissione dei sanitari.
Resta a carico dell'obbligato - sia esso il sanitario o la struttura - la prova che la prestazione professionale sia stata eseguita in modo diligente e che quegli esiti siano stati determinati da un evento imprevisto e imprevedibile" e non prevenibile con l'uso dell'ordinaria diligenza da lui esigibile" (cfr. Cass., Sez. 3, n. 12274 del 07/06/2011; v. anche Sez. 3, n. 975 del 16/01/2009).
Nel concreto.
La esistenza del "contatto" non è in contestazione tra le parti ed emerge dalle cartelle cliniche versate in atti.
Quanto al nesso causale tra l'omessa prestazione chirurgica e il decesso di D.B.Se..
Con riferimento alla struttura dell'argomentazione dimostrativa e della valutazione delle evidenze probatorie emergenti dall'istruttoria. In relazione alla duplice tipologia delle possibili forme di responsabilità medica, responsabilità commissiva e responsabilità omissiva, è necessaria una distinzione.
In ipotesi di responsabilità commissiva (intervento che abbia peggiorato la salute del paziente; erronea somministrazione di un farmaco ecc.), il paziente attore potrà allegare una condotta (attiva) negligente del medico e dovrà dimostrare il rapporto eziologico tra tale condotta materialmente esistente e il risultato lesivo. Nell'assolvimento di tale suo onere probatorio potrà avvalersi del criterio dimostrativo - attinente sempre alla probabilità logica - del "più probabile che non".
Dunque in ipotesi (non ricorrente) di responsabilità commissiva, è necessaria ma anche sufficiente, la dimostrazione, alla stregua dell'evidenza probatoria disponibile, che in assenza della condotta commissiva, le probabilità di uno sviluppo fausto o comunque migliorativo delle condizioni iniziali del paziente, sarebbero state maggiori rispetto a quelle esitate alla prestazione professionale per affermarsi , ai fini della responsabilità civile, che sia accertata la circostanza che la condotta professionale sia stata condicio sine qua non dell'evento lesivo (su tale criterio di prova della causalità, in sede civile Cass., Sez. 3, n. 16123 del 08/07/2010; Sez. 3, n. 10741 del 11/05/2009; nonché Cass., Sez. 3, n. 975 del 16/01/2009).
Quanto alla ipotesi, ricorrente nel concreto, di causalità omissiva pura (peggioramento o mancato miglioramento delle condizioni di salute del paziente determinate, in tesi da una omissione diagnostica o terapeutica del sanitario).
Il nesso causale va verificato nei rapporti tra la condotta omissiva e l'evento.
In tale verifica, deve tenersi conto del fatto che la omissione è, in natura, un elemento inesistente nel decorso eziologico reale empiricamente verificabile e produttivo dell'evento lesivo.
Il ragionamento probatorio deve strutturarsi, perciò, intorno a proposizioni controfattuali di tipo ipotetico e deve verificarsi se l'evento si sarebbe o meno verificato laddove fosse stata posta in essere la condotta in tesi omessa (v. C. Sez. 3, n. 11609 del 31/05/2005).
Per altro verso.
Deve scindersi il momento della verifica della relazione eziologica tra la condotta omissiva (benché avvalendosi di ipotesi formulate sulla base della condotta attiva in tesi dovuta ed omessa) e l'evento - attinente al momento oggettivo della fattispecie -, da un lato, e la verifica dell'evitabilità del fatto lesivo e/o dell'inadempimento ad opera della condotta diligente o perita esigibile nella data situazione concreta - attinente al momento soggettivo della colpa del sanitario.
Dunque.
E' necessario, dunque, secondo i principi generali di cui all'art. 2697 cod. civ., che il paziente dimostri il nesso di causalità tra l'evento lesivo della sua salute e la condotta del medico, dovendosi dimostrare che il peggioramento delle condizioni di salute, nel caso concreto, il decesso, è connesso, causalmente, al comportamento omissivo del medico.
Solo successivamente all'accertamento del nesso eziologico tra l'evento dannoso e la prestazione sanitaria, si procede alla valutazione del profilo soggettivo della sussistenza di una condotta colposa o dolosa in capo al convenuto.
In caso, poi, di incertezze sulla ricostruzione del nesso eziologico, andrà applicata la regola del riparto dell'onus probandi nel senso che, atteso che l'onere della prova della causalità incombe comunque sul danneggiato, sarà questi a dover fornire la dimostrazione dell'efficacia sull'eziologia reale della malattia o dell'evento pregiudizievole per la integrità psicofisica.
Provata la sussistenza del nesso causale, in base alla presunzione relativa alla imputabilità per colpa (negligenza o imperizia professionale) di tale omissione al convenuto- professionista sanitario, sarà quest'ultimo, a dover provare, al fine di vincere tale presunzione semplice, la correttezza delle modalità diagnostiche e terapeutiche seguite, ossia della non imputabilità a colpa dell'inadempimento (omissione diagnostica o terapeutica) o, ancora, della insussistenza della omissione addebitata (effettuazione di ogni azione, manovra o prescrizione, in concreto e data la situazione del paziente e le emergenze cliniche disponibili e accertabili con la ordinaria diligenza del professionista appartenente alla categoria).
Quanto all'invocato giudicato penale di assoluzione.
In diritto.
In virtù del principio fondamentale di unità della giurisdizione, ai sensi dell'art. 652 (nell'ambito del giudizio civile di danni) e dell'art. 654 (nell'ambito di altri giudizi civili) del nuovo codice di procedura penale il giudicato di assoluzione è idoneo a produrre effetti preclusivi, quanto all'accertamento che il fatto non sussiste o che l'imputato non lo ha commesso, nel giudizio civile, solo quando contenga un effettivo, specifico e concreto accertamento circa l'insussistenza del fatto o l'impossibilità di attribuire questo all'imputato, e non anche quando l'assoluzione sia determinata dall'insussistenza di sufficienti elementi di prova circa la commissione del fatto o l'attribuibilità di esso all'imputato. Sotto il profilo soggettivo, è altresì necessario che vi sia coincidenza delle parti tra il giudizio penale e quello civile, e cioè che non soltanto l'imputato ma anche ...la parte civile abbia partecipato al processo penale (Cass. sez III, 20 settembre 2006, n. 20325).
Nel concreto.
Con sentenza n. 3185/02 in data 12 febbraio- 27 marzo 2002, il Tribunale di Roma ha assolto B. Luciano dal reato di omicidio colposo ascrittogli ai sensi dell'art. 530 c.p.p. " perché il fatto non costituisce reato".
La decisione è stata integralmente confermata in sede di appello : la Corte di Appello di Roma con sentenza n. 3232/03 in data 15 aprile. 10 luglio 2003, ha rigettato l'appello del procuratore generale e della parte civile costituita. La sentenza della Corte di Appello reca la attestazione di passaggio in giudicato in data 13 ottobre 2003.
Per quanto premesso in diritto, in ragione della formula della assoluzione, la sentenza della corte di Appello non vale ad essere assunta come regola di diritto e non preclude l'accertamento della responsabilità in sede civile, ferma restando la possibilità di ritenere accertati o negati, fatti materiali posti a fondamento della decisione (Cfr. C. Cass. Sez. L. sent n. 4498/16).
Passando alla valutazione del merito della domanda.
La regola probatoria che governa la ricostruzione del nesso causale nel processo civile, è quella della preponderanza dell'evidenza o del più probabile che non (Sez. Un. 11 gennaio 2008, n. 576).
Quanto alla CTU, occorre precisare in diritto che la consulenza tecnica è, di norma e nel concreto, consulenza percipiente.
Le conoscenze specialistiche del tecnico, si pongono come necessarie non solo per la comprensione dei fatti ma per la rilevabilità stessa dei fatti che, anche solo per essere individuati, necessitano di specifiche cognizioni e/o strumentazioni tecniche.
Gli accertamenti svolti in sede di consulenza, poi, partecipano, unitamente agli altri elementi di prova acquisiti al processo, del quadro dei fattori causali entro il quale opera la regola probatoria della certezza probabilistica per la ricostruzione del nesso causale.
Ciò detto e nel concreto.
In esito alla istruttoria espletata, sulla base dell'esame diretto della documentazione, anche sulla base della ricostruzione in fatto effettuata dal consulente e discostandosi, per le ragioni di seguito precisate, dalla CTU in punto di nesso causale tra la mancata esecuzione dell'intervento e il decesso, deve ritenersi che non è stata raggiunta prova adeguata della riconducibilità causale del decesso alla omessa esecuzione dell'intervento.
In tal senso:
- l'orario di ricovero;
- i tempi della diagnosi;
- i tempi tecnici necessari per la predisposizione dell'intervento;
- la gravità della lesione;
le percentuali di successo dell'intervento. Nello specifico rilevano i seguenti elementi di fatto.
- D.B.Se., 62 anni, è stato sottoposto, il 6 giugno 1995, presso struttura diversa dalla convenuta, a intervento chirurgico di sostituzione valvolare aortica con protesi meccanica per steno-insufficienza aortica di grado moderato severo e dimesso il successivo 10 giugno con condizioni generali descritte come discrete ma evidenziando lieve dolenzia toracica e "parestesie a carico degli arti superiori" (cfr. pag. 5 CTU);
- il 13 giugno 2013,ha evidenziato intenso dolore toracico, plegia e ipoestesia a carico degli arti inferiori;
- il D.B. è giunto alla osservazione dei medici del pronto soccorso dell'Ospedale S. Camilo di Roma alle ore 23.10, già in condizioni critiche, per assenza di polsi femorali e arti inferiori marezzati (indice di crollo del circolo periferico);
- D.B. viene visitato dal medico del pronto soccorso che si determina, tempestivamente e correttamente, a chiedere una consulenza neurologica;
- la indicazione per la consulenza neurologica ,come da CTU, deve ritenersi "del tutto giustificabile" in ragione della sintomatologia rappresentata in pronto soccorso (cfr. C.T.U. pg 15),il D.B. ha, infatti, riferito, al consulente, l'evidenziarsi, da alcuni giorni, di rachialgie dorsali e, in giornata, deficit bilaterale agli arti inferiori con interessamento delle vertebre D12-L1 ;
lo specialista decide "correttamente" e tempestivamente (cfr. C.T.U. pg 15) per l'esecuzione di un esame TC del torace e dell'addome;
- il D.B. esegue tempestivamente la TC;
durante la esecuzione della indagine strumentale, manifesta ipotensione severa che rende necessario sospendere l'esame ed eseguire manovre rianimatorie che, con successo, portano la pressione a 70/100 mentre la diuresi risulta assente;
- l'"esame TC evidenzia la presenza di una dissecazione del tratto ascendente dell'arteria aorta fino all'inizio del tratto discendente che non appare abitato da flusso sanguigno" ,elemento, questo, che indica la estrema importanza ("a tutto spessore") della dissezione della parete;
- le condizioni di D.B. e il reperto strumentale di dissecazione dell'aorta ascendente "motivano pienamente il trasferimento del ...D.B. presso la Divisione di Cardiochirurgia" (cfr. C.T.U.);
- alle ore 01.00, il paziente si ricovera presso la divisione di cardiochirurgia con diagnosi di shock in corso di dissezione acuta dell'aorta ascendente (cfr. diaria 14 giugno 1995);
- seppure i tempi di tali interventi e indagini non risultano separatamente indicati, accertato che l'ingresso al pronto soccorso è avvenuto alle ore 23.10 e il trasferimento presso la divisione di cardiochirurgia è avvenuta alle ore 01.00 del 14 giugno, i tempi di diagnosi devono ritenersi congrui;
- lo specialista di turno presso il reparto di cardiochirurgia era il dott. B.;
- dalla cartella clinica emerge che il dott. B., in ragione dell'accertato quadro clinico, prescrive terapia a base di Emagel, bicarbonato e Lasix;
- il dott. B., dopo la raccolta della anamnesi, nonostante la causa del ricovero fosse già stata indicata in " dissezione acuta dell'aorta ascendente", in orario non riportato in cartella ma dopo la raccolta della anamnesi, avvisa il primario del reparto (il dott. D.L.C.) per la decisione in ordine ad un eventuale intervento chirurgico;
il primario "decide di venire in ospedale per la decisione del caso"; la telefonata al primario è riportata anche in " diaria" dove dopo aver riportato la diagnosi di " shock in corso di dissezione acuta dell'aorta ascendente (ore.01.00) e dopo che il D.B. è stato accompagnato in servizio di accettazione dall'anestesista che lo assiste nel calo pressorio critico insorto nello svolgimento della TC e trattato con Emagel,Flebocortid e sexvom, in stato di diuresi " assente";
- il primario comunica che ogni decisione deve essere demandata alla sua visita del malato ;
- il dott. B. che pure, si è determinato a non intervenire chirurgicamente da solo rimanendo in attesa dell'arrivo del primario dott. D., ha gestito, farmacologicamente, il caso "in modo scrupoloso ed ineccepibile, in modo da sostenere il circolo senza indurre eccessivi innalzamenti del regime pressorio, in grado di accentuare l'estensione della dissecazione aortica in essere" (cfr. C.T.U. pg 17).
- il primario giunge in reparto alle ore 2.20;
- alle ore 02.30 si constata il decesso di D.B.Se.;
- l'esame autoptico eseguito il 15 giugno 1995 presso il reparto di anatomia dell'Ospedale S. Camillo, ha accertato emotorace sinistro secondario a rottura di aneurisma dissecante dell'aorta ascendente e dell'arco da lacerazione dell'intima in corrispondenza dei punti di sutura della parete aortica su recente incisione chirurgica in soggetto recentemente (6 giugno precedente) sottoposto a impianto di protesi valvolare aortica; ectasia dell'aorta ascendente e aterosclerosi severa della parete aortica;
- già al momento della dimissione dalla casa di cura, il D.B. evidenziava, oltre a lieve dolore toracico divenuto acuto il 13 giugno, parestesia a carico degli arti superiori (probabilmente interessati dalle prime alterazioni del circolo periferico);
- già all'atto del ricovero in pronto soccorso il D.B. evidenzia assenza di polsi femorali;
- l'esame TC (opportunamente e tempestivamente disposto dai medici del pronto soccorso ed eseguito) evidenzia la dissecazione del tratto ascendente;
- detto tratto ascendente, alla esecuzione della indagine strumentale, già appare non abitato da flusso sanguigno, dato, quest'ultimo, che depone per la importanza della dissezione;
- la condizione acuta di ipotensione grave evidenziatasi in corso di esecuzione della TC e che ha richiesto manovre rianimatorie per le quali la pressione è stata riportata a valori di 100/70, è indicativa di dissezione grave.
Per altro verso.
Il C.T.U. ha evidenziato che la diagnosi di dissecazione dell'arco aortico a partire dal suo tratto ascendente (dissecazione di tipo A) avrebbe richiesto una terapia esclusivamente chirurgica: sarebbe stata necessaria, a seconda dell'interessamento o meno dei tronchi sovraortici, la sostituzione dell'intero arco aortico o la sostituzione della sola aorta ascendente e dell'emiarco.
Il C.T.U. ha sottolineato che per la realizzazione dell'intervento, oltre al chirurgo operatore e all'equipe chirurgica, è necessaria la presenza dell'anestesista, degli infermieri e del personale ausiliario di sala operatoria, nonché del perfusionista.
Nel caso di specie deve ritenersi accertata la reale mancanza di organizzazione per la gestione dell'urgenza del caso in esame e la mancata esecuzione dell'intervento chirurgico , tuttavia, deve ritenersi non provato, con il sufficiente grado di probabilità, che l'intervento, ove pure fosse stato eseguito, avrebbe potuto scongiurare la morte del D.B. in ragione della gravità della patologia e delle condizioni generali del D.B. sin dal ricovero in pronto soccorso; per i tempi necessari ad approntare l'intervento (visto i tempi tecnici della diagnosi; tenuto conto dei tempi tecnici dell'allestimento camera operatoria) e per la condizione del D.B. che già al momento del ricovero in pronto soccorso era molto grave. Il CTU stima la percentuale di successo dell'intervento tra il 50% e il 70% facendo riferimento ai dati forniti dall'Euroscore Study Group nel 2011, attraverso il sistema di calcolo "Euroscore2 - rischio operatorio per interventi di cardiochirurgia" (cfr. C.T.U.).
I dati fanno riferimento allo stato della scienza e dell'arte sedici anni dopo i verificarsi dell'evento e la evoluzione della scienza medica, in tale lasso di tempo, deve ritenersi essere stata significativa e gli studi richiamati non pertinenti.
- Ritenendo, per tali ragioni, di dover far riferimento alla soglia minima di possibilità di sopravvivenza indicata dal CTU per la ipotesi di esecuzione dell'intervento, tenuto conto di quanto accertato in punto di gravità della dissezione, di tempi tecnici per addivenire alla diagnosi; dei tempi tecnici per l'allestimento della sala operatoria e per la preparazione del paziente all'intervento nonché dell'orario in cui il D.B. si è recato al pronto soccorso nonché della gravità delle condizioni cliniche già al ricovero in pronto soccorso, deve concludersi che non vi è prova con il necessario grado di probabilità ,che la esecuzione dell'intervento, ripetesi, ove materialmente possibile, avrebbe scongiurato l'evento morte e il giudizio controfattuale porta a concludere nel senso che l'intervento, pur eseguito nei tempi tecnici minimi richiesti, non puo' ritenersi, con il necessario grado di probabilità, che sarebbe stato risolutivo del caso.
- Né rilevano le censure mosse dalla pare attrice in punto di omessa informazione circa la mancanza di una equipe operatoria in sede.
- A tal fine, si osserva.
- I tempi di diagnosi accertati non avrebbero consentito un utile trasferimento del paziente presso diversa struttura ospedaliera.
Spese di lite.
Si compensano, tra le altre parti, in ragione dell'accertata mancata esecuzione dell'intervento chirurgico nonché dell'interesse autonomo delle imprese di assicurazione a prendere parte al giudizio di accertamento svolto a carico dell'assicurato e delle difese espresse nel giudizio di responsabilità, sostanzialmente sovrapponibili a quelle già espresse dagli assicurati.
Spese di CTU.
Si liquidano come in atti e restano definitivamente a carico della parte attrice.
PQM
Il Tribunale di Roma - definitivamente pronunciando sulle domande come in atti proposte, ogni diversa istanza disattesa, così provvede:
- Rigetta la domanda di D.B.E., B.M., D.B.L. nei confronti di AZIENDA OSPEDALIERA San CAMILLO FORLANINI di Roma e B.L..
- Compensa, tra le parti, le spese di lite;
- Liquida le spese di CTU come in atti e le pone definitivamente a carico di parte attrice.
Roma li 21 gennaio 2017
Il Giudice
Maria Speranza Ferrara