07.07.03 free
TAR CAMPANIA - (sulla richiesta di corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria sulla somma liquidata a titolo di equo indennizzo, dalla data di adozione della delibera che ha preso atto del giudizio medico-legale espresso dalla Commissione Medico Ospedaliera)
sentenza 5739/03
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania
Terza Sezione di Napoli
nelle persone dei Signori:
Dott. Giovanni de Leo Presidente
Dott. Antonio Ferone Componente
Dott. Roberto Caponigro Componente, relatore
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 4055 del 1992, proposto da
Michele Santoro
rappresentato e difeso dall’Avv. Genesio Griffo ed elettivamente domiciliato in Napoli, Via F. Correra n. 250 (studio Avv. Ambrogio Coppola)
contro
Unità Sanitaria Locale n. 38, in persona dell’Amministratore Straordinario pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. Antonio Iodice e con lo stesso elettivamente domiciliata in Napoli, Via A. D'Isernia n. 20
avverso
il silenzio-rifiuto-inadempimento concretatosi il 20.3.1992, a seguito di atto stragiudiziale di diffida ad adempiere.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Uditi alla pubblica udienza del 24 aprile 2003, relatore il Referendario dott. Roberto Caponigro, gli avvocati come da verbale d’udienza;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
FATTO
Il ricorrente espone di aver lavorato fino al mese di maggio 1990, quale dipendente della U.S.L. n. 38, con le mansioni di assistente ordinario.
Il Comitato di Gestione della U.S.L. n. 38, con delibera n. 19 del 11.2.1987, preso atto del giudizio espresso dalla Commissione Medico Ospedaliera di cui al verbale n. 2264/CIV del 17.9.86, ha riconosciuto che l’infermità “necrosi miocardica inferiore al III stadio” del dott. Santoro, ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, è da considerarsi contratta in servizio e dipendente da causa di servizio ascrivibile alla V cat. tab. A e ha liquidato all’avente titolo la somma di L. 13.705.200 quale equo indennizzo.
Il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, nella seduta del 2 ottobre 1989 - considerato che, nel merito, l'infermità “necrosi miocardica inferiore al 3° stadio”, riscontrata negli accertamenti sanitari eseguiti il 17.9.86 presso la competente C.M.O., può riconoscersi dipendente da fatti di servizio ed ascrivibile alla quinta categoria, nella misura massima, prevista dalle vigenti di disposizioni di legge – ha reso nel senso suindicato il parere richiesto.
Con nota n. 11886 del 24 agosto 1990, l’U.S.L. n. 38 ha comunicato al Servizio economico – finanziario e, per conoscenza, al ricorrente che con deliberazione n. 19 del 11.2.1987 al dott. Santoro è stata riconosciuta l’infermità contratta in servizio e dipendente da causa di servizio nonché la concessione dell’equo indennizzo, ai sensi dell’art. 12 D.P.R. 348/83, per un importo di L. 13.705.200.
Con il presente ricorso, il ricorrente ha fatto presente che sono da corrispondersi interessi e rivalutazione monetaria a far data dal 11.2.1987 e fino all’effettivo soddisfo in quanto la delibera del 11.2.1987 sarebbe da ritenersi esecutiva ex lege dalla stessa data.
L’amministrazione intimata ha contestato la fondatezza delle argomentazioni formulate dal ricorrente concludendo per il rigetto del ricorso.
All’udienza pubblica del 24 aprile 2003 il ricorso è stato trattenuto per la decisione.
DIRITTO
Il presente ricorso, in concreto, ha ad oggetto la richiesta di corresponsione di interessi e rivalutazione monetaria sulla somma di L. 13.705.200, liquidata a titolo di equo indennizzo, per il periodo dal 11 febbraio 1987 (data di adozione della delibera n. 19/1987) alla data dell’effettivo soddisfo.
La pretesa è infondata ed il ricorso va di conseguenza respinto.
L’equo indennizzo è un beneficio o un’utilità che l’amministrazione attribuisce al proprio dipendente per la perdita dell’integrità fisica subita a causa del servizio, non necessariamente per fatto implicante delle responsabilità dolose o colpose, e per il conseguente disagio che ne deriva (Ad. Plenaria Cons. Stato, 16 luglio 1993, n. 9).
La ratio dell’istituto, quindi, risiede nell’esigenza di compensare il lavoratore per le infermità contratte in dipendenza di fatti di servizio che, come tali, incidono anche sulle sue future capacità di produrre reddito.
Ne consegue che il relativo pagamento è in diretta ed immediata correlazione con il rapporto d’impiego, per cui, se è effettuato in ritardo, la pubblica amministrazione datrice di lavoro è tenuta a corrispondere pure la rivalutazione monetaria e gli interessi corrispettivi ovvero solo questi ultimi (art. 16, co. 6, L. 412/1991 per i crediti previdenziali e art. 22, co. 36, L. 724/1994 per i crediti retributivi).
Infatti, ai fini dell’applicabilità dell’art. 429, co. 3, cod. proc. civ. in tema di interessi e rivalutazione monetaria, costituisce credito di lavoro non solo quello retributivo ma ogni credito che sia in diretta relazione causale con il rapporto di lavoro e, quindi, anche il credito del dipendente pubblico relativo all’equo indennizzo e ciò a prescindere dalla natura indennitaria o previdenziale del credito in questione (Cass. civ. sez. lav., 23 febbraio 1993, n. 2202).
Occorre, peraltro, precisare che la rivalutazione monetaria e gli interessi corrispettivi sui crediti di lavoro dei pubblici dipendenti, anche ex art. 429, co. 3, cod. proc. civ., decorrono dalla data di maturazione del diritto, la quale si differenzia in ragione della differente fonte del credito nel senso che se questa è direttamente la legge o comunque una norma, anche di grado secondario, la data di decorrenza del diritto è quella della vigenza della norma, al di là degli atti paritetici rimessi alla pubblica amministrazione al fine della ricognizione e dell’adempimento della sua obbligazione, mentre se il diritto nasce con un provvedimento amministrativo, il dies a quo è quello del provvedimento stesso, a prescindere dalla sua eventuale retroattività (ex multis: Cons. Stato, IV, 7 maggio 2001, n. 729; T.A.R. Liguria, II, 30 maggio 1997, n. 182 e, sia pure con riferimento alla differente fattispecie della ricostruzione di carriera a seguito di reinquadramento, Cons. Stato, IV, 27 settembre 1993, n. 799).
Il diritto soggettivo di natura patrimoniale ad una corretta liquidazione del quantum nasce soltanto con l’emanazione dell’atto concessorio dell’equo indennizzo atteso che quest’ultimo ha natura autoritativa e, quindi, provvedimentale e non paritetica e che, conseguentemente, la situazione soggettiva vantata dal dipendente prima dell’adozione dell’atto ha natura di interesse legittimo (sostanzialmente in tal senso, ex multis: Cons. Stato, VI, 15 maggio 2002 n. 2644; T.A.R. Calabria, Catanzaro, 30 giugno 2000, n.634; Cons. Stato, V, 30 gennaio 1997 n. 109).
In altri termini, il diritto all’equo indennizzo matura con l’adozione del provvedimento concessorio e da tale data include anche i componenti accessori costituiti dagli interessi corrispettivi e dalla rivalutazione monetaria.
Ne consegue che la pretesa alla maggiorazione dell’importo attraverso il computo degli accessori del credito potrebbe rivelarsi fondata nel caso in cui l’amministrazione, una volta maturato il credito, effettuasse in ritardo il pagamento e cioè in relazione all’intervallo temporale che dovesse esservi tra la data di attribuzione del beneficio e la data di effettiva soddisfazione dell’avente titolo.
Tale ipotesi, nel caso di specie, non ricorre.
La delibera n. 19 del 11 febbraio 1987 del Comitato di Gestione della U.S.L. n. 38 - premesso, tra l’altro, che l’interessato ha chiesto, con apposita istanza, la liquidazione dell’equo indennizzo, come previsto dall’art. 51 D.P.R. 686/1957 - ha preso atto del giudizio espresso dalla Commissione Medico Ospedaliera, ha riconosciuto che l’infermità “necrosi miocardica inferiore al III stadio” del dott. Santoro, ai fini della liquidazione dell’equo indennizzo, è da considerarsi contratta in servizio e dipendente da causa di servizio ed ascrivibile alla V cat. tab. A ed ha liquidato all’avente titolo la somma di L. 13.705.200 quale equo indennizzo.
Il capo II del titolo V del D.P.R. 686/1957 (all’epoca in vigore) disciplina la procedura per la liquidazione dell’equo indennizzo e stabilisce all’art. 51 che “per conseguire l’equo indennizzo l’impiegato deve presentare domanda all’Amministrazione da cui dipende entro sei mesi dal giorno in cui gli è comunicato il decreto che riconosce la dipendenza della menomazione dell’integrità fisica da cause di servizio …” ed all’art. 54 che “l’ufficio del personale, dopo aver ottenuto il parere delle autorità sanitarie e quello del Consiglio di Amministrazione, trasmette tutti gli atti al Comitato per le pensioni privilegiate ordinarie, con una relazione nella quale sono riassunti gli elementi di fatto, i pareri amministrativi e medico legali e quelle altre circostanze che possono fare ammettere o escludere la concessione dell’equo indennizzo”. L’art. 55, inoltre, prevede che “…. il Comitato delle pensioni privilegiate ordinarie, sentito il relatore emette il suo parere sulla dipendenza della menomazione dell’integrità fisica da causa di servizio ….”.
Pertanto, rispetto al procedimento volto al riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio nel quale l’organo consultivo abilitato ad intervenire è la Commissione Medico Ospedaliera, nel procedimento volto alla concessione dell’equo indennizzo l’organo consultivo abilitato ad esprimere il giudizio medico-legale è il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie.
Il procedimento volto alla concessione dell’equo indennizzo, quindi, si conclude con un provvedimento assunto dall’amministrazione procedente a seguito del parere reso dal CPPO, sicché il provvedimento adottato in data 11.2.1987 dal Comitato di Gestione dell’USL n. 38, nonostante la sua formulazione, non può essere considerato attributivo del diritto all’equo indennizzo in quanto prende atto del giudizio espresso dalla Commissione Medico Ospedaliera collocandosi in una fase temporale in cui il giudizio del CPPO, condicio sine qua non per l'eventuale riconoscimento dell’equo indennizzo, non era ancora stato reso.
Viceversa, il CPPO, nella seduta del 2.10.1989, “considerato che, nel merito, la infermità “necrosi miocardica inferiore al 3° stadio”, riscontrata negli accertamenti sanitari eseguiti il 17.9.86 presso la competente C.M.O., può riconoscersi dipendente da fatti di servizio ed ascrivibile alla quinta categoria, nella misura massima, prevista dalle vigenti disposizioni di legge” ha reso, nel senso suindicato, il parere richiesto.
Il Comitato, secondo quanto indicato nella propria memoria dall’amministrazione resistente, ha notificato all’U.S.L. n. 38 il proprio parere in data 31.7.1990.
Con nota n. 11886 del 24 agosto 1990, indirizzata per conoscenza al ricorrente, l’amministrazione ha comunicato che con deliberazione n. 19 del 11.2.1987 al dott. Santoro è stata riconosciuta l’infermità contratta in servizio e dipendente da causa di servizio nonché la concessione dell’equo indennizzo, ai sensi dell’art. 12 D.P.R. 348/83 per un importo di L. 13.705.200.
In relazione alle considerazioni suesposte, occorre ritenere che tale atto recepisca, implicitamente, il parere reso dal CPPO nella seduta del 2.10.1989 e costituisca il provvedimento attributivo del diritto all’equo indennizzo in quanto può essere considerato il provvedimento che ha concluso il procedimento previsto dagli artt. 51 e ss. del D.P.R. 686/1957.
Ne consegue l’infondatezza della domanda del ricorrente che pretende di ottenere la rivalutazione monetaria e gli interessi sulla somma liquidata a titolo di equo indennizzo a far tempo dalla data del 11.2.1987, data di adozione della delibera che ha preso atto del giudizio medico-legale espresso dalla Commissione Medico Ospedaliera il 17.9.1986, e, quindi, per un tempo anteriore alla data di maturazione del diritto.
Il ricorso va di conseguenza respinto.
Sussistono giusti motivi, considerate le peculiarità della vicenda, per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania, Terza Sezione di Napoli, rigetta il ricorso in epigrafe.
Dispone la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli, nella camera di consiglio del 24 aprile 2003.
Dott. Giovanni de Leo Presidente
Dott. Roberto Caponigro Estensore