01/07/2022 free
Confermata la ingiustificata confusione di ruoli tra personale medico ed infermieristico che viene realizzata con l’UDI (Unità di Degenza Infermieristica)
È incontestabile che al personale medico compete la gestione del percorso terapeutico e clinico del paziente, mentre alla struttura infermieristica spetta il compito di attuare il percorso proriamente assistenziale. Invece, nell’UDI si ha che la struttura organizzativa afferisce al Dipartimento delle Professioni Sanitarie e il paziente post-acuto è gestito dal responsabile della posizione organizzativa, pur essendovi la presenza sussidiaria del medico di riferimento per le attività di competenza specifica e la possibilità, da parte del responsabile della posizione organizzativa, di contattare il medico di guardia della struttura inviante.
Effettivamente, tale modello non appare coerente con il quadro normativo di riferimento, preordinato alla tutela del diritto alla salute dell’individuo/paziente, che richiede l’intervento coordinato del medico e dell’infermiere. Il personale medico non può operare “a distanza”, in quanto altrimenti ciò dovrebbe determinare una traslazione delle responsabilità, non consentita dall’ordinamento. ( dott.ssa Maurizia Lanzano - www.dirittosanitario.net)
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Pubblicato il 24/06/2022
N. 05205/2022REG.PROV.COLL.
N. 01092/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso n. 1092/2017, proposto dalla Regione Umbria, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Anna Rita Gobbo, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Perugia, corso Vannucci 30;
contro
CIMO Umbria, AAROI-EMAC Umbria, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'avvocato Romina Pitoni, con domicilio eletto presso lo studio Valentina Paiella in Roma, viale America, 111;
Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Luisa Gobbi, Claudio Marcello Leonelli, con domicilio eletto presso lo studio Luisa Gobbi in Roma, via Ennio Quirino Visconti n. 103;
ANAAO-ASSOMED, non costituito in giudizio;
nei confronti
Azienda Ospedaliera di Perugia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Dante Duranti, con domicilio eletto presso lo studio Goffredo Gobbi in Roma, via Maria Cristina 8;
Collegio Provinciale degli Infermieri Professionali Assistenti sanitari e Vigilatrici di Infanzia - Ip.As.Vi. di Perugia, Urbani Viviana, non costituiti in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato Antonio Maria Leozappa, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Antonelli n. 15;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) n. 00704/2016.
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di CIMO Umbria e di AAROI-EMAC Umbria e di Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Perugia e di Azienda Ospedaliera di Perugia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza straordinaria del giorno 21 giugno 2022 il Pres. Marco Lipari;
Viste le conclusioni delle parti come da verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. La sentenza impugnata ha accolto, in parte, il ricorso e i due successivi ricorsi per motivi aggiunti proposti da CIMO Umbria, AAROI-EMAC Umbria, associazioni sindacali rappresentative dei medici chirurghi, veterinari, odontoiatri (CIMO), specialisti in anestesia e rianimazione e delle discipline che operano nel contesto della medicina critica e dell’emergenza (AAROI-Emac), in servizio ed in quiescenza, per l’annullamento dei seguenti atti:
- deliberazione del Direttore Generale dell'Azienda Ospedaliera di Perugia n. 770 del 4 maggio 2015, con cui si è deliberato di fare integralmente propria la proposta di deliberazione n. 53 del 4 maggio 2015 della Direzione Sanitaria Dipartimento Professioni Sanitarie dell'Azienda Ospedaliera di Perugia e di disporre come in essa indicato;
- proposta di deliberazione del 4 maggio 2015 n. 53 della Direzione Sanitaria Dipartimento Professioni Sanitarie dell'Azienda Ospedaliera di Perugia avente ad oggetto "Unità di Degenza Infermieristica", con cui si propone l'attivazione, a decorrere dal 4 maggio 2015, in via sperimentale, di una Unità di Degenza Infermieristica dotata di 12 posti letto, al Blocco M piano +2 lato distale, secondo il modello organizzativo allegato alla stessa, per la gestione dei pazienti in fase post-acuta, generalmente provenienti da unità operative a carattere internistico e con predefinito il piano terapeutico, necessitanti di assistenza infermieristica prima del ritorno al proprio domicilio;
- regolamento di attività dell’UDI dell’Azienda Ospedaliera di Perugia approvato in data 21 luglio 2015;
- nota prot. n. 2015/0011362 della Direzione generale dell’Azienda Ospedaliera di affidamento dell’incarico di riferimento per le specifiche attività mediche presso l’UDI;
- nota dell’Azienda Ospedaliera datata 16 ottobre 2015 e susseguente provvedimento del Direttore Sanitario, che propone di continuare il modello organizzativo dell’UDI; provvedimento del D.G. di condivisione della proposta; nonché deliberazione di Giunta Regionale n. 1084 del 22 settembre 2015, nella parte in cui facendo positivo riferimento all’attivazione sperimentale dell’UDI, ne ritiene legittima l’istituzione.
2. Secondo la prospettazione dei ricorrenti, nei provvedimenti impugnati non sono chiari il ruolo e le responsabilità dei medici nell’assistenza clinica dei predetti pazienti, come dimostrano significativamente le circostanze per cui la struttura afferisce al dipartimento delle Professioni Sanitarie, ed il relativo dirigente ha la responsabilità connessa alla gestione del corretto utilizzo dei posti letto, ivi compreso il rinvio a domicilio o presso strutture dei servizi territoriali, compito che invece spetterebbe ad un medico, dopo visita del paziente. Ne consegue che il trasferimento presso l’UDI sembrerebbe presupporre la presa in carico del paziente da parte del medico del reparto di provenienza, senza che nulla sia disposto al proposito, ed anzi essendo previsto che è il responsabile di posizione organizzativa ad avere la responsabilità connessa alla gestione del paziente. Una prima anomalia è ravvisabile nel fatto che se spetta al medico del reparto di degenza ordinaria inviare i pazienti dimessi all’UDI, non è poi comprensibile come possa essere il coordinatore infermieristico a valutare i criteri di ammissibilità dello stesso paziente presso la struttura.
3. Sotto altro profilo, a parere delle associazioni ricorrenti in primo grado, non è comprensibile come i pazienti possano essere seguiti, nel percorso terapeutico e clinico, soltanto dall’equipe assistenziale composta da un coordinatore infermieristico, infermieri ed operatori socio-sanitari e solamente in caso di specifiche attività possa o debba intervenire il medico di riferimento dell’UDI; neppure è comprensibile il ruolo e la responsabilità del medico di riferimento dell’UDI, che, stante la complessità e diversità delle patologie dei pazienti ricoverati, dovrebbe essere plurispecializzato, fermo restando che è compito dell’infermiere valutare se e quando chiamare il medico in caso di eventuale peggioramento del paziente. Si crea, in altri termini, uno stravolgimento dell’ordinario criterio secondo cui la componente assistenziale si pone a valle di un percorso di diagnosi ed indicazione terapeutica, che è esclusivamente di pertinenza medica.
4. I ricorrenti di primo grado osservano ancora che il responsabile di posizione organizzativa UDI è il soggetto titolare della responsabilità connessa alla gestione del paziente (Daniele Torrioni), mentre il medico di riferimento è la prof.ssa Isabella Tritto, professore associato strutturato presso la Struttura Complessa di Cardiologia dell’Azienda Ospedaliera di Perugia. Quest’ultima risponde al responsabile UDI e non può interferire con la linea assistenziale diretta e gestita dal primo. I medici del reparto di provenienza del paziente non hanno la possibilità di gestire e monitorare il paziente che rimane affidato alla responsabilità assistenziale esclusiva del responsabile infermieristico dell’UDI. Ciò determina, ad avviso dei ricorrenti, un’indubbia commistione di ruoli e funzioni.
5. A dire dei ricorrenti, va inoltre considerato che, seppure il provvedimento impugnato è mosso dall’intento di ridurre i costi di permanenza nel reparto per acuti, in realtà l’Azienda Ospedaliera si è assunta i maggiori costi derivanti dall’assunzione di ben dodici figure professionali (sei operatori professionali e sei infermieri professionali).
6. Con riguardo al provvedimento di G.R., viene dedotto dai ricorrenti che l’UDI non può ritenersi strumento attuativo della legge n. 125 del 2015; nel piano sanitario regionale, come pure nella richiamata deliberazione di G.R. n. 970 del 2012, vi è un riferimento alla RSA, in cui è il medico di medicina generale il diretto responsabile del progetto di cura.
7. La decisione del TAR ha dichiarato inammissibili, per difetto di giurisdizione, le censure proposte contro gli atti dell’Azienda Sanitaria, mentre ha espressamente respinto le eccezioni di difetto di giurisdizione riguardanti l’impugnazione degli atti adottati dalla Regione.
Questi capi della decisione non hanno formato oggetto di impugnazione e, pertanto, sono passati in giudicato.
8. La Regione Umbria contesta, sotto diversi profili, la decisione di primo grado.
9. Si sono costituiti in questo grado di giudizio CIMO Umbria, AAROI-EMAC Umbria, nonché l’Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri di Perugia, per resistere all’appello.
10. L’Azienda Ospedaliera di Perugia e la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche, costituiti in giudizio, hanno aderito alle tesi difensive proposte con l’appello.
Le altre parti non si sono costituite in questo grado di giudizio.
11. Con un primo mezzo di gravame, la Regione ribadisce l’eccezione di difetto di legittimazione e di interesse delle associazioni ricorrenti in primo grado, già proposta dall’Azienda Ospedaliera.
Secondo l’appellante il TAR non avrebbe adeguatamente considerato l’esatta portata delle deduzioni difensive svolte dall’amministrazione sanitaria.
Il motivo è privo di pregio. La decisione impugnata ha indicato, in modo analitico e pienamente persuasivo, le ragioni che giustificano l’azione proposta dalle associazioni sindacali, palesemente correlate alla tutela delle corrette modalità dell’espletamento dei servizi, incidenti sull’organizzazione del lavoro dei medici e degli infermieri.
La pronuncia ha correttamente richiamato il costante indirizzo giurisprudenziale secondo cui sussiste la legittimazione a ricorrere delle associazioni professionali e sindacali a tutela di un interesse collettivo (non frazionabile e dunque non tutelabile singolarmente) di cui sia istituzionalmente portatrice in via esclusiva per fare valere gli interessi dell’intero gruppo rappresentato; la legittimazione difetta invece allorché l’associazione agisca a tutela di interessi riferibili a singoli soggetti asseritamente incisi nella propria sfera giuridica soggettiva individuale, o vi sia contrasto (conflitto di interessi) all’interno della categoria rappresentata, situazioni, queste, non riscontrabili nella fattispecie in esame (in termini, tra le tante, T.A.R. Lazio, sez. II, 12 ottobre 2010, n. 32757).
Nessuna delle obiezioni indicate nell’atto di appello riesce a superare le corrette conclusioni cui è pervenuto il TAR.
12. Con un’ulteriore censura la Regione contesta l’ammissibilità degli interventi ad adiuvandum dell’Ordine Privinciale dei Medici e dell’ANAAO ASSOMED.
Il motivo è infondato.
I due interventi spiegati in primo grado risultano conformi ai criteri generali elaborati dalla giurisprudenza.
13. Inoltre, contrariamente a quanto dedotto dall’appellante, l’identificazione della parte ANAAO è conforme alle prescrizioni dell’art. 50 del CPA, poiché non vi sono dubbi in relazione alla riferibilità dell’atto all’associazione.
14. La Regione sostiene, poi, che l’impugnata delibera regionale non ha carattere provvedimentale e, pertanto, non potrebbe formare oggetto di impugnativa.
La tesi dell’appellante è priva di pregio.
Anche condividendo, per ipotesi, la conclusione dell’appellante, secondo cui la delibera assume la natura di atto meramente programmatorio, resterebbe ferma la sua natura provvedimentale, la sua attitudine ad incidere sull’assetto organizzativo del servizio sanitario e, in definitiva, la sua piena impugnabilità.
15. La Regione sostiene, ancora, l’inammissibilità del ricorso contro l’atto regionale, deducendo che, una volta qualificato dal TAR come “atto di controllo positivo”, l’impugnabilità autonoma del provvedimento sarebbe preclusa, in mancanza di contestuale ricorso avverso l’atto controllato, costituito dalle determinazioni dell’Azienda Sanitaria, non conoscibili dal giudice amministrativo.
La tesi non è condivisibile.
In punto di fatto, è sufficiente osservare che i ricorrenti hanno tempestivamente impugnato gli atti dell’Azienda Sanitaria (vale a dire gli atti oggetto dell’ipotizzato controllo), coltivando il giudizio riassunto davanti al giudice ordinario, non ancora definito con pronuncia passata in giudicato.
In ogni caso, indipendentemente dall’esattezza della qualifica dell’atto regionale quale provvedimento di controllo in senso proprio, risulta palese l’interesse a contestarne la legittimità, attesa la sua incidenza sull’assetto organizzativo aziendale.
16. La Regione lamenta che la sentenza impugnata, trascurando di valutare le analitiche difese dell’amministrazione spiegate in primo grado, sarebbe inammissibilmente sconfinata nel merito amministrativo.
La censura è infondata.
Come spiegato dettagliatamente infra, la sentenza del TAR ha rilevato dei difetti di istruttoria e di motivazione che non invadono il merito amministrativo.
Le complessive argomentazioni esposte dalla pronuncia risultano pienamente idonee a confutare le argomentazioni difensive delle amministrazioni, le quali possono in ogni caso essere sviluppate e approfondite nella presente fase di appello.
17. Nel merito, la Regione ritiene che l’istituzione dell’UDI non sia in contrasto con il Piano Regionale Sanitario, poiché rapppresenterebbe uno dei modelli assistenziali innovativi previsti dall’atto programmatorio.
La Regione, nel richiamare, testualmente, le deduzioni difensive articolate dall’Azienda Sanitaria in primo grado, ribadisce le proprie tesi riguardanti la legittimità e ragionevolezza delle determinazioni organizzative impugnate.
La tesi della Regione non è condivisibile.
18. Il Tar ha esattamente evidenziato che il richiamo della delibera di G.R. n. 970 del 2012 appare improprio e contraddittorio, atteso che questa non prevede affatto le unità di degenza infermieristica, contemplando invece la RSA (residenza sanitaria assistenziale) a degenza breve, caratterizzata dalla presenza del medico di medicina generale. Quest’ultimo, secondo il piano sanitario regionale, è il diretto responsabile del progetto di cura e della gestione dei trattamenti diagnostici e terapeutici dell’assistito.
Il piano sanitario regionale, d’altro canto, non prevede l’UDI, e dunque la sua istituzione con delibera del D.G. dell’Azienda Ospedaliera risulta illegittima, ponendosi in contrasto con l’art. 12 della l.r. n. 11 del 2015, che, appunto, attribuisce al piano il compito di definire i livelli uniformi ed essenziali di assistenza da assicurare su tutto il territorio regionale, indicando altresì le modalità per il conseguimento di siffatti obiettivi.
19. Inoltre, come sottolineato dal TAR, l’istituzione dell’UDI viola la disposizione dell’art. 5 della l.r. n. 11 del 2015, alla cui stregua «la Giunta regionale, con propri atti, definisce modalità e criteri per regolare la produzione e l’erogazione dei servizi sanitari da parte degli operatori pubblici e privati nel territorio regionale» (comma 2) adottando altresì direttive vincolanti per le aziende sanitarie regionali (comma 3).
È dunque esatta la conclusione cui è pervenuto il TAR. “I suindicati profili di illegittimità dell’atto di istituzione dell’UDI non sono stati rilevati dalla deliberazione di G.R. impugnata, che si è limitata a riconoscere tale servizio (o modalità organizzativa) nell’assunto, peraltro indimostrato, che consenta il miglioramento degli indicatori di performance ospedaliera, liberando risorse di posti-letto.”
20. Il Collegio ritiene pienamente condivisibili le ulteriori argomentazioni esposte dalla sentenza appellata, secondo cui a delibera di Giunta regionale impugnata ha omesso di considerare ulteriori profili di criticità dell’UDI, riguardanti la illogica e ingiustificata “confusione” di ruoli tra personale medico ed infermieristico conseguente alla tendenziale separazione tra attività clinica ed attività assistenziale che viene realizzata con l’UDI.
È incontestabile, infatti, che al personale medico compete la gestione del percorso terapeutico e clinico del paziente, mentre alla struttura infermieristica spetta il compito di attuare il percorso proriamente assistenziale. Invece, nell’UDI si ha che la struttura organizzativa afferisce al Dipartimento delle Professioni Sanitarie e il paziente post-acuto è gestito dal responsabile della posizione organizzativa, pur essendovi la presenza sussidiaria del medico di riferimento per le attività di competenza specifica e la possibilità, da parte del responsabile della posizione organizzativa, di contattare il medico di guardia della struttura inviante.
Effettivamente, tale modello non appare coerente con il quadro normativo di riferimento, preordinato alla tutela del diritto alla salute dell’individuo/paziente, che richiede l’intervento coordinato del medico e dell’infermiere. Il personale medico non può operare “a distanza”, in quanto altrimenti ciò dovrebbe determinare una traslazione delle responsabilità, non consentita dall’ordinamento.
Non a caso il dato normativo attribuisce al medico la funzione di direzione ed organizzazione della struttura (lo esplicita all’art. 15, comma 6, con riferimento ai dirigenti con incarico di direzione di struttura complessa, ma si tratta di un principio di portata generale) al precipuo scopo di garantire l’appropriatezza degli interventi.
21. L’Azienda Ospedaliera, senza svolgere ulteriori difese, ha depositato la sentenza del Tribunale civile di Perugia, n. 461/2022, pronunciata all’esito del giudizio riassunto in seguito alla parziale declinatoria di giurisdizione dell’appellata decisione del TAR.
Al riguardo, il Collegio, nel prendere atto delle conclusioni cui è pervenuto il giudice civile, dissentendo dall’interpretazione seguita dal TAR, osserva che tale pronuncia, peraltro non passata in giudicato, non condiziona il presente giudizio di appello.
22. In conclusione, l’appello deve essere respinto.
Le spese possono essere compensate, tenendo conto della novità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 giugno 2022 con l'intervento dei magistrati:
Marco Lipari, Presidente, Estensore
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere
Ugo De Carlo, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Marco Lipari