19/12/2020 free
Il generico richiamo alle esigenze finanziarie non consente di limitare l’accesso alla PMA eterologa.
Fatta salva la discrezionalità
dell'Amministrazione, le scelte operate devono comunque fondarsi su un criterio
discretivo contraddistinto da intrinseca coerenza logica, specie nel caso in
cui ineriscano alla sfera dei diritti fondamentali.
Tanto non è a dirsi nel caso qui
in rilievo rispetto alla distinzione di regime tracciata dalla Regione tra PMA
omologa e PMA eterologa quanto ai presupposti e ai limiti di accesso, posto che
lo studio di fattibilità richiamato dalla difesa regionale non appare idoneo a
provare le ragioni di tale scelta, costituendo un ordinario strumento
ricognitivo delle previsioni di spesa connesse alla organizzazione del servizio
e che, però, non reca affatto evidenza del distinto e più significativo profilo
dei limiti di sostenibilità economica all'interno degli equilibri di bilancio
della Regione. Non può, dunque, un generico richiamo alle esigenze finanziarie
di contenimento della spesa fondare, attraverso la previsione di sbarramenti
rigidi di accesso alla PMA eterologa, una così significativa disparità di
trattamento tra interventi che vanno considerati complementari sul piano
dell'assistenza terapeutica quali species di un medesimo genus.
Consiglio di Stato sez. III, 24/11/2020,
n.7343
REPUBBLICA
ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO
ITALIANO
Il Consiglio di
Stato
in sede giurisdizionale (Sezione
Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro
generale 71 del 2020, proposto dalla
-OMISSIS-, in
persona del legale
rappresentante pro tempore,
rappresentata e difesa dagli
avvocati Sabrina Gallonetto, Pio Dario
Vivone, con domicilio digitale
come da PEC da Registri di Giustizia e
domicilio eletto presso lo studio
dell'avv. Stefano Gattamelata
in
Roma, via di Monte Fiore 22;
contro
-
OMISSIS-, rappresentati e
difesi dagli avvocati
Francesco
Caliandro, Roberto Enrico
Paolini, con domicilio digitale come da PEC
da Registri di Giustizia;
nei confronti
- OMISSIS-, non costituita in
giudizio;
per la riforma
della sentenza
del Tribunale Amministrativo Regionale
per la
Lombardia (Sezione Terza)
-OMISSIS-.
Visti il ricorso in appello e i
relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in
giudizio di -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della
causa;
Relatore nell'udienza pubblica
del giorno19 novembre 2020, svolta in
modalità da remoto, il Cons.
Umberto Maiello e dato atto
della
presenza, ai sensi di legge, degli
avvocati delle parti
come da
verbale dell'udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e
diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il mezzo in epigrafe la
-OMISSIS- chiede la riforma della sentenza del TAR per la Lombardia, sede di
Milano, Sez. III, -OMISSIS-, resa nel procedimento rg -OMISSIS-i quali, affetti
da sterilità ed infertilità assolute ed irreversibili, intendevano accedere
alle tecniche di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo a carico
del servizio sanitario regionale.
1.1. La coppia suddetta
impugnava, infatti, in prime cure, la delibera di DGR. -OMISSIS-, con la quale
la -OMISSIS- stabiliva di confermare, in via transitoria, fino alla definizione
delle tariffe di riferimento a livello nazionale per le prestazioni di PMA
eterologa, quanto già indicato nel documento approvato dalla Conferenza delle
Regioni e Provincie autonome del 4 settembre 2014 e richiamato dalla dgr
-OMISSIS-riguardo al numero di cicli di PMA di tipo eterologo ed età della
donna, prevedendo, dunque, un massimo di 3 cicli effettuati nelle strutture
sanitarie pubbliche, fino al compimento del 43° anno.
1.2. Il giudice di prime cure,
con la pronuncia qui fatta oggetto di gravame, accoglieva il ricorso proposto
dai sigg. -OMISSIS-sulla premessa che "una disciplina differenziata per la
PMA eterologa rispetto a quella relativa alla PMA omologa sarebbe irrazionale,
in quanto non giustificata da alcuna valida ragione scientifica, oltre che
lesiva del principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 Costituzione". Più
in particolare il TAR affermava che la previsione del limite del
quarantatreesimo anno di età fosse irragionevole e discriminante, ponendo in
essere una disparità di trattamento; e reputava altresì illegittimo il limite
massimo di tre cicli previsto dalla delibera regionale in quanto volto a
differenziare il regime di disciplina delle due tecniche terapeutiche.
2. Avverso il suindicato decisum
ha interposto appello la -OMISSIS- che, a sostegno della spiegata impugnazione,
deduce:
a) l'erroneità della sentenza
appellata nella parte in cui non ha debitamente considerato gli studi e i dati
scientifici idonei a giustificare il trattamento differenziato tra le due
tecniche di PMA in ragione della maggiore difficoltà di successo dell'impianto
allogenico in una donna di età superiore a 43 anni: la letteratura scientifica
metterebbe, dunque, in evidenza come l'ovodonazione sia un fattore di rischio
di per sé, che diventa significativo a 43 anni e altamente significativo dopo i
45 anni;
b) il giudice di prime cure
avrebbe, inoltre, trascurato il fatto che le condizioni di età ed il limite al
numero di trattamenti a carico del SSR per accedere alla PMA eterologa fossero
previsti nelle linee guida dettate dalla Conferenza delle Regioni e delle
Province autonome, espressamente richiamate da -OMISSIS- a fondamento della
propria determinazione;
c) lamenta, altresì, l'Ente
appellante che la pronuncia del TAR non avrebbe considerato gli elementi
differenziali tra le due tecniche (criteri di selezione, esami da effettuare
sui donatori, crioconservazione dei gameti etc) che giustificherebbero, anche
in base allo studio di fattibilità compiuto, la diversità di regime della PMA
eterologa anche in ragione del maggior esborso economico richiesto alla PA per
garantirne l'accesso.
2.1. Si sono costituiti in
giudizio i sigg. -OMISSIS-che ripropongono, ai sensi dell'art. 101 cpa, le
censure formulate in primo grado e non delibate dal giudice di prime cure
siccome rimaste assorbite nella statuizione di annullamento, chiedendo il
rigetto dell'appello proposto dalla -OMISSIS- perché inammissibile e infondato.
2.2. All'udienza del 19 novembre
2020 la causa è stata trattenuta in decisione.
3. L'appello della -OMISSIS- è
infondato e deve essere respinto.
4. Vale premettere, in via
generale, che si ha procreazione medicalmente assistita (di seguito anche PMA)
tutte le volte in cui il concepimento non è conseguenza naturale del rapporto
tra un uomo e una donna ma l'effetto di un intervento di assistenza tecnica
curato da sanitari specializzati.
Com'è noto, è possibile
distinguere tra PMA "omologa" (se il materiale biologico appartiene
ai genitori del nascituro) e PMA "eterologa" (se il materiale
biologico non appartiene ad uno dei due genitori o a nessuno dei due).
4.1. Ai fini di un compiuto
inquadramento della res iudicanda, il Collegio ritiene utile, anzitutto,
ricostruire la cornice normativa di riferimento onde scrutinare in coerenza con
le coordinate da essa evincibili i temi controversi dedotti dalle parti.
Orbene, in coerenza con la
suddetta prospettiva metodologica, mette conto evidenziare che referente
normativo in materia è la legge 19 febbraio 2004, n. 40 che, originariamente,
all'4, comma 3, innovando il precedente permissivo quadro normativo, recava un
esplicito divieto di fecondazione con gameti estranei alla coppia.
4.2. Tale divieto è, però, venuto
meno a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 162 del 10 giugno
2014, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della disposizione in
argomento nella parte in cui esso stabiliva il divieto del ricorso a tecniche
di "procreazione medicalmente assistita" di tipo eterologo.
Gli snodi essenziali del
suindicato decisum possono essere così riassunti:
- la scelta della coppia,
assolutamente sterile o infertile, di diventare genitori e di formare una
famiglia che abbia anche dei figli costituisce espressione della fondamentale e
generale libertà di autodeterminarsi, riconducibile agli art. 2,3 e 31 Cost.,
la quale, concernendo la sfera più intima ed intangibile della persona umana,
non può che essere incoercibile, qualora non vulneri altri valori
costituzionali, e ciò anche quando sia esercitata mediante la scelta di
ricorrere a questo scopo alla tecnica di PMA di tipo eterologo;
- la norma censurata incide,
inoltre, sul diritto alla salute, che va inteso nel significato, proprio
dell'art. 32 Cost., comprensivo anche della salute psichica oltre che fisica, e
la cui tutela deve essere di pari grado a quello della salute fisica, atteso
che l'impossibilità di formare una famiglia con figli insieme al proprio
partner, mediante il ricorso alla PMA di tipo eterologo, può incidere
negativamente, in misura anche rilevante, sulla salute della coppia;
- la disciplina censurata
realizza un ingiustificato, diverso trattamento delle coppie affette dalla più
grave patologia, in base alla capacità economica delle stesse, che assurge a
requisito dell'esercizio di un diritto fondamentale, negato ai soli soggetti
privi delle risorse finanziarie necessarie per poter fare ricorso a tale
tecnica recandosi in altri Paesi;
- infine, il divieto assoluto di
fecondazione eterologa non è neppure giustificabile dalla necessità di
tutelare, nell'ambito del bilanciamento degli interessi costituzionalmente
coinvolti, il diritto del nato da PMA di tipo eterologo all'identità genetica,
poiché l'ordinamento ammette a determinate condizioni la possibilità per il
figlio di accedere alle informazioni relative all'identità dei genitori
biologici. Pertanto, il censurato divieto, nella sua assolutezza, è il
risultato di un irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in
ragione anche del canone di razionalità dell'ordinamento.
Nel percorso argomentativo
seguito dalla Consulta assume rilievo centrale il fatto che un intervento sul
merito delle scelte terapeutiche, in relazione alla loro appropriatezza, non
può nascere da valutazioni di pura discrezionalità politica del legislatore, ma
deve tenere conto anche degli indirizzi fondati sulla verifica dello stato
delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite, tramite
istituzioni e organismi a ciò deputati, anche in riferimento all'accertamento
dell'esistenza di una lesione del diritto alla salute psichica ed alla idoneità
e strumentalità di una determinata tecnica a garantirne la tutela nei termini
nei quali essa si impone alla luce della nozione sopra posta.
Nel solco delle divisate
coordinate la Corte ha, dunque, rilevato che la tecnica in esame (id est PMA
eterologa) alla luce delle notorie risultanze della scienza medica, non
comporta rischi per la salute dei donanti e dei donatari eccedenti la normale
alea insita in qualsiasi pratica terapeutica, purché eseguita all'interno di
strutture operanti sotto i rigorosi controlli delle autorità, nell'osservanza dei
protocolli elaborati dagli organismi specializzati a ciò deputati.
Le differenze di P.M.A. di tipo
omologo ed eterologo, considerate species dello stesso genus, "benché
soltanto la prima renda possibile la nascita di un figlio geneticamente
riconducibile ad entrambi i componenti della coppia" sono state, in
definitiva, ritenute non sufficiente a giustificare una così radicale
differenza di regime giuridico.
4.3. Vale, inoltre, soggiungere
che, a giudizio della Corte, dalle norme vigenti sarebbe già desumibile una
regolamentazione della PMA di tipo eterologo, di guisa che la pronuncia in
argomento non avrebbe determinato "incertezze in ordine
all'identificazione dei casi nei quali è legittimo il ricorso alla tecnica in
oggetto", ovvero quando "sia stata accertata l'esistenza di una
patologia che sia causa irreversibile di sterilità o infertilità
assolute".
In particolare, quanto ai
requisiti soggettivi, poiché la dichiarata illegittimità del divieto non incide
sulla previsione recata dall'art. 5, comma 1, di detta legge, tale precetto
risulta ovviamente applicabile alla PMA di tipo eterologo (come già a quella di
tipo omologo); quindi, alla stessa possono fare ricorso esclusivamente le
"coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età
potenzialmente fertile, entrambi viventi".
4.4 A seguito della sentenza
della Corte, ed in mancanza di un intervento a livello statale, la Conferenza
delle Regioni e delle Province autonome, nell'esercizio delle attribuzioni
proprie di organismo di coordinamento politico e confronto fra i presidenti
delle giunte regionali e delle province autonome, ha inteso fornire indirizzi
operativi ed indicazioni cliniche omogenee al fine di "rendere
immediatamente esigibile un diritto costituzionalmente garantito su tutto il
territorio nazionale", all'uopo approvando un "Documento sulle
problematiche relative alla fecondazione assistita eterologa a seguito della
sentenza della Corte costituzionale n. 162/2014".
Nella suddetta prospettiva, e per
quanto qui di più diretto interesse, nell'apposito paragrafo riferito ai
"Requisiti soggettivi delle coppie di pazienti che possono usufruire della
donazione di gameti" il documento approvato espressamente prevede, in via
generale, che "La metodica di PMA eterologa è eseguibile unicamente
qualora sia accertata e certificata una patologia che sia causa irreversibile
di sterilità o infertilità. Possono far ricorso alla PMA di tipo eterologo
coniugi o conviventi di sesso diverso, maggiorenni, in età potenzialmente
fertile, entrambi viventi (art. 5, legge 40 /2004). Deve ritenersi applicabile
anche per la PMA eterologa il limite di età indicato nella previsione contenuta
nell'art. 4 L. 40/04 secondo la quale può ricorrere alla tecnica la donna
"in età potenzialmente fertile" e comunque in buona salute per
affrontare una gravidanza", soggiungendo quanto al profilo dell'età che
"su suggerimento delle Società Scientifiche, si sconsiglia comunque la
pratica eterologa su donne di età >50 anni per l'alta incidenza di complicanze
ostetriche".
Di poi, nel paragrafo finale,
riferito alla "fattibilità e aspetti finanziari della fecondazione omologa
ed eterologa", la Conferenza, nel sottolineare l'urgente necessità
dell'inserimento nei LEA delle tecniche di PMA omologa e di quella eterologa,
per quanto riguarda i cicli di omologa, ha proposto "..dei criteri di
accesso a carico del SSN, che comprendono l'età della donna (fino al compimento
del 43 anno) ed il numero di cicli che possono essere effettuati nelle
strutture sanitarie pubbliche (massimo 3), e propone gli stessi criteri
d'accesso anche per la PMA eterologa".
4.5. Sul tema è, poi, intervenuto
il DPCM del 12/01/2017, recante la "Definizione e aggiornamento dei
livelli essenziali di assistenza, di cui all'articolo 1, comma 7, del decreto
legislativo 30 dicembre 1992, n. 502" il quale ha inserito nelle
prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve garantire, anche quelle
relative alla fecondazione assistita di tipo eterologo e ha stabilito che le
coppie che si sottopongono alle procedure di PMA eterologa contribuiscono ai
costi delle attività nella misura fissata dalle Regioni e dalle Province
Autonome. Ciò nondimeno, con circolare del Ministero della Salute del
06/11/2017 prot. 0035643-P avente ad oggetto "Prime indicazioni per
l'applicazione del DPCM 12 gennaio 2017", si è precisato che l'erogazione
delle prestazioni di PMA incluse nel nomenclatore dell'assistenza specialistica
ambulatoriale è subordinata all'approvazione del decreto di fissazione delle
relative tariffe e contestualmente chiarisce che fino a quella data restano in
vigore le disposizioni approvate dalle singole Regioni e la possibilità di
usufruire delle prestazioni al di fuori della Regione di residenza è assicurata
solo in conformità a disposizioni regionali.
4.6. È in tale contesto
ordinamentale che risulta adottata la delibera di DGR. -OMISSIS- che, per
quanto qui di più diretto interesse, ha deliberato "in via transitoria
fino alla definizione delle tariffe di riferimento a livello nazionale per le
prestazioni di PMA eterologa, di confermare quanto già indicato nel documento
approvato dalla Conferenza delle Regioni e delle Provincie Autonome del
4/09/2014 e richiamato dalla d.g.r. n. X/2344 del 12/09/2014, riguardo al
numero di cicli di PMA di tipo eterologo ed età della donna:
? massimo 3 cicli effettuati
nelle strutture sanitarie pubbliche;
? fino al compimento del 43°
anno".
5. Orbene, venendo alla disamina
del caso qui in rilievo, ritiene il Collegio che la decisione appellata abbia
fatto buon governo dei suindicati principi e che, pertanto, rifletta un'ampia
capacità di resistenza alle censure attore.
6. Segnatamente prive di pregio
si rivelano, anzitutto, le argomentazioni censoree che impingono nella pretesa
coerenza del regime differenziato cui è stata sottoposta la PMA eterologa con i
dati rinvenienti dalla letteratura scientifica di settore, in base ai quali
l'ovodonazione costituirebbe di per sé un fattore di rischio che diviene
significativo raggiunti i 43 anni della donna e altamente significativo dopo i
45. Secondo la -OMISSIS- un trattamento di PMA viene considerato molto poco
efficace se le possibilità di avere un bambino sono tra l'1-5%, e viene
considerato "futile" quando le possibilità sono inferiori a 1%: oltre
i 43 anni con la PMA le gravidanze sarebbero pari all'1% dei cicli iniziati e
al 5% dei cicli che arrivano a embryo transfer. Tanto troverebbe conferma anche
nel documento stilato dalla conferenza delle Regioni.
6.1. Orbene, deve di contro
obiettarsi, anzitutto, che la delibera gravata in prime cure non trae affatto
alimento da presunte evidenze scientifiche acquisite in via autonoma dalla
Regione e che, nel costrutto giuridico dell'appellante, varrebbero a
giustificare, quanto alla PMA eterologa, l'introduzione di un trattamento
differenziato. Tale argomentazione - peraltro nemmeno adeguatamente dimostrata
attraverso la produzione di conferenti elementi di supporto - costituisce
piuttosto una irrituale integrazione del corredo motivazionale della
statuizione regionale evincibile esclusivamente dalle difese svolte dalla
Regione nel corso del giudizio non essendo, a tali fini, richiamato uno
specifico dato istruttorio formalmente confluito nel procedimento in argomento,
bensì pubblicazioni e studi che, in quanto estranee al provvedimento impugnato
e prodotte al di fuori di uno studio sistemico ed aggiornato con i dati
ministeriali di riferimento, non è possibile apprezzare in questa sede.
6.1. Di contro, ad una piana
lettura del deliberato appare evidente come la Regione si sia limitata
piuttosto a dare attuazione al documento approvato dalla Conferenza delle
Regione che, però, quanto ai requisiti soggettivi, e con specifico riferimento
all'età, sembrerebbe - smentendo quanto qui dedotto dall'appellante -
accreditare come controindicata una soglia di età (50 anni) ben diversa da
quella qui predicata (43), dal momento che si legge testualmente nell'apposito
paragrafo relativo ai requisiti soggettivi che "su suggerimento delle
Società Scientifiche, si sconsiglia comunque la pratica eterologa su donne di
età >50 anni per l'alta incidenza di complicanze ostetriche".
È, pur vero, che nel documento in
argomento, nel paragrafo finale, riferito alla "fattibilità e aspetti
finanziari della fecondazione omologa ed eterologa" la Conferenza, nel
sottolineare l'urgente necessità dell'inserimento nei LEA delle tecniche di PMA
omologa e di quella eterologa, per quanto riguarda i cicli di omologa, ha
proposto "..dei criteri di accesso a carico del SSN, che comprendono l'età
della donna (fino al compimento del 43 anno) ed il numero di cicli che possono
essere effettuati nelle strutture sanitarie pubbliche (massimo 3), e propone
gli stessi criteri d'accesso anche per la PMA eterologa".
Pur tuttavia, tale proposta,
avente oltretutto una valenza meramente programmatica, risulta formulata in una
prospettiva diversa e più ampia e costituisce la sintesi evidente di esigenze
organizzative e finanziarie e non può, dunque, ritenersi espressione - a
differenza di quella appena sopra trascritta - di una valutazione di carattere
rigidamente tecnico - scientifico quale soglia limite per definire il concetto
normativo di "età potenzialmente fertile".
6.2. D'altro canto, nemmeno può
essere obliato che nell'economia del documento in argomento le condizioni di
accesso proposte - sia rispetto ai cicli che alla soglia di età - erano le
medesime per entrambe le tecniche, di guisa che, nel limitare siffatte
condizioni alla sola PMA eterologa (e non replicandole per quella omologa), la
-OMISSIS-, con la delibera in argomento, si è posta in contrasto con le stesse
indicazioni operative compendiate nel documento suddetto di fatto introducendo
una differenziazione di regime tra le due species di PMA in esso non
contemplate.
6.3. In definitiva, se ha una sua
plausibilità logica l'affermazione di principio secondo cui i rischi connessi
alla gravidanza aumentino con l'avanzare dell'età della donna e possano
ragionevolmente incrementarsi nel caso di ovodonazione, allo stesso tempo non
può dirsi qui sufficientemente dimostrato che il limite di età, fissato nel
quarantatreesimo anno, costituisca la soglia limite oltre la quale le tecniche
di procreazione medicalmente assistita di tipo eterologo perdano la loro
efficacia ovvero si rivelino finanche pericolose sì da poter ancorare, in modo
rigido, a tale soglia di età (43 anni) la previsione più elastica mutuabile dal
dato normativo di riferimento che recepisce come criterio discretivo quello
dell'"età potenzialmente fertile" dei soggetti. Tale parametro non
può che essere ponderato alla luce delle risultanze scientifiche che tengano
conto dell'utilità della tecnica e delle possibili complicanze che può
ingenerare una gravidanza in età eccessivamente avanzata; da qui il
suggerimento di sconsigliare comunque la pratica eterologa su donne di età
superiore a 50 anni, come espressamente affermato nel documento in argomento. E
d'altro canto, le singole Regioni hanno adottato soluzioni differenziate in
ordine al parametro dell'età della donna, non tutte essendosi uniformate alla
proposta - proprio perché sganciata da univoche evidenze scientifiche ma
ancorata a profili di programmazione finanziaria - di valorizzare il limite di
43 anni indicato dalla Conferenza, a conferma della inettitudine del suddetto
limite ad orientare valutazioni concludenti sulla capacità della tecnica in
argomento di mantenere la propria efficacia ovvero sufficienti margini di
sicurezza.
D'altro canto, i report
ministeriali depositati dagli appellati in primo grado evidenziano la
somministrazione di tali tecniche con percentuali apprezzabili di successo
anche nella popolazione femminile di età superiore ai 43 anni.
6.4. Deve, peraltro, rammentarsi,
come sopra già anticipato, che il DPCM del 12/01/2017, recante la
"Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui
all'articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502",
ha inserito nelle prestazioni che il Servizio Sanitario Nazionale deve
garantire anche quelle relative alla fecondazione assistita di tipo eterologo e
ha stabilito che le coppie che si sottopongono alle procedure di PMA eterologa
contribuiscono ai costi delle attività nella misura fissata dalle Regioni e
dalle Province Autonome. Il D.P.C.M. qui in rilievo vale a definire i Livelli
Essenziali di Assistenza (c.d. LEA) ai sensi dell'art. 1, comma 2, del d.lgs.
n. 502 del 1992, ossia quelle prestazioni che devono essere garantite dal
Servizio Sanitario, in modo uniforme, su tutto il territorio nazionale, e che
sono erogate o a titolo gratuito o con partecipazione alla spesa, nelle forme e
secondo le modalità previste dalla legislazione vigente (così l'art. 1, comma
3, del d.lgs. n. 502 del 1992).
È pur vero che è, poi, mancato il
decreto di fissazione delle relative tariffe; ciò nondimeno nemmeno può essere
obliato che in esso, ad oggi, non è dato cogliere né una differenziazione nelle
condizioni di accesso tra PMA omologa e PMA eterologa né rigide limitazioni
quanto ai cicli di terapia ovvero alla soglia di età.
7. Né possono essere qui
condivise le residue censure con le quali l'appellante lamenta che il TAR
avrebbe omesso di considerare gli elementi di differenziazione delle due
tecniche di PMA (criteri di selezione, esami da effettuare sui donatori,
tracciabilità delle donazioni, crioconservazione dei gameti ecc) che,
viceversa, giustificherebbero il differente trattamento anche in considerazione
dei maggiori oneri economici che comporta l'accesso alla PMA eterologa.
7.1. La scelta regionale di
fissare requisiti di accesso agganciati al limite di età con un limite massimo
di cicli fruibili riposerebbe, secondo la difesa dell'Ente, su uno studio di
fattibilità all'uopo condotto dalla -OMISSIS- per assicurare la terapia in
argomento nei limiti delle ridotte risorse disponibili e si muoverebbe, anche
per il profilo qui in rilievo, nel solco delle coordinate tracciate dal
documento approvato dalla più volte citata Conferenza.
7.2. Vale premettere, in base ad
un orientamento già espresso da questa Sezione, che il diritto alla salute, cui
è ricondotto il ricorso alla PMA anche eterologa, non è assoluto e incontra
limiti sia esterni, posti dall'esistenza di diritti costituzionali di pari
rango, che interni, posti dall'organizzazione del Servizio Sanitario Nazionale.
Ebbene, vero è che l'organizzazione dell'amministrazione si scontra con il
limite della capacità finanziaria e che dunque deve contemperare l'esercizio
del diritto alla salute da parte del singolo assistito in accordo con l'eguale
riconoscimento a parità di sostanziali condizioni, da parte degli altri aventi
diritto, in un contesto nel quale alla crescita, per qualità e per quantità
della domanda sanitaria corrisponde la limitatezza delle strutture pubbliche e
il sempre più rigoroso contenimento delle risorse finanziarie sottoposte a
vincoli di bilancio assai stringenti. La Regione deve garantire ragionevolmente
il medesimo trattamento a tutti i soggetti che versino nella stessa sostanziale
situazione di bisogno, a tutela del nucleo irriducibile del diritto di salute
(art. 32 Cost.), quale diritto dell'individuo e interesse della collettività, o
di altri costituzionalmente rilevanti ed in applicazione, comunque del
superiore principio di uguaglianza sostanziale sancito dall'art. 3 Cost.
(Consiglio di Stato, sez. III, 20 luglio 2016, n. 3297).
7.3. Orbene, fatta salva la
discrezionalità dell'Amministrazione, le scelte operate devono comunque
fondarsi su un criterio discretivo contraddistinto da intrinseca coerenza
logica, specie nel caso in cui ineriscano alla sfera dei diritti fondamentali.
Tanto non è a dirsi nel caso qui
in rilievo rispetto alla distinzione di regime tracciata dalla Regione tra PMA
omologa e PMA eterologa quanto ai presupposti e ai limiti di accesso, posto che
lo studio di fattibilità richiamato dalla difesa regionale non appare idoneo a
provare le ragioni di tale scelta, costituendo un ordinario strumento
ricognitivo delle previsioni di spesa connesse alla organizzazione del servizio
e che, però, non reca affatto evidenza del distinto e più significativo profilo
dei limiti di sostenibilità economica all'interno degli equilibri di bilancio
della Regione. Non può, dunque, un generico richiamo alle esigenze finanziarie
di contenimento della spesa fondare, attraverso la previsione di sbarramenti
rigidi di accesso alla PMA eterologa, una così significativa disparità di
trattamento tra interventi che vanno considerati complementari sul piano
dell'assistenza terapeutica quali species di un medesimo genus.
Conclusivamente, ribadite le
svolte considerazioni, l'appello va respinto.
Le spese del presente grado di
giudizio in ragione della novità della questione scrutinata possono essere
compensate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede
giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello,
come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza
sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Vista la richiesta delle parti
appellate e ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'articolo 52, comma
1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della
dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere
all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad
identificare le parti appellate.
Così deciso nella camera di
consiglio del giorno 19 novembre 2020, svolta in modalità da remoto, con
l'intervento dei magistrati:
Franco Frattini, Presidente
Massimiliano Noccelli,
Consigliere
Paola Alba Aurora Puliatti,
Consigliere
Stefania Santoleri, Consigliere
Umberto Maiello, Consigliere,
Estensore
DEPOSITATA IN SEGRETERIA IL 24
NOV. 2020.