27/12/2019 free
Mancato rispetto dell’orario di chiusura per sale slot e tutela della salute
In tema di inibitoria volta alla tutela del diritto alla salute dei cittadini e consumatori messo a repentaglio dal mancato rispetto dell’orario di chiusura per sale slot imposto da apposita ordinanza sindacale, va evidenziato che tale provvedimento viene in rilievo nella misura in cui il suo mancato rispetto sia tale da compromettere effettivamente la salute dei cittadini o consumatori. In sostanza, ai fini dell’accoglimento dell’inibitoria è necessaria la prova che la limitazione dell’orario di funzionamento degli apparecchi da gioco lecito così come disposta con l’ordinanza sindacale sia effettivamente idonea ad incidere in senso positivo sul fenomeno della ludopatia, limitandolo o riducendone la diffusione.
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Tribunale Milano sez. X, 29/11/2019, (ud. 29/11/2019, dep. 29/11/2019)
omissis
Il G.D., dott.ssa Grazia Fedele,
a scioglimento della riserva assunta all'udienza del 17.9.2019, osserva quanto segue.
Va premesso che il presente ricorso, depositato da Codacons in data 14.2.2019, inizialmente assegnato alla Sezione Specializzata IA, veniva definitivamente assegnato alla Sezione decima civile con provvedimento in data 21.2.2019 del Presidente delegato del Tribunale, sul rilievo che - in base alla prospettazione del ricorrente - la condotta lesiva addebitata alla resistente veniva inquadrata nell'ambito dell'art. 32 Cost., donde la riconducibilità alla competenza tabellare residuale della Sezione decima per le ipotesi di responsabilità extracontrattuale non ricomprese nella competenza di altre sezioni. Il Giudice originariamente designato, dott. A., visto l'art. 669 sexies c.p.c. e ritenuto di non ravvisare il presupposto dell'urgenza - sussistendo già in materia apposita delibera adottata dal Comune di Milano -, fissava quindi per la comparizione delle parti l'udienza del 19.6.2019. A quest'ultima udienza parte ricorrente insisteva nel ricorso e chiedeva termine per replicare "con conversione del rito". Il G.D. assegnava il richiesto termine, nonché ulteriore termine alla resistente per controdeduzioni, e rinviava all'udienza del 17.9.2019, allorquando il procedimento veniva trattato dal sottoscritto G.D., subentrato nel ruolo del dott. A. in data 24.7.2019.
Mette conto soffermarsi anzitutto sulla richiesta di conversione del rito da cautelare ex artt. 669 bis e segg. c.p.c. a rito di cognizione sommaria ex art. 702 bis c.p.c., reiterata dall'avv. Donzelli per parte ricorrente all'udienza del 17.9.2019. Ad avviso di questo Giudice tale richiesta, per come illustrata a pag. 6 della memoria depositata in data 27.6.2019 dal ricorrente, non merita accoglimento, non trovando riscontro nella disciplina dettata dal codice di rito. Ed infatti gli artt. 183 bis e 702 ter c.p.c. prevedono rispettivamente il passaggio dal rito ordinario al rito sommario di cognizione e viceversa, mentre i procedimenti cautelari di cui al Capo III del Libro IV del codice di rito costituiscono una species a sé stante del genus dei procedimenti sommari e sono accomunati da presupposti (fumus boni iuris e periculum in mora) la cui contestuale ricorrenza va accertata in concreto, pena il rigetto del ricorso, senza possibilità di conversione del rito. Non si tratta all'evidenza di distinzione meramente formale, atteso che è destinata ad incidere sulle modalità di trattazione, sul regime delle impugnazioni e sugli stessi effetti delle pronunce rese all'esito dei rispettivi procedimenti: si pensi al disposto dell'art. 702 quater c.p.c., cui fa a contraltare il disposto dell'art. 669 octies c.p.c..
D'altra parte non può condividersi quanto sostenuto dall'avv. Donzelli all'udienza del 17.9.2019 circa la già intervenuta conversione del rito ad opera del precedente G.D., atteso che il dott. Alcioni con il decreto di fissazione di udienza del 1.4.2019 non ha fatto altro che applicare il disposto, richiamato nell'incipit, dell'art. 669 sexies c.p.c. in materia di procedimento cautelare uniforme, motivando in ordine all'assenza del presupposto dell'urgenza al limitato fine di escludere la necessità di fissazione di udienza ravvicinata, così avvalendosi degli ampi poteri conferiti al giudicante dall'art. 669 sexies co. 1 c.p.c., in relazione ai quali pure va interpretata l'assegnazione di ulteriore termine a parte ricorrente per replica e a parte resistente per controreplica, stanti le eccezioni formulate in via preliminare e la particolarità della materia trattata.
Deve semmai convenirsi con l'avv. Donzelli in ordine al fatto che l'iscrizione a ruolo telematica del libello introduttivo come ricorso d'urgenza anziché come ricorso ex art. 702 bis c.p.c. sia riconducibile ad un errore della Cancelleria. Tale ricorso reca infatti nell'intestazione il riferimento all'azione inibitoria di cui all'art. 140 D.Lgs. 206/2005, norma che al suo comma 8 prevede espressamente che "nei casi in cui ricorrano giusti motivi di urgenza, l'azione inibitoria si svolge a norma degli articoli da 669 bis a 669 quaterdecies del codice di procedura civile". Nondimeno in concreto non si rinvengono nel corpo dell'intero atto riferimenti al presupposto del periculum in mora, che anzi viene esplicitamente escluso dallo stesso ricorrente all'inizio di pag. 4, là dove si legge quanto segue: "Tale azione non è finalizzata all'emissione di un provvedimento urgente da parte dell'Ill.mo Giudice adito, come indicato all'interno dell'art. 37, comma 2, infatti non sono indicati i presupposti previsti dalla legge, fumus boni iuris e periculum in mora, strumentali per l'emissione di un provvedimento cautelare, ex art. 669 terdecies e ss.". Ed ancora vanno valorizzate in tal senso le conclusioni del ricorso, sia per quel che concerne l'assenza di ogni riferimento a una tutela in via d'urgenza, sia per quel che riguarda il rispetto del disposto di cui all'art. 702 bis co. 1 c.p.c. avuto riguardo alla presenza di tutte le indicazioni ed avvertimenti ivi richiamati.
Ed allora, fermo restando che non può parlarsi di inammissibile conversione del rito, il presente ricorso va correttamente qualificato come ricorso ex art. 702 bis c.p.c., di cui contiene tutti i requisiti di sostanza e di forma, essendo peraltro stato rispettato in concreto il termine per la costituzione del convenuto di cui all'art. 702 bis co. 2 c.p.c., in quanto il termine che il precedente G.D. ha assegnato per la notifica del ricorso era di oltre 30 giorni anteriori al termine assegnato al convenuto per la sua costituzione. La presente ordinanza ha quindi valore ed effetti di cui agli artt. 702 ter e quater c.p.c..
Ciò posto, va rammentato in sintesi che il ricorrente Codacons, munito di legittimazione ad agire ai sensi dell'art. 139 D.Lgs. 206/2005 in quanto Associazione di consumatori inserita nell'elenco di cui all'art. 137 del medesimo Codice del Consumo, decorsi 15 giorni dalla richiesta di cessazione del comportamento lesivo inviata ex art. 140 co. 5 Cod. Cons., ha agito in via inibitoria ai sensi di quest'ultima norma al dichiarato fine di tutela del diritto alla salute dei cittadini e consumatori, asseritamente messo a repentaglio dal mancato rispetto da parte della convenuta Slottery s.r.l. nelle quattro sale slot da essa gestite a Milano (site in viale G.S., via S.R.C., viale A. e piazzale C.) dell'orario di chiusura imposto dall'Ordinanza Sindacale n. 63/2014 del 15.10.2014 del Comune di Milano (doc. 6 ric.). Ha dedotto in particolare che le citate sale slot espongono quale orario di apertura 10.00-01.00, ed anzi i video di sopralluoghi effettuati da volontari dell'associazione dimostrerebbero un'apertura prolungata fino alle ore 02.00/03.00 (cfr. docc. 8 e 9 ric.). Tale comportamento si porrebbe quindi in netto contrasto con l'Ordinanza Sindacale n. 63/2014, a mente della quale "l'orario di esercizio delle sale giochi è fissato dalle ore 9.00 alle ore 12.00 e dalle ore 18.00 alle ore 23.00 di tutti i giorni, festivi compresi". La violazione dei predetti orari di esercizio, oltre ad integrare illecito amministrativo, rappresenterebbe un concreto pericolo per la salute dei cittadini e dei consumatori milanesi, tutelata dall'art. 2 lett. a) Cod. Cons., trattandosi di Ordinanza volta a prevenire o limitare la diffusione del fenomeno del GAP (gioco d'azzardo patologico).
Costituendosi con comparsa del 15.6.2019, la convenuta ha contestato nel merito con ampia produzione documentale la prospettazione del ricorrente, eccependo in via pregiudiziale il difetto di giurisdizione del G.O. ex art. 37 c.p.c., nonché in via preliminare la carenza di interesse ad agire del ricorrente ex art. 100 c.p.c..
Tanto premesso, vanno respinte le eccezioni pregiudiziali e preliminari sollevate dalla convenuta, dal momento che a ben vedere il ricorrente agisce prospettando un interesse, inteso come interesse collettivo alla salute dei consumatori ex art. 2 Cod. Cons., al rispetto di un provvedimento amministrativo non in sé considerato, bensì come mezzo per il perseguimento di obiettivi di tutela e salvaguardia del benessere psichico e socio-economico della popolazione locale, ed in particolare delle fasce più deboli e vulnerabili al fenomeno della ludopatia. D'altronde la giurisdizione del G.O. è espressamente sancita dall'art. 140 Cod. Cons. qui azionato, con la sola eccezione dei casi di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di servizi pubblici ai sensi dell'art. 133 co. 1 lett. c) del codice del processo amministrativo (v. art. 140 co. 11 Cod. Cons.).
Nel merito va dato il giusto risalto alla sentenza n. 6062 del 21.5.2019 del TAR Lazio (doc. 10 conv.), che nel corpo della motivazione richiama precedente analoga sentenza dello stesso TAR Lazio n. 1460 del 5.2.2019, nella parte in cui valorizza come parametro di legittimità dei provvedimenti adottati dai Comuni l'intesa Stato-Regioni-Enti Locali, sancita dalla Conferenza Unificata del 7.9.2017 (doc. 9 ric.), che fissa in sei ore giornaliere la durata massima del "blocco" degli apparecchi per il gioco lecito di cui all'art. 110 TULPS.
Ebbene, se è vero che l'Ordinanza del Sindaco di Milano n. 63/2014 non risulta revocata e/o modificata e neppure fatta oggetto di impugnazione innanzi al TAR territorialmente competente, è pur vero che la stessa viene in rilievo ai fini del presente procedimento nella misura in cui il suo mancato rispetto sia tale da compromettere effettivamente la salute dei cittadini o consumatori milanesi.
E' peraltro pacifico, in base a quanto allegato e documentato dallo stesso ricorrente, che le sale slot della convenuta rispettino il blocco giornaliero per almeno sei ore, durata evidentemente fissata dalla Conferenza Unificata del 7.9.2017 tenendo conto del necessario bilanciamento degli interessi degli esercenti l'attività di gioco lecito (che costituisce notevole fonte di introiti per l'Erario) con quelli dei consumatori, nell'ottica di una regolamentazione omogenea di tale attività sul territorio nazionale, nonché nel rispetto del principio di parità di trattamento di cui all'art. 3 Cost..
Ma ciò che a parere di questo Giudice appare dirimente con riferimento alla fattispecie per cui è causa è la mancata dimostrazione da parte del ricorrente che la limitazione dell'orario di funzionamento degli apparecchi da gioco lecito così come disposta con l'Ordinanza Sindacale n. 63/2014 sia effettivamente idonea ad incidere in senso positivo sul fenomeno della ludopatia, limitandolo o riducendone la diffusione. Invero è la stessa Ordinanza Sindacale sub doc. 6 ric. che al penultimo capoverso di pag. 3 dà conto della motivazione del mancato parere favorevole della Commissione Consultiva di cui alla L.R. n. 6/2010, che ritiene necessaria una più complessiva azione di contrasto a livello regionale e nazionale, organizzata su un più ampio spettro di interventi.
In altri termini, dall'istruttoria documentale svolta è emersa, più che la necessità da parte di questo G.D. di disapplicare l'Ordinanza Sindacale n. 63/2014 - in quanto superata dalla Conferenza Unificata del 7.9.2017 e dalla giurisprudenza amministrativa che va da ultimo consolidandosi -, la sua insufficienza, se non inutilità, in difetto di altri e più incisivi interventi a tutela della salute dei cittadini più deboli, rispetto al fenomeno del GAP che si proponeva di arginare. Ne deriva che l'ordine di rispettarla (una sorta di inibitoria in senso positivo - v. quanto argomentato a pag. 5 del ricorso) si rivelerebbe provvedimento inidoneo alla tutela degli interessi collettivi dei consumatori che il ricorrente afferma di perseguire.
Per i motivi innanzi esposti, il ricorso va respinto siccome infondato.
Si ravvisano sufficienti ragioni per disporre la integrale compensazione delle spese di lite tra le parti, atteso che le recenti pronunce del TAR del Lazio, sia pure rese dal G.A. ed in relazione ad Ordinanze Sindacali evidentemente differenti da quella oggetto di causa, sono tali da configurare una situazione di fatto assimilabile a quella del mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, espressamente prevista dall'art. 92 u.c. c.p.c. (v. anche Corte Cost. n. 77/2018).
P.Q.M.
- visti gli artt. 140 D.Lgs. 206/2005, 702 bis e 702 ter c.p.c., respinge il ricorso;
- compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Si comunichi.
Milano, 29.11.2019
Il Giudice
Dott.ssa Grazia Fedele