02/07/2019 free
Mancanza di gratuità per le prestazioni di lungo assistenza per anziani e persone non autosufficienti affette da malattie croniche e degenerative
L'attuale quadro normativo prevede che la gratuità delle prestazioni va affermata per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale previste dall'art. 3 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2001 e per quelle socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria previste dall'art. 3 comma 3 del citato decreto, mentre per le prestazioni di lungo assistenza destinate ad anziani e persone non autosufficienti affette da malattie croniche e degenerative, in base alla tabella di cui all'art. 4 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2011 e di cui all'allegato 1 C del DPCM 29 novembre 2001, è prevista la ripartizione forfetaria del costo complessivo nella misura del 50% a carico del SSN e del 50% a carico del Comune con la compartecipazione dell'utente.
Ciò che connota la prestazione sanitaria integrata, inscindibile da quella socio assistenziale non è dato dalla situazione di limitata autonomia del soggetto destinatario, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale, ma risiede nella individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socio - assistenziale (cfr. Cass. civ., ord., III, 28 novembre 2017 n. 28321).
Nel caso in esame non vi è evidenza di quali trattamenti sanitari specifici e personalizzati siano stati resi e siano in corso nel periodo di degenza della madre della attrice ma, come si è detto, le condizioni di salute descritte nei documenti prodotti portano a ritenere che, al di fuori della somministrazione dei farmaci inerenti il trattamento dell'ipertensione e delle patologie preesistenti, le prestazioni rese dalla RSA siano quelle dell'accudimento quotidiano sotto forma di assistenza durante i pasti e negli spostamenti e posizionamento a letto.
Pertanto le prestazioni erogate in favore della degente vanno ricondotte all'ambito delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, soggetti quindi alla contribuzione dell'utente.
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Tribunale Milano sez. VII, 14/05/2019, n.4623
omissis
Fatto
Con atto di citazione ritualmente notificato Bi. An. Ma. ha convenuto in giudizio l'Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Milano e la Regione Lombardia ASST Rhodense per sentire accertare la nullità dell'impegno assunto dall'attrice il 16.9.2015 di pagamento della retta di ricovero della madre Mo. Ma. presso la R.S.A. Sa. Pe. e per ottenere la condanna delle convenute alla restituzione delle somme complessivamente corrisposte a tale titolo, pari a 25.945,31, di cui E 3.800,11 a carico della prima e la residua somma di E 22.145,20 a carico della seconda.
La attrice ha allegato che Mo. Ma., affetta da morbo di Alzheimer e non potendo a causa della sua situazione clinica rimanere presso la sua abitazione, è stata ricoverata presso la RSA Sa. Pe. con sede in Garbagnate in data 15 settembre 2015 e che con scrittura in data 16 settembre 2015 la attrice si era impegnata a corrispondere la retta di ricovero dapprima alla ASL della Provincia di Milano e dal 1 gennaio 2016 alla Regione Lombardia ASST Rhodense.
Secondo la prospettazione attorea, in base al quadro giurisprudenziale delineatosi con le ultime pronunce di legittimità e di merito, non era dovuto alcun pagamento per il ricovero nei casi, quale quello in esame, in cui al degente vengono erogate prestazioni di rilievo sanitario e non soltanto di mera assistenza e vigilanza.
In particolare la attrice ha evidenziato che la signora Mo. era affetta dal morbo di Alzheimer e di altre patologie quali poliartrosi, ipertensione arteriosa, esiti nectomia gamba sinistra, ipoacusia grave, pregressa isteroannesiectomia ed esiti intervento ernioplastica addominale e che quindi necessitava di prestazioni socio sanitaria ad elevata integrazione sanitaria, tutte a carico del servizio sanitario.
In base a tali rilievi la attrice ha quindi allegato la nullità del contratto stipulato ai sensi dell'art. 1418 cod. civ. in quanto privo di causa ed ha quindi chiesto la condanna delle convenute alla ripetizione delle somme ricevute.
Si è costituita in giudizio l'Agenzia di Tutela della Salute (ATS) della Città Metropolitana di Milano che ha incorporato la ASL di Milano 1 che ha chiesto il rigetto della domanda attorea.
La convenuta ha richiamato il quadro normativo vigente in materia, costituito dalla L 833/1978 istitutiva del servizio sanitario nazionale, la L. 421/1992 istitutiva dei ?LEA?, ossia dei livelli essenziali di assistenza sanitaria di tutti i cittadini, il D.lgs 502/1992 e i DPCM del 14.2.2001 e del 29.11.2001 che hanno classificato le varie prestazioni socio sanitarie, prevedendo la compartecipazione alla spesa da parte degli utenti anche per quelle di natura sanitaria.
Secondo la prospettazione della convenute, il sistema delineato da tali norme prevede per malattie e trattamenti richiedenti una lunga degenza una quota sanitaria a carico del SSN per la copertura di costi di natura sanitaria ed una quota socio - assistenziale ed alberghiera che grava sull'utenza.
La convenuta ha quindi dedotto che la RSA Sa. Pe., pur se gestita da enti del Servizio Sanitario Regionale, è assoggetta a tali regole previste per tutte le strutture private e pubbliche accreditate e quindi, a seguito di ammissione dell'assistito dietro stipula di regolare contratto, pone a carico dello stesso la retta che comprende la parte socio - assistenziale del costo medio di ricovero, al netto della quota a carico del Servizio Sanitario Nazionale.
Inoltre ATS ha richiamato le pronunce di legittimità esistenti in materia e varie sentenze della giurisprudenza di merito che escludono negato che le spese connesse al soggiorno del malato di Alzheimer debbano gravare automaticamente sul SSN, richiedendo un accertamento in concreto sulle patologie sofferte dall'ospite e sulla natura delle prestazioni fruite.
La convenuta ha quindi allegato che nel caso in esame le prestazioni erogate dalla RSA alla signora Mo. hanno prevalentemente carattere assistenziale in quanto finalizzate a garantire attività di sorveglianza e assistenza personale negli atti della vita quotidiana, il che esclude la non debenza della retta e la nullità del contratto di ingresso stipulato dalla attrice.
Si è costituita la ASST Rhodense che ha chiesto il rigetto della domanda attorea in base alle stesse considerazioni esposte da ATS, fondate per l'appunto sul quadro normativo vigente e sulla natura delle prestazioni erogate alla degente.
La causa è stata istruita mediante la produzione di documenti ed è stata trattenuta in decisione ai sensi dell'art. 190 c.p.c.
Diritto
Ai fini della decisione della odierna controversia occorre in primo luogo operare una breve ricognizione del quadro normativo di riferimento.
Le norme che vengono in rilievo sono in particolare le seguenti:
a) la legge 833 del 1978 ha istituito il Servizio Sanitario Nazionale, al fine di garantire a tutti i cittadini di potere accedere in condizioni di uguaglianza alle prestazioni sanitarie. In base all'art. 5 di tale legge si prevede che la funzione di indirizzo e coordinamento delle attività amministrative delle Regioni in materia sanitaria sia esercitata dallo Stato oltre che con legge o atto avente forza di legge, mediante deliberazione del Consiglio dei Ministri;
b) l'art. 30 della legge 730 del 1983, che ha disciplinato le unità sanitarie nazionali, stabilisce che gli enti locali e le Regioni possono avvalersi di tali enti per l'esercizio delle proprie competenze nelle attività di tipo socio assistenziale e prevede che sono a carico del fondo sanitario nazionale gli oneri delle attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio - assistenziali;
c) nel D.P.C.M del 8 /8/1985 vi è una prima definizione di attività sanitaria connessa a quella di tipo assistenziale, ovvero ?Le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio - assistenziali di cui all'art. 30 della legge 27 dicembre 1983, n. 730, sono le attività che richiedono personale e tipologie di intervento propri dei servizi socio - assistenziali, purché siano dirette immediatamente e in via prevalente alla tutela della salute del cittadino e si estrinsechino in interventi a sostegno dell'attività sanitaria di prevenzione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica del medesimo, in assenza dei quali l'attività sanitaria non può svolgersi o produrre effetti.? Oltre a fornire una definizione in senso positivo, il decreto si preoccupa di definire anche in senso negativo cosa debba intendersi per attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio assistenziali escludendo che tra le prime possano annoverarsi ?le attività direttamente ed esclusivamente socio - assistenziali, comunque estrinsecantisi, anche se indirettamente finalizzate alla tutela della salute del cittadino. In particolare, non rientrano tra le attività di rilievo sanitario connesse con quelle socio - assistenziali l'assistenza economica in denaro o in natura e l'assistenza domestica, le comunità alloggio, le strutture diurne socio - formative, i corsi di formazione professionale, gli interventi per l'inserimento e il reinserimento lavorativo, i centri di aggregazione e di incontro diurni, i soggiorni estivi, i ricoveri in strutture protette extra - ospedaliere meramente sostitutivi, sia pure temporaneamente, dell'assistenza familiare?.
Il medesimo decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri statuisce all'art. 6 che ?Rientrano tra le attività socio - assistenziali di rilievo sanitario, con imputazione dei relativi oneri sul Fondo sanitario nazionale, i ricoveri in strutture protette, comunque denominate, sempre che le stesse svolgano le attività di cui all'art. 1. Le prestazioni in esse erogate devono essere dirette, in via esclusiva o prevalente: (...) alla cura degli anziani, limitatamente agli stati morbosi non curabili a domicilio. Nei casi in cui non sia possibile, motivatamente, disgiungere l'intervento sanitario da quello socio - assistenziale, le regioni possono, nell'ambito delle disponibilità finanziarie assicurate dal Fondo sanitario nazionale, avvalersi mediante convenzione di istituzioni pubbliche o, in assenza, di istituzioni private. In questi casi le regioni possono prevedere che l'onere sia forfettariamente posto a carico, in misura percentuale, del Fondo sanitario nazionale o degli enti tenuti all'assistenza sociale in proporzione all'incidenza rispettivamente della tutela sanitaria e della tutela assistenziale, con eventuale partecipazione da parte dei cittadini;
d) il D.P.C.M. 14 febbraio 2001, che costituisce un atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni socio sanitarie che all'art. 2 stabilisce inoltre che le prestazioni socio sanitarie ?sono definite tenendo conto dei seguenti criteri: la natura del bisogno, la complessità e l'intensità dell'intervento assistenziale, nonché la sua durata?.
Particolarmente importante è la disposizione di cui all'art. 3 del decreto, che individua e definisce le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale, le prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e le prestazioni socio - sanitarie ad elevata integrazione, a secondo della diversa combinazione della natura dei bisogni, della complessità, intensità e durata dell'intervento assistenziali, la norma.
In base all'art. 3 comma 1, sono prestazioni sanitarie a rilevanza sociale ?le prestazioni assistenziali che, erogate contestualmente ad adeguati interventi sociali, sono finalizzate alla promozione della salute, alla prevenzione, individuazione, rimozione e contenimento di esiti degenerativi o invalidanti di patologie congenite o acquisite, contribuendo, tenuto conto delle componenti ambientali, alla partecipazione alla vita sociale e alla espressione personale. Dette prestazioni, di competenza delle aziende unità sanitarie locali ed a carico delle stesse, sono inserite in progetti personalizzati di durata medio/lunga e sono erogate in regime ambulatoriale, domiciliare o nell'àmbito di strutture residenziali e semiresidenziali?.
In base all'art.. 3 comma 2 sono prestazioni sociali a rilevanza sanitaria ?tutte le attività del sistema sociale che hanno l'obiettivo di supportare la persona in stato di bisogno, con problemi di disabilità o di emarginazione condizionanti lo stato di salute. Tali attività, di competenza dei comuni, sono prestate con partecipazione alla spesa, da parte dei cittadini, stabilita dai comuni stessi e si esplicano attraverso: a) gli interventi di sostegno e promozione a favore dell'infanzia, dell'adolescenza e delle responsabilità familiari; b) gli interventi per contrastare la povertà nei riguardi dei cittadini impossibilitati a produrre reddito per limitazioni personali o sociali; c) gli interventi di sostegno e di aiuto domestico familiare finalizzati a favorire l'autonomia e la permanenza nel proprio domicilio di persone non autosufficienti; d) gli interventi di ospitalità alberghiera presso strutture residenziali e semiresidenziali di adulti e anziani con limitazione dell'autonomia, non assistibili a domicilio; e) gli interventi, anche di natura economica, atti a favorire l'inserimento sociale di soggetti affetti da disabilità o patologia psicofisica e da dipendenza, fatto salvo quanto previsto dalla normativa vigente in materia di diritto al lavoro dei disabili; f) ogni altro intervento qualificato quale prestazione sociale a rilevanza sanitaria ed inserito tra i livelli essenziali di assistenza secondo la legislazione vigente. Dette prestazioni, inserite in progetti personalizzati di durata non limitata, sono erogate nelle fasi estensive e di lungo assistenza?.
Da ultimo l'art. 3 comma 3 definisce come prestazioni socio - sanitarie ad elevata integrazione sanitaria ?tutte le prestazioni caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono prevalentemente alle aree materno - infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da H.I.V. e patologie terminali, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico - degenerative. Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post - acuta caratterizzate dall'inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell'ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell'impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell'assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell'assistenza. Dette prestazioni a elevata integrazione sanitaria sono erogate dalle aziende sanitarie e sono a carico del fondo sanitario. Esse possono essere erogate in regime ambulatoriale domiciliare o nell'ambito di strutture residenziali e semiresidenziali e sono in particolare riferite alla copertura degli aspetti del bisogno socio - sanitario inerenti le funzioni psicofisiche e la limitazione delle attività del soggetto, nelle fasi estensive e di lungo assistenza?.
Per quanto concerne l'intensità dell'intervento l'art. 2 comma 4 individua le seguenti fasi:
a) la fase intensiva, caratterizzata da un impegno riabilitativo specialistico di tipo diagnostico e terapeutico, di elevata complessità e di durata breve e definita, con modalità operative residenziali, semiresidenziali, ambulatoriali e domiciliari;
b) la fase estensiva, caratterizzata da una minore intensità terapeutica, tale comunque da richiedere una presa in carico specifica, a fronte di un programma assistenziale di medio o prolungato periodo definito;
c) la fase di lungo - assistenza, finalizzata a mantenere l'autonomia funzionale possibile e a rallentare il suo deterioramento, nonché a favorire la partecipazione alla vita sociale, anche attraverso percorsi educativi?.
Per quanto riguarda le modalità di finanziamento e le prestazioni da erogare il D.P.C.M. 14 febbraio 2001, nella tabella ad esso allegata, prevede che per gli anziani e persone non autosufficienti con patologie cronico degenerative siano garantite la cura ed il recupero funzionale mediante cure svolte a domicilio ovvero tramite servizi residenziali a ciclo continuativo e diurno, compresi interventi e servizi di sollievo alla famiglia, (secondo le Linee Guida emanate dal Ministero della Sanità del 31 marzo 1994 L.11 marzo 1988, n.67 L. n. 451/1998 D.Lgs. n. 229/1999 D.P.R. 23 luglio 1998:, Piano Sanitario 1998/2000 Leggi e Piani regionali).
Il costo delle prestazioni viene posto per il 100% a carico del SSN con riferimento all'assistenza prestata nella fase intensiva ed alle prestazioni ad elevata integrazione fornite nella fase estensiva, mentre per le prestazioni nelle forme di lungo - assistenza semiresidenziali e residenziali solo il 50% del costo complessivo è posto a carico del SSN, (tenendo come riferimento i costi riconducibili al valore medio della retta relativa ai servizi in possesso degli standard regionali, o in alternativa il costo del personale sanitario e il 30% dei costi per l'assistenza tutelare e alberghiera), mentre il restante 50% del costo complessivo è messo a carico del Comune, fatta salva la compartecipazione da parte dell'utente prevista dalla disciplina regionale e comunale;
e) il D.P.C.M. 29 novembre 2001, che individua i ?livelli essenziali di assistenza sanitaria?, che sono stati successivamente richiamati e confermati dall'articolo 54 della L. n. 289 del 2002
Tali livelli di assistenza hanno previsto a favore degli anziani non autosufficienti (o dei soggetti con handicap grave) le cure sanitarie, senza limiti di durata, pur stabilendo, l'onere dei pazienti di partecipare ai relativi costi, salvo particolari condizioni di reddito.
In particolare nell'allegato 1 si prevede per l'attività socio sanitaria di carattere riabilitativo nei confronti degli anziani la compartecipazione dell'utente o del Comune al 50% in relazione alle prestazioni terapeutiche volte al recupero e mantenimento funzionale delle abilità per non autosufficienti in regime residenziale;
f) il DPCM 12 gennaio 2017 che ha confermato la regolamentazione contenuta nei precedenti decreti e che pone a carico del servizio sanitario nazionale ?i trattamenti estensivi di cura e di recupero funzionale per persone richiedenti elevata tutela sanitaria con continuità assistenziale? ed a carico del servizio sanitario nazionale nella misura del 50% della tariffa giornaliera ?i trattamenti di lungo assistenza, recupero e mantenimento funzionale, ivi compresi interventi di sollievo per chi assicura le cure, a persone non autosufficienti? nonché ? le prestazioni rese nell'ambito dell'assistenza semiresidenziale, di lungo assistenza, di recupero, di mantenimento funzionale e di riorientamento, a persone non autosufficienti con bassa necessità di tutela sanitaria?.
Orbene, in base a tale quadro normativo, la gratuità delle prestazioni va affermata per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale previste dall'art. 3 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2001 e per quelle socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria previste dall'art. 3 comma 3 del citato decreto, mentre per le prestazioni di lungo assistenza destinate ad anziani e persone non autosufficienti affette da malattie croniche e degenerative, in base alla tabella di cui all'art. 4 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2011 e di cui all'allegato 1 C del DPCM 29 novembre 2001, è prevista la ripartizione forfetaria del costo complessivo nella misura del 50% a carico del SSN e del 50% a carico del Comune con la compartecipazione dell'utente.
Venendo quindi all'orientamento giurisprudenziale, si rileva che la sentenza della Corte di Cassazione n. 4558 del 2012 prende in esame la disciplina vigente fino al 1985 e non menziona le disposizioni di cui ai DPCM del 2001 sopra richiamati.
In particolare tale sentenza statuisce, uniformandosi ad un orientamento consolidato della Suprema Corte, che il DPCM del 1985 deve interpretarsi tenendo conto ?del nucleo irriducibile del diritto alla salute protetto dalla Costituzione come ambito inviolabile delle dignità umana. In tale quadro, ed alla luce del principio affermato, in linea generale, dalla legge di riforma sanitaria, che prevede la erogazione gratuita delle prestazioni a tutti i cittadini, dal sistema sanitario nazionale, entro i livelli uniformi definiti con il piano sanitario nazionale, di per sé ostativa a qualsiasi azione di rivalsa, la lettura della norma contenuta nell'art. 30 della l. n. 730 del 1983 deve effettuarsi, peraltro in maniera conforme con il tenore letterale della disposizione, nel senso di ritenere che gli oneri delle attività di natura sanitaria connesse con quelle assistenziali sono a carico del fondo sanitario nazionale?. Pertanto, conclude la sentenza citata che ?nel caso in cui oltre alle prestazioni socio assistenziali siano erogate prestazioni sanitarie, l'attività va considerata comunque di rilievo sanitario e, pertanto, di competenza del Sistema Sanitario Nazionale?.
In ogni caso da tale pronuncia si evince che la gratuità delle prestazioni non può essere affermata in astratto ma richiede una valutazione concreta sulla natura delle prestazioni erogate e sull'effettiva inscindibilità delle prestazioni di natura sanitaria inscindibili da quelle sanitarie.
Tale valutazione va quindi necessariamente condotta tenendo conto del quadro normativo e dei criteri di classificazione delle prestazioni di cui ai citati DPCM del 2001.
Ciò posto, occorre quindi individuare ed inquadrare le prestazioni erogate alla degente Mo. Ma..
Va premesso che, avendo la attrice allegato la nullità del contratto stipulato con la RSA ed avendo agito per la ripetizione, a titolo di indebito, dei pagamenti eseguiti in forza di tale contratto, grava su tale parte l'onere della prova dei fatti costitutivi della pretesa azionata e quindi della natura sanitaria delle prestazioni erogate alla paziente.
Al riguardo la attrice ha prodotto una relazione del medico curante in data 10 maggio 2016 e una relazione del 5 aprile 2017 da cui emerge che la degente è affetta dalle seguenti patologie: morbo di Alzheimer e di altre patologie quali poliartrosi, ipertensione arteriosa, esiti nectomia gamba sinistra, ipoacusia grave, pregressa isteroannesiectomia ed esiti intervento ernioplastica addominale. Inoltre si attesta che vi è un quadro di demenza grave in soggetto non in grado di prendere decisioni sul proprio stato di salute, di assumere scelte in campo economico assistenziale (doc.3 e 10 fascicolo attoreo)
Orbene, una parte delle patologie indicate nei referti è costituita da esiti di precedenti interventi, cui si aggiunge la ipoacusia e la ipertensione arteriosa, patologia questa curabile mediante la semplice assunzione di farmaci; ne deriva che ciò che rende la degente incapace di compiere gli atti della vita quotidiana senza assistenza è la demenza conseguente al morbo di Alzheimer.
Inoltre la attrice ha depositato la richiesta di ricovero proveniente dai Servizi sociali in cui si rappresenta che la paziente è affetta da morbo di Alzheimer e si dà atto che a quella data risulta praticabile la assistenza a domicilio della stessa e che la figlia ha svolto domanda di ammissione alla RSA a scopo preventivo, considerata la patologia che non è suscettibile di futuri miglioramenti (doc. 11).
La convenuta ATS ha a sua volta prodotto la relazione del medico curante allegata all'istanza di ricovero presso la RSA (doc. 2 fascicolo ATS) da cui si evince che la degente è stata valutata come non in grado di gestire i propri interessi e che necessità di ausilio per la deambulazione, per i trasferimenti letto/sedia, per l'igiene personale e, pur riuscendo a manipolare qualche posata, di assistenza attiva per la alimentazione. Non risultano invece lesioni da decubito, la applicazione del catetere urinario, la necessità di procedere all'alimentazione artificiale con sondino, né presenta insufficienze respiratorie.
La natura delle patologie di cui la Mo. è affetta e le sue condizioni al momento del ricovero evidenziano quindi come la paziente necessiti di una generica e continua assistenza del personale della struttura per sopperire alla sua mancanza di autosufficienza nel compiere gli atti della vita quotidiana.
Inoltre occorre considerare che la paziente si trova ricoverata nella RSA in regime di lungo degenza, essendo presso la struttura da oltre due anni il che è un ulteriore indice del carattere prevalentemente assistenziale delle prestazioni erogate.
In base a tali dati si ritiene quindi che si verta nelle fattispecie delineate dai citati DPCM, relativi alla erogazione di trattamenti di lungo assistenza e mantenimento funzionale a persone non autosufficienti per i quali è prevista la partecipazione a carico dell'assistito nella misura del 50%.
D'altra parte la attrice non ha prodotto né ha chiesto di acquisire la documentazione relativa alle prestazioni erogate alla Mo. nel periodo di degenza, al fine di dimostrare che si verta nell'ambito di quelle sanitarie a rilevanza sociale o ad alta integrazione sanitaria, in quanto inserite in un programma di riabilitazione volte a rimuovere gli esiti degenerativi della patologia o comunque rientrati tra quelle di particolare rilevanza terapeutica e della intensità della componente sanitaria.
Invero, come rilevato dalle più recenti pronunce di legittimità, ciò che connota la prestazione sanitaria integrata, inscindibile quella socio assistenziale non è dato dalla situazione di limitata autonomia del soggetto destinatario, non altrimenti assistibile che nella struttura residenziale, ma risiede nella individuazione di un trattamento terapeutico personalizzato che non può essere somministrato se non congiuntamente alla prestazione socio - assistenziale (cfr. Cass. civ., ord., III, 28 novembre 2017 n. 28321).
Nel caso in esame non vi è evidenza di quali trattamenti sanitari specifici e personalizzati siano stati resi e siano in corso nel periodo di degenza della madre della attrice ma, come si è detto, le condizioni di salute descritte nei documenti prodotti portano a ritenere che, al di fuori della somministrazione dei farmaci inerenti il trattamento dell'ipertensione e delle patologie preesistenti, le prestazioni rese dalla RSA siano quelle dell'accudimento quotidiano sotto forma di assistenza durante i pasti e negli spostamenti e posizionamento a letto.
Pertanto le prestazioni erogate in favore della degente vanno ricondotte all'ambito delle prestazioni sociali a rilevanza sanitaria, soggetti quindi alla contribuzione dell'utente.
Né consente di pervenire a diverse conclusioni la certificazione rilasciata dalla struttura che, nell'ambito della quota della retta posta a carico del degente, indica la misura dei costi sanitari e di quelli non sanitari (cfr. doc. 4 e 5 fascicolo attoreo).
Invero tale documentazione è volta a consentire all'utente di usufruire delle deduzioni e detrazioni fiscali previste dalla vigente normativa, detrazioni che riguardano le spese sanitarie sostenute dai soggetti non autosufficienti nel compimento degli atti della vita quotidiana.
In particolare la deducibilità riguarda le spese sanitarie generiche, paramediche e quelle di assistenza specifica nei confronti di disabili e di persone non autosufficienti e ricomprende quindi, oltre alle spese per l'acquisto di farmaci non interamente rimborsabili dal SSN e di dispositivi paramedici - quali quelli per l'ausilio alla deambulazione - anche le spese del personale in possesso della qualifica di addetto all'assistenza di base o di operatore tecnico - assistenziale che è impiegato nelle attività di sorveglianza, assistenza ed ausilio della persona allo svolgimento delle attività quotidiane.
Pertanto non vi è automatismo tra costo sanitario e prestazione di natura sanitaria, in quanto nella prima categoria rientrano i costi imputati all'utilizzazione di operatori specializzati e di personale addetto all'assistenza dell'ospite non autosufficiente, e quindi costi che sono correlati alle prestazioni sociali a rilievo sanitario erogati in regime di lungo degenza nei confronti di persone non autosufficienti, per le quali è prevista la contribuzione a carico dell'interessato.
In base a tali rilievi e considerato che, come comprovato da tali certificazioni e secondo quanto previsto dall'art. 8 del contratto, la retta che la attrice si è impegnata a corrispondere per la degenza della madre nella RSA, è già al netto della quota sanitaria a carico del Fondo Sanitario, va esclusa la fondatezza della prospettata nullità del contratto stipulato dalla attrice per difetto di causa e della domanda di ripetizione delle somme corrisposte.
La soccombenza comporta la condanna della attrice al pagamento delle spese giudiziali nei confronti dei convenuti che si liquidano con riferimento al valore della domanda (pari a E 3.800,11 nei confronti di ATS e E 22.145,20 nei confronti di ASST Rhodense); le spese vengono liquidate in dispositivo secondo i parametri di cui al D.M. n. 55 del 2014 calcolati nei valori minimi per quanto riguarda la fase istruttoria e quella decisionale, tenuto conto del fatto che non si è proceduto ad istruzione e del fatto che le note difensive depositate hanno carattere principalmente illustrativo delle precedenti difese.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza o domanda assorbita, così decide:
- rigetta la domanda svolta da Bi. An. Ma. nei confronti di Agenzia di Tutela della Salute della Città Metropolitana di Milano e di ASST Rhodense;
- condanna la attrice al pagamento delle spese processuali sostenute dalle convenute che liquida per ATS della Città Metropolitana di Milano in E 1.620,00 per compensi oltre spese generali, Iva (se non detraibile) e Cpa come per legge e per ASST Rhodense E 3.215,00 per compensi oltre spese generali pari al 15% dei compensi, IVA( se non detraibile) e Cpa come per legge.
Milano, 14 maggio 2019
Depositata in Cancelleria il 14/05/2019