20/12/2018 free
Odontoiatra che esercita in un centro polispecialistico: autorizzazioni
il professionista che all'interno di un centro polispecialistico operi privatamente, senza un rapporto di lavoro dipendente dalla struttura che gli fornisce invece solo un supporto logistico, deve essere munito di una propria autorizzazione sanitaria; diversamente, invece, un'unica autorizzazione a nome del titolare del centro polispecialistico potrebbe essere valida e sufficiente a garantire gli scopi di controllo sulla salubrità della struttura e la rispondenza ai requisiti igienico-sanitari di legge, laddove detto titolare unico sia anche effettivamente il datore di lavoro dei vari medici che ivi operino alle sue dipendenze e possa dunque vigilare sul rispetto delle prescrizioni di legge da parte di costoro, sulla gestione delle diverse sale in cui essi operano e su tutto quanto è collegato all'autorizzazione sanitaria in parola.
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Tribunale Napoli sez. I, 06/11/2018, n.12166
omissis
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con decreto di giudizio immediato ai sensi degli artt. 455 e ss. c.p.p., emesso in data 14/1/2016, il GIP di questo Tribunale ha accolto l'opposizione presentata tempestivamente da V.R. avverso il decreto penale di condanna a lui notificato per la contravvenzione ivi contestata e ne ha disposto la comparizione innanzi allo scrivente giudice monocratico per l'udienza del 2/2/2017. In quella data, preso atto della rituale notifica del decreto all'imputato e al suo difensore e della mancata comparizione del primo, ricorrendo le condizioni di cui all'art. 420 bis c.p.p., sentite le parti, ne è stata dichiarata l'assenza, poi revocata all'ultima udienza quando l'imputato è comparso.
Aperto il dibattimento sono stati ammessi i mezzi di prova richiesti dalle parti ed acquisiti numerosi documenti allegati al verbale di udienza, dopo di che il processo è stato rinviato per l'escussione dei testi della lista della Procura; è seguito un rinvio per l'adesione dei difensori a un'astensione di categoria, con sospensione dei termini di prescrizione dal 13/7/2017 al 5/4/2018 per complessivi mesi otto e giorni ventitré. In detta ultima data, poi, è stato sentito il Mar. A.G. del NAS dei Carabinieri di Napoli, con la produzione di altri documenti cui lo stesso faceva riferimento nel corso della deposizione, dopo di che, sempre sull'accordo delle parti, lo scrivente ha revocato l'ammissione dell'altro teste della lista della Procura e, su richiesta della difesa, ha concesso un rinvio con sospensione dei termini di prescrizione per consentire la partecipazione dell'imputato che intendeva sottoporsi all'esame. Il 25/10/2018, infine, avuta la presenza dell'imputato, questi ha tuttavia dichiarato di non volersi sottoporre ad esame, ma ha depositato un memoriale, allegato al verbale di udienza. A quel punto, chiuso il dibattimento con dichiarazione di utilizzabilità degli atti, data la parola alle parti per le discussioni e raccolte le conclusioni sopra riportate, lo scrivente s'è ritirato in camera di consiglio ed ha deciso come da dispositivo in calce, per le seguenti motivazioni.
In punto di fatto è pacifico e non contestato che il dott. V.R. esercitava l'attività di odontoiatra in Napoli, alla via D.G. all'interno del centro polispecialistico "Salus", gestito dalla società Salus s.a.s.
L'attività odontoiatrica veniva effettivamente e regolarmente esercitata in loco, come risulta sia dalla deposizione del teste di PG che dalla numerosa documentazione acquisita; la circostanza del resto non è smentita dall'imputato nel memoriale di cui s'è detto, che in quanto atto proveniente dall'imputato può essere utilizzato per la decisione, pur se questi non ha inteso sottoporsi all'esame.
In ogni caso, pur se non erano presenti pazienti nel momento del sopralluogo di NAS dei Carabinieri presso il centro medico in parola, non v'è dubbio che il dott. V.R. effettivamente operasse in quel centro, nei pressi del quale, sulla pubblica via, v'era un regolare cartello pubblicitario con il suo nome e l'indicazione della sua attività di medico odontoiatra; v'erano inoltre fatture e altra documentazione relativa al contratto stipulato dal dott. V.R. con una ditta specializzata incaricata del ritiro dei rifiuti sanitari; sempre all'interno dello studio, poi, v'erano e vennero sequestrate venti ricevute rilasciate dal dott. V.R. e a sua firma a favore di altrettanti suoi pazienti per prestazioni odontoiatriche ad essi praticate dal medico nel periodo ivi specificato. Ulteriore documentazione, pure acquisita dai Carabinieri e prodotta al dibattimento dal PM, conferma questa conclusione (contratti per la fornitura di materiale odontoiatrico e per la prestazione di servizi connessi con la professione medico/dentistica del dott. V.R., tutti a suo nome).
Risulta inoltre che vi fosse un contratto di cessione di una stanza per l'attività odontoiatrica al dott. V.R. da parte del titolare del centro polispecialistico Salus, ma non era presente e non venne esibita dal primo alcuna autorizzazione sanitaria a se rilasciata per l'esercizio dell'attività odontoiatrica a suo nome, risultandone solo una per il centro Salus a nome del dott. B.C.
Ciò posto, può affermarsi pacificamente sia che il dott. V.R. esercitasse ivi l'attività odontoiatrica a proprio nome, sia che egli non fosse e non fosse mai stato dipendente del centro Salus, con il quale in pratica aveva solo un contratto di locazione ad uso professionale di una stanza, con la fornitura di alcuni servizi comuni all'interno della struttura polispecialistica. Dal punto di vista economico, però, il dott. V.R. era senza dubbio del tutto indipendente dal centro Salus, di cui non era - e a quanto pare non era mai stato - dipendente.
Orbene, l'assunto della pubblica accusa, cui s'è richiamato il PM nella discussione, appare corretto, dovendosi concludere, nei limiti del sindacato rimesso al giudice penale, che il professionista che all'interno di un centro polispecialistico operi privatamente, senza un rapporto di lavoro dipendente dalla struttura che gli fornisce invece solo un supporto logistico, debba essere munito di una propria autorizzazione sanitaria; diversamente, invece, un'unica autorizzazione a nome del titolare centro polispecialistico potrebbe essere valida e sufficiente a garantire gli scopi di controllo sulla salubrità della struttura e la rispondenza ai requisiti igienico-sanitari di legge, laddove detto titolare unico sia anche effettivamente il datore di lavoro dei vari medici che ivi operino alle sue dipendenze e possa dunque vigilare sul rispetto delle prescrizioni di legge da parte di costoro, sulla gestione delle diverse sale in cui essi operano e su tutto quanto è collegato all'autorizzazione sanitaria in parola. Questo con tutta evidenza non è il caso del dott. V.R. e del dott. B.; il primo, infatti, non essendo dipendente del centro Salus, non era in alcun modo sottoposto al controllo e alla vigilanza del secondo, non doveva seguirne le prescrizioni e le indicazioni né in materia sanitaria né in altro settore, essendo del tutto svincolato dal centro per quanto concerne le modalità di svolgimento della sua attività odontoiatrica.
Non si tratta in questo caso di una questione fiscale, come semplicisticamente liquidato dall'imputato nel memoriale, ma della necessità che il Testo Unico delle Leggi Sanitarie persegue, di avere un controllo sullo svolgimento delle attività mediche di ogni genere, controllo collegato al rispetto di una serie di prescrizioni e cautele, di cui alla normativa di settore, al quale è collegata l'autorizzazione in parola. È dunque evidente che l'autorizzazione debba far capo a chi ha l'effettivo potere direzionale e di vigilanza sull'attività sanitaria esercitata, con correlativa posizione di garanzia. Questo non accadeva nel caso del dott. V.R., sul quale evidentemente non aveva alcun potere gerarchico, di direzione o di vigilanza il titolare dell'autorizzazione rilasciata al centro medico Salus, il quale giammai avrebbe potuto dare indicazioni, porre veti o imporre cautele precipue all'interno del gabinetto odontoiatrico del dott. V.R..
Ciò integra dunque il presupposto oggettivo della condotta in contestazione.
La situazione di fatto sopra descritta, tuttavia, impone di verificare con particolare attenzione la sussistenza anche dell'elemento psicologico del reato ascritto dalla Procura al dott. V.R.: come gli stessi testi di PG hanno dimostrato sia con le proprie deposizioni che con gli inequivocabili documenti allegati, infatti, il dott. V.R. esercitava in maniera del tutto palese e dichiarata la propria attività autonoma professionale nel centro Salus, senza farsi schermo di quest'ultimo e senza dover occultare né dal punto di vista fiscale, né per altro verso, la propria attività medica ivi eseguita; proprio le fatture e gli altri contratti a suo nome lo dimostrano.
Parimenti significativi sono i documenti allegati dall'imputato al proprio memoriale prodotto all'ultima udienza, nonché la versione dei fatti che l'imputato ha affidato a quest'ultimo scritto, pur senza sottoporsi all'esame, il che invero avrebbe consentito di fare maggiore chiarezza e verificare con maggiore precisione la sua posizione.
In ogni caso, ferma restando quest'ultima considerazione, è innegabile che la spiegazione fornita da V.R. e supportata dai documenti prodotti abbia una sua logica; il professionista, in pratica, si diceva convinto che, operando egli in un centro polispecialistico, fosse necessaria una sola autorizzazione sanitaria per l'intera struttura a nome del direttore sanitario di quest'ultima e che questa fosse l'indicazione ricevuta espressamente dall'ASL competente. Orbene tale secondo profilo, che sarebbe stato invero tranciante, non è stato dimostrato in alcun modo dall'imputato, il quale non ha prodotto alcun documento proveniente dall'ASL, né ha addotto alcuna prova anche testimoniale o di altro tipo a sostegno delle ragioni del proprio convincimento; non è dunque ben chiaro se effettivamente egli si rivolse all'ASL e al Comune per il rilascio dell'autorizzazione a suo nome e ne ottenne un diniego perché avrebbe dovuto esistere un'unica autorizzazione per tutta la struttura a nome del legale rappresentante del centro Salus, come sostiene l'imputato nella sua memoria. In ogni caso la documentazione prodotta dalla difesa, in uno con quella acquisita dalla stessa PG consente di accedere almeno in parte a questa ricostruzione. La difesa infatti ha prodotto un precedente decreto sindacale di autorizzazione sanitaria risalente all'anno 2000, in cui v'è espresso riferimento sia - punto n.1 - al laboratorio polispecialistico di base, a nome di tale dottoressa Di Gaeta Sara, relativa alla struttura della Salus s.a.s., sia - punto n. 2 - all'ambulatorio odontoiatrico sotto la vigilanza del dott. V.R.. Da ciò si desume che da principio, nell'anno 2000, questi era munito di autorizzazione sanitaria a suo nome per lo svolgimento dell'attività odontoiatrica all'interno del centro Salus.
Di seguito, il nuovo decreto prodotto dalla difesa, risalente all'anno 2008, fa riferimento complessivamente a tutte le attività esercitate all'interno del centro Salus, nelle sue articolazioni private interne, ivi compresa l'odontoiatria e contiene un'unica autorizzazione a nome e in capo al dott. B., di cui s'è detto. I successivi decreti prodotti dalla difesa danno poi conto del succedersi come direttore tecnico sanitario del centro Salus di altri due medici ivi indicati. Nella situazione descritta, in sintesi, non è irragionevole che il dott. V.R. abbia erroneamente interpretato la normativa di settore e abbia omesso di premunirsi di nuova autorizzazione a suo nome, presumibilmente venendo realmente a ciò indotto dai funzionari dell'ASL, i quali evidentemente non sapevano della sua autonomia lavorativa, gestionale, finanziaria e fiscale rispetto al centro Salus.
Questa errata interpretazione della disciplina di settore, tuttavia, non può essere ascritta a colpa del dott. V.R., odierno imputato, poiché la prova a riguardo è risultata carente. La documentazione prodotta dallo stesso ufficio del PM, infatti, dimostra chiaramente che il medico odierno imputato non avesse adottato alcuno stratagemma per occultare la sua attività e per non apparirne come titolare; parimenti non risulta che il suo ambulatorio fosse carente sotto il profilo sanitario, così che non può dirsi, con la certezza necessaria per una pronuncia penale di condanna, che egli avesse dolosamente o colposamente omesso di procurarsi il rinnovo dell'autorizzazione sanitaria a suo nome, che, per quanto risulta dagli atti, egli avrebbe potuto agevolmente ottenere. In ciò dunque si ravvisa l'assenza di prova circa l'elemento psicologico, essendo del tutto evidente che anche per le contravvenzioni come quella che qui ricorre sia necessario dimostrare che l'imputato abbia agito quanto meno per colpa, ovvero una forma di negligenza o imperizia nel valutare la norma di settore e nel violarla. In assenza di tale prova non resta che mandare assolto l'imputato dalla contravvenzione a lui ascritta perché il fatto non costituisce reato, con la formula dubitativa di cui al capoverso dell'art. 530 c.p.p.
Il carico di lavoro dell'ufficio, con numerosi altri processi assunti in decisione alla stessa udienza, giustifica la riserva del termine per il deposito delle motivazioni.
P.Q.M.
visto l'art. 530 comma 2 c.p.p. assolve V.R. dal reato a lui ascritti al capo a) perché il fatto non costituisce reato; riserva la motivazione in giorni 45.
Napoli 25/10/2018