02/10/2018 free
ll giudice può sempre sindacare gli accertamenti sanitari di sopravvenuta inidoneità fisica
In ambito di licenziamento intimato per sopravvenuta inidoneità fisica permanente, il parere espresso dalla Commissione medica o dal Servizio Sanitario, concernente il controllo dell'idoneità fisica e psicoattitudinale di un lavoratore, non è vincolante per il giudice di merito adito per l'accertamento della illegittimità del licenziamento disposto a seguito di detto accertamento, avendo egli, anche in riferimento ai principi costituzionali di tutela processuale, il potere di controllare l'attendibilità degli esami sanitari effettuati dalle predette Autorità Sanitarie. Pertanto il datore di lavoro, nel momento in cui opera il licenziamento, agisce accollandosi il rischio di impresa avente ad oggetto la possibilità che l'Organo giudicante possa giudicare in modo contrario l'idoneità del dipendente.
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Cassazione civile, sez. lav., 02/08/2018, (ud. 09/05/2018, dep.02/08/2018), n. 20468
omissis
FATTI DI CAUSA
1. La Corte di appello di Trieste, riformando la sentenza di primo grado, ha annullato il licenziamento intimato dalla Fondazione Teatro Lirico Giuseppe Verdi di Trieste al prof. L.M. per inidoneità fisica permanente e assoluta e ha condannato la Fondazione a reintegrare il L. nel posto di lavoro di orchestrale, seconda viola con obbligo di prima, qualifica O STB categoria IV, e a corrispondergli un'indennità risarcitoria pari alla differenza tra le retribuzioni globali di fatto maturate dal luglio 2013 sino alla data della reintegrazione, detratti i compensi percepiti dal L. nelle more e per altri lavori svolti nel medesimo periodo, nonchè a regolarizzare la posizione previdenziale del ricorrente alla luce di quanto statuito in sentenza e per il periodo indicato. Così successiva ordinanza di correzione di errore materiale, ha disposto che in motivazione, laddove si legge "in misura non inferiore a 12 mensilità", si debba intendere "non superiore a 12 mensilità", atteso che la normativa di riferimento specificamente applicata in sentenza (L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 7, come modificati dalla L. n. 92 del 2012) stabilisce che l'indennità in oggetto non può essere superiore in ogni caso alle dodici mensilità.
2. Il L. aveva impugnato il licenziamento, deducendo di essere affetto da patologia che non lo rendeva in via definitiva inidoneo al lavoro di componente dell'orchestra. La domanda, respinta in sede sommaria e in fase di opposizione, è stata accolta dalla Corte di appello in fase di reclamo.
3. La Corte territoriale ha osservato che, in base all'accertamento condotto dal C.t.u. medico-legale nominato in grado di appello, il L. era stato affetto da rizoartrosi del trapezio metacarpale della mano destra con dolore localizzato al pollice destro, dolore ingravescente con utilizzo dell'archetto della viola, strumento che caratterizza e connota l'attività di orchestrale dell'interessato; che detta patologia, insorta nel luglio 2011 e protrattasi nel corso del 2012, era ancora in essere nel marzo 2013, cioè in sede di visita collegiale medica, ma il trattamento terapeutico praticato dal 2011 e mantenuto costantemente in essere sino al luglio 2013 aveva sortito validi effetti e un concreto miglioramento delle condizioni del distretto interessato; che l'esame clinico svolto in sede di visita peritale (ossia, nel marzo 2017) era risultato del tutto negativo e la valutazione di idoneità alle mansioni di orchestrale era stata pure condivisa da entrambe le parti.
4. La Corte territoriale ha osservato, in adesione alle conclusioni espresse dal predetto C.t.u., che, rispetto al quadro clinico rilevato nel marzo 2013 dalla commissione medica (il cui giudizio di inidoneità era stato posto a base del licenziamento), quattro mesi dopo, "nel luglio 2013, cioè proprio quando fu posto in essere il licenziamento, detto quadro non era più in essere": l'esito del controllo radiografico del 17 giugno 2013, ultimate le terapie iniziate del luglio 2011, era risultato negativo per lesione ossea a focolaio a peso delle strutture scheletriche esaminate; alla visita specialistica del 22 luglio 2013 era stata segnalata assenza di dolore in loco e capacità di utilizzo di mano e pollice destro, anche sotto sforzo. Ha così concluso che doveva essere condiviso il giudizio di probabile idoneità allo svolgimento del lavoro di orchestrale (strumento viola) dell'appellante sin dal luglio 2013.
5. Per la cassazione di tale sentenza la Fondazione Teatro Verdi di Trieste ha proposto ricorso affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso il prof. L.M..
6. La Fondazione ricorrente ha altresì depositato memoria ex art. 378 c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. Il primo motivo denuncia violazione di legge in riferimento alla L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 41, (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3) per non avere la sentenza considerato che gli effetti del licenziamento, intimato con nota del 31 luglio 2013, retroagivano alla data di avvio del procedimento (8 o 9 luglio 2013). La sentenza era incentrata sul giudizio probabilistico di idoneità alla data della comunicazione finale del licenziamento del 31 luglio 2013, anzichè alla data di avvio del procedimento L. n. 604 del 1966, ex art. 7.
2. Il secondo motivo di ricorso denuncia omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5) per avere la sentenza omesso di esaminare se fosse effettivamente sussistente, alla data di produzione degli effetti del licenziamento, retroattivamente rispetto alla data del 31 luglio 2013, una idoneità allo svolgimento stabile e a tempo pieno delle mansioni di professore d'orchestra.
3. Il terzo motivo di ricorso denuncia, in via subordinata, violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4 e comma 7, nel testo novellato dalla L. n. 92 del 2012, per non avere la Corte territoriale escluso o limitato il risarcimento in relazione alla comprovata assenza di colpa della datrice di lavoro nella comunicazione del licenziamento. La Fondazione ricorrente rileva che, in caso di insussistenza di dolo e/o di colpa nella condotta del recedente, il risarcimento del danno da riconoscere al lavoratore ingiustamente licenziato deve essere contenuto nell'ordine di cinque mensilità.
4. Il quarto motivo, formulato in via di ulteriore subordine, denuncia violazione della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4 e comma 7, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, per mancata specificazione del dispositivo della sentenza del limite massimo di dodici mensilità della L. n. 300 del 1970, art. 18, comma 4. In ordine a tale motivo vi è espressa acquiescenza di parte controricorrente.
5. I primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto vertenti su questioni connesse, sono inammissibili. La sentenza (v. pag. 11) colloca genericamente gli effetti dell'accertamento di non inidoneità assoluta e permanente al mese di "luglio 2013", evidenziando che "quattro mesi dopo" la verifica del "marzo 2013" il quadro diagnostico era mutato in senso favorevole all'interessato. Ha, tra l'altro, dato rilievo all'accertamento diagnostico del 17 giugno 2013 (anteriore all'avvio del procedimento cui fa cenno parte ricorrente), che aveva escluso lesioni permanenti. Le conclusioni espresse dalla Corte di appello affermano la "probabile idoneità" allo svolgimento del lavoro di orchestrale "sin dal luglio 2013". I motivi di ricorso, formulati sull'erroneo presupposto che la Corte di appello abbia espresso il giudizio di non inidoneità assoluta e permanente con riguardo alla data del 31 luglio 2013, appaiono dunque non specifici rispetto alla sentenza impugnata, in violazione dell'art. 366 c.p.c., comma 1, n. 4. D'altra parte, è contrario a logica e al senso delle parole interpretare la locuzione "sin dal luglio 2013" (indicata quale momento di recupero della capacità lavorativa di orchestrale; v. pag. 12 sent.), come riferibile alla data finale del mese anzichè al suo inizio.
6. In ordine al terzo motivo, va premesso che il licenziamento è stato intimato sulla scorta di un accertamento medico eseguito dal Dipartimento di Prevenzione del Servizio Sanitario Regionale di Trieste in esito alla visita del 7 marzo 2013. Orbene, è pacifico che sono sindacabili dal giudice ordinario detti accertamenti (Cass. nn. 3095 del 2008, 16195 del 2011, anche con riferimento a C.Cost. n. 420 del 1998), ricadendo sul rischio di impresa un esito contrario in sede giudiziale.
7. E' stato più volte affermato da questa Corte che la dichiarazione di invalidità del licenziamento a norma della L. n. 300 del 1970, art. 18, non comporta automaticamente la condanna del datore di lavoro al risarcimento del danno nella misura stabilita dal quarto comma; la disposizione in esame - commisurando l'indennità risarcitoria alla retribuzione globale di fatto maturata dal giorno del licenziamento - contiene solo una presunzione legale iuris tantum circa l'entità del danno subito dal lavoratore, mentre la questione relativa alla sussistenza della responsabilità risarcitoria deve ritenersi regolata dalle norme del codice civile in tema di risarcimento del danno conseguente ad inadempimento delle obbligazioni, non introducendo l'art. 18, dello statuto dei lavoratori elementi distintivi. Ne consegue l'applicabilità dell'art. 1218 cod. civ., secondo cui il debitore non è tenuto al risarcimento del danno nel caso in cui fornisca la prova che l'inadempimento consegue ad impossibilità della prestazione a lui non imputabile (cfr. ex plurimis, Cass. n. 11477 del 2015, Cass. n. 9915 del 2016, n. 1950 del 2011, nn. 3114 e. 8364 del 2004).
8. Tanto premesso e considerato che gravava sulla parte inadempiente l'onere di fornire la dimostrazione che l'avrebbe esonerata, ex art. 1218 cod. civ., da responsabilità, va evidenziato che dalla sentenza impugnata si desume che la Fondazione appellata non aveva fornito siffatta prova liberatoria. La sentenza ha evidenziato (v. pag. 9) che il L. si era sempre opposto alla valutazione di inidoneità espressa dalla Commissione medica nel marzo 2013 e aveva chiesto in data 19 luglio 2013 la fissazione di un nuovo Collegio medico ai fini del rinnovo della valutazione. E' stato così evidenziato che, tra la data di attivazione del procedimento di licenziamento e la data della sua definizione, il datore di lavoro aveva colpevolmente omesso di attivare altri approfondimenti, che il dipendente aveva sollecitato e che, ove svolti, avrebbero evidenziato il carattere solo transitorio dell'inidoneità riscontrata alcuni mesi prima.
9. In merito al quarto motivo, premesso che non è censurato alcun contrasto tra dispositivo e motivazione, va osservato che il dispositivo va interpretato alla luce della motivazione della sentenza impugnata, la quale (a seguito di correzione di errore materiale nella parte in cui il risarcimento era riconosciuto in misura "non inferiore a dodici mensilità", locuzione da leggere "in misura non superiore a dodici mensilità") ha ritenuto la fattispecie regolata dalla L. n. 300 del 1970, art. 18, commi 4 e 7, come modificato dalla L. n. 92 del 2012, secondo cui il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro alla reintegrazione del lavoratore ed al pagamento di una indennità risarcitoria dl giorno del licenziamento sino a quello dell'effettiva reintegrazione, in misura comunque non superiore a dodici mensilità. In tal senso deve essere intesa la locuzione di cui al dispositivo, interpretata alla luce della motivazione.
10. Il ricorso va dunque rigettato, con condanna di parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, liquidate nella misura indicata in dispositivo per esborsi e compensi professionali, oltre spese forfettarie nella misura del quindici per cento del compenso totale per la prestazione, ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, art. 2.
11. Sussistono i presupposti processuali (nella specie, rigetto del ricorso) per il versamento, da parte della Fondazione ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, previsto dall'art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio, introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, (legge di stabilità 2013).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio, che liquida in Euro 200,00 per esborsi e in Euro 4.000,00 per compensi professionali, oltre spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.
Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 -bis, dello stesso art. 13.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 9 maggio 2018.
Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2018