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La prova del superamento del tetto di spesa resta a carico della ASL.
«In tema di pretesa creditoria
della struttura sanitaria accreditata per le prestazioni erogate in àmbito di
Servizio Sanitario Nazionale, il mancato superamento del tetto di spesa fissato
secondo le norme di legge e nei modi da esse previsti non integra un fatto
costitutivo da provarsi dalla struttura creditrice, ma rileva nel suo contrario
positivo, cioè come fatto impeditivo, con la conseguenza che dev'essere
dimostrato dalla parte debitrice.».
Cassazione Civile Ord. Sez. 3
Num. 3403 Anno 2018 Presidente: CHIARINI MARIA MARGHERITA Relatore: FRASCA
RAFFAELE Data pubblicazione: 13/02/2018
Omissis
Rilevato che:
La ………. ha proposto ricorso per cassazione contro la
ASL Napoli 1 Centro avverso la sentenza del 14 ottobre 2014, con la quale la
Corte d'Appello di Napoli ha rigettato l'appello da essa proposto contro la
sentenza del Tribunale di Napoli del marzo 2009, la quale, in accoglimento
dell'opposizione proposta dall'ASL aveva revocato il decreto ingiuntivo
ottenuto da essa ricorrente a seguito di ricorso depositato il 3 maggio 2005
per il pagamento della somma di € 263.874,83 oltre interessi legali, siccome
dovuta per prestazioni di assistenza e riabilitazione eseguite nei mesi di
settembre, ottobre e dicembre del 2004. L'opposizione dell'ASL veniva accolta
quanto alla ragione basata sulla mancata conclusione del c.d. "tavolo
tecnico" in ordine al mancato superamento del tetto di spesa, circostanza
riguardo alla quale il Tribunale riteneva onerata della prova l'opposta. 2. Al
ricorso per cassazione, che prospetta sette motivi, ha resistito con
controricorso l'ASL intimata. 4. La trattazione del ricorso è stata fissata in
camera di consiglio ai sensi dell'art. 380-bis.1, cod. proc. civ. Non sono
state depositate conclusioni scritte dal Pubblico Ministero, mentre la
ricorrente ha depositato una memoria tardivamente. Considerato che: 1. Con il
primo motivo di ricorso si deduce "violazione e falsa applicazione
dell'art. 2697 c.c. e dell'art. 24 Costituzione con riferimento ai principi che
regolano l'onere della prova, in particolare del principio di 'vicinanza alla
prova', in relazione all'art. 360, c.1, n. 3 c.p.c." 1.1. Con una prima
prospettazione, che è enunciata sotto un paragrafo A), intestato
"vicinanza alla prova", si censura la sentenza impugnata per avere
attribuito, condividendo l'avviso del tribunale, alla ricorrente quale
creditrice l'onere di fornire la prova del mancato superamento del tetto di
spesa. Si sostiene che erroneamente la corte territoriale avrebbe equiparato ai
fini dell'onere della prova, alla dimostrazione del mancato superamento della
capacità operativa massima (c.d. C.O.M.), quella del fatto negativo del
superamento del tetto massimo di spesa sanitaria. L'equiparazione sarebbe stata
erronea, perché, mentre il rispetto della C.O.M. afferirebbe ad un elemento
interno alla struttura dell'obbligazione, trattandosi del limite massimo delle
prestazioni giornaliere assegnate alla ricorrente, e la relativa dimostrazione
può essere data agevolmente dalla struttura creditrice per il tramite della sua
contabilità, viceversa, la questione relativa al mancato superamento del tetto
di spesa sanitario riguarderebbe un elemento esterno alla struttura
dell'obbligazione, perché inerente al limite massimo di spesa annuale
attribuito all'intera macro area dell'Asl. Si tratterebbe allora di un
elemento, la dimostrazione del cui mancato superamento non sarebbe di agevole
prova e dimostrazione da parte della struttura sanitaria creditrice, mentre lo
sarebbe da parte del tavolo tecnico, deputato a verificarlo, che è un organo
dell'Asl e che in è possesso di tutti i dati regionali. 1.1.1. Questa ricostruzione
della distribuzione dell'onere della prova, ad avviso della ricorrente, sarebbe
imposta dall'applicazione del principio della cosiddetta vicinanza alla prova,
una volta considerato che il singolo centro sanitario accreditato non si trova
nella condizione di poter provare l'avvenuto sforamento del limite posto dalla
complessiva spesa per l'insieme dei centri accreditati, giacché esso
riguarderebbe una verifica che sarebbe possibile soltanto per l'Asl, la quale è
in possesso di tutti gli elementi per accertare quale sia stata la complessiva
attività del settore. Pertanto, erroneamente la corte territoriale avrebbe
ritenuto che il rispetto del limite di spesa rilevi, anziché come fatto impeditivo,
quale fatto costitutivo capace di conferire fondamento al diritto azionato e di
quantificarlo con precisione (viene evocata Cass. n. 2991 del 2001). Lo
confermerebbe fra l'altro la circostanza che in casi analoghi questa Corte non
avrebbe mai messo in dubbio che, là dove debba operare per
l'obbligazione
dedotta in giudizio un limite posto da un atto non avente natura normativa, ma
amministrativa, competa a chi se ne voglia avvalere, cioè all'obbligato, l'onere
di provare la sussistenza dello stesso anche in omaggio sempre al principio di
vicinanza della prova (al riguardo vengono evocate Cass. nn. 17459 del 2006,
4485 del 2003, 18656 del 2003 e 591 del 1995). Si sottolinea ancora che
l'A.S.L., pur avendo genericamente eccepito, nell'atto di opposizione al
decreto ingiuntivo l'avvenuto superamento del tetto di spesa, successivamente,
pur avendo accertato, con verbale del tavolo tecnico del 10 novembre 2005, il
mancato sforamento del limite di spesa per il 2004, soltanto con la comparsa
conclusionale del 4 dicembre 2008 aveva dichiarato falsamente, con evidente
malafede, che il tavolo tecnico non aveva mai effettuato alcuna verifica e che
non si era mai riunito. In fine, a sostegno della prospettazione si sottolinea
che l'applicazione del principio della cosiddetta vicinanza alla prova si
configurerebbe doverosa sia alla stregua dei criteri di cui agli artt. 1175,
1176, secondo comma, e 1375 codice civile, sia in quanto espressione del dovere
di cui all'art. 88 cod. proc. civ., evocandosi in proposito Cass., Sez. Un., n.
577 del 2008 e si riconduce il principio invocato anche ad una corretta
applicazione dell'art. 24 della Costituzione. 1.2. Con la seconda
argomentazione, riportata sotto la lettera B ed intitolata "violazione e
falsa applicazione dell'art. 2697 codice civile circa l'onere della prova in
relazione all'articolo 360, comma 1, n. 3 c.p.c.", si sottolinea,
sostanzialmente ripetendo la prospettazione già svolta alla stregua della
regola di distribuzione dell'onere della prova secondo il paradigma dell'art.
2697 cod. civ., cioè con riferimento alla nozione di fatto impeditivo (si
evoca, tra l'altro Cass., Sez. Un. n. 13533 del 2001), che l'Amministrazione,
eccependo la mancata dimostrazione dell'osservanza del limite del tetto massimo
di spesa, aveva eccepito una circostanza inerente la inesigibilità del credito.
2. Il motivo è fondato. 5 2.1. Mette conto di rilevare che questa
Corte, con la sentenza n. 17437 del 2016 si è per la prima volta espressa sulla
spettanza dell'onere della prova della dimostrazione del mancato superamento
del tetto massimo di spesa sanitaria in controversia introdotta da una struttura
sanitaria accreditata contro una a.s.I., reputando che il superamento di quel
tetto, integrando un fatto impeditivo del credito della struttura t non debba
essere dimostrato come fatto negativo da essa nella qualità di creditrice, ma
debba dimostrarsi da parte dell'a.s.l. L'affermazione del principio è stata
fatta da questa Sezione proprio decidendo un ricorso contro una sentenza della
corte d'appello partenopea. La citata sentenza ha deciso, infatti, un ricorso
nel quale la Corte di Appello di Napoli, nel rigettare l'impugnazione proposta
da un laboratorio di analisi cliniche avverso la sentenza con la quale il
locale Tribunale aveva accolto l'opposizione al decreto ingiuntivo ottenuto nei
confronti della Asl Napoli 1, rigettandone la domanda di pagamento proposta nei
confronti dell'A.S.L. per prestazioni eseguite in regime di convenzionamento,
aveva ritenuto che il mancato superamento dei tetti di spesa, risultando
elemento costitutivo del diritto al corrispettivo delle prestazioni erogate,
dovesse formare oggetto di prova da parte dell'istante, prova che esso non
aveva, nella specie, fornito. 2.2. La sentenza ha ritenuto fondato il ricorso
così esprimendosi: «Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa
applicazione di norme di diritto ex art. 360 n. 3 c.p.c. in relazione all'art.
2967 c.c., 8- quater e quinquies del D.Lgs. 502/1992. Il motivo deve essere
accolto. Erra, difatti, la Corte territoriale nel ritenere che il riparto
dell'onere probatorio relativo alla pretesa dell'odierna ricorrente segua
l'iter delineato in sentenza, volta che al Centro di analisi oggi ricorrente
spettava la prova — quale fatto costitutivo del diritto esercitato -
dell'esistenza del rapporto di accreditamento e dell'esecuzione delle
prestazioni per le quali era chiesto il rimborso (prova il cui onere era stato
incontestamente assolto in sede di merito), gravando di sulla
Asl la dimostrazione del fatto (non costitutivo del diritto dell'attore ma)
impeditivo dell'accoglimento della pretesa azionata, costituito del superamento
del tetto di spesa — fatto che, essendo stato opposto al fine di paralizzare il
titolo vantato dalla controparte, andava provato dalla parte eccipiente.». 2.3.
Il Collegio intende dare continuità a tale orientamento, svolgendo le seguenti
ulteriori considerazioni. Esso si basa sulla mera applicazione della regola di
distribuzione dell'onere della prova di cui all'art. 2697 cod. civ. Nella struttura
della controversia con cui un creditore agisce facendo valere una pretesa
fondata su un rapporto obbligatorio il paradigma dell'art. 2697 cod. civ. esige
che l'attore dia dimostrazione dei fatti costitutivi della pretesa, cioè dei
fatti storici che, in quanto contemplati dalla norma astratta da cui origina il
diritto creditorio, sono giustificativi della sua insorgenza, in quanto la loro
verificazione permetta di ricondurre la fattispecie concreta alla previsione
normativa astratta. Per l'applicazione del paradigma è necessaria, dunque,
anzitutto la verifica della norma astratta sulla base della quale il diritto è
stato invocato e ciò al fine di individuare quali fatti essa consideri come
costitutivi del diritto. Tra tali fatti la norma può prevedere l'esistenza di
fatti c.d. negativi, scilicet l'inesistenza di un certo fatto e dunque di un
fatto positivo. Ciò può fare espressamente e direttamente, oppure
indirettamente, cioè stabilendolo che: a) la rilevanza della dimostrazione del
fatto positivo contrario a quello negativo si possa prevedere a carico del
titolare del diritto regolato o convenzionalmente, cioè per accordo fra i
soggetti coinvolti, o per determinazione unilaterale di uno di essi; b) non
vietando, per la natura del diritto di cui trattasi e delle posizioni
coinvolte, che le evenienze sub a) si possano verificare. Naturalmente, in
entrambe queste due ipotesi è necessario che in concreto intervenga la
convenzione o la determinazione unilaterale autorizzata (espressamente o
implicitamente) ad attribuire l'onere della 7 prova del fatto negativo al
titolare del diritto, così trasformandolo in fatto costitutivo negativo. In
mancanza di simili eventualità, invece, il fatto negativo, nell'economia
dell'onus probandi siccome delineato dal paradigma dell'art. 2697 cod. civ., va
apprezzato considerando che, pur risolvendosi la sua "esistenza", la
sua configurabilità, nella verificazione dell'inesistenza del fatto positivo
contrario, che vale a dimostrare appunto la negatività, in realtà riguardo alla
sua "rilevanza" ciò che assume rilievo è la sua efficacia di impedire
il dispiegarsi di un fatto costitutivo. Di tal che esso, dispiegando la sua rilevanza
appunto con riferimento al fatto positivo contrario, si connota, secondo lo
stesso paradigma dell'art. 2697 cod. civ., come un fatto impeditivo, secondo
l'espressione di cui al secondo comma della norma. Ne consegue che l'onere
della prova incombe su chi resiste alla pretesa fatta valere in giudizio.
Ebbene, in relazione a vicende come quella di cui è processo, se è
indiscutibile che il diritto della struttura sanitaria accreditata può ricevere
riconoscimento se ed in quanto non sia stato superato il tetto massimo di spesa
sanitaria nel contesto in cui essa opera, non esiste e non è stata dedotta
alcuna norma che espressamente consideri come fatto costitutivo il relativo
fatto negativo, così sottraendolo alla sua normale efficacia di rilevanza per
il tramite del c.d. fatto impeditivo contrario. Inoltre, se la mancanza di tale
norma, congiunta al fatto che ogni struttura accreditata stipula un accordo
convenzionale con l'ente sanitario, può giustificare senza dubbio che, anche ai
sensi dell'art. 2698 cod. civ., sia possibile che sia tale accordo a stabilire
che la struttura accreditata possa pretendere il pagamento solo dimostrando il
fatto negativo, nella specie non risulta allegato in alcun modo che nella
convenzione di accreditamento si sia stabilito alcunché in questo senso Ne discende che il mancato superamerio del
tetto di spesa, rilevando nel suo opposto positivo, cioè come suo '
superamento, doveva essere dimostrato dalla resistente e non dalla qui
ricorrente. E ciò nella piana applicazione del paradigma dell'art. 2697 cod.
civ., ala quale non risultavano apposte alterazioni nei sensi sopra ipotizzati.
La motivazione della sentenza impugnata si è astenuta dall'applicare i
ricordati principi generali e si è limitata a dare rilievo alla circostanza
che, nella logica sottesa al funzionamento del S.S.N. il c.d. tetto di spesa
opera in modo tale da rendere non dovute prestazioni erogate al di là del suo
limite. Senonché, ciò appartiene al dispiegarsi del fatto impeditivo del
superamento e non può valere in alcun modo a giustificare la sua trasformazione
in fatto costitutivo. 2.4. La sentenza impugnata dev'essere dunque cassata con
rinvio ad altra Sezione della Corte d'Appello di Napoli, comunque in diversa
composizione, che deciderà la controversia reputando che l'onere della prova
del fatto negativo del mancato superamento del tetto di spesa non incombesse
alla ricorrente e che, invece, incombesse alla resistente l'onere di provare il
fatto positivo dimostrativo del superamento. Il principio di diritto cui il
giudice di rinvio si atterrà è il seguente: «In tema di pretesa creditoria
della struttura sanitaria accreditata per le prestazioni erogate in àmbito di Servizio
Sanitario Nazionale, il mancato superamento del tetto di spesa fissato secondo
le norme di legge e nei modi da esse previsti non integra un fatto costitutivo
da provarsi dalla struttura creditrice, ma rileva nel suo contrario positivo,
cioè come fatto impeditivo, con la conseguenza che dev'essere dimostrato dalla
parte debitrice.». Nel decidere sulla controversia, naturalmente, atteso che
sia dal ricorso, sia dalla sentenza, emerge che, a seguito del verbale redatto
nel c.d. "tavolo tecnico", il fatto positivo sarebbe emerso soltanto
il 10 novembre del 2005, il giudice di rinvio rimarrà libero di verificare se,
in base alla disciplina vigente, la redazione di
quel verbale fosse necessaria per far emergere il detto fatto positivo come
fatto impeditivo del credito fatto valere nel senso della sua esigibilità ed
all'uopo, in caso positivo, deciderà considerando che l'esigibilità del credito
di cui si controverta in un giudizio, se non esistente al momento
dell'introduzione dell'azione, può utilmente sopravvenire nel corso del
giudizio. Tanto si osserva perché il verbale de quo è sopravvenuto rispetto al
momento del ricorso monitorio. La questione del se, una volta costruito come
fatto impeditivo il superame del tetto di spesa, la redazione del verbale del
tavolo tecnico che 'lo accerti in senso negativo, sia condizione di esigibilità
del credito è, infatti, quaestio iuris diversa rispetto a quella basata sull'onere
della prova, con cui la sentenza impugnata ha erroneamente deciso la
controversia. Ed essa andrà verificata sulla base delle emergenze degli atti
del giudizio di merito. 3. Con il secondo motivo si deduce "violazione e
falsa applicazione dell'art. 345 c.p.c. in relazione all'art. 360 comma 1, n.
3, c.p.c. in relazione all'assunta tardività del deposito della decisione del
tavolo tecnico". Vi si sostiene che erroneamente la corte territoriale
avrebbe ritenuto la inammissibilità, all'udienza del 6 giugno 2014 di
precisazione delle conclusioni in appello, del deposito del certificato
attestante l'intervenuta decisione in data 10 novembre 2005 del c.d
"tavolo tecnico", che aveva concluso per il mancato superamento del
tetto di spesa per l'anno 2004. 3.1. Il motivo resta assorbito
dall'accoglimento del motivo precedente, perché, una volta stabilito che era
l'A.S.L. ad essere onerata della prova del superamento, la circostanza che
questa non fosse risultata va a giovamento della ricorrente e rende priva di
interesse ogni valutazione sulla ritualità del deposito da essa effettuata. 4.
Con il terzo motivo si fa valere "violazione e falsa applicazione degli
artt. 88 e 92 codice procedura civile, degli articoli 1175 e 1375 codice
civile, dell'articolo 2 della Costituzione con riferimento al principio di
correttezza e buona fede, in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3. Il motivo
si duole del comportamento della Asl che, pur avendo avuto notizie della
deliberazione e decisione del tavolo tecnico non ne aveva riferito nel corso
del giudizio. 4.1. Anche questo motivo è assorbito effetto dell'accoglimento
del primo motivo e della conseguente cassazione della sentenza. 5. Con un
quarto motivo si fa valere violazione e falsa applicazione dell'art. 345 codice
di procedura civile in relazione all'art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.". Si
censura la decisione della corte territoriale per avere disatteso il quarto motivo
di appello, con cui ci si era doluti che il primo giudice, una volta ritenuto -
sebbene erroneamente - che la ricorrente non aveva dimostrato il fatto del
mancato superamento del tetto di spesa, non avesse accolto la domanda di
pagamento del 70% del credito, accertato come certo liquido ed esigibile, e su
cui lo stesso superamento non avrebbe potuto incidere. La corte napoletana ha
disatteso il motivo di appello, reputando che la richiesta integrasse una
domanda nuova, e come tale inammissibile essendo diversa da quella di pagamento
del 100°/0 azionata dalla ricorrente. A sostegno del motivo, si sottolinea che
la stessa A.S.L., nel costituirsi aveva riconosciuto che sulla base del
contratto intervenuto tra le parti, ritualmente prodotto, risultava senz'altro
dovuto il 70% della somma ingiunta, ragion per cui solo "il 30% del totale
del credito azionato era da considerarsi illiquido sino al pronunciamento del
tavolo tecnico. Si sostiene la corte territoriale avrebbe ritenuto che la
domanda di pagamento del 70% del complessivo importo richiesto con il decreto
ingiuntivo si connotasse come una domanda nuova erroneamente. 5.1. Il motivo è
fondato, atteso che, allorquando un creditore, prospettando determinati fatti
costitutivi, proponga una domanda di condanna
al pagamento di un credito per una somma determinata, la richiesta avanzata nel
corso del giudizio di riconoscimento sulla base degli stessi fatti di una minor
somma integra una riduzione della domanda originaria e non una domanda diversa.
Nella specie la richiesta subordinata di riconoscimento del 70% del credito
concerneva sempre lo stesso credito originariamente fato valere per l'intero.
La citazione di Cass. n. 5120 del 2001 fatta dalla corte napoletana è del tutto
priva di pertinenza, come sostenuto dalla ricorrente, che ha correttamente
evidenziato come quel caso si vertesse effettivamente in tema di domande basate
su fatti costitutivi diversi. La sentenza impugnata va cassata anche sotto tale
profilo ed il giudice di rinvio, sempre che l'esame della domanda principale a
seguito dell'accoglimento del primo motivo non lo renda inutile, considererà la
domanda in questione come pienamente ammissibile. 6. Assorbito resta il quinto
motivo, che propone sul versante del n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., la
stessa questione posta dal quarto motivo. Assorbito rimane il sesto motivo, una
volta accolto il primo. Il settimo motivo individua una questione che è irrilevante
sempre in ragione della decisione sul primo motivo. 7. Al giudice di rinvio è
rimesso di provvedere sulle spese del giudizio di cassazione. P. Q. M. La Corte
accoglie il primo ed il quarto motivo. Dichiara assorbiti gli altri. Cassa la
sentenza impugnata in relazione e rinvia ad altra Sezione della Corte d'Appello
di Napoli, comunque in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di
cassazione. Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione
Civile, il 28 settembre giugno 2017. Presidente - '