02/06/2017 free
Disforia di genere : non obbligatorio l'intervento chirurgico demolitorio o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari
Si è ormai consolidato nella giurisprudenza anche comunitaria, l'orientamento secondo cui non deve ritenersi obbligatorio, ai fini della rettificazione del sesso, l'intervento chirurgico demolitorio o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari.
In particolare è stato evidenziato che ?l'esclusione del carattere necessario dell'intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica appare il corollario di un'impostazione che - in coerenza con supremi valori costituzionali - rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l'assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, il quale deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere. L'ampiezza del dato letterale dell'art. 1, comma 1, della legge n. 164 del 1982 e la mancanza di rigide griglie normative sulla tipologia dei trattamenti rispondono all'irriducibile varietà delle singole situazioni soggettive.
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Tribunale Mantova, sez. I, 21/04/2017
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di Mantova
Prima Sezione
Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti
magistrati:
dott. Mauro Pietro Bernardi Presidente Relatore
dott. Alessandra Venturini Giudice
dott. Luigi Pagliuca Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. * promossa da:
omissis
Fatto
Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione
Con atto di citazione notificato in data 25-1-2017 I. L. (nata a ... il ...) esponeva 1) di essere nata con caratteri biologici, anatomici e genitali di tipo femminile ma di avere vissuto la propria identità psico-sessuale come maschile sin dalla tenera età; 2) di avere intrapreso dal febbraio 2015 la terapia con ormoni maschili; 3) che gli specialisti interpellati avevano diagnosticato la disforia di genere, evidenziato che il genere prevalente all'interno della sua personalità era quello maschile e concluso favorevolmente circa la idoneità all'intervento chirurgico di isteroannessiectomia, mastoplastica riduttiva ed eventuale ricostruzione del neofallo, escludendo patologie di natura psichiatrica; 4) che la trasformazione dal modello femminile a quello maschile era ormai divenuto irreversibile dal punto di vista psicologico e delle fattezze esterne; 5) che la giurisprudenza anche costituzionale si era orientata nel senso che fosse consentito procedere alla rettificazione dell'atto di nascita anche in assenza di trattamento chirurgico: alla stregua di tali deduzioni la difesa dell'istante chiedeva che venisse disposta la rettificazione del sesso anagrafico da femminile a maschile nonché il mutamento del nome da X. a Y.
Senza l'espletamento di attività istruttoria, la causa veniva rimessa in decisione sulle conclusioni in epigrafe riportate.
La domanda è fondata e merita accoglimento.
Premesso che la istante non è sposata e non ha figli, va rilevato che le relazioni della prof. * e della dott. * dimostrano come X sia affetta da disforia di genere (sotto forma di transessualismo gino-androide) e che, sin dall'infanzia, si sentisse di appartenere all'altro sesso (manifestando tale suo sentire anche nei confronti dei coetanei) e risulta indubbio che il comportamento, la gestualità, l'andatura, l'aspetto fisico e l'abbigliamento siano decisamente maschili come emerso anche in sede di comparizione personale avanti al G.I. né può inoltre andare sottaciuto che la stessa da anni vive con una compagna: risulta quindi radicata la convinzione di appartenere al sesso maschile che, come evidenziato nella predette relazioni, costituisce un vero e proprio vissuto primario, situazione che legittima l'accoglimento dell'istanza ai sensi dell'art. 3 comma 2 legge 164/82.
L'evidenza degli elementi dedotti rende del tutto superfluo ed inutilmente costoso (cfr. Cass. 20-7-2015 n. 15138) disporre una consulenza intesa ad accertare le condizioni psico-sessuali dell'interessata posto che l'irreversibilità del mutamento sessuale può dedursi dalle menzionate relazioni di parte, dal fatto che essa sin dal 2015 si è sottoposta a terapia ormonale e segue presso un centro specializzato il percorso di transizione verso il genere maschile, che, sin dalla tenera età, si era rifiutata di indossare abiti femminili anche in pubblico, comunque atteggiandosi anche nei comportamenti come appartenente al genere maschile e che nel 2017 ha avviato l'azione giudiziale finalizzata al mutamento del sesso, così dimostrando una radicata e costante volontà in tal senso.
Va aggiunto che si è ormai consolidato nella giurisprudenza anche comunitaria, l'orientamento secondo cui non deve ritenersi obbligatorio, ai fini della rettificazione del sesso, l'intervento chirurgico demolitorio o modificativo dei caratteri sessuali anatomici primari (cfr. Corte Cost. 21-10-2015 n. 221; Cass. 20-7-2015 n. 15138; CEDU 10-3-2015, Affaire Y.Y. c. Turquie).
In particolare è stato evidenziato che ?l'esclusione del carattere necessario dell'intervento chirurgico ai fini della rettificazione anagrafica appare il corollario di un'impostazione che - in coerenza con supremi valori costituzionali - rimette al singolo la scelta delle modalità attraverso le quali realizzare, con l'assistenza del medico e di altri specialisti, il proprio percorso di transizione, il quale deve comunque riguardare gli aspetti psicologici, comportamentali e fisici che concorrono a comporre l'identità di genere. L'ampiezza del dato letterale dell'art. 1, comma 1, della legge n. 164 del 1982 e la mancanza di rigide griglie normative sulla tipologia dei trattamenti rispondono all'irriducibile varietà delle singole situazioni soggettive.
Rimane così ineludibile un rigoroso accertamento giudiziale delle modalità attraverso le quali il cambiamento è avvenuto e del suo carattere definitivo. Rispetto ad esso il trattamento chirurgico costituisce uno strumento eventuale, di ausilio al fine di garantire, attraverso una tendenziale corrispondenza dei tratti somatici con quelli del sesso di appartenenza, il conseguimento di un pieno benessere psichico e fisico della persona. In questa prospettiva va letto anche il riferimento, contenuto nell'art. 31 del d.lgs. n. 150 del 2011, alla eventualità (<>) del trattamento medico-chirurgico per l'adeguamento dei caratteri sessuali. In tale disposizione, infatti, lo stesso legislatore ribadisce, a distanza di quasi trenta anni dall'introduzione della legge n. 164 del 1982, di volere lasciare all'apprezzamento del giudice, nell'ambito del procedimento di autorizzazione all'intervento chirurgico, l'effettiva necessità dello stesso, in relazione alle specificità del caso concreto.
Il ricorso alla modificazione chirurgica dei caratteri sessuali risulta, quindi, autorizzabile in funzione di garanzia del diritto alla salute, ossia laddove lo stesso sia volto a consentire alla persona di raggiungere uno stabile equilibrio psicofisico, in particolare in quei casi nei quali la divergenza tra il sesso anatomico e la psicosessualità sia tale da determinare un atteggiamento conflittuale e di rifiuto della propria morfologia anatomica.
La prevalenza della tutela della salute dell'individuo sulla corrispondenza fra sesso anatomico e sesso anagrafico, porta a ritenere il trattamento chirurgico non quale prerequisito per accedere al procedimento di rettificazione ma come possibile mezzo, funzionale al conseguimento di un pieno benessere psicofisico? (in tal senso vedasi Corte Cost. 21-10-2015 n. 221).
Merita quindi accoglimento anche la domanda di rettifica dell'atto di nascita posto che dalla documentazione medica allegata emerge che la presenza nei documenti di identità di dati anagrafici femminili a fronte di un aspetto esteriore e di una personalità interiore vissuti da sempre come maschili, fa emergere profondi disagi nella vita di relazione della istante.
Nel caso di specie, pur essendo autorizzato il trattamento medico-chirurgico per l'adeguamento dei caratteri sessuali da femminili a maschili, appare adeguatamente accertata la necessità di autorizzare la rettificazione dei dati anagrafici onde assicurare la piena tutela della salute psico-fisica della ricorrente nelle more dell'intervento (in tal senso si sono espressi Trib. Bari 17 novembre-4 dicembre 2015 n. 5467/15; Trib. Lucca 6-21 giugno 2016 n. 1347/16; Trib. Modena 14 gennaio-3 febbraio 2016 n. 230/16; Trib. Roma 2-12-2016).
La natura del giudizio, proposto unicamente nei confronti del P.M., legittima l'integrale irripetibilità delle spese di causa anticipate dalla parte ricorrente.
P.Q.M.
Il Tribunale di Mantova, in composizione collegiale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
- autorizza X (nata a ... il ...) ad adeguare i caratteri sessuali da femminili a maschili mediante trattamento medico-chirurgico, con contestuale rettificazione del prenome da X a Y;
- ordina all'Ufficiale dello Stato Civile del Comune di A. di apportare le rettificazioni dell'atto di nascita di X come sopra indicate nei termini di legge;
- dichiara irripetibili le spese del presente giudizio.
Mantova, 21 aprile 2017.
Depositata in cancelleria il 21/04/2017