03/05/2017 free
Legge n. 210 del 1992: domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dell'indennizzo una tantum per il periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento danno e l'ammissione al beneficio.
La previsione contenuta nell'art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, di un indennizzo aggiuntivo, per il periodo antecedente l'entrata in vigore della legge medesima, sotto forma di assegno una tantum, non è applicabile ai soggetti danneggiati da epatite posttrasfusionale o da infezione HIV.
Il menzionato art. 2, difatti, limita espressamente tale beneficio ai soggetti di cui all'art. 1, comma 1, della legge stessa, e cioè a quanti abbiano subito una menomazione permanente alla salute a seguito di vaccinazione obbligatoria Questa interpretazione, peraltro, è conforme al dettato costituzionale, come già ritenuto anche dalla Consulta in diversi arresti.
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Tribunale Bari, sez. lav., 02/03/2017 sentenza n. 1274
omissis
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
La presente sentenza viene redatta senza la concisa esposizione dello svolgimento del processo e con una motivazione limitata alla succinta enunciazione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi, così come previsto dagli artt. 132 n. 4) c.p.c. e 118 disp. att. c.p.c., nel testo introdotto rispettivamente dagli artt. 45 e 52 della legge n. 69 del 18 giugno 2009.
1. Parte ricorrente – dopo aver premesso di essere stato sottoposto, in occasione di un ricovero avvenuto nel 1987 presso l'Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” civile di San Giovanni Rotondo, ad emotrasfusione, e di aver riscontrato, a seguito di controlli ematochimici effettuati nel 2007, di essere positivo ad anticorpi per il virus C genotipo 4 ed infezione cronica da HCV – ha chiesto che, accertato che il danno permanente alla salute da essa patito costituisce diretta conseguenza dell'emotrasfusione subita nel 1987 e dichiarato il suo diritto all'indennizzo di cui agli artt. 1 e ss. della legge n. 210 del 1992, il Ministero della salute fosse condannato a corrispondere in suo favore l'indennizzo di cui alla citata legge n. 210 nella misura prevista in relazione alla 5a (o, in subordine, all'8a) categoria di cui alla Tabella A del D.P.R. n. 834 del 1981, oltre accessori dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa sino al soddisfo, nonchè all'indennizzo aggiuntivo una tantum per il periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento dannoso e l'ammissione al beneficio.
Il Ministero della salute, benchè ritualmente evocato in giudizio, non si è costituito.
Ammessa ed espletata consulenza tecnica d'ufficio, all'odierna udienza, la causa è stata discussa e decisa mediante lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto della decisione a norma dell'art. 429 c.p.c.
2. Il ricorso è parzialmente fondato e deve, pertanto, essere accolto nei limiti e per i motivi di seguito indicati.
3. I fatti di causa sono documentalmente provati.
Dalla documentazione acquisita, difatti, risulta che nel 1987 il ricorrente fu ricoverato presso l'Ospedale “Casa Sollievo della Sofferenza” di San Giovanni Rotondo e che in quella occasione fu sottoposto a molteplici emotrasfusioni. Dalla stessa documentazione emerge altresì che l'instante è affetto da “Epatopatia cronica HCV correlata”.
Dal punto di vista dell'iter amministrativo, la Commissione medica Ospedaliera di Bari ha ritenuto possibile il nesso causale tra le emotrasfusioni subite dal ricorrente nel periodo 1987/1988 e la comparsa di HCV positività, ma ha escluso che l'istanza potesse essere accolta reputandola intempestiva, in quanto prodotta oltre tre anni dalla data di conoscibilità della epatopatia (data nella specie da identificarsi nel mese di novembre del 2007, cioè quando la parte fu sottoposta ad accertamenti in day hospital e biopsia epatica).
4. In ordine a quest'ultimo profilo (cioè quello relativo alla tempestività della domanda), si deve rammentare che, a norma dell'art. 3, comma 1, della legge 25 febbraio 1992, n. 210 (come sostituito dall'art. 1, comma 9, della legge n. 238 del 1997), i soggetti interessati ad ottenere l'indennizzo in questione sono tenuti a presentare la domanda entro il termine – espressamente qualificato come perentorio – di tre anni a decorrere dal momento in cui l'avente diritto abbia avuto conoscenza del danno. Occorre inoltre ricordare che a tal fine non può attribuirsi rilievo al mero dato dell'epoca della diagnosi, ma occorre far riferimento al momento in cui il soggetto acquista consapevolezza che la patologia sia derivata da una precedente trasfusione avvenuta in ambito sanitario pubblico (v. Cass. 21649/14, in motivazione).
La giurisprudenza di legittimità ha infatti precisato che il momento da cui decorre il termine di decadenza non è quello della insorgenza della malattia determinata dalla emotrasfusione, ma quello in cui la parte assume piena e sicura consapevolezza del nesso eziologico tra patologia e trasfusione (v. Cass. 1104/12 e, più di recente, Cass. sez. VIL ord. 19873/14, in motivazione, nonchè Cass. 25265/15).
In applicazione dei riferiti principi si deve dissentire dalla valutazione compiuta dalla Commissione Medica Ospedaliera che – come detto – ha ritenuto intempestiva la domanda. è chiaro infatti che nel 2007 il ricorrente ha avuto contezza dell'infezione cronica da HCV, ma non può dirsi certo che da questa stessa data egli abbia acquisito consapevolezza anche del nesso causale tra patologia ed emotrasfusione. Di questa correlazione, invero, egli può aver avuto sicura conoscenza a partire dalla data della visita medicolegale eseguita dal dr. D. S. (quindi dal marzo del 2012), ma non certo prima di tale momento, non essendovi agli atti documenti idonei a dimostrare il contrario. è quindi senz'altro da escludere che il ricorrente sia incorso nella decadenza stabilita dall'art. 3, comma 1, cit., dovendosi al contrario reputare che la domanda amministrativa sia stata presentata nel termine di tre anni stabilito dalla citata norma.
5. Quanto al nesso causale, si è già rilevato come la commissione competente abbia ritenuto possibile l'origine trasfusionale della patologia.
Questa conclusione è stata peraltro confermata dal c.t.u. nominato in questo giudizio, dr. R. M. B., il quale, attraverso un accurato esame del caso clinico sottoposto al suo vaglio, ha appurato che il ricorrente è “affetto da epatite cronica da virus epatitico C ad alto indice replicativo” e che egli presenta “infermità causalmente connessa con le trasfusioni alle quali si è sottoposto nel biennio 19871988 (12/12/1987, 13/12/1987, 14/12/1987, 15/12/1987, 21/12/1987, 24/12/1987, 25/12/1987, 26/12/1987, 29/12/1987, 30/12/1987, 02/01/1988, 07/01/1988, 08/01/1988, 13/01/1988, 18/01/1988, 20/01/1988, 21/01/1988, 26/01/1988, 30/01/1988, 02/02/1988, 03/02/1988, 07/03/1988, 09/03/1988, 12/03/1988, 13/03/1988, 15/03/1988, 17/03/1988, 23/03/1988, 24/03/1988, 27/03/1988, 31/08/1988, 05/09/1988)”.
Può dunque dirsi adeguatamente dimostrata la sussistenza del nesso eziologico fra le trasfusioni cui fu sottoposto il ricorrente nel 19871988 e la patologia epatica dalla quale è affetto.
6. Il consulente ha inoltre accertato che l'infermità in questione è ascrivibile alla 8a categoria della Tabella A di cui al D.P.R. n. 834 del 1981. Anche questa valutazione è in accordo con quella operata dalla Commissione Medica Ospedaliera, come risulta dal verbale dell'11.4.2013.
Il ricorrente ha pertanto diritto ad ottenere l'indennizzo ex lege n. 210 del 1992 nella misura prevista dalla legge in relazione alla suddetta categoria.
7. Non può invece trovare accoglimento la domanda diretta ad ottenere il riconoscimento dell'indennizzo una tantum per il periodo compreso tra il manifestarsi dell'evento danno e l'ammissione al beneficio (v. punto 5 delle conclusioni del ricorso).
Ed infatti, la previsione contenuta nell'art. 2, comma 2, della legge n. 210 del 1992, di un indennizzo aggiuntivo, per il periodo antecedente l'entrata in vigore della legge medesima, sotto forma di assegno una tantum, non è applicabile ai soggetti danneggiati da epatite posttrasfusionale o da infezione HIV. Il menzionato art. 2, difatti, limita espressamente tale beneficio ai soggetti di cui all'art. 1, comma 1, della legge stessa, e cioè a quanti abbiano subito una menomazione permanente alla salute a seguito di vaccinazione obbligatoria (così Cass. 8976/08, 23591/09 e 18983/10). Questa interpretazione, peraltro, è conforme al dettato costituzionale, come già ritenuto anche dalla Consulta in diversi arresti (Corte cost. nn. 226, 423, 522 del 2000).
8. Alla luce delle esposte considerazioni, in definitiva, il ricorso deve essere parzialmente accolto. Il Ministero della Salute deve dunque essere condannato alla erogazione in favore del ricorrente dell'indennizzo previsto dagli artt. 1, comma 3, e 2, commi 1 e 2 primo periodo, della legge n. 210/1992, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa (che va liquidata in misura pari ad € 41.994,36, in conformità alla non contestata quantificazione operata dalla parte attrice all'udienza del 22.9.2016), con rivalutazione e interessi legali sui ratei maturati successivamente al 120. giorno dalla data predetta, entro i limiti di cui all'art. 16, comma 6, della legge n. 412/1991.
Resa assorbita ogni altra questione.
9. Le spese seguono la soccombenza e vanno poste, pertanto, a carico del Ministero della salute.
La liquidazione, affidata al dispositivo che segue, è effettuata sulla scorta dei parametri di cui al d.m. 10 marzo 2014, n. 55, pubblicato in G.U. n. 77 del 242014, entrato in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione (come previsto dall'art. 29 dello stesso d.m.) e le cui disposizioni si applicano alle liquidazioni successive alla sua entrata in vigore (art. 28 d.m. cit.). Per la determinazione del compenso si tiene conto dei valori previsti dalle tabelle allegate al D.M. 55/14 in relazione alla tipologia di causa (procedimento in materia di previdenza), al valore della controversia ed alle fasi in cui si è articolata l'attività difensiva espletata nel presente giudizio (quindi con fase istruttoria). Deve tenersi conto dei valori medi previsti dal d.m. cit. con opportuna riduzione nella misura indicata in dispositivo, tenuto conto dei parametri generali ivi previsti e, in particolare, della non significativa complessità delle questioni giuridiche esaminate. Va inoltre liquidata una somma pari al 15% del compenso totale per la prestazione a titolo di rimborso spese forfetarie (art. 2 d.m. 55/14).
Deve essere disposta la distrazione in favore del difensore dichiaratosi anticipante.
Anche le spese di c.t.u. liquidate in corso di causa vanno poste definitivamente e per intero a carico del Ministero soccombente.
P.Q.M.
Il Tribunale di Bari, sezione lavoro, definitivamente pronunciando sul ricorso depositato in data 11.7.2014 nell'interesse di M. M. D. G., nato il (omissis...). (proc. n. 9440/2014 RG), ogni contraria domanda, eccezione e difesa respinte, così provvede:
accoglie parzialmente il ricorso e, per l'effetto, accertata la sussistenza del nesso eziologico tra la patologia epatica da cui è affetto il ricorrente (inquadrabile nella 8a categoria della tabella A allegata al D.P.R. 834/1981) e le trasfusioni cui egli è stato sottoposto, condanna il predetto Ministero a versare in favore del ricorrente l'indennizzo previsto dagli artt. 1 e 2 della legge n. 210 del 1992, con decorrenza dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda amministrativa, che liquida in € 41.994,36, con rivalutazione e interessi legali sui ratei maturati successivamente al 120. giorno dalla data predetta, entro i limiti di cui all'art. 16, comma 6, della legge n. 412/1991;
rigetta per il resto il ricorso;
condanna parte convenuta al pagamento delle spese processuali sostenute dal ricorrente, che liquida in complessivi € 4.000,00, oltre rimborso per spese forfetarie nella misura del 15% del compenso, i.v.a. e c.p.a. come per legge, con distrazione in favore dell'avv. G. D. L.;
pone definitivamente a carico del Ministero le spese di c.t.u. liquidate in corso di causa.
Così deciso in Bari, il 02/03/2017.