21.09.2004 free
CORTE di CASSAZIONE - (illecito disciplinare per pubblicità sanitaria e conseguente sanzione della sospensione dall'esercizio professionale; distribuzione al pubblico di materiale ; omissione dell'obbligo di vigilanza)
Massima:
In caso di pubblicità realizzata da terzi , al fine di affermare la responsabilità diretta e personale del sanitario, e' necessario che sia accertato il concorso o la cooperazione nella realizzazione della pubblicità stessa. Il profilo della cooperazione sub specie di omessa vigilanza, puo' essere affermato solo in presenza di un obbligo giuridico nascente dai rapporti tra professionista e ditta esterna, rendendosi sempre necessarie, opportune indagini in tal senso.( a cura di Dirittosanitario.Net )
SENTENZA 5 agosto 2004, n. 15011
Depositato in Cancelleria il 5 agosto 2004
Svolgimento del processo
Con delibera del 24.8.1995 l'Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri della Provincia di Novara ritenne il Dott. ...responsabile dell'illecito disciplinare di pubblicità sanitaria non autorizzata e non corretta, e gli inflisse la sanzione della sospensione dall'esercizio professionale per la durata di sei mesi.
In parziale riforma di tale decisione, impugnata dall'interessato, con la pronuncia, ora gravata, la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie ha ridotto ad un mese la durata della sospensione, motivando come segue: era provata l'esistenza e la distribuzione al pubblico, negli stand espositivi della fiera di Legnano, di materiale di pubblicità sanitaria in violazione della legge n. 175/92 e del codice deontologico, ed era altresì provata, per ammissione dell'incolpato, la sua collaborazione con le due ditte che avevano realizzato la pubblicità; non era invece provata la diretta e personale responsabilità dello stesso nella realizzazione dell'illecito, talchè appariva eccessiva la durata della sanzione irrogatagli dall'organo disciplinare locale; il sanitario era tenuto a vigilare e controllare l'attività pubblicitaria delle imprese commerciali con le quali collaborava.
Per la Cassazione di tale decisione il ... ha proposto ricorso, affidato a tre motivi. Gli intimati non hanno svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
Con i tre motivi del ricorso - strettamente connessi e, pertanto, da esaminare congiuntamente - il ricorrente deduce, con riferimento all'art. 360 nn. 3 e 5 c.p.c., la violazione degli artt. 27 cost., 42 e 43 c.p., 3 legge n. 175/99, 53-57 regole deontologiche, 115 e 116 c.p.c., 3 legge n. 42 del 1999 e 14 preleggi, nonchè vizi di motivazione, ed afferma: la decisione impugnata, pur avendo affermato che non era provata la diretta e personale responsabilità di esso ricorrente nella realizzazione del fatto illecito, nondimeno, e contraddittoriamente ne ha confermato la responsabilità, pur riducendo la durata della sanzione; egli aveva ammesso di aver partecipato all'inaugurazione del Centro studi dimensione corpo di Cittiglio e di aver parlato, in tale occasione, di una possibile collaborazione, mai poi concretizzatasi, con le ditte pubblicitarie, senza, pertanto, ammettere la collaborazione con le stesse, ritenuta invece dalla decisione impugnata; egli non era pertanto tenuto a vigilare sulla condotta delle ditte predette.
Il ricorso è fondato.
Le decisioni della Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie sono impugnabili per cassazione - oltre che per motivi di giurisdizione ai sensi dell'art. 362 primo comma c.p.c. - altresì e solo per violazione di legge ai sensi del penultimo comma dell'art. 111 cost., talchè il vizio di motivazione è deducibile solo quando esso si traduca in violazione di legge, il che si verifica in caso di motivazione mancante o che presenti intriseci vizi logici (Cass. nn. 14479/00 e 1951/03).
Nella specie, la decisione impugnata ha incensurabilmente accertato che la pubblicità fu realizzata da terzi (le ditte), talchè in tanto essa avrebbe potuto confermare, come ha fatto, l'affermazione di responsabilità dell'incolpato, in quanto avesse accertato che egli aveva concorso o cooperato nella realizzazione della pubblicità.
Orbene, quanto al concorso, la motivazione è assolutamente contraddittoria, perchè essa da un lato ha affermato che non era provata la diretta e personale responsabilità del ricorrente, e dall'altro si è limitata a ridurre la durata della sanzione. Quanto, poi, al profilo della cooperazione sub specie di omessa vigilanza, questa poteva essere affermata sol se fosse stato accertato un obbligo giuridico nascente dai rapporti tra professionista e ditte, obbligo che la Commissione centrale ha fatto derivare dal rapporto di collaborazione professionale avviato con le imprese commerciali realizzatasi dell'attività pubblicitaria.
Sul punto, la motivazione è del tutto carente: nel ricorso alla predetta Commissione il ricorrente aveva infatti affermato di essere stato all'oscuro della pubblicità, precisando che essa aveva il fine di pubblicizzare i due centri ma non certamente i sanitari nominati, rilievi, questi, ai quali la Commissione centrale nulla ha opposto. Si impone, quindi la cassazione della decisione con rinvio alla stessa Commissione la quale riesaminerà il ricorso ad essa sottoposto attenendosi a quanto sopra osservato.
Ricorrono giusti motivi per compensare le spese del giudizio di Cassazione.
P.Q.M.
LA CORTE accoglie il ricorso, cassa la decisione impugnata, rinvia alla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie e compensa le spese del giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Corte, il 15 giugno 2004.