13.09.2004 free
CORTE di CASSAZIONE - Specialisti Ambulatoriali - Richiesta di risarcimento danni a seguito di infortunio in itinere; sui corretti criteri di liquidazione dell'indennizzo)
Massima:
§ - Dalla interpretazione diretta della disposizione ex art. 31 D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316, emerge che l'assicurazione contro gli infortuni -imposta alle Unità sanitarie locali in favore dei medici specialisti ambulatoriali convenzionati, (ai sensi dell'art. 48 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, cit.) che risiedono in comune diverso da quello di prestazione del servizio - copre anche i danni eventualmente subiti dagli specialisti in occasione dell'accesso dalla e per la sede dell'ambulatorio.(a cura di Dirittosanitario.net)
SENTENZA n. 9034 del 12-05-2004
Depositato in Cancelleria il 12 maggio 2004.
Svolgimento del processo
Con la sentenza ora denunciata, la Corte d'appello di Salerno - in totale riforma, per quel che ancora interessa, della sentenza del Pretore di Sala Consilina in data 23 marzo 1999 - accoglieva la domanda proposta, contro la gestione liquidatoria dell'Unità sanitaria locale n. 57 di Polla, da ... - medico specialista ambulatoriale convenzionato (ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833), residente in comune diverso da quello di prestazione del servizio - per ottenere il risarcimento del danno subito - a seguito dell'infortunio occorsogli, durante il percorso in motocicletta tra la sede dell'ambulatorio e la propria abitazione, in dipendenza della carenza di copertura assicurativa contro gli infortuni (imposta dall'art. 31 del D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316) - e liquidava il danno, che ancora interessa, per i postumi permanenti del 5-6 per cento (accertati dalla incontestata consulenza tecnica, svolta in primo grado) - sulla base della tabella per l'indennizzo del danno biologico (allegata a decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 luglio 2000) - essenzialmente in base al rilievo che non era stata contestata la sussistenza della "occasione dell'attività professionale" e, comunque, risultavano "testimoniati dalla documentazione in atti", tra l'altro, sia il rapporto convenzionale tra le parti, sia la circostanza che il dedotto infortunio si era verificato durante il percorso in motocicletta tra la sede dell'ambulatorio e l'abitazione del medico, mentre gli esiti permanenti (come quelli temporanei) dello stesso infortunio erano stati accertati, appunto, dalla consulenza tecnica.
Avverso la sentenza d'appello, .. propone ricorso per Cassazione, affidato a due motivi, L'intimata gestione liquidatoria dell'Unità sanitaria locale n. 57 di Polla resiste con controricorso e propone, contestualmente, ricorso incidentale, affidato ad un motivo.
Motivi della decisione
1. Preliminarmente va disposta la riunione dei ricorso incidentale a quello principale, in quanto proposti separatamente contro la stessa sentenza ( art. 335 c.p.c.). 2. Con il primo motivo del ricorso principale - denunciando vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 5,) - ... censura la sentenza impugnata per avere, bensì, correttamente condannato controparte al risarcimento del danno - in dipendenza dell'inadempimento dell'obbligazione di assicurarlo contro i danni da infortunio (imposta alle Unità sanitarie locali, dall'art. 31 D.P.R. n. 316 del 1990) - ma di avere liquidato erroneamente il danno medesimo, tuttavia, all'uopo utilizzando gli indici per l'indennizzo del danno biologico (riportati nella tabella, allegata a decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 luglio 2000), sebbene gli indici stessi andassero utilizzati soltanto nell'ipotesi, affatto diversa, di responsabilità per l'infortunio.
Con il secondo motivo - denunciando (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3) violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( art. 1223 c.c., in relazione all'art. 31 D.P.R. n. 316 del 1990) - il ricorrente principale censura la sentenza impugnata per non avere liquidato il danno - da lui subito in dipendenza dell'inadempimento di controparte all'obbligazione di assicurarlo contro gli infortuni - commisurandolo al massimale per invalidità permanente totale (pari ad un miliardo di lire) - stabilito contestualmente (dallo stesso art. 31 D.P.R. n. 316 del 1990) - in proporzione della percentuale (accertata, nella specie, dal c.t.u. in misura pari al 5-6 per cento) della propria invalidità permanente parziale, conseguente all'infortunio. Con l'unico motivo del ricorso incidentale - denunciando violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( art. 2697 c.c.) nonché vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 3 e 5) - la gestione liquidatoria dell'Unità sanitaria locale n. 57 di Polla censura la sentenza impugnata per avere, immotivatamente, affermato la propria responsabilità - per asserito inadempimento dell'obbligazione di assicurare il medico specialista ambulatoriale convenzionato (ed attuale ricorrente principale) contro i danni da infortunio (imposta dall'art. 31 D.P.R. n. 316 del 1990, cit.) - sebbene controparte non avesse assolto l'onere di provare che il danno subito sia dipendente dal dedotto rapporto di lavoro con l'unità sanitaria locale in liquidazione o sia ad essa "imputabile (...) per dolo o colpa".
Il ricorso principale è fondato. Infondato è, invece, il ricorso incidentale. 3.1. Infatti la disposizione invocata (articolo 31, D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316, c/o collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici specialisti ambulatoriali, ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833) - nella parte che qui interessa - sancisce testualmente:
"1. L'USL, d'intesa con i sindacati firmatari, provvede ad assicurare gli specialisti, comunque operanti negli ambulatori in diretta gestione, (...) contro gli infortuni subiti a causa e in occasione dell'attività professionale ai sensi del presente accordo, ivi compresi i danni eventualmente subiti dagli specialisti in occasione dell'accesso dalla e per la sede dell'ambulatorio sempreché il servizio sia prestato in comune diverso da quello di residenza, (...).
2. Le polizze sono stipulate per i seguenti massimali: (...) b) per gli infortuni: - Lire un miliardo per morte e invalidità permanente; - Lire centocinquantamila giornaliere per un massimo di trecento giorni per invalidità temporanea (...).".
3.2. Ora gli accordi nazionali per la disciplina dei rapporti con i medici convenzionati (ai sensi 48 della legge 23 dicembre 1973, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale) non costituiscono fonte negoziale diretta di disciplina dei rapporti convenzionali considerati, in quanto di per sé inidonei ad inserirsi nell'ordinamento con propria forza cogente, ma rappresentano - secondo la giurisprudenza (ora) consolidata di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 12595-93, 159/98 delle sezioni unite, 10980/2002, 8066, 1918/98, 5952/97, 6371/96, 2066/96, 8742, 6824, 4746, 3628/95, 6800/94; in senso contrario, pare, tuttavia, l'isolata sent. n. 4941/2003) - soltanto la fase consensuale di un complesso procedimento di produzione normativa, che si conclude con l'intervento pubblico - nella forma del decreto presidenziale - che ha contenuto ed efficacia giuridica di fonte di normazione secondaria.
Coerentemente, ne può essere denunciata, in sede di legittimità, la violazione e falsa applicazione (ai sensi dall'art. 360 c.p.c., n. 3) - secondo la stessa giurisprudenza - e questa Corte può sottoporle ad interpretazione diretta (in base ai criteri previsti dall'art. 12 delle preleggi). 3.3. All'esito dell'interpretazione diretta della disposizione in esame (art. 31 D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316, appunto), ne risulta stabilito, infatti, che l'assicurazione contro gli infortuni -imposta alle Unità sanitarie locali in favore dei medici specialisti ambulatoriali convenzionati (ai sensi dell'art. 48 della Legge 23 dicembre 1978, n. 833, cit.) che risiedano, come nella specie, in comune diverso da quello di prestazione del servizio - copre anche i danni eventualmente subiti dagli specialisti in occasione dell'accesso dalla e per la sede dell'ambulatorio".
Quanto alla liquidazione del danno da infortunio, poi, il massimale - stabilito, contestualmente (dallo stesso art. 31 D.P.R.. 28 settembre 1990, n. 316), per l'invalidità permanente totale (in un miliardo di lire) - costituisce, altresì, la base per liquidare il danno da invalidità permanente parziale - parimenti derivante dall'infortunio - in misura proporzionale alla percentuale dell'invalidità (in tal senso, vedi Cass. n. 11736 del 1997; vedi, altresì, Cass., 14898/01, 8066/98, cit.). In altri termini: come, per l'invalidità permanente totale, compete l'intero massimale (nella specie, un miliardo di lire) - a prescindere dalla misura (in ipotesi superiore, come nella fattispecie esaminata da Cass. n. 11736/97, cit., oppure inferiore) del danno da infortunio effettivamente subito - così, per l'invalidità permanente parziale, compete una percentuale dello stesso massimale - corrispondente, appunto, alla percentuale dell'invalidità - parimenti a prescindere dalla misura del danno da infortunio effettivamente subito. All'indennizzo, così liquidato, per il danno da infortunio - che ai medico specialista ambulatoriale convenzionato sarebbe spettato, nel caso di adempimento dell'Unità sanitaria locale all'obbligazione di assicurarlo - deve essere, all'evidenza, commisurato il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento della stessa obbligatone.
Alla luce dei principi di diritto enunciati, la sentenza impugnata non merita le censure mosse con il ricorso incidentale - che precede nella trattazione, in quanto investe la questione pregiudiziale, attinente alla dedotta responsabilità della gestione liquidatoria dell'Unità sanitaria locale n. 57 di Polla, in dipendenza dell'inadempimento incontroverso dell'obbligazione di assicurare l'attuale ricorrente principale contro i danni da infortunio (imposta, appunto, dall'art. 31 del D.P.R. 28 settembre 1990, n. 316, cit.) - mentre pare fondato, invece, il ricorso principale, che investe la liquidazione del danno - subito dal ricorrente principale, in dipendenza dello stesso inadempimento - in quanto prescinde, affatto, dal massimale per l'invalidità permanente totale (di un miliardo di lire).
3.4. Come è stato ricordato in narrativa, infatti, la sentenza impugnata ha accertato che non era stata contestata la sussistenza della "occasione dell'attività professionale" e, comunque, risultavano "testimoniati dalla documentazione in atti", tra l'altro, sia il rapporto convenzionale tra le parti, sia la circostanza che il dedotto infortunio si era verificato durante il percorso in motocicletta tra la sede dell'ambulatorio e l'abitazione del medico, mentre gli esiti permanenti (come quelli temporanei) dello stesso infortunio erano stati accertati dalla consulenza tecnica. Né l'accertamento di fatto prospettato risulta censurato, dalla ricorrente incidentale, sotto l'unico profili - deducibile in sede di legittimità - del vizio di motivazione ( art. 360 c.p.c., n. 5).
Infatti la denuncia di un vizio di motivazione, nella sentenza impugnata con ricorso per Cassazione (ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 5), non conferisce al giudice di legittimità il potere di riesaminare autonomamente il merito della intera vicenda processuale sottoposta al suo vaglio, bensì soltanto quello di controllare, sotto il profilo della correttezza giuridica e della coerenza logico - formale, le argomentazioni - svolte dal giudice del merito, al quale spetta in via esclusiva l'accertamento dei fatti, all'esito della insindacabile selezione e valutazione della fonti del proprio convincimento - con la conseguenza che il vizio di motivazione deve emergere - secondo l'orientamento (ora) consolidato della giurisprudenza di questa Corte (vedine, per tutte, le sentenze n. 13045/97 delle sezioni unite e n. 3161/2002, 4667/2001, 14858, 9716, 4916/2000, 8383/99 delle sezioni semplici) - dall'esame del ragionamento svolto dal giudice di merito, quale risulta dalla sentenza impugnata, e può ritenersi sussistente solo quando, in quel ragionamento, sia rinvenibile traccia evidente del mancato (o insufficiente) esame di punti decisivi della controversia, prospettati dalle parti o rilevabili d'ufficio, ovvero quando esista insanabile contrasto tra le argomentazioni complessivamente adottate, tale da non consentire l'identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione, mentre non rileva la mera divergenza tra valore e significato, attribuiti dallo stesso giudice di merito agli elementi da lui vagliati, ed il valore e significato diversi che, agli stessi elementi, siano attribuiti dal ricorrente ed, in genere, dalle parti.
In altri termini, il controllo di logicità del giudizio di fatto - consentito al giudice di legittimità ( dall'art. 360 c.p.c., n. 5) - non equivale alla revisione del "ragionamento decisorio", ossia dell'opzione che ha condotto il giudice del merito ad una determinata soluzione della questione esaminata: invero una revisione siffatta si risolverebbe, sostanzialmente, in una nuova formulazione del giudizio di fatto, riservato al giudice del merito, e risulterebbe affatto estranea alla funzione assegnata dall'ordinamento al giudice di legittimità. Lungi dal denunciare un vizio siffatto, la ricorrente incidentale, tuttavia, si limita a prospettare - all'evidenza, inammissibilmente - una ricostruzione alternativa o, comunque, diversa dei medesimi fatti. Tanto basta per rigettare il ricorso incidentale.
Merita accoglimento, invece, il ricorso principale, che denuncia - fondatamente, per quanto si è detto - la liquidazione del danno subito dal medico specialista ambulatoriale convenzionato (ed attuale ricorrente principale) - in dipendenza dell'inadempimento di controparte all'obbligazione di assicurarlo contro il dedotto infortunio - a prescindere dal previsto massimale per l'invalidità permanente totale, anziché assumere lo stesso massimale quale base per liquidare il danno da invalidità permanente parziale - parimenti derivante dall'infortunio - in misura proporzionale alla percentuale dell'invalidità parziale (nella specie accertata, dall'incontestata consulenza tecnica, in misura pari al 5-6 per cento).
All'indennizzo, così liquidato, per il danno da infortunio - che allo stesso medico specialista ambulatoriale convenzionato sarebbe spettato, nel caso di adempimento dell'Unità sanitaria locale all'obbligazione di assicurarlo - andava, poi, commisurato - per quanto si è detto - il risarcimento del danno derivante dall'inadempimento della stessa obbligazione. La sentenza impugnata si discosta dal principio di diritto enunciato - in quanto liquida il danno, subito dal ricorrente principale in dipendenza del dedotto inadempimento di controparte, utilizzando gli indici per l'indennizzo del danno biologico (riportati nella tabella, allegata a decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale 12 luglio 2000) - e merita, quindi, le censure che le vengono mosse con il ricorso principale.
4. Previa riunione, quindi, deve essere accolto il ricorso principale e rigettato il ricorso incidentale. Per l'effetto la sentenza impugnata va cassata, in relazione al ricorso accolto, con rinvio ad altro giudice d'appello, designato in dispositivo, perché proceda al riesame della controversia uniformandosi al principio di diritto enunciato - e provveda, contestualmente, al regolamento delle spese di questo giudizio di Cassazione ( art. 385 c.p.c. , 3 comma).
P.Q.M.
La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale; Cassa la sentenza impugnata, in relazione al ricorso accolto, con rinvio alla Corte d'appello di Potenza, anche per il regolamento delle spese di questo giudizio di Cassazione.
Così deciso in Roma, il 17 dicembre 2003.