18.06.03 free
TAR PUGLIA - (sul ruolo attribuito, nella Regione Puglia, ai medici di medicina generale convenzionati, di mandatari del Servizio Sanitario Regionale, con il compito di fungere da soggetti regolatori della domanda di assistenza)
Sentenza 2395 del 11.06.03
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione Prima
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sui ricorsi nn. 2526/1999 e 55/2002 del R.G .proposti dalla Confederazione Unitaria Medici Italiani (CUMI) di Puglia, in persona del Segretario Regionale dr. Ludovico Abbaticchio, anche in qualità di medico generico convenzionato, rappresentati e difesi dall’Avv. Pierluigi Balducci, presso il quale sono elettivamente domiciliati in Bari, alla Via Nicolai n. 43;
CONTRO
Regione Puglia, in persona del Presidente pro tempore, che è rappresentata e difesa nel ricorso n. 2526/99 R.G. dagli Avv.ti Aldo Loiodice ed Antonio Lupo, ed elettivamente domiciliata in Bari, presso lo studio del primo, alla Via Nicolai n. 29, mentre è rappresentata e difesa dall’Avv. Alessandro Sisto nel ricorso n. 55/02 R.G., presso il quale è elettivamente domiciliata in Bari, al Corso Vittorio Emanuele n. 124;
per l’annullamento
- quanto al ricorso n. 2526/99 R.G., della deliberazione di G.R. n. 1003 del 15/7/99, recante indirizzi economici e funzionali del S.S.R. per l’anno 1999, per quanto di interesse, nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente;
- quanto al ricorso n. 55/02 R.G., della deliberazione di G.R. n. 1392 del 5/10/01, recante indirizzi economici e funzionali del S.S.R. per l’anno 1999 ed obiettivi per la programmazione triennale 2001 – 2003, per quanto di interesse, nonché di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente;
Visti i ricorsi con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio della Regione Puglia;
Vista la memoria prodotta dall’Amministrazione resistente nel ricorso n. 55/02 R.G. a sostegno delle proprie difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, alla pubblica udienza del 2.4.2003, il Primo Ref. Stefano Fantini;
Udito l’Avv. Balducci per i ricorrenti e l’Avv. Lagrotta, in sostituzione dell’Avv. Loiodice, per l’Amministrazione resistente.
Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.
F A T T O
Con atto (n. 2526/99 R.G.) notificato in data 29/10/99 e depositato il successivo 15/1l i ricorrenti impugnano la deliberazione di G.R. n. 1003 del 15/7/99, nella parte in cui, nel delineare le metodologie di “Pianificazione e Concertazione sugli obbiettivi 1999 del S.S.R.”, attribuisce ai medici di medicina generale convenzionati il ruolo di mandatari del Servizio Sanitario Regionale, con il compito di fungere da soggetti regolatori della domanda di assistenza “anche ai fini della significativa riduzione dei livelli di spesa per l’assistenza farmaceutica”, e, più in generale, di un “oculato impiego delle risorse”.
Deducono a fondamento del ricorso il seguente complesso motivo di diritto : violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.lgs. 30/12/1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni. Violazione e falsa applicazione degli artt. 31, 69, 70 e 72 del D.P.R. 22/7/1996, n. 486. Eccesso di potere per arbitrarietà.
L’art. 8, lett. d), del D.lgs. n. 502/92, nell’attuale configurazione, ridisegna il rapporto tra medici in regime di convenzionamento e Servizio sanitario, ancorando, almeno in parte, la misura del compenso per i medici al raggiungimento di obiettivi prefissati dalla programmazione nazionale. Quale misura compensatoria della diversa articolazione del compenso, la successiva lett. f) prevede la partecipazione dei medici alla definizione degli obiettivi e dei programmi di attività del distretto di appartenenza ed alla verifica del loro raggiungimento.
Tali disposizioni non giustificano peraltro l’attribuzione al medico convenzionato del ruolo di mandatario del Servizio Sanitario regionale e nazionale. Tale configurazione implicherebbe infatti una corresponsabilità giuridico – patrimoniale del libero professionista per l’ipotesi di sforamento del tetto sanitario di spesa, che la legge, di contro, non gli attribuisce.
In definitiva, il medico di base deve garantire la salute dei suoi pazienti secondo la propria scienza e coscienza; certamente non può sottoporre le scelte mediche al condizionamento che verrebbe dall’essere, in qualità di mandatario, tenuto a realizzare le direttive del S.S.R., anche in termini di spesa.
Anche gli artt. 31, 69, 70 e 72 del D.P.R. 22/7/1996, n. 486, attuativo delle norme di cui al citato art. 8 del D.lgs n. 502/92, non impegnano il medico convenzionato quale mandatario dei Servizio Sanitario.
Si è costituita in giudizio la Regione Puglia chiedendo genericamente la reiezione del ricorso.
Con successivo ricorso (n. 55/02 R.G.), notificato in data 21/12/01 e depositato il successivo 11/1/02, i deducenti impugnano la deliberazione di G.R. n. 1392 del 5/10/01, documento di indirizzo economico funzionale del S.S.R. per il 2001, in quanto ha previsto : la suddivisione del territorio regionale in distretti, assegnando a ciascuno un budget di spesa, in base al numero degli abitanti moltiplicato per fabbisogno sanitario individuale presunto; la remunerazione delle prestazioni sanitarie ed ospedaliere eccedenti il programma preventivo concordato nei limiti del tetto di remunerazione contrattualmente stabilito; il principio della normale non ripetibilità nell’anno solare, per lo stesso paziente, della prestazione in Day Hospital; la riduzione delle percentuali di inappropriatezza per i ricoveri; la ridefinizione e riqualificazione della funzione dei medici di base e dei pediatri di libera scelta “i quali … operano secondo le norme del codice civile regolanti la materia, in qualità di fiduciari”, ed il coinvolgimento di tali figure, alla stregua dei dirigenti pubblici, nei processi “di razionalizzazione nell’impiego delle risorse, ai fini del più efficace impiego delle stesse, nei limiti invalicabili delle disponibilità consentite”.
Deducono a sostegno del ricorso i seguenti motivi di diritto :
1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della Costituzione. Eccesso di potere per erronea considerazione e malgoverno dei presupposti. Difetto di istruttoria e incongruità della motivazione.
La deliberazione gravata, resa in conformità dell’Accordo Stato – Regioni dell’8/8/2001, il quale ha incrementato le risorse statali destinate alla Sanità e contestualmente responsabilizzato le Regioni in caso di eccedenza della spesa, richiama in premessa la giurisprudenza costituzionale, la quale, nel contemperamento tra le esigenze di bilancio e la tutela del diritto alla salute, stabilisce che la quantità ed il livello delle prestazioni sanitarie devono essere determinati previa valutazione delle priorità e compatibilità.
In realtà però la deliberazione gravata non ha evidenziato alcuna priorità, limitandosi ad affermare la necessità di una “contrazione strutturale dei costi”, ed operando un astratto riparto di risorse, senza la preventiva individuazione dei livelli di asssistenza sanitaria e delle qualità e quantità delle prestazioni erogabili.
2) Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della Costituzione. Eccesso di potere per illogicità.
Il vincolo del “tetto di remunerazione contrattuale” imposto per l’ipotesi di prestazioni sanitarie ed ospedaliere eccedenti “il programma preventivo concordato” pone serie preoccupazioni in ordine alla tutelabilità del diritto alla salute per chi chieda l’ausilio del S.S.N. dopo lo sfondamento di tale tetto e non garantisce i livelli assistenziali necessari.
Laddove si ritenga che tale indicazione tragga origine dall’applicazione degli artt. 20 e 21 della L.R. n. 28/00, se ne eccepisce l’incostituzionalità per violazione dell’art. 32 della Costituzione.
3) Violazione e falsa applicazione dell’art. 32 della Costituzione. Eccesso di potere per sviamento.
La deliberazione gravata è altresì illegittima nella parte in cui, per l’ipotesi di mancata riduzione delle percentuali di inappropriatezza, predispone un apparato sanzionatorio incentrato sul taglio dei fondi, piuttosto che sulla responsabilità contrattuale di dipendenti e dirigenti.
4) Violazione e falsa applicazione dell’art. 8 del D.lgs. 30/12/1992, n. 502 e successive modifiche ed integrazioni. Violazione e falsa applicazione degli artt. 31 e 32 del D.P.R. 28/7/2000, n. 270. Eccesso di potere per carenza dei presupposti. Difetto di motivazione. Eccesso di potere per sviamento. Incompetenza.
E’ impropria l’attribuzione ai medici di medicina generale delle funzioni di “fiduciari” del S.S.N., assimilati ai dirigenti pubblici.
Un siffatto ruolo non è contemplato né dagli artt. 31 e 32 del D.P.R. n. 270/00, i quali disciplinano i compiti sia dei medici di base con compensi a quota fissa, che di quelli a quota variabile di compensi, nè dall’art. 8 del D.lgs. n. 502/92.
Va sottolineato che quest’ultima norma non giustifica l’attribuzione al medico convenzionato del ruolo di “fiduciario – dirigente pubblico”, il quale comporterebbe una corresponsabilità giuridico – patrimoniale del libero professionista per l’ipotesi di sforamento del tetto sanitario di spesa, che la legge non gli attribuisce.
Sotto altro profilo va evidenziato come la figura del “fiduciario” è impropriamente richiamata nella delibera n. 1392/01 della G.R.; fiduciario è infatti colui al quale un altro soggetto, detto fiduciante, trasferisce il proprio diritto all scopo di utilizzarlo secondo le modalità convenute. Sembra dunque ben difficile poter considerare che le potestà amministrative in tema di salute pubblica possano configurarsi come diritti trasferibili ad un terzo, ossia al fiduciario. La figura negoziale in questione è dunque utilizzata per il raggiungimento di finalità sviate da parte della Regione, ed in particolare per qualificare i medici di base come dirigenti pubblici, con conseguente assoggettamento degli stessi al regime di responsabilità previsto per i dirigenti.
Si è costituita anche in questo giudizio l’Amministrazione regionale, eccependo l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e comunque la sua infondatezza nel merito.
All’udienza del 2/4/2003 le cause sono state trattenute in decisione.
D I R I T T O
1. - Per motivi di ordine processuale va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi nn. 2526/99 e 55/02 del R.G., a norma dell’art. 52 del R.D. 17/8/1907, n. 642 (Reg. proc. Cons. Stato), risultando gli stessi in rapporto di connessione sia oggettiva, che soggettiva.
2. - Principiando dall’esame del ricorso n. 2526/99 R.G., con cui viene impugnata la deliberazione di G.R. n. 1003/99, nella parte in cui attribuisce ai medici di medicina generale convenzionati il ruolo di mandatari del S.S.R., osserva il Collegio come, secondo quanto dedotto da parte ricorrente nell’istanza di prelievo, depositata in data 28/8/02, la delibera in questione risulta essere stata annullata in sede di ricorso straordinario al Capo dello Stato.
Tale situazione, caratterizzata da un ricorso rivolto all’annullamento di un atto già annullato, evidenzia di per sé, secondo il consolidato indirizzo giurisprudenziale, un’ipotesi di carenza di interesse (Cons. Stato, Sez. V, 16/3/1979, n. 145).
Ma v’è di più : anche a prescindere dal predetto annullamento in sede di riesame giustiziale, di cui non è stata fornita la prova, né sono stati indicati gli estremi del decreto presidenziale, si deve considerare che con la deliberazione n. 1832 del 27/12/99, di rideterminazione del F.S.R. per il 1999, e portante modificazioni ed integrazioni alla delibera, oggetto di gravame, n. 1003/99, la G.R. della Puglia ha espressamente precisato, quale linea guida ed indirizzo regionale in materia sanitaria, al punto 11 del paragrafo A, che “il medico di base non va ritenuto mandatario dell’Azienda U.S.L.”.
Come la Sezione ha già avuto modo di evidenziare in una similare fattispecie (T.A.R. Puglia, Bari, Sez. I, 7/6/2001, n. 2223), ciò comporta un significativo mutamento della situazione giuridica sottostante al contenzioso, che, se non determina proprio la cessazione della materia del contendere per la ragione formale che non è intervenuta un’espressa revoca, ovvero l’annullamento del provvedimento impugnato, evidenzia quanto meno la sopravvenuta carenza di interesse al ricorso, dovendosi interpretare la predetta previsione della delibera giuntale n. 1832/99 come “interpretazione autentica” dell’assetto organizzatorio della Sanità, con riferimento allo specifico ruolo del medico di base, con conseguente inidoneità della prima deliberazione a ledere la situazione soggettiva dei ricorrenti.
Va conseguentemente dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso n. 2526/99 del R.G.; il che esime il Collegio dall’esame dei profili di inammissibilità derivanti dalla mancata impugnazione della precedente delibera di G.R. n. 1800/98, cui si deve, secondo quanto è dato desumere dallo stesso atto gravato, la prima qualificazione dei medici di base e dei pediatri di libera scelta quali “mandatari”.
3. – Procedendo quindi all’esame del ricorso n. 55/2002 del R.G., si impone anzitutto di evidenziare come con le prime tre censure si deduca essenzialmente la violazione dell’art. 32 della Costituzione, che riconosce il diritto alla salute, qualificandolo come fondamentale diritto dell’individuo ed interesse della collettività, nel senso che vengono contestate le misure organizzatorie previste dalla delibera di G.R. n. 1392 del 5/10/01 al richiamato fine di razionalizzazione, contenimento e qualificazione della spesa sanitaria, assumendosene invece la valenza di mera contrazione dei costi che non garantisce le fondamentali esigenze (id est : livelli) assistenziali ; ciò si dice con precipuo riferimento all’imposizione del vincolo del “tetto di remunerazione contrattuale” per le prestazioni sanitarie, ed alle misure (sanzionatorie) di restrizione del finanziamento per l’ipotesi di mancata riduzione delle cc.dd. percentuali di inappropriatezza.
Ritiene il Collegio che tali motivi di ricorso siano inammissibili per la carenza della legittimazione attiva in capo ai ricorrenti C.U.M.I. e dr. Abbaticchio, il quale agisce in giudizio non solo nella veste di Segretario Regionale della Confederazione, ma anche in qualità di medico generico convenzionato.
Ed invero, anche a prescindere dalla verifica circa l’effettiva coincidenza degli interessi degli iscritti con quelli azionati dall’associazione di categoria, che consenta di escludere pure una sola potenziale conflittualità, ritiene il Collegio, in conformità del prevalente insegnamento giurisprudenziale, che le associazioni di categoria siano legittimate ad agire e resistere in giudizio per la tutela degli interssi collettivi degli associati (così, tra le tante, Cons. Stato, Sez. V, 29/1/1999, n. 69; Cons. Stato, Sez. V, 27/11/1981, n. 613).
Ora, nel caso di specie non è riconoscibile un interesse diretto della categoria professionale dei medici, organizzata in associazione sindacale, e tanto meno di un singolo medico generico convenzionato, in relazione ai primi tre motivi di gravame, che enucleano invece una dimensione maggiormente estesa, la quale, in linea teorica, potrebbe individuare pretese allo stato diffuso di cerchie più o meno ampie di cittadini – utenti.
Un conto è dunque la legittimazione procedimentale delle associazioni di categoria, in taluni casi riconosciuta dall’ordinamento, un conto è la legittimazione processuale, che presuppone una “partecipazione influente”, cioè del soggetto titolare di una situazione soggettiva qualificata almeno in termini di interesse legittimo, ed incisa dalla lesività del provvedimento finale.
E, del resto, senza indugiare sulla “natura bifronte” del diritto alla salute, è consolidata l’opinione che lo stesso si atteggi, nelle relazioni intersoggettive tra utenti ed Amministrazione, come “diritto finanziariamente condizionato” (significativa appare in tale senso la nota pronuncia 16/10/1990, n. 455 della Corte costituzionale, secondo cui il diritto a trattamenti sanitari, al pari di ogni diritto costituzionalmente riconosciuto a prestazioni positive, essendo basato su norme di carattere programmatico impositive di un determinato fine da raggiungere, è garantito ad ogni persona come un diritto costituzionale condizionato dall’attuazione che il legislatore ordinario ne dà attraverso il bilanciamento dell’interesse tutelato da quel diritto con gli altri interessi costituzionalmente protetti, tenuto conto dei limiti oggettivi che lo stesso legislatore incontra nella sua opera di attuazione in relazione alle risorse organizzative e finanziarie di cui dispone al momento).
4. – Differentemente da quanto ora osservato, esiste la legittimazione processuale dei ricorrenti in relazione alla quarta ed ultima censura, con cui si deduce l’illegittima attribuzione ai medici di medicina generale ed ai pediatri di libera scelta delle funzioni di “fiduciari” del servizio sanitario, e dunque, in definitiva, un’invalidità parziale della deliberazione gravata.
Senonchè la censura appare inammissibile per carenza di interesse attuale e concreto, in ragione della natura programmatica della previsione contestata.
Tale connotazione si evince con chiarezza già dall'ermeneusi letterale del provvedimento gravato, ove, nella parte che qui rileva, è stabilito (pag. 22) che “in questo quadro, anche ai fini di una coerente definizione dei contenuti degli Accordi Decentrati di cui ai D.P.R. 270/00, 271/00, 272/00 e dei livelli di responsabilità interessanti la Dirigenza sanitaria, richiamati i contenuti di cui alle D.G.R. 1800/98 e D.G.R. 1003/99, occorrerà procedere ad una attenta ridefinizione e riqualificazione concertata, prioritariamente, della funzione dei Medici di Base e dei Pediatri di libera scelta, i quali, giusti precedenti atti di indirizzo e coordinamento, operano secondo le norme del cod. civ. regolanti la materia, in qualità di fiduciari”.
Ove poi permanesse qualche residuo dubbio ermeneutico, ritiene il Collegio che la natura programmatica della statuizione provvedimentale in esame trovi conferma in sede di interpretazione logica.
Ed infatti, in assenza di disposizioni attuative, nessuna giuridica rilevanza può essere attribuita alla qualificazione dei medici di medicina generale come fiduciari, e neppure all’assimilazione con il rapporto dirigenziale del pubblico impiego, stante la profonda diversità, anche a livello concettuale, tra quest’ultimo e quello c.d. parasubordinato.
Anzi, lo stesso utilizzo dell’espressione “fiduciario” risulta impropria, in quanto evoca, secondo la tradizione romanistica, una fattispecie negoziale caratterizzata dal trasferimento di un diritto dal fiduciante al fiduciario, e dalla possibilità di abuso di quest’ultimo (il che si suole di consueto esprimere con la affermazione secondo cui nel contratto fiduciario la causa eccede lo scopo perseguito dalle parti).
Né appare utile la riconduzione della fiducia nell’ambito dell’interposizione reale (Cass., Sez. II, 29/5/1993, n. 6024), trattandosi di circostanza di per sé inidonea a descrivere il contenuto del rapporto tra Amministrazione sanitaria e medico di base.
Se, dunque, nessun contributo per la corretta enucleazione della figura del medico fiduciario viene dall’istituto civilistico del “pactum fiduciae”, nonostante il richiamo effettuato dalla delibera alle norme del codice civile, allo stesso modo non può trovare accoglimento un’accezione generica, descrittiva di un mero rapporto di carattere fiduciario.
E’ questo, infatti, un requisito caratterizzante fin dall’atto di nomina alcune tipologie di rapporto di lavoro, ma non è riscontrabile nell’incarico di medicina generale, che, già nella fase genetica, è contrassegnato da una procedura paraconcorsuale.
Si evince dunque da quanto premesso che risulta, allo stato, del tutto privo di contenuto precettivo il riferimento alla figura del medico fiduciario, e, conseguenzialmente, in parte qua, la delibera gravata, contenente il documento di indirizzo economico – funzionale del S.S.R. per il 2001 ed obiettivi funzionali per la programmazione triennale 2001 – 03, appare non immediatamente lesiva.
In altre parole, la delibera in esame, sotto il profilo ora oggetto di indagine, richiede un intervento applicativo, e di attuazione per dare contenuto concreto ad una scelta (di per sé legittima), che può intendersi volta alla corresponsabilizzazione del medico di base (il problema sta evidentemente nell’enucleazione di limiti sistemicamente compatibili con l’esercizio della professione medica), ed è dunque inidonea a ledere con immediatezza le posizioni di tale categoria professionale; di conseguenza, non è immediatamente impugnabile.
Ciò in conformità con un consolidato indirizzo giurisprudenziale alla stregua del quale i provvedimenti amministrativi, anche se aventi natura organizzatoria, possono essere impugnati in sede giurisdizionale soltanto da coloro i quali abbiano un interesse attuale all’impugnazione, e cioè da coloro che dall’emanazione del provvedimento abbiano concretamente sofferto una lesione di interessi, e non da coloro i quali possono astrattamente subire tale lesione da comportamenti successivi ed incerti, ricollegabili solo in via ipotetica agli atti amministrativi già posti in essere (così, ex multis, Cons. Stato, Sez. VI, 21/10/1996, n. 1373; Cons. Stato, Sez. V, 28/9/1979, n. 573).
5. – In conclusione, il ricorso n. 2526/99 R.G. va dichiarato improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse; il ricorso n. 55/02 R.G. va invece dichiarato inammissibile, in parte per difetto di legittimazione attiva, ed in parte per carenza di interesse.
Sussistono ad ogni modo giusti motivi per disporre tra le parti la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia - Sezione I, definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe, così decide : a) li riunisce; b) dichiara improcedibile per sopravvenuto difetto di interesse il ricorso n. 2526/99 R.G.; c) dichiara inammissibile, in parte per difetto di legittimazione attiva, ed in parte per carenza di interesse, il ricorso n. 55/02 R.G..
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 2.4.2003, con l’intervento dei Magistrati:
Gennaro Ferrari Presidente
Amedeo Urbano Componente
Stefano Fantini Componente, Est.