03.12.2015 free
Tribunale di Udine (La liquidazione del danno secondo i parametri della Legge Balduzzi non è retroattiva)
Nel caso di liquidazione del danno
non patrimoniale su base medico-legale, non è applicabile in via retroattiva la
norma introdotta dalla Legge Balduzzi, secondo la quale la liquidazione nel
caso di colpa medica va effettuata secondo i valori già previsti per il danno
da circolazione stradale, con riferimento alle tabelle indicate dal Codice
delle Assicurazioni, in alternativa a quelle elaborate dal Tribunale di Milano.
Il principio di irretroattività comporta
che la legge nuova non possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici
esauriti prima della sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed
ancora in vita, se in tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del
fatto passato o si venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle
conseguenze attuali e future di esso.
La norma del D.L. 158/2012 non
disciplina direttamente la fattispecie generatrice del diritto azionato, ma si limita
ad imporre un determinato parametro speciale di liquidazione dei danni non
patrimoniali risarcibili.
Nel caso in esame, tutte le
conseguenze dannose del fatto generatore del diritto al risarcimento si sono
prodotte, e sono terminate, prima dell’entrata in vigore del decreto, per cui si
tratta di un rapporto giuridico esaurito, proprio per la mancanza di danno
biologico permanente, essendo la guarigione intervenuta ben prima della
proposizione della causa.
[Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]
Tribunale di Udine - Sezione I Civile, Sentenza
n. 1429/2015 del 03/11/2015
Repubblica
Italiana
Tribunale
di Udine
Il
dott. Sergio Carnimeo, in funzione di Giudice Unico della Prima Sezione Civile
del Tribunale di Udine,
IN
NOME DEL POPOLO ITALIANO
ha
emesso la seguente
SENTENZA
nella
causa civile sopraindicata, avente ad oggetto: “resp. professionale”, tra:
X.
Y., nata a Udine il OMISSIS, rappresentata e difesa, per procura a margine
dell’atto di citazione dall’ Avv. P.. del Foro di Udine;
attrice
contro
K.
J., rappresentato e difeso, per mandato in calce all’atto di citzione
notificato, dall’Avv. M.L., e domiciliato presso e nello studio del difensore
in Udine, via OMISSI
convenuto
e
contro
Casa
di Cura Città di Udine s.p.a., con sede in Udine, viale OMISSIS, in persona del
legale rappresentante pro tempore, dott. OMISSIS OMISSIS, rappresentata e
difesa, per mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta,
dall’Avv. Prof. M.M., con domicilio eletto presso lo studio del difensore in
Udine, via OMISSIS;
convenuta
CONCLUSIONI
Per
parte attrice:
all’udienza
del 15.6.2015: come in atto di citazione di data 29.5.2012, e pertanto:
condannarsi la Casa di Cura Città di Udine s.p.a., in persona del legale
rappresentante pro tempore, ed il dott. K. J., in solido tra loro, a pagare
all’attrice, a titolo di risarcimento dei danni patrimoniali e non
patrimoniali, l’importo di Euuro 41.327,44 ovvero il diverso importo, maggiore
o minore, che risulterà in corso di causa, con gli interessi legali e la
rivalutazione montearia ISTAT dal 23.10.20207 al saldo.
Spese,
diritti e onorari di causa rifusi.
In
via istruttoria: omissis.
Per
il convenuta dott. J.:
all’udienza
del 15 giugno 2015: respingersi al domanda attorea così come formulata in
quanto infondata ovvero contenerne il quantum entro i rigorosi limiti di quanto
emerso nella fase istruttoria.
Spese
ed onorari di causa rifusi o quantomeno compensati. In via istruttoria si
insiste per il richiamo a chiarimenti del CTU medico legale come già richiesto
all’udienza del 19.1.2015.
Per
la convenuta Casa di Cura Città di Udine:
all’udienza
del 15 giugno 2015: come in comparsa di costituzione e risposta di data
20.10.2012, e pertanto:
nel
merito, in via principale: respingersi la domanda siccome infondata. Con
condanna dell’attrice alla rifusione integrale delle spese di lite a favore
della deducente Casa di Cura Città di Udine s.p.a.
in
via subordinata: ridursi la domanda secondo quanto risulterà equo e dovuto in
corso di causa. Spese in tutto o in parte compenasate.
FATTO
E RAGIONI DELLA DECISIONE
1.
Con atto di citazione in data 29.5.2012 la sig.ra X. Y. ha convenuto in
giudizio la Casa di Cura Città di Udine s.p.a. ed il dott. K. J. esponendo, in
sintesi:
- di
avere riportato, nell’ottobre del 2006, la rottura del legamento crociato
anteriore del ginocchio sinistro, mentre partecipava ad una partita di calcio;
- di
essere stata visitata, il 16.10.2006, dal dott. J. presso la convenuta Casa di
Cura;
- di
essersi sottoposta, aderendo alla proposta di cura del predetto dott J., a due
operazioni chirurgiche praticate dal medesimo dottore qui convenuto: la prima,
il 31.10.2006, per rimozione di residui del neolegamento crociato anteriore e
di vite femorale inserita in precedente intervento, oltre a meniscectomia
selettiva; il secondo, in data 22.10.2007, per la ricostruzione del LCA con
tendine da donatore;
- di
essere stata insufficientemente e inefficacemente informata sulla seconda
operazione e sui relativi rischi;
-
che dopo la seconda operazione insorgevano forti dolori al ginocchio sinistro,
nel punto in cui era stata inserita una vite femorale; che tale sintomo non si
risolveva nonostante ulteriori trattamenti;
-
che il dott. J. , nel gennaio 2008, riconosceva che il dolore era dovuto alla
vite femorale;
-
che ulteriori esami diagnostici rilevavano che la vite femorale sporgeva, di
circa 5 mm., sul condilo laterale del femore, e che a tale sporgenza si
accompagnava una grave infiammazione;
-
che il dott. J., a seguito di tali accertamenti, comunicava la necessità di un
intervento di correzione chirurgica;
- di
essere stata operata da altro chirurgo, in data 10.9.2008, presso l’Ospedale S.
Cuore – Don Calabria di Negrar (VR), per la riparazione del legamento, con
rimozione del mezzo di sintesi precedente e sostituzione con altra vite
riassorbibile;
-
che a tale operazione assisteva il dott. J. e riconosceva verbalmente il mal
posizionamento del legamento nel corso del precedente intervento.
Tanto
premesso, sulla scorta di perizia medico legale ante causam della dott.ssa H.,
l’attrice ha chiesto, a titolo contrattuale, il risarcimento dei danni,
patrimoniali (per spese mediche ed accessorie, anche per gestione della pratica
risarcitoria) e non patrimoniali, anche per non avere più potuto riprendere le
attività sportive in precedenza praticate (calcio a livello agonistico e sci),
subiti in conseguenza della colpa medica allegata in termini di errore
nell’esecuzione dell’operazione del 22.10.2007, e violazione dell’obbligo di
informazione.
2.
Si è costituito in giudizio il convenuto dott. J. resistendo in giudizio,
contestando l’esistenza di colpa medica e rimarcando , tra l’altro, di essere
intervenuto in sede di revisione di un precedente intervento – fallito - di
ricostruzione del legamento, con una prestazione non routinaria, ben eseguita.
Ha inoltre sottolineato l’elevata percentuale di totali o parziali insuccessi
delle operazioni di revisione , rispetto ale operazioni di ricostruzione
primaria del LCA, il fatto che persisteva dolore anche dopo l’operazione del
10.9.2008 ed ha aggiunto che la sporgenza della vite sarebbe, in misura minima,
prevista ed inevitabile. Ha contestato altresì il deficit informativo allegato
dall’attrice.
3.
Si è costituita la convenuta Casa di Cura Città di Udine spa resistendo in
giudizio e contestando, nell’an e nel quantum la domanda attorea.
4.
Dopo lo scambio di memorie ex art. 183 c.p.c. la causa è stata istruita con CTU
affidata al dott. Nico Zaramella ed al dott. Augusto Rovini, rispettivamente
all’udienza del 23 luglio 2013 e dell’11 settembre 2013.
5.
In data 16.12.2014, dopo alcune proroghe, i CTU hanno depositato la relazione
peritale, concludendo per il riconoscimento:
-
del danno biologico temporaneo (in misura di 3 giorni al 100%, 15 giorni al
75%, 30 giorni al 50% e 282 giorni al 25%), caratterizzato da un livello di
sofferenza medio per undici mesi, escludendo, per contro, un danno permanente;
-
della congruità di spese mediche sostenute in misura di €.2.171,34, non essendo
prevedibili spese future necessarie per cura o assistenza;
- di
elementi concreti da valutare in sede di personalizzazione del danno biologico
riconosciuto.
6.
All’udienza del 19.1.2015, la difesa del convenuto dott. J. chiedeva il
richiamo del CTU a chiarimenti, e le parti, per coltivare una possibile
soluzione transattiva, chiedevano un breve rinvio.
7.
All’udienza del 16.3.2015 le parti hanno dato atto del fallimento del dialogo
transattivo tra le parti. Le difese dei convenuti hanno riferito di avere
proposto offerta transattiva dell’importo di €.15.000,00, da dividere al 50%
tra loro. La difesa di parte attrice ha riferito di avere formulato
controproposta di €.25.000,00 oltre spese legali e di ctU. La difesa del
convenuto J. ha insistito per il richiamo a chiarimenti dei CTU, e la difesa di
parte attrice si è opposta a tale istanza ed ha chiesto fissarsi udienza di
precisazione delle conclusioni.
8.
All’udienza del 15.6.2015 le parti hanno concluso come sopra riportato ed il
giudice ha trattenuto la causa in decisione all’esito dei termini ex art. 190
c.p.c.
***
9.
La domanda attorea è parzialmente fondata e merita accoglimento nei termini
seguenti.
9.1.
Le parti, e prima di loro i rispettivi consulenti tecnici in sede di CTU, hanno
condiviso il fatto che, nel caso di specie, la signora Y., all’esito
dell’intervento eseguito il 10.9.2008, abbia conseguito una vera e propria
guarigione rispetto alle lesioni patite, e che il danno biologico in concreto
risarcibile sia perciò rappresentato dal “prolungamento dello stato di malattia
e convalescenza necessario alla ripetizione dell’intervento chirurgico
finalizzato all’ennesima ricostruzione del legamento crociato anteriore…” (cfr.
relazione CTU pag. 32).
9.2.
I CTU hanno riscontrato un concreto profilo di colpa medica in capo al
convenuto, nell’imperito avvitamento alla corticale femorale laterale, del
dispositivo applicato per la ricostruzione del LCA del ginocchio sinistro. Da
tale operazione sarebbe residuata la procidenza della vite, causa della
successiva sintomatologia dolorosa e rimediabile solamente con una rimozione
della vite e la nuova ricostruzione del legamento.
Il
fatto poi che l’intervento successivo a quello posto in essere dal dott. J.,
definibile quindi in termini di revisione della revisione – e comunque dello
stesso tipo -, abbia fatto conseguire all’attrice la piena guarigione, rende
non condivisibili le osservazioni del CTP di parte convenuta secondo le quali
la procidenza della vite potrebbe essere dovuta ad un compromesso tecnico per
rimediare a situazione anatomica creata dal precedente intervento del 2004. A
parte il fatto che non si parla di compromesso necessario, non può non
ritenersi, per quanto rilevato e confermato dai ctu, che la medesima guarigione
si sarebbe potuta ottenere, con una condotta perita da parte del chirurgo, già
un anno prima.
9.3.
Anche con riguardo alla stima e quantificazione medico legale dei danni da
inabilità temporanea non emergono specifiche e convincenti contestazioni tra le
parti e le conclusioni dei consulenti d’ufficio appaiono pienamente
condivisibili.
Non
è stato dato sfogo all’istanza di richiamo dei CTU formulata dalla difesa del
dott. J. all’udienza del 19.1.2015, in quanto, in primo luogo, la
prospettazione di una tecnica alternativa di intervento (la sola recisione
della porzione procidente della vite) non risulta tempestivamente allegata
quale eccezione, anche sotto il profilo della rilevanza, né risulta
rappresentata nella sede tecnica propria, e cioè durante le operazioni di
consulenza tecnica.
In
secondo luogo deve ritenersi che la durata del periodo di inabilità risarcibile
sia quella indivduata dai CTU, posto che l’attrice ha subito un complessivo
periodo di invalidità temporanea che va dal 22.10.2007 (intervento con colpa
medica) all’effettiva e completa guarigione successiva solo all’intervento del
10.9.2008. Al netto del “fisiologico” periodo di convalescenza dopo un
intervento effettuato in modo perito e con successo – nel nostro caso
l’intervento del settembre 2008-, aumentato per la considerazione che si è
trattato di un intervento di ulteriore revisione, rimane, pertanto, il periodo
di inabilità temporanea stimato dai CTU.
9.4.
Non è riconoscibile, a fronte dell’intervenuta guarigione, alcun danno in
termini di invalidità permanente, ed appare alla stregua di una petizione di
principio affermare, come fa il CTP di parte attrice, che due interventi
divenuti inutili (in pratica la seconda ricostruzione del legamento) non
possono non avere lasciato un qualche maggior danno. Gli elementi concreti
segnalati anche dai ctu, quali il prolungarsi delle sofferenze della paziente e
le relative conseguenze, sono circostanze che influiscono sulla misura del
danno temporaneo in termini di personalizzazione.
10.
Venendo alle questioni relative alla liquidazione del danno non patrimoniale su
base medico legale, le difese dei convenuti sostengono l’applicabilità della
norma introdotta dall’art.3 co.3 del D.L. n. 158 del 2012 (cd. legge Balduzzi),
che ha previsto che la liquidazione del danno da colpa medica debba effettuarsi
secondo i valori già previsti per il danno da circolazione stradale, e pertanto
con riferimento alle tabelle previste dall’art. 139 del Codice delle
Assicurazioni. Ciò in alternativa allo strumento di liquidazione equitativa
costituito dalle tabelle elaborate dal Tribunale di Milano.
Ritiene
questo giudice, pur consapevole dell’esistenza di un orientamento di segno
contrario, che la norma sopravvenuta non possa qui trovare applicazione, non
avendo efficacia retroattiva e sulla base delle seguenti considerazioni.
E’
noto, infatti, che il principio generale in tema di efficacia della legge nel
tempo è quello dell’irretroattività previsto dall’art.11 delle preleggi al
codice civile. Tale principio, pur se non assistito, al di fuori del settore
penale, da copertura costituzionale, costituisce principio generale dell’ordinamento,
strettamente correlato e funzionale al valore della certezza del diritto,
qualificabile, quest’ultimo in termini di vero e proprio fondamento dello stato
di diritto.
Costituisce
poi consolidato principio giurisprudenziale, qui condiviso, quello secondo il
quale:
“Il
principio dell’irretroattività della legge comporta che la legge nuova non
possa essere applicata, oltre che ai rapporti giuridici esauriti prima della
sua entrata in vigore, a quelli sorti anteriormente ed ancora in vita, se in
tal modo si disconoscano gli effetti già verificatisi del fatto passato o si
venga a togliere efficacia, in tutto o in parte, alle conseguenze attuali e
future di esso.
Lo
stesso principio comporta, invece, che la legge nuova possa essere applicata ai
fatti, agli status e alle situazioni esistenti o sopravvenute alla data della
sua entrata in vigore, ancorché conseguenti ad un fatto passato, quando essi,
ai fini della disciplina disposta dalla nuova legge, debbano essere presi in
considerazione in sé stessi, prescindendosi completamente dal collegamento con
il fatto che li ha generati in modo che resti escluso che, attraverso tale
applicazione, sia modificata la disciplina giuridica del fatto generatore.
(Cass. SU Sentenza n. 2926 del 12/12/1967; e, ex multis, Cass. Sez.1, Sentenza
n.16620 del 03/07/2013, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 2126 del 31/01/2006).
La
norma introdotta dalla cd. Legge Balduzzi non disciplina direttamente la
fattispecie generatrice del diritto azionato, limitandosi ad imporre un
determinato parametro speciale di liquidazione dei danni non patrimoniali
risarcibili, in un ambito che, in precedenza, risultava disciplinato solamente
dalle norme, di carattere generale, degli artt. 2056, 1223 e 1226 c.c.
Ciò
detto in termini generali, deve ritenersi che, nel caso di specie, tutte le
conseguenze dannose del fatto generatore del diritto al risarcimento si siano
prodotte, e siano perciò terminate, prima dell’entrata in vigore della norma in
questione. Si tratta, in altri termini, di un rapporto giuridico esaurito,
proprio per la mancanza di danno biologico permanente, ed essendo la guarigione
intervenuta ben prima della proposizione della presente causa.
11.
Troveranno applicazione, pertanto, i parametri equitativi elaborati nell’ambito
delle cd. Tabelle del Tribunale di Milano, che assicurano, salvi i settori nei
quali vi è una speciale normazione, una tendenziale uniformità di valori a
livello nazionale (Cfr. Cass. n. 28290 del 2011 e Cass. n. 12408 del 2011).
Il
valore dell’inabilità temporanea assoluta, pro die, è da ritenersi compreso tra
un minimo di €.96,00 ed un massimo di €.145,00.
Nel
caso di specie, tenuto conto del valore medio di sofferenza delle lesioni
patite – condivisibilmente indicato dai CTU-, aumentato per la necessitata
rinuncia dell’attrice alla pratica di taluni sport (limitazione che comunque,
almeno in parte, si sarebbe resa doverosa anche in assenza di colpa medica), e
dal fatto di dover reintervenire sul medesimo organo, sarà adottato un valore
medio-alto pari ad €.130,00, ottenendosi così i seguenti risultati:
- 3
giorni al 100% = €.390,00; 288,00 – 435,00,
- 15
giorni al 75% = €. 1.462,50; 1.080,00 – 1.631,25,
- 30
giorni al 50% = €. 1.950,00; 1.440,00 – 2.175,00;
-
282 giorni al 25% = €.9.165,00; 6.768,00 – 10.222,50
per
un totale di €. 12.967,00, espressi in moneta corrente all’1.1.2014.
L’utilizzo
delle Tabelle milanesi, poi, con adeguata personalizzazione, rende non
necessario ipotizzare un ulteriore aumento per il cd. danno morale che, com’èe
noto, risulta già ricompreso nello strumento equitativo utilizzato (Cass. Sent.
n. 20111 del 2014).
12.
Passando ad esaminare altra posta di danno non patrimoniale allegata da parte
attrice, attinente a lesione del diritto ad essere informata e ad esprimere un
valido consenso, va rimarcato che l’informativa scritta documentata
(dichiarazione datata 22.10.2007 facente parte del doc.1 attoreo), resa durante
il ricovero, pare sufficientemente adeguata al tipo di intervento che si andava
a porre in essere.
Nel
caso di specie, poi, si tratta di soggetto che aveva già aderito, fin dal 16
ottobre del 2006, al programma di cura proposto dal dott. J., e si era già
sottoposta, il 31.10.2006, ad un primo intervento chirurgico di rimozione dei
residui del neolegamento e della vite femorale. L’attrice, invero, si è
limitata a lamentare l’insufficiente informativa con riguardo al solo secondo
intervento che, però, costituiva la seconda ed ulima tappa di un programma di
per sé non contestato e, deve ritenersi, già assentito.
A
ciò va aggiunto che l’attrice, come accertato dai CTU, era già stata sottoposta
ad analogo intervento chirurgico di ricostruzione del medesimo legamento il
13.2.2004, presso l’ospedale di San Vito al Tagliamento (cfr. relazione CTU
pag. 21), sicchè non può essere trattata, quanto al possesso di elementi
informativi utili a formulare valido consenso, alla stregua del soggetto che
affronti, per la prima volta, un particolare intervento.
Quanto
al fatto, infine, che l’attrice non venne informata, durante l’operazione, che
la vite metallica di congiunzione del femore, una volta constatato il concreto
stato dell’arto, venne fissata non medialmente, ma bensì al condilo femorale
laterale, trattandosi di particolare connotato da estremo tecnicismo, e dal
quale non è allegato sia derivata alcuna conseguenza negativa per l’attrice,
nulla è dovuto, dovendosi ritenere non superato il limite dell’apprezzabile
gravità previsto anche per il danno non patrimoniale (Cass. 11950 del 2013).
Né,
infine sul punto, può ritenersi risarcibile, in tale ambito, il danno da
lesione patito, in quanto non è allegato e provato in causa che la sig.ra Y.,
qualora correttamente informata dell’incidenza del rischio di complicanze,
avrebbe optato per non operarsi (cfr. Cass. Sez.3, Sentenza n.2847 del 09/02/20102,
Cass. Sent. 11950 del 2013).
13.
Passando alla valutazione del danno patrimoniale, saranno dovute, in assenza di
contestazione, le somme riconosciute congrue dai CTU per spese mediche, pari a
complessivi €.2.171,34.
Saranno
altresì dovute, quali spese ricollegabili all’esercizio del diritto
risarcitorio secondo un rapporto di regolarità causale, quelle sostenute per la
mediazione (€.48,00 – doc.49), alla quale non vi è stata partecipazione dei
soggetti convocati – odierni convenuti - (doc.21 e 22 attorei), quelle
affrontate per la gestione della pratica in sede stragiudiziale (€. 726,00 –
doc. 25), e non anche le spese per gli spostamenti automobilistici in mancanza
di prova assunta sul punto, non avendo parte attrice reiterato l’istanza di
prova del cap.40 né all’udienza del 16.3.2015, né in sede di precisazione delle
conclusioni.
14.
La somma di denaro liquidata, trattandosi di debito risarcitorio e quindi di
valore, è soggetta a rivalutazione ex indici istat sui prezzi al consumo, dalla
data dell’1.1.2014 – quanto al danno non patrimoniale essendo stata liquidata
in moneta corrente a tale data –, e dai singoli esborsi quanto al danno
patrimoniale, alla data della presente sentenza. Di seguito produrrà, quale
debito di valuta, interessi compensativi in misura legale fino al saldo.
15.
Su tutte le somme da pagare, poi, andrà riconosciuto un ulteriore importo a
titolo di danno da ritardo nel pagamento, da intendersi come componente
implicita della domanda risarcitoria (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 10825 del
11/05/2007; Sez. 3, Sentenza n. 844 del 16/01/2007), ed equivalente del mancato
godimento della somma dovuta, per tutto il tempo che intercorre fra il fatto e
la liquidazione (giur. consolidata a partire dalla nota sentenza della Corte di
Cassazione S.Udine n. 1712/95, secondo la quale vi è un “principio generale di
equità che impone di compensare con l'attribuzione degli interessi il
conseguimento, in ritardo rispetto al sorgere del credito, della disponibilità
di una somma di denaro; somma che arricchisce il patrimonio del debitore che
non paga subito, con correlativo lucro cessante di chi dovrebbe ottenerlo e non
ne ha la disponibilità”).
La
prova, in proposito, può essere data anche mediante presunzioni semplici e facendo
ricorso all'art.1226 c.c. (criteri equitativi) e, quindi, in questo ambito di
equo apprezzamento (art. 2056 c.c.) il lucro cessante può essere liquidato col
criterio degli interessi, tenendo presente, però, che gli stessi interessi non
potranno calcolarsi sulla intera somma rivalutata, ma dovranno – per evitare un
indebito arricchimento del creditore, per esempio, calcolarsi anno per anno sul
valore della somma via via rivalutata nell'arco del suddetto ritardo, oppure
sulla base di indici medi di rivalutazione.
Il
calcolo potrà essere utilmente operato, in ragione degli interessi legali,
sugli importi netti dovuti, previamente devalutati alla data del fatto dannoso
e, di seguito, come di anno in anno rivalutati, ex indici Istat sui prezzi al
consumo, fino alla data della presente sentenza.
16.
Dalla soccombenza dei convenuti dovrebbe discendere la condanna integrale degli
stessi alla rifusione delle spese di lite in favore dell’attrice, tuttavia,
poiché risulta in atti che, quantomeno ad immediato ridosso della fase
conclusionale, i convenuti avevano formulato un’offerta transattiva prossima,
sebbene inferiore in quanto non comprensiva di alcunchè a titolo di spese
legali e di spese di CTU e CTP, all’esito della causa, s’impone la
compensazione delle spese della fase decisionale, quantificate in misura di 1/4
rispetto al totale. La liquidazione sarà operata secondo i parametri di
riferimento e su valori medi.
17.
Le spese di CTU saranno a carico delle parti convenute in solido. Non può
essere riconosciuto l’importo allegato a titolo di spese per il CTP dott. W.
(esposto come pari ad €.3.050,00) in mancanza di idonea prova documentale,
avendo parte attrice prodotto, in allegato alla nota spese del 29.9.2015, una
mera lettera di sollecito datata 6.7.2015. La cifra indicata, peraltro, pare
eccessiva, soprattutto se parametrata al compenso riconosciuto ai CTU
(€.1.200,00 oltre IVA e accessori ciascuno), e, qualora documentata – anche con
riferimento ai parametri di calcolo – se ne valuterà una decurtazione percentuale.
P.Q.M.
il
Tribunale di Udine in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
nella causa iscritta al n. 2999/12, tra le parti sopraindicate, definitivamente
pronunciando, così statuisce:
accoglie
parzialmente la domanda attorea e, per l’effetto:
1.
condanna i convenuti dott. K. J. e Casa di Cura Città di Udine s.p.a., in
solido tra loro, a pagare alla sig.ra X. Y., a titolo risarcitorio, le seguenti
somme di denaro:
1.1.
€.12.967,00, a titolo di danni non patrimoniali, in moneta corrente
all’1.1.2014, oltre rivalutazione ex indici Istat sui prezzi al consumo da
detta data alla presente sentenza, oltre interessi legali sulla somma
rivalutata dalla sentenza al saldo effettivo;
1.2.
€.2.945,34, a titolo di danni patrimoniali, oltre rivalutazione ex indici Istat
sui prezzi al consumo dalle date dei pagamenti effettuati alla presente
sentenza, oltre interessi legali sulla somma complessiva rivalutata dalla
sentenza al saldo effettivo;
1.3.
a titolo di danno da ritardato pagamento, gli interessi legali sul debito
risarcitorio di cui ai punti 1.2 ed 1.3, previamente devalutato (quello di cui
al punto 1.2) al 22.10.2007, e come di anno in anno rivalutati ex indici Istat
sui prezzi al consumo, fino alla presente sentenza;
3.
compensa le spese di lite tra le parti in misura di 1/3 e condanna le parti
convenute , in solido tra loro, a rifondere all’attrice le spese di lite che,
nella residua quota di 2/3, liquida in €. 3.600,00 per compensi, oltre ad
€.450,00 per spese esenti, oltre al rimborso forfettario delle spese generali
pari al 15% dei compensi, oltre IVA e CPA come per legge;
4.
pone definitivamente le spese di CTU a carico delle parti convenute in solido
tra loro.
Così
deciso in Udine, 2 novembre 2015.
Il
Giudice
dott.
Sergio Carnimeo
_____________
1. Le conclusioni della dott.ssa Q,
quanto a danni risarcibili, sono state: danno permanente del 6% (descritto in
termini di “lassità anteriore, deficit flessorio, ipotonotrofia muscolare e
persistenti gonalgie” del ginocchio sinistro), e danno temporaneo per 3 giorni
al 100%, 30 giorni al 75%, 60 giorni al 50% e 9 mesi al 25% (doc.15 attoreo).
2. In tema di responsabilità
professionale del medico, in presenza di un atto terapeutico necessario e
correttamente eseguito in base alle regole dell'arte, dal quale siano tuttavia
derivate conseguenze dannose per la salute, ove tale intervento non sia stato
preceduto da un'adeguata informazione del paziente circa i possibili effetti
pregiudizievoli non imprevedibili, il medico può essere chiamato a risarcire il
danno alla salute solo se il paziente dimostri, anche tramite presunzioni, che,
ove compiutamente informato, egli avrebbe verosimilmente rifiutato
l'intervento, non potendo altrimenti ricondursi all'inadempimento dell'obbligo
di informazione alcuna rilevanza causale sul danno alla salute.