15.10.2015 free
La Regione non può legiferare in materia di donazione degli organi e tessuti. (sintetica ricostruzione della normativa statale vigente in materia di donazione di organi e tessuti post mortem)
SENTENZA N. 195
ANNO 2015
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori: Presidente: Alessandro CRISCUOLO; Giudici : Giuseppe FRIGO, Paolo GROSSI, Giorgio LATTANZI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Mario Rosario MORELLI, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO, Silvana SCIARRA, Daria de PRETIS, Nicolò ZANON,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 27 (Norme in tema di donazione degli organi e tessuti), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 15-18 dicembre 2014, depositato in cancelleria il 23 dicembre 2014 ed iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2014.
Udito nell’udienza pubblica del 22 settembre 2015 il Giudice relatore Marta Cartabia;
udito l’avvocato dello Stato Carla Colelli per il Presidente del Consiglio dei ministri.
Ritenuto in fatto
1.– Con ricorso notificato il 15-18 dicembre 2014 e depositato il successivo 23 dicembre (reg. ric. n. 91 del 2014), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 27 (Norme in tema di donazione degli organi e tessuti), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere i), g) ed l), e terzo comma, Cost.
1.1.– La legge impugnata riconosce ai cittadini maggiorenni la possibilità di esprimere la propria dichiarazione di volontà, in ordine alla donazione di organi post mortem, all’«Ufficio Anagrafe del proprio Comune di appartenenza, in sede di rilascio o di rinnovo del documento d’identità» e regola i relativi obblighi dell’amministrazione.
Quattro sono, ad avviso del ricorrente, i profili di dubbia legittimità costituzionale.
1.2.– La legge impugnata è reputata illegittima per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera i), Cost. in quanto, nell’attribuire all’ufficiale dell’anagrafe la competenza ad acquisire al momento del rilascio o del rinnovo del documento d’identità, tramite la predisposizione di un modulo, il consenso o il diniego del cittadino maggiorenne alla donazione di organi o tessuti post mortem, disciplina i compiti dell’ufficio anagrafe, interferendo così con una materia riservata dalla Costituzione alla potestà legislativa esclusiva dello Stato. Secondo il ricorrente, infatti, lo Stato ha già esercitato, in materia di consenso alla donazione degli organi, la sua potestà legislativa con l’approvazione dell’art. 3, comma 8-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 25, e dell’art. 43, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98. La prima disposizione citata dispone, infatti, che «La carta d’identità può altresì contenere l’indicazione del consenso ovvero del diniego della persona cui si riferisce a donare i propri organi in caso di morte»; la seconda – a integrazione della precedente – prevede che «I comuni trasmettono i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione degli organi al Sistema informativo trapianti», istituito dall’art. 7, comma 2, della legge 1° aprile 1999, n. 91 (Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti). La possibilità di manifestare la propria volontà o il proprio diniego alla donazione degli organi al momento del rilascio della carta d’identità sarebbe pertanto, secondo il ricorrente, già disciplinata a livello statale.
1.3.– Il secondo motivo di censura si appunta sulla violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., nella parte in cui attribuisce all’ufficiale dell’anagrafe l’obbligo di informare i cittadini maggiorenni, al momento del rilascio o del rinnovo del documento d’identità, della possibilità di effettuare una dichiarazione di volontà in merito al consenso o al diniego alla donazione di organi e tessuti post mortem. Un compito, quello descritto, ulteriore rispetto a quelli riconosciuti dalla legge statale all’ufficio anagrafe. La violazione del parametro costituzionale discenderebbe, secondo il ricorrente, dalla previsione nella legge regionale di adempimenti (fornire al cittadino maggiorenne il modulo da compilare al fine di rendere la dichiarazione di volontà; inserire le informazioni ottenute nella procedura informatizzata per l’emissione del documento d’identità; trasmettere la dichiarazione di volontà al Sistema informativo trapianti; vidimare, una volta ricevuta la risposta dal Sistema informativo trapianti, il modulo compilato dal cittadino maggiorenne, conservarne una copia presso gli uffici e rilasciarne copia al cittadino al momento del rilascio del documento d’identità) che non trovano riscontro o fondamento nella disciplina nazionale. Assenza che determina un’invasione da parte della legge regionale nella materia dell’«ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» di competenza esclusiva di quest’ultimo. A sostegno di tale argomentazione il ricorrente richiama la giurisprudenza costituzionale che, pur facendo salve forme di collaborazione e di coordinamento tra apparati statali, regionali e degli enti locali al fine di migliorare le condizioni di sicurezza dei cittadini e del territorio, precisa che tali forme «non possono essere disciplinate unilateralmente e autoritativamente dalle regioni» e «debbono trovare il loro fondamento o il loro presupposto in leggi statali che le prevedano o le consentano, o in accordi tra gli enti interessati» (sentenze n. 322 del 2006; n. 429 e n. 134 del 2004).
1.4.– La normativa impugnata determinerebbe altresì una violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Ad avviso del ricorrente, la materia oggetto della legge regionale e le stesse modalità di espressione del consenso o del diniego alla donazione d’organi e tessuti post mortem rientrano nella potestà legislativa esclusiva dello Stato in tema di «ordinamento civile». Ciò perché la donazione presuppone un atto di disposizione del proprio corpo da parte del donante. Le modalità di esercizio di tale disposizione sono disciplinate dalla legge n. 91 del 1999, in particolare dal suo art. 5, che rinvia all’emanazione di un decreto ministeriale (emanato dal Ministro della sanità in data 8 aprile 2000). Il decreto ministeriale, tra le altre disposizioni, riconosce nelle Aziende sanitarie locali i soggetti deputati alla procedura del cosiddetto silenzio-assenso e, in attesa della sua attuazione, nelle aziende unità sanitarie locali e nelle aziende ospedaliere i soggetti competenti a fornire gli appositi moduli, registrare i dati e trasmettere le dichiarazioni di volontà al centro nazionale trapianti. È pur vero che l’art. 2, comma 2-bis, del decreto ministeriale prevede che la ricezione e la trasmissione dei dati possano essere effettuate anche dai Comuni, ma pur sempre previa convenzione con le aziende unità sanitarie locali territorialmente competenti. Ciò al fine di stabilire modalità organizzative che garantiscano uniformità sul territorio nazionale nonché effettività e autenticità del consenso o del diniego. La legge regionale, dunque, secondo il ricorrente, prevedendo modalità organizzative diverse e ulteriori rispetto a quelle stabilite con legge statale, oltre a non garantire la predetta uniformità, viola il riferito parametro costituzionale.
1.5.– Il ricorrente lamenta, infine, la violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nella parte in cui non rispetta i principi fondamentali della materia posti dalla legislazione statale in materia di «tutela della salute». Richiamando la giurisprudenza costituzionale che qualifica il consenso informato «un principio fondamentale in materia di tutela della salute, la cui conformazione è rimessa alla legislazione statale» (sentenza n. 438 del 2008), il ricorrente ritiene che la donazione di organi e tessuti post mortem e la connessa dichiarazione di volontà, pur non riguardando un trattamento sanitario, inerisce alla materia della salute, per la cui tutela è prevista la competenza legislativa statale nella determinazione dei suoi principi fondamentali. La previsione, da parte della legge regionale impugnata, di modalità di prestazione del consenso, di ricezione e trasmissione dello stesso, nonché l’individuazione di soggetti a ciò preposti diversi da quanto stabilito a livello statale ne determina l’illegittimità costituzionale.
2.– La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
Considerato in diritto
1.– Con ricorso iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2014, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, ai sensi dell’art. 127 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 27 (Norme in tema di donazione degli organi e tessuti), per violazione dell’art. 117, secondo comma, lettere i), g) ed l), e terzo comma, Cost.
La disposizione impugnata attribuisce all’ufficiale dell’anagrafe la competenza ad acquisire, al momento del rilascio o del rinnovo del documento d’identità, tramite la predisposizione di un modulo, il consenso o il diniego del cittadino maggiorenne alla donazione di organi o tessuti post mortem. Secondo il ricorrente, tale previsione violerebbe la potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «anagrafi» (art. 117, secondo comma, lettera i) e di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato» (art. 117, secondo comma, lettera g), in quanto la possibilità di manifestare il consenso o il diniego alla donazione di organi e tessuti post mortem in occasione del rilascio o del rinnovo del documento d’identità – possibilità, peraltro, già prevista dal legislatore statale con l’art. 3, comma 8-bis, del decreto-legge 30 dicembre 2009, n. 194 (Proroga di termini previsti da disposizioni legislative), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 2010, n. 25, e con l’art. 43, comma 1, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69 (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 9 agosto 2013, n. 98 – concerne gli obblighi e compiti dell’ufficio anagrafe. Il ricorrente lamenta, altresì, la violazione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di «ordinamento civile» (art. 117, secondo comma, lettera l), in quanto la donazione di organi e tessuti post mortem rientra tra gli atti dispositivi del proprio corpo, e dei principi fondamentali in materia di «tutela della salute» (art. 117, terzo comma, Cost.), in quanto, pur non trattandosi di trattamento sanitario o di cura, al donante deve essere richiesta la prestazione del consenso informato.
La Regione Calabria non si è costituita in giudizio.
2.– In via preliminare, deve precisarsi che la richiesta di dichiarare l’illegittimità costituzionale della intera legge reg. Calabria n. 27 del 2014 non presenta vizi di inammissibilità. La legge impugnata, infatti, è composta di due soli articoli, il secondo dei quali dispone della entrata in vigore della normativa. Come questa Corte ha più volte ribadito, «è inammissibile l’impugnativa di una intera legge ove ciò comporti la genericità delle censure che non consenta la individuazione della questione oggetto dello scrutinio di costituzionalità, mentre ammissibili sono le impugnative contro intere leggi caratterizzate da normative omogenee e tutte coinvolte dalle censure» (sentenze n. 81 del 2015 e n. 201 del 2008). Nel caso di specie non si riscontra alcun vizio di genericità, dato che il contenuto della legge si esaurisce nel primo articolo e riguarda la prestazione o il diniego del consenso al trapianto di organi post mortem.
3.– Nel merito, la questione è fondata.
3.1.– Per una più agevole comprensione della questione portata all’esame della Corte, è opportuno premettere una sintetica ricostruzione della normativa statale vigente in materia di donazione di organi e tessuti post mortem.
Il legislatore ha introdotto (con legge 1° aprile 1999, n. 91, recante «Disposizioni in materia di prelievi e di trapianti di organi e di tessuti»), ai fini della dichiarazione di volontà in tema di donazione di organi e tessuti post mortem, la procedura della notificazione e del cosiddetto silenzio-assenso, che prevede la notificazione, a tutti i cittadini, della richiesta di manifestare la propria volontà, con il contestuale avviso che la mancata risposta sarà intesa come assenso. Per l’attuazione di tale procedura, la legge rinviava all’emanazione di un decreto del Ministro della sanità (poi effettivamente adottato in data 8 aprile 2000) la determinazione di termini, forme e modalità attraverso i quali le aziende unità sanitarie locali sono tenute a notificare ai propri assistiti, secondo le modalità stabilite dalla legge, la richiesta di dichiarare la propria libera volontà in ordine alla donazione di organi e di tessuti del proprio corpo successivamente alla morte, a scopo di trapianto (art. 5, lettera a). La disciplina del silenzio-assenso, tuttavia, è rimasta priva di attuazione.
Al fine di favorire la promozione della cultura della donazione degli organi, il legislatore statale ha poi introdotto – a fianco di quella appena descritta – una procedura semplificata, da svolgersi dinanzi all’ufficiale dell’anagrafe, al momento del rilascio o del rinnovo del documento d’identità (decreto del Ministro della salute dell’11 marzo 2008, recante «Integrazione del decreto 8 aprile 2000 sulla ricezione delle dichiarazioni di volontà dei cittadini circa la donazione di organi a scopo di trapianto»). La legislazione dello Stato prevede altresì la possibilità che la volontà di consenso o di diniego alla donazione risulti dal documento di identità (art. 3, comma 8-bis, del d.l. n. 194 del 2009, come convertito) e stabilisce l’obbligo per i Comuni di trasmettere i dati relativi al consenso o al diniego alla donazione al Sistema informativo trapianti (art. 43, comma 1, del d.l. n. 69 del 2013, come convertito).
La normativa statale prevede, dunque, oltre al silenzio-assenso, una nuova modalità di manifestazione e raccolta del consenso o del diniego alla donazione di organi e tessuti post mortem, attraverso una procedura uniforme sul territorio nazionale secondo la quale: il donante deve aver compiuto la maggiore età; il modulo di dichiarazione di consenso o diniego alla donazione di organi e tessuti post mortem deve essere predisposto dal Ministero della salute; tutti i dati raccolti devono essere registrati dall’ufficiale dell’anagrafe nel Sistema informativo trapianti (SIT), così da consentirne l’immediata consultazione ai Centri di coordinamento regionale dei trapianti; la dichiarazione di consenso o diniego può essere riportata sul documento d’identità solo su espressa richiesta del cittadino; la dichiarazione di volontà registrata nel SIT può essere modificata in ogni momento presso l’azienda unità sanitaria locale di competenza territoriale oppure, in sede di rinnovo del documento d’identità, presso l’ufficio anagrafe; il Centro nazionale trapianti, con i Centri regionali per i trapianti, cura la formazione degli ufficiali dell’anagrafe in merito alle funzioni loro spettanti in materia di donazione di organi.
3.2.– L’impugnata legge reg. Calabria, prevedendo la competenza dell’ufficiale dell’anagrafe a ricevere e trasmettere le dichiarazioni di volontà in tema di donazione di organi e tessuti post mortem, riproduce nella sostanza una disciplina già prevista a livello statale, invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di «anagrafi» (art. 117, secondo comma, lettera i, Cost.) e di «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» (art. 117, secondo comma, lettera g, Cost.).
Come questa Corte ha più volte ribadito, a prescindere dalla conformità o difformità della legge regionale alla legge statale, «la novazione della fonte con intrusione negli ambiti di competenza esclusiva statale costituisce causa di illegittimità della norma» regionale (ex plurimis, sentenze n. 35 del 2011 e n. 26 del 2005). La legge regionale che pur si limiti sostanzialmente a ripetere il contenuto della disciplina statale determina la violazione dei parametri invocati, derivando la sua illegittimità costituzionale non dal modo in cui ha disciplinato, ma dal fatto stesso di aver disciplinato una materia di competenza legislativa esclusiva dello Stato.
Né rileva il fatto che la procedura semplificata di manifestazione della volontà presso l’ufficio anagrafe permarrebbe nell’ordinamento giuridico in virtù della vigente normativa statale, anche a seguito della dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge regionale impugnata. Il giudizio promosso in via principale, infatti, colpisce il testo legislativo, indipendentemente dagli effetti concretamente prodotti. La pubblicazione di una legge regionale, in asserita violazione del riparto costituzionale di competenze, è dunque «di per se stessa lesiva della competenza statale, indipendentemente dalla produzione degli effetti concreti e dalla realizzazione delle conseguenze pratiche» (sentenza n. 45 del 2011).
Deve pertanto dichiararsi l’illegittimità costituzionale della legge reg. Calabria n. 27 del 2014.
4.– Devono reputarsi assorbite le rimanenti questioni sollevate in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera l) e terzo comma, Cost.
Per Questi Motivi
LA CORTE COSTITUZIONALE
dichiara l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Calabria 16 ottobre 2014, n. 27 (Norme in tema di donazione degli organi e tessuti).
Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22 settembre 2015.
F.to:
Alessandro CRISCUOLO, Presidente
Marta CARTABIA, Redattore
Gabriella Paola MELATTI, Cancelliere
Depositata in Cancelleria il 9 ottobre 2015.
Il Direttore della Cancelleria
F.to: Gabriella Paola MELATTI