29.06.2004 free
TRIBUNALE di ROMA - (E’ illegittimo il trasferimento del dirigente medico attuato nel corso della vigenza dell'incarico laddove si sostanzi in una modifica dell'incarico; applicabilita’ dell’art 2103 c.c.; requisiti per la reintegra immediata)
Massima:
Ove il trasferimento viene disposto dall' Amministrazione in costanza di incarico, lo stesso non può essere revocato se non nelle ipotesi previste (artt. 28 e 34 CCNL 2000) con l'ulteriore conseguenza che non si può farlo cessare con un trasferimento ne’, per definizione, possono ricorrere le ragioni tecniche ed organizzative previste dall'art. 2103 c.c. (www.dirittosanitario.net)
Tribunale di Roma, ord. 7 aprile 2004
Depositato in cancelleria il 7 aprile 2004
TRIBUNALE DI ROMA
SEZIONE LAVORO - PRIMO GRADO
Il Giudice designato: letti gli atti ed i documenti di causa; a scioglimento della riserva di cui all' udienza del 6 Aprile 2004;
PREMESSO
Con ricorso ex art. 700 c.p.c. "ante causam" G. L. e R. B. si rivolgevano al Tribunale di Roma, in funzione di giudice del lavoro, chiedendo l'adozione di un provvedimento cautelare d'urgenza che, accertata in via provvisoria l'illegittimità dell'ordine di servizio n. 13 del 12.2.04 con il quale l'Azienda USL ROMA aveva disposto il loro trasferimento -quali psicologhe dirigenti dalla unità organizzativa tutela della salute mentale e della riabilitazione per l'età evolutiva (T.S.M.R.E.E.) del II distretto sede di Via A. all'Unità Organizzativa Consultorio del IV Distretto in Via F., ne sospendesse l'efficacia o lo disapplicasse, con conseguente ordine e/o riassegnazione delle ricorrenti presso il servizio T.S.M.R.E.E. con le mansioni loro spettanti secondo gli atti di conferimento degli incarichi dirigenziali.
Le ricorrenti, dopo aver esposto di aver ricevuto incarico dirigenziale di tipo professionale presso l'unità organizzativa T.S.M.R.E.E. del II distretto dal 4.3.99 con i compiti specifici segnatamente indicati in ricorso, lamentavano di aver subito, di fatto, la revoca di tali incarichi dirigenziali attinenti all'età evolutiva per essere destinate ad attività consultoriali, aggiungendo che tale trasferimento determinava un cambio sia di sede operativa, con evidenti disagi logistici, sia di unità organizzativa, ovvero di tipologia del lavoro da svolgere, passando dalla tutela della salute mentale dei minori al consultorio familiare, con grave nocumento alla professionalità acquisita dalle stesse in quasi trent'ani di servizio.
Assumevano, quindi, che il provvedimento era stato disposto dall' Azienda USL RMA secondo il meccanismo della c.d. Mobilità interna d'urgenza - a seguito del trasferimento della collega, "psicologa F. A. beneficiaria della l. n. 104/92 dal presidio consultoriale del IV distretto, sede di Via F., al presidio del T.S.M.R.E.E. del II Distretto sede di Via A., più vicina al suo domicilio senza i relativi presupposti previsti dall' art. 16 CCNL 10.2.04 integrativo del CCNL Area Dirigenza dei ruoli sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo del SSN dell'8.6.00 e della disciplina generale in materia di mobilità interna e che, in ogni caso, erano state violate le norme sul conferimento e la revoca degli incarichi dirigenziali di cui agli artt. 13 , 26 e ss. CCNL 8.6.00. Contestavano, infine, di essere titolari di minore anzianità di servizio, minore età anagrafica e minori carichi familiari rispetto agli altri psicologi in servizio presso il T.S.M.R.E.E. del II Distretto, circostanza utilizzata dall' Azienda per la scelta del personale da trasferire.
In ordine al "periculum in mora", lamentavano il depauperamento dell'esperienza professionale maturata in quasi trent'anni di carriera dedicati ai problemi dell'infanzia nonché il danno all'integrità della figura professionale ed all'immagine. Fissata udienza di comparizione e concesso a parte e resistente termine per la sua costituzione, la AZIENDA USL RM A si costituiva tempestivamente in giudizio, contestando la sussistenza di entrambi i presupposti di legge e chiedendo, pertanto, il rigetto della domanda cautelare. Instauratosi così il contraddittorio, all'udienza fissata, la causa veniva discussa ed il giudice si riservava di provvedere.
OSSERVA
Giova, preliminarmente, una disamina dei fatti per cui è giudizio. Orbene, le ricorrenti - entrambe psicologhe - a decorrere dal 4.3.99 hanno ricevuto formale incarico dirigenziale di tipo professionale presso l'Unità Organizzativa Tutela della Salute Mentale e della Riabilitazione in Età Evolutiva 2° Distretto che fa parte dell'U.O. T.S.M.R.E.E. del Dipartimento Materno Infantile con sede operativa in via Arno 42.
La G. è assegnataria di incarico dirigenziale "professionale di base" mentre la R. è assegnataria di incarico dirigenziale di "responsabile della linea operativa consulenza di psicologia scolastica". Gli atti di conferimento contengono i compiti specifici a loro assegnati, vale a dire per entrambe: 1) interventi psicologici ex l. n. 104/92 e d.p.r. 24.2.94 per integrazione scolastica degli alunni handicappati; 2) consulenza sistematica agli operatori scolastici delle scuole assegnate e partecipazione ai programmi di prevenzione elaborati e decisi dall'Unità Operativa; 3) assistenza psicologica, psicodiagnostica e psicoterapica ai soggetti in età evolutiva e alle loro famiglie nell'ambito delle attività cliniche assegnate nel presidio di riferimento. Alla R. è stato assegnato anche il compito di studio, elaborazione e sperimentazione di un modello di intervento nella scuola per l'espletamento degli adempimenti di legge che ottimizzi le risposte per quanto riguarda l'inserimento dei ragazzi portatori di handicap. Il loro trasferimento interno, disposto dal direttore sanitario in data 12.2.04, dal presidio della U.O. T.S.M.R.E.E. del II distretto di Via A. al presidio U.O. Consultorio Familiare del IV distretto in via Farulli 6 è stato motivato con l'esigenze di servizio rappresentate dai competenti dirigenti distrettuali (del IV Distretto) tali da imporre l'assegnazione di due unità di cui una in sostituzione della F. A..
In particolare, nella motivazione del provvedimento aziendale si legge che vi sarebbero tutti i presupposti per la mobilità interna, in quanto si rende necessario soddisfare le esigenze funzionali del Consultorio familiare del IV distretto in presenza di eventi contingenti e non prevedibili quali il trasferimento dovuto ai sensi della l. n. 104/92 dello psicologo F. e le ulteriori necessità sopravvenute nel consultorio medesimo. Nella memoria difensiva di parte resistente, invero, viene allegato qualche elemento ulteriore: l'assegnazione di due unità al IV Distretto è stata determinata sia dalla sostituzione della F. nonché dall' “analisi dei carichi di lavoro rapportati alle dotazioni organiche di ciascun distretto e dal corrispondente numero dei residenti", sicché dalla comparazione di tali dati sarebbe emerso un notevole scompenso in danno del IV distretto, più bisognoso di personale rispetto al II Distretto ( dal quale, si evidenzia, le ricorrenti provengono).
******** Parte convenuta, dunque, a giustificazione del trasferimento delle ricorrenti deduce la sussistenza delle condizioni per la a mobilità c.d. "d'urgenza" di cui al citato art. 16 del contratto integrativo. Giova, a questo punto, evidenziare quanto segue. Le ricorrenti sono dirigenti di I livello con incarico di natura professionale e lamentano la violazione delle norme, anche contrattuali, segnatamente destinate a tali figure di dipendenti pubblici (art. 16 CCNL 10.2.04 integrativo del CCNL Area Dirigenza ruoli sanitario, professionale, tecnico ed amministrativo del SSN 8.6.00 e disciplina generale in materia di mobilità interna nonché artt. 13, 26 e ss. CCNL 8.6.00).
Ritiene il giudicante che, in questa sede di sommaria cognizione, non appaiono sussistere le condizioni tassativamente previste, sicché il provvedimento risulta illegittimamente assunto. Orbene, l'art. 16 testualmente recita: "Prescinde dall'incarico attribuito la mobilità interna di urgenza che avviene, nell'ambito della disciplina di appartenenza, nei casi in cui sia necessario soddisfare le esigenze funzionali delle strutture interessate in presenza di eventi contingenti e non prevedibili, ai quali non si possa far fronte con l'istituto della sostituzione di cui all'art. 18 del CCNL 8 giugno 2000 (c. 3). La mobilità d'urgenza, ferma restando la necessità di assicurare in via prioritaria la funzionalità della struttura di provenienza, ha carattere provvisorio, essendo disposta per il tempo strettamente necessario al perdurare delle situazioni di emergenza e non può superare il limite massimo di un mese nell'anno solare salvo consenso del dirigente, espresso sia per la proroga che per la durata. La mobilità d'urgenza - ove possibile - è effettuata a rotazione fra tutti i dirigenti, qualsiasi sia l'incarico loro conferito. Agli interessati, se ed in quanto dovuta, spetta l'indennità di trasferta prevista dall'art. 32 per la durata dell'assegnazione provvisoria".
Dunque, le condizioni indispensabili per applicare la c.d. mobilità d'urgenza e per poter prescindere dall'incarico dirigenziale conferito sono: 1) la presenza di eventi contingenti e non prevedibili; 2)la provvisorietà calcolata nel limite massimo di un mese. In sostanza, l'amministrazione può operare unilateralmente la mobilità del dirigente sanitario prescindendo dall'incarico conferito (e dunque in corso di incarico) solo quando vi sono le suddette condizioni. Si evidenzia che le ragioni allegate dalla Azienda resistente non appaiono né idonee né sufficienti ad integrare tali elementi indispensabili: in primo luogo, la domanda di trasferimento formulata dalla psicologa F. ex l. n. 104/92 è pacificamente datata 28.8.03 ( mentre a gennaio 2004 è stata meramente reiterata) non configura un evento contingente e non prevedibile e tanto meno non prevenibile.
In sostanza, la distanza di tempo tra tale istanza di trasferimento ed il provvedimento qui impugnato risulta incompatibile con l'urgenza indicata nella detta norma contrattuale. A ciò si aggiunga che elemento imprescindibile per la "compressione" dell'incarico ricevuto è la provvisorietà del provvedimento, che non deve superare il mese, salvo il consenso del dirigente. Nel caso di specie, l'azienda resistente non ha posto alcun limite temporale certo, limitandosi ad indicare - quale termine ultimo - la totale applicazione dell' atto aziendale pubblicato nel BUR della Regione Lazio il 29.3.03, senza indicare null'altro e riconoscendo, piuttosto, che i tempi per tutto ciò saranno "lunghi" dovendosi tener conto della complessità propria delle procedure per il conferimento degli incarichi dirigenziali. In sostanza, il provvedimento contestato appare solo formalmente caratterizzato da temporaneità nello spostamento, poiché non sono richiamati ragioni o motivi che indichino una effettiva temporaneità nello spostamento medesimo; di contro, il trasferimento della F. (doveroso da parte della P.A. ex l. n. 104/92) è definitivo, così come definitiva appare la riorganizzazione del personale effettuata in base ai bacini di utenza. In ogni caso, risulta superato il termine massimo di un mese, tassativamente previsto dalla norma contrattuale.
Infine, non è dato conto - da parte della resistente - circa la possibilità o meno di una rotazione tra tutti i dirigenti (così come previsto dalla norma), sebbene le ricorrenti abbiano lamentato anche tale comportamento omissivo da parte dell' azienda. Da ultimo, l'illegittimità di tale provvedimento appare ancor più evidente lì ove le difese della convenuta indicano che solo una delle due ricorrenti - non si comprende in alcun modo quale di esse - è stata trasferita per sostituire la F. e che l'altra sarebbe stata trasferita a seguito di una analisi dei carichi di lavoro rapportati alle dotazioni organiche di ciascun distretto e del corrispondente numero dei residenti.
In sostanza, appare profilarsi - per almeno una delle due ricorrenti - un provvedimento di trasferimento dettato da esigenze di "riorganizzazione" della pianta organica, finalizzate a riequilibrare degli "scompensi" tra carichi di lavoro, dotazioni organiche e bacini di utenza. E’ evidente, allora, che non era utilizzabile, a tal fine, la procedura di mobilità d'urgenza di cui al citato art. 16 , (non trattandosi, neppure in tale caso, di un'esigenza improvvisa e non prevedibile) sicché il provvedimento appare illegittimo anche sotto tale profilo.
******** Anche, poi, a voler valutare la fattispecie in esame secondo la disciplina generale in materia di dirigenti pubblici, il comportamento dell'azienda resistente appare non rispettoso quanto meno dei principi generali in materia di buona fede e correttezza. Giova allora ricordare che in tale ambito assume portata decisiva la disciplina degli incarichi dirigenziali dettata nell'art. 19 d.lgs. n. 29/93, per come riscritto dalle successive modifiche normative. Trattasi di norma applicabile alla dirigenza medica in virtù del generale richiamo contenuto nell'art. 3 bis del d.lgs. n. 502/92 (v. anche art. 15 e 15 ter del d.lgs. n. 502/992 - per come modificato dal d. lgs. n. 229/99 - a proposito degli incarichi di direzione di struttura).
Il c. 1, dopo aver dettato la disciplina per il conferimento di ciascun incarico, prevede la non applicabilità dell'art. 2103 c.c. alla fattispecie di mutamento di incarichi dirigenziali. Dalla disciplina, poi, dettata dal c. 2 del citato art. 19, emerge che il legislatore ha voluto assoggettare la materia degli incarichi dirigenziali ad un principio contrattualistico, con la conseguenza che si pone il problema della limitazione dell'intervenuto unilaterale del datore di lavoro pubblico sul programma negoziale, atteso che come occorre l'incontro dei consensi tra P.A. e dirigente per la definizione delle coordinate del contratto di incarico, così occorre una volontà uguale e contraria per "novarne" i contenuti, prima della scadenza naturale. Nel caso in esame, pertanto, non si tratta del diritto o meno a conservare da parte delle ricorrenti le attribuzioni connesse ad un incarico precedente scaduto o revocato, quanto, invece, del problema della "modificabilità" delle attribuzioni nel corso dell'incarico. Ora, con un'interpretazione letterale dell'ultima parte del c. 1 del citato art. 19 si dovrebbe ritenere che la non operatività dell'art. 2103 c.c. sia limitata alle sole fasi del conferimento dell’incarico e/o del passaggio da uno ad altro incarico.
La libertà della P.A. di impiego dei dirigenti non incontra in sostanza i limiti derivanti da posizioni pregresse acquisite: di conseguenza, vi è piena operatività dei limiti alla mobilità prefigurati nella norma codicistica (art. 2103 c.c.) nel corso dell'incarico. Ma per una parte della dottrina tale nucleo di libertà della P.A. rimane anche all'interno dell'incarico sulla base del disegno complessivo di "flessibilizzazione" della prestazione di lavoro dirigenziale. In tale quadro, allora, si inserisce la "sterilizzazione" dell'art. 2103 c.c. quale ulteriore fattore sia di flessibilità che di concorrenzialità. Ciò si evincerebbe anche dalla normativa collettiva del settore sanitario che pare presupporre proprio una sostanziale "intercambiabilità" del dirigente nel corso di vigenza dell' incarico (v. art. 28 c. 7 lett. g) del CCNL , che riconosce la non applicabilità dell'art. 2103 in ragione di una sorta di presunzione di "equivalenza" delle mansioni dirigenziali.
Permane, però, una tutela protettiva del dirigente in caso di drastica riduzione dei compiti oppure di affidamento di funzioni largamente eccedenti quelle originariamente assegnate. In tali situazioni, allora, i parametri di valutazione del comportamento della P.A. sono necessariamente riconducibili agli schemi del diritto generale delle obbligazioni, in materia di adempimento, con tutti i rimedi ivi previsti. Ebbene, la mobilità territoriale del dirigente pubblico che a parere di questo giudicante ben può essere operata secondo l'ultimo periodo di cui al c. 1 dell'art. 2103 c.c. (vale a dire per ragioni tecniche, organizzative e produttive) va coordinata necessariamente con la disciplina degli incarichi.
Pertanto, se si tratta di un mero mutamento del luogo di lavoro che non modifica l'incarico ricoperto o che consegue all' attribuzione di un nuovo incarico dopo lo spirare del precedente, è pienamente applicabile l'art. 2103 c.c. nel primo caso le ragioni organizzative del trasferimento costituiscono in sé la fattispecie autorizzatoria prevista, mentre nel secondo il conferimento dell'incarico costituisce in sé la ragione tecnica ed organizzativa che autorizza il trasferimento ex art. 2103 c.c.
Diversamente, se il trasferimento viene disposto dall' Amministrazione in costanza di incarico, comportando la cessazione dello stesso e l'attribuzione di uno nuovo, viene nuovamente a prevalere la disciplina degli incarichi, nel senso che l'incarico non può essere revocato se non nelle ipotesi previste (artt. 28 e 34 CCNL 2000) con l'ulteriore conseguenza che non si può farlo cessare con un trasferimento o, se si preferisce, per definizione non possono ricorrere le ragioni tecniche ed organizzative previste dall'art. 2103 c.c. Preso atto, allora, che non paiono sussistere - in questa sede di sommaria cognizione le condizioni per esercitare il trasferimento di cui al citato art. 16 CCNL, neppure appaiono configurarsi le ipotesi di un mero trasferimento territoriale ( che non incidente sul precedente incarico) né tanto meno dell'assegnazione di un nuovo incarico (alla scadenza del precedente).
Infatti, gli incarichi assegnati alle ricorrenti - come sopra evidenziati - erano ancora in atto quando è stato disposto il loro trasferimento nel provvedimento qui impugnato, invero, non è affatto confermato alcuno degli incarichi a suo tempo assegnati, né tanto meno è indicato altro incarico. In sostanza, dalle difese delle parti appare che, pur operando le ricorrenti nell'ambito di un "progetto unico" vale a dire il progetto obiettivo materno infantile all'interno del dipartimento per l'integrazione socio-sanitaria (e quindi nell'ambito della stessa struttura), ad esse è stato a suo tempo un preciso incarico di cui non vi è più traccia nel provvedimento oggetto di doglianza. Né, tanto meno, può affermarsi che si tratta del medesimo incarico: è la stessa azienda resistente a riconoscere che l'operato del consultorio è diverso rispetto a quello del T.S.M.E.E. : dunque, gli incarichi assegnati alle ricorrenti attenevano al compito professionale dello psicologo che si occupa del minore problematico e del suo nucleo (in particolare gli incarichi per ciascuna ricorrente erano: interventi psicologici ex l. n. 104/92 e d.p.r. 24.2.94 per integrazione scolastica degli alunni handicappati; consulenza sistematica agli operatori scolastici delle scuole assegnate e partecipazione ai programmi di prevenzione elaborati e decisi dall'Unità Operativa; assistenza psicologica, psicodiagnostica e psicoterapica ai soggetti in età evolutiva e alle loro famiglie nell'ambito delle attività cliniche assegnate nel presidio di riferimento e alla R. era stato assegnato anche il compito di studio, elaborazione e sperimentazione di un modello di intervento nella scuola per l'espletamento degli adempimenti di legge che ottimizzi le risposte per quanto riguarda l'inserimento dei ragazzi portatori di handicap e non al compito dello psicologo che si occupa del nucleo nel quale sono presenti problematiche rappresentate anche da minori.
Appare, allora, di tutta evidenza che gli incarichi segnatamente assegnati alle ricorrenti non si attagliano in alcun modo -così come esplicitati negli atti di incarico, appunto alla nuova realtà alla quale sono state destinate. Né vi è stata una qualche precisazione al riguardo da parte dell'azienda resistente, che ha solo invocato l'equivalenza della funzione dirigenziale, circostanza che non è in discussione. Né la mera omogeneità della materia e/o della disciplina all'interno della stessa struttura e dello stesso progetto integra- di per sé - la permanenza dell'incarico a suo tempo assegnato. Alla luce, quindi, delle considerazioni finora svolte, non appare seriamente dubitabile che l'assegnazione delle istanti ad altro servizio configuri una implicita revoca degli incarichi dirigenziali a loro precedentemente affidati. Ne consegue, allora, la sussistenza del "fumus boni juris".
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Quanto, poi, al "periculum in mora", pur non potendo condividersi la doglianza delle ricorrenti in ordine al "depauperamento professionale" stante l'inapplicabilità dell'art. 2103 c.c. (come già evidenziato), deve comunque riconoscersi un pregiudizio imminente ed irreparabile con riferimento alla concreta potenzialità lesiva del provvedimento adottato -quanto meno per il tempo verosimilmente necessario per il giudizio di merito - con riguardo alla immagine professionale delle dipendenti (v. Trib. Roma 11.2.04. Pres. Cortesani - Rel. Leone). In sostanza, è ravvisabile il "periculum in mora" se l'assegnazione di un nuovo incarico con illegittima revoca del precedente, anche se non costituisce un demansionamento del dirigente, ne lede l'immagine professionale, trattandosi di danno non meramente patrimoniale e come tale non suscettibile di riparazione economica, nella vita sociale e di relazione, per i negativi riflessi nell’ambiente di lavoro e nell’utenza (v. Trib. Avezzano 21.8.2002). Inoltre, sotto il profilo morale, va osservato che la revoca di fatto dell’ incarico dirigenziale- mediante un allontanamento forzato ed immediato- può essere percepita come punizione o mortificazione lì ove non vi sia temporaneità effettiva del trasferimento come nella fattispecie in esame.
************** Sussiste, pertanto, l’apparente fondatezza della pretesa alla restituzione del posto di lavoro e delle corrispondenti mansioni di cui alla previsione contrattuale del 4.3.1999. A ciò si accompagna il pericolo del danno grave ed irreparabile conseguente al diverso incarico affidato presso il consultorio per il tempo occorrente al giudizio ordinario, sicché va ordinata- in via cautelare e provvisoria- la restituzione delle ricorrenti alla sede originaria, anche in considerazione del disagio e della mortificazione professionale conseguenti al detto allontanamento forzato dalla sede, con conseguente ordine all'azienda resistente di riassegnare le ricorrenti alla originaria sede di lavoro presso il II distretto Area Tutela Salute Mentale Età Evolutiva con le mansioni già ivi svolte. Per le spese del giudizio cautelare si rinvia al giudizio definitivo.
P.Q.M.
Accoglie la domanda cautelare svolta dalla ricorrenti e, per l'effetto, dichiara in via provvisoria ed urgente l'illegittimità del provvedimento adottato nei loro confronti dalla Azienda USL RMA in data 12.02.04; ordina a parte convenuta di riassegnare le ricorrenti al II distretto Area Tutela Salute Mentale Età Evolutiva con le mansioni già ivi svolte.
Concede alle ricorrenti termine di giorni trenta per la instaurazione del giudizio di merito; spese al definitivo
Si comunichi Roma lì 7 Aprile 2004
Il Giudice Dott.ssa Maria Delle Donne