20.02.2004 free
TAR LAZIO - (Al sanitario universitario cessato dal servizio, svolgente attività assistenziali connesse ad attività didattica e di ricerca , va corrisposto il trattamento economico aggiuntivo)
sentenza n.1325 - 12 febbraio 2004
FATTO E DIRITTO.
1. Il ricorrente, professore ordinario di 1^ fascia dell'Università di Roma "La Sapienza" incardinato nella Facoltà di Medicina e Chirurgia, espleta nell'ambito del Policlinico Universitario Umberto I funzioni assistenziali connesse all'attività didattica e di ricerca.
Giova premettere gli antefatti della odierna controversia: - la vicenda di causa è relativa all'art. 15 nonies D. L.gvo 229/99, che ha previsto per il personale medico universitario di cui all'art. 102 del decreto del Presidente della Repubblica 11 luglio 1980 n. 382, la cessazione dallo svolgimento delle ordinarie attività assistenziali e dalla direzione delle strutture assistenziali, al raggiungimento del limite massimo di età di 67 anni, nonché al compimento dell'età di 70 anni se alla data del 31 dicembre 1999 abbiano compiuto 66 anni e all'età di 68 anni, se alla predetta data abbiamo compiuto 60 anni; - la Corte Costituzionale, con sentenza n. 71 del 16 marzo 2001, richiamando il noto principio della inscindibilità e compenetrazione tra attività assistenziale e attività didattica e di ricerca dei medici universitari, ha sancito la pregiudizialità cronologica e giuridica tra l'adozione dei protocolli regionali e la cessazione dalle ordinarie attività assistenziali e direzionali, ponendo altresì un divieto di scissione fra l'uno e l'altro settore di attività; - la questione oggetto di impugnazione è collegata al Protocollo d'Intesa Regione Lazio - Università sottoscritto il 2 agosto 2002, avverso il quale è stato promosso, insieme ad altri cointeressati, precedente ricorso definito da questa Sezione con sentenza di rigetto n. 12046 del 2002; - il Direttore Generale del Policlinico, successivamente alla proposizione del suddetto gravame, con individuali note ha disposto la cessazione delle ordinarie attività assistenziali con decorrenza dal 1 novembre 2002, impugnate dagli interessati con singoli ricorsi, che sono stati in parte accolti dalla stessa Sezione adita in quanto il collocamento in "pensionamento assistenziale" era stato stabilito in assenza di Accordi attuativi tra Università e Azienda Policlinico (ovvero intesa), e senza la previa individuazione per ciascun docente del concreto contenuto delle funzioni assistenziali residuali (per tutte, cfr. sentenza n. 12037 oppure n. 12016 dell'11.12.2002); - con provvedimento del 30 gennaio 2003, il medesimo Direttore Generale ha nuovamente disposto la cessazione delle funzioni assistenziali con effetto dal 1° febbraio 2003, ai sensi dell'art. 15-nonies, comma 2, del D.Lvo 19 giugno 1999, n. 229 che è stato annullato da questa Sezione in quanto il c.d. "Disciplinare" non era assistito da previa stipulazione dell'Accordo attuativo Università-Azienda o da intesa, ed in mancanza del contestuale conferimento - all'atto della cessazione della ordinaria attività con la privazione delle funzioni direzionali di struttura complessa o semplice - della specifica attività assistenziale residuale, con connesso trattamento aggiuntivo attribuito per l'integrazione delle attività in parola (per tutte, cfr. sentenza n. 4863 del 29 maggio 2003); - nelle more della pubblicazione di quest'ultima sentenza è intervenuto in data 3 aprile 2003 "Atto Aggiuntivo" al citato Protocollo d'Intesa Regione Lazio-Università sottoscritto il 2 agosto 2002, il quale - nel disciplinare procedimento, modalità e limiti di tali specifiche attività assistenziali correlate alla didattica e alla ricerca - ha previsto che, nell'assegnazione dell'attività residuale deve risultare, oltre al tipo di attività assistenziale, alla misura dell'impegno orario, alle modalità di rilevazione dell'attività svolta, anche la misura dell'eventuale trattamento economico.
2. Con l'atto introduttivo in trattazione il reclamante impugna la nuova nota del Direttore Generale, in epigrafe descritta, datata 7 luglio 2003, con la quale - in riferimento al punto 3, comma 1, del predetto Atto Aggiuntivo e a seguito dell'intesa espressa dal Magnifico Rettore con nota 27.6.2003 - si è provveduto a notificare all'interessato la delibera attuativa concernente la cessazione dalle attività assistenziali con effetto dall'undicesimo giorno successivo alla ricezione dell'atto di comunicazione. Il deducente lamenta che il Direttore Generale non solo ha stabilito che l'impegno massimo consentito, al ricorrente come a tutti gli altri universitari medici in situazione identica per l'espletamento delle residuali attività assistenziali, sia di 4 ore settimanali, senza operare alcun cenno in ordine alla essenziale attività residuale del docente, ma che per detta attività non sia dovuto alcun compenso. I motivi di ricorso principale, con i motivi aggiunti, vengono anche estesi, per illegittimità derivata, nei confronti del provvedimento di nomina del sostituto, ad interim sul presupposto della cessazione dalle ordinarie attività assistenziali del titolare.
Sono, quindi, contestate le ragioni che hanno indotto l'Azienda a individuare il sostituto, per di più senza interpellare il ricorrente che, quale responsabile apicale fino al momento della cessazione, avrebbe potuto senz'altro suggerire il soggetto più idoneo a dirigere temporaneamente la Divisione in coerenza al dettato normativo (C.C.N.L. 1998/2001) e con la Circolare dell'Azienda Policlinico Umberto I del 15 novembre 2000 prot. n. 328. 3. Preliminare all'esame del merito è, però, l'eccezione sollevata dal resistente Policlinico con la memoria del 9 ottobre 2003, secondo la quale le pretese azionate dall'odierno ricorrente sarebbero inammissibili per non avere il medesimo impugnato l'atto presupposto costituito dal ricordato Atto Aggiuntivo del 3 aprile 2003 e in quanto i motivi di ricorso impingerebbero nel merito dell'azione amministrativa che, in quanto tale, è sottratta al sindacato di legittimità giurisdizionale.
In proposito, a contrastare l'eccepita preclusione, è sufficiente rilevare come le doglianze del ricorrente non siano dirette contro l'Atto Aggiuntivo, bensì nei confronti dell'asserita erronea applicazione dello stesso da parte dell'Azienda con i provvedimenti oggetto di impugnazione. A ben vedere, così entrando nel merito della causa, il ricorrente ha censurato la nota del Direttore Generale in quanto adottando una percentuale oraria minima e soprattutto uguale per tutti, da un lato si è discostata dai criteri dettati dall'Atto Aggiuntivo e, dall'altro, ha totalmente disatteso le statuizioni del TAR che espressamente imponevano una valutazione caso per caso per l'individuazione delle residuali attività assistenziali e del connesso trattamento economico aggiuntivo.
4. Con i due motivi di ricorso principale il ricorrente sostiene violazione e falsa applicazione del D.P.R. 382/80 e dell'art. 15 nonies D.Lg.vo 21 dicembre 1999 n. 517 nonché del D.P.C.M. 24 maggio 2001. Violazione del giudicato e dei principi in tema di procedimento amministrativo. Eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche, in particolare sviamento, falsità della causa e dei presupposti, illogicità, perplessità, erronea valutazione dei presupposti di fatto e di diritto. Con il primo mezzo viene censurato il comportamento del Direttore Generale che, strappando un assenso al Rettore e prima di rassegnare le dimissioni a dieci giorni, ha proceduto frettolosamente e comunque alla cessazione dei docenti, in spregio di tutte le regole. La censura non merita accoglimento.
Infatti, la questione non è se si sia provveduto affrettatamente e a pochi giorni dalle dimissioni, bensì se il Direttore Generale ha operato o meno legittimamente. Il secondo rimedio pone invece due tematiche: l'una, relativa alla affermata contraddittoria posizione assunta dal Rettore e al perfezionamento dell'intesa; l'altra, unitamente al compenso, inerente all'asserita stereotipa percentuale oraria uguale per tutti (4 ore), mentre sarebbe quantomeno necessario un confronto disciplina per disciplina, attività per attività, secondo le varie esigenze in fatto riscontrabili in ogni singolo dipartimento, se il presupposto di una inscindibilità tra attività didattica, scientifica e assistenziale non debba ridursi ad un generico ed evanescente enunciato teorico. Il primo aspetto - che riguarda l'intesa e che, con la memoria versata il 30 ottobre 2003, è stata contrastata nei fatti dalla difesa statale, costituita in rappresentanza dell'Università resistente - deve essere disatteso. Sul punto merita ribadire quanto si è avuto già modo di affermare nella sentenza n. 7823 del 29 settembre 2003 (Albanese ed altri), secondo cui l'intesa consiste - con la sua sottoscrizione - nell'incontro della volontà dei rappresentanti legali delle due Amministrazioni interessate (nel caso di specie, Università La Sapienza e Azienda Sanitaria Policlinico Umberto I), rispetto alle quali l'inosservanza da parte del Rettore - in ipotesi - di vincoli e mandati interni non è suscettibile di ridondare in invalidità dell'intesa in sé (nell'assenza di limiti statutari opponibili). L'altro aspetto attiene più specificamente al merito ed è fondato, come di seguito esposto.
5. La questione controversa deve prendere spunto proprio dal citato Atto Aggiuntivo, che ha apportato sostanziali modifiche a quello precedente (vale a dire, Protocollo d'Intesa Regione Lazio-Università del 2 agosto 2002) e, relativamente a quanto ne occupa, consistenti in: a) tale attività assistenziale è concordata dall'interessato con il competente Consiglio di Dipartimento (essa non è necessariamente svolta nella struttura precedentemente diretta); b) le potenzialità cliniche complessive non possono superare, salvo diverse decisioni concordate, il 10% delle risorse relative disponibili nell'Unità Operativa complessa di riferimento (numero di posti letto ordinari, n. di posti letto di DH o day surgery, o loro turni, turni di camere operatorie, turni di ambulatorio, ecc.). Per quanto riguarda la chirurgia, ai fini di rispettare tempi di degenze sopportabili, va previsto l'accesso alla sala operatoria almeno settimanale; c) l'assegnazione dell'attività assistenziale deve risultare da atto scritto nel quale sia specificata: il tipo di attività assistenziale; la misura dell'impegno orario; le modalità di rilevazione dell'attività svolta dal professore universitario; la misura dell'eventuale trattamento economico; la durata dell'assegnazione dell'attività assistenziale; i vincoli assicurativi e le garanzie previdenziali; d) l'impegno orario non può essere inferiore a quattro ore settimanali se già a rapporto di lavoro esclusivo, permanendo il regime di esclusività, due ore settimanali se già a rapporto di lavoro non esclusivo (in pratica, il "massimo" previsto dal Protocollo del 2 agosto 2002 è diventato "minimo" nell'Atto Aggiuntivo del 3 aprile 2003); e) il Direttore Generale, d'intesa con il Rettore, determinerà i criteri per gli eventuali compensi in conformità alla normativa vigente.
La deliberazione censurata dispone invece quanto segue sui punti relativi: A. "L'impegno massimo previsto del Protocollo d'intesa, distribuito nelle varie attività sopra descritte, secondo le esigenze specifiche della attività didattica e di ricerca, è di 210 ore annue, pari al 40% del monte orario di 350 ore in quanto docente a tempo pieno, suddiviso in 4 ore settimanali (art. 5)… considerato a tale proposito - ed in via dirimente - che le previsioni di cui all'articolato del presente atto consentono di ritenere comunque pienamente garantite le attuali esigenze didattico-scientifiche, in quanto prospettano modalità, contenuti e volumi di attività assistenziale - tra l'altro omologa a quella già in precedenza effettuata - comunque sviluppati fino ai limiti percentuali massimi consentiti dai predetti accordi Università-Regione, sia per quanto concerne la misura oraria dell'impegno assistenziale consentibile, sia per quanto concerne le varie percentuali riferite all'utilizzo di posti-letto, turni, risorse, ecc."; B. "Per lo svolgimento della suddetta attività non è dovuto alcun compenso al docente (art. 7)… considerato che, per quanto concerne "l'eventuale" compenso, non si ritiene di dover prevedere specifica remunerazione per le attività oggetto del presente atto sia tenendo conto che le stesse sono ricomprese "all'interno del monte orario previsto dal relativo stato giuridico universitario", così come indicato dal citato punto 8 dell'Allegato 1 al Protocollo d'intesa del 2.8.2000, sia considerando che la indennità assistenziale prevista dall'attuale normativa a favore del personale docente strutturato con incarico (art. 31 del D.P.R. n. 761/1979 ed art. 6 del D.LVO n. 517/1999) è legata all'obbligo di 28 ore settimanali aggiuntive rispetto alle complessive 350 ore annuali, se a tempo pieno, o alle complessive 250 ore annuali, se a tempo definito, per la didattica e per la ricerca universitaria".
Dal raffronto, tra i criteri predeterminati dall'Atto Aggiuntivo e contenuti dell'atto applicativo censurato, va tratta la conclusione - allora - che le difese rassegnate su tali punti dalle memorie di controparte non possono essere condivise, liddove viene sostenuto: i. la facoltà di prevedere, attraverso decisioni concordate, un impegno anche superiore al 10% delle risorse delle UOC (Unità Operative Complesse) ricade, da un lato, nell'ambito del potere discrezionale attribuito alle Amministrazioni procedenti, dall'altro, le prospettazioni di parte ricorrente non sono accompagnate da elementi tali da giustificare quella che la disciplina di riferimento configura come ipotesi eccezionale (memoria Policlinico pag. 10 ss.). ii. l'Atto Aggiuntivo sottoscritto dall'Ateneo e dalla Regione Lazio ha previsto il riconoscimento di un compenso per le attività assistenziali residuali in termini del tutto "eventuali" (memoria università pag. 7), mentre per il Policlinico (memoria pag. 15) il presupposto per l'attribuzione di ogni trattamento integrativo è dato dall'obbligo dell'impegno orario minimo di presenza nelle strutture, secondo il monte ore previsto dall'ordinario stato giuridico universitario (350 ore tempo pieno, 250 ore tempo definito). Chiarite le reciproche posizioni delle parti, possono ora essere considerate le censure di causa.
6. Giustamente - invero - il ricorrente denunzia, con il profilo del secondo rimedio, omessa istruttoria e difetto di motivazione, che costituiscono censure prevalenti ed assorbenti. Ed invero, rispetto al dettato normativo dell'Atto Aggiuntivo che assume a parametro limiti percentuali minimi per le attività assistenziali residuali in rapporto alle potenzialità cliniche complessive (10% delle risorse relative - accesso alla sala operatoria almeno settimanale) e con riguardo a impegno orario non inferiore a quattro e due ore settimanali (a seconda se a rapporto di lavoro esclusivo o meno), il provvedimento deliberativo applicativo pone a fondamento tali misure minime, senza dare motivazione alcuna e valutazione caso per caso in relazione all'arco di loro possibile dilatamento con riferimento alla singola disciplina e alla specifica attività di didattica e di ricerca del docente coinvolto (invero, gli insegnamenti sono strutturati per loro diversa durata - ad esempio - biennale, annuale e semestrale, con riguardo all'inerenza a corso di laurea o di specializzazione, così come la ricerca in atto può richiedere una maggiore o minore presenza in relazione allo stadio di sua evoluzione).
Contrariamente a quanto prospettato dalla difesa del Policlinico, non si tratta nella specie di facoltà di scelta tra più opzioni possibili - che di per sé già impongono di darne specifica ragione con apposita motivazione, a termini della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo se non si vuole dare varco a opzioni arbitrarie - bensì di rispetto della scopo pratico funzionale dell'azione amministrativa, rappresentato legalmente dalle esigenze didattico-scientifiche che presiedono alle attività assistenziali residuali per il buon andamento della P.A. Del resto, proprio detto Atto Aggiuntivo chiarisce inequivocabilmente che tale attività assistenziale residuale "è finalizzata al raggiungimento degli obiettivi previsti nel provvedimento aziendale e nella conforme delibera della Facoltà di Medicina e Chirurgia". Il mancato apprezzamento delle circostanze surriferite mette plasticamente in rilievo la deficienza motivazionale e istruttoria della determinazione gravata.
7. Relativamente al trattamento economico aggiuntivo si deve dissentire dall'interpretazione fornita dalla difesa statale del termine "eventuale" (che vi può essere oppure no a mera discrezione dell'Amministrazione) poichè il significato va posto in relazione alla integrazione qualitativa e quantitativa delle attività in parola ed ai risultati raggiunti, come già statuito nelle ricordate sentenze n. 12046/02 e 4863/03, secondo le quali, avuto riguardo al paradigma normativo di cui al D.Lgvo n. 517 del 21 dicembre 1999, in sede di intesa si sarebbero dovuti definire, tanto i contenuti temporali e funzionali dei compiti residuali (art. 5 comma 4), quanto il trattamento economico aggiuntivo (art. 6, comma 2). Né può essere condivisa l'affermazione del Policlinico resistente (pag. 15 memoria) che, se è vero che l'art. 31 del D.P.R. n. 761/79 (rubricato Personale delle cliniche e degli istituti universitari convenzionali), prevede che sia corrisposta un'indennità a favore di tale categoria al fine di equiparare il trattamento economico a quello del personale medico di cui all'art. 35 dello stesso D.P.R. n. 761/79, è altrettanto innegabile che, ai sensi del ricordato art. 6 D.Lgvo n. 517/79 (rubricato Trattamento economico del personale universitario), il presupposto per l'attribuzione di ogni trattamento integrativo è dato dall'obbligo "di soddisfare l'impegno minimo di presenza nelle strutture aziendali per le relative attività istituzionali".
In primo luogo, perché l'inciso sopra virgolettato non sposta i termini del problema, posto che anche il personale collocato in c.d. "pensionamento assistenziale", è tenuto all'orario minimo assistenziale del quale si è discusso, e si deve ancora una volta ribadire che tale personale non è posto fuori dal Servizio Sanitario Nazionale, ma vi continua a svolgere attività assistenziale, seppure in via residuale. In secondo luogo, perché il disposto menzionato dell'art. 6 riconosce, "oltre ai compensi legati alle particolari condizioni di lavoro": a) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione alle responsabilità connesse ai diversi tipi di incarico (e nella specie non si può negare che tale personale è destinatario di un incarico, sia pure residuale); b) un trattamento aggiuntivo graduato in relazione ai risultati ottenuti nell'attività assistenziale e gestionale, valutati secondo parametri di efficacia, appropriatezza ed efficienza, nonché all'efficacia nella realizzazione della integrazione tra attività assistenziale, didattica e di ricerca (e nello specifico è innegabile che tale personale continua a produrre ricavi/costi tramite il personale apporto con i D.R.G./R.O.D. generati - Raggruppamenti Omogenei di Diagnosi).
Ora, e per finire, l'Atto Aggiuntivo in considerazione - nel prevedere che il Direttore Generale, d'intesa con il Rettore, determinerà i criteri per gli eventuali compensi in conformità alla normativa vigente - valuta tale possibilità di compenso aggiuntivo al trattamento economico e non lo esclude, come invece fatto dalle controparti con l'intesa raggiunta nel provvedimento deliberativo impugnato. E' pertanto illegittima la disposta esclusione di ogni trattamento economico aggiuntivo per siffatto personale in posizione di "fuori ruolo assistenziale", sia perché collide con il paradigma normativo del D.Lgvo n. 517/99, sia perché in contrasto all'art. 36 della Costituzione, non potendo l'Amministrazione - a fronte di una specifica prestazione di servizio ancorché limitata - esonerarsi dall'obbligo della giusta remunerazione aggiuntiva e così realizzare un illecito arricchimento della Pubblica Amministrazione.
8. L'illegittimità derivata denunziata con i motivi aggiunti ha notoriamente effetto travolgente sugli atti censurati. Conclusivamente, il ricorso va dunque accolto nei sensi sopra esposti, assorbite le censure non esaminate, con l'annullamento degli atti impugnati.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.