24.12.03 free
TAR CALABRIA - Assistenza Primaria (sulla finalita’ della comunicazione degli elenchi nominativi assistiti; sulla richiesta di rimborso per pazienti deceduti)
Massima:
La comunicazione degli elenchi nominativi degli assistiti, in carico al medico di medicina generale, tende da un lato a permettere ai medici di acquisire o meno nuove scelte e dall’altro di rifiutare una prestazione in regime di convenzione se richiesta da un soggetto non (o non più) compreso negli elenchi. Si comprende, pertanto, perché per il caso di decesso dell’assistito, la disposizione preveda una cessazione immediata, ma un termine più ampio per la comunicazione: infatti, da un lato, trattandosi di un soggetto non più in vita, è da escludere che esso possa richiedere delle prestazioni e dall’altro potrebbero porsi difficoltà di accertamento, non essendo la revoca conseguente ad una espressa domanda dell’assistito.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
N. 2129/2003
Reg. Sent. N 728 /99 Reg. Ric.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE
PER LA CALABRIA
SEZIONE STACCATA DI REGGIO CALABRIA
composto dai Magistrati: - LUIGI PASSANISI Presidente - GIUSEPPE CARUSO Consigliere - CATERINA CRISCENTI Primo Referendario rel. est. ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso N.728/99 R.G. proposto Misiano Domenico, rappresentato e difeso dall’avv. Gaetano CAMBREA, elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, Via Marvasi, 11 (studio Scalfari) CONTRO
Azienda Sanitaria locale n. 10 di Palmi, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Elio BELCASTRO, elettivamente domiciliato in Reggio Calabria, Via Tagliavia (studio Catanoso) per l’annullamento del provvedimento adottato dall’A.S.L. 10 di Palmi, comunicato con lett. A/R del 7.4.99 prot. n. 7962, con il quale veniva intimato ad esso ricorrente il recupero della somme (già gravate di interessi legali) indebitamente percepite, in quanto relative a compensi per pazienti deceduti. *********** Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Azienda resistente; Vista la memoria presentata nell’interesse della parte ricorrente; Visti gli atti tutti della causa; Udito alla pubblica udienza del 19 novembre 2003 i procuratori delle parti come da verbale - Relatore la dott. Caterina CRISCENTI; Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:
F A T T O
Con ricorso notificato in data 29 aprile 1999 e regolarmente depositato parte ricorrente, medico convenzionato con l’A.S.L. n. 10 di Palmi, contestava il provvedimento in epigrafe indicato, ritenendo che il recupero non potesse essere disposto, atteso che l’A.S.L non aveva adempiuto all’obbligo di comunicazione del decesso degli assistiti, in violazione dell’art. 28, II co., del D.P.R. 22 luglio 1996 n. 484 di recepimento dell’accordo collettivo nazionale e non spettando certamente al medico la verifica di pazienti deceduti ancora in carico. Confutava in ogni caso l’esattezza della somma richiesta, perché indicata genericamente senza riferimento alcuno allo scaglione di appartenenza o agli anni di anzianità rispetto ai quali gli importi variano.
Si costituiva l’A.S.L. n. 10, eccependo la tardività del gravame, in quanto il provvedimento impugnato non presenta carattere di novità rispetto alla nota comunicata nel dicembre 1998, con la quale era già stata espressa la volontà dell’amministrazione di procedere al recupero di somme corrisposte ai medici per pazienti deceduti. Nel merito contestava le censure mosse, concludendo per il rigetto del ricorso. All’udienza pubblica del 19 novembre 2003 la causa è stata posta in decisione.
D I R I T TO
1. L’eccezione di tardività sollevata dall’A.S.L. n. 10 è infondata. 1.1. In primo luogo deve osservarsi che il recupero disposto dall’Azienda Sanitaria non assume i caratteri dell’autoritatività, sì da dover essere impugnato nel termine di decadenza. Esso costituisce esercizio del diritto soggettivo che l'art. 2033 Cod. civ. riconosce a qualsiasi soggetto che abbia eseguito un pagamento non dovuto e che, per ciò stesso, è legittimato a ripetere quanto l'accipiens ha ricevuto sine titulo; pertanto, il detto provvedimento, in quanto espressione di un potere riconosciuto al solvens nell'ambito di un rapporto obbligatorio paritetico, può essere contestato nell'ordinario termine di prescrizione.
La giurisprudenza richiamata nel controricorso, concernente peraltro fattispecie di pubblico impiego ante riforma, è ormai superata dallo stesso Consiglio di Stato, secondo cui “non è configurabile alcun esercizio di potere autoritativo, dovendo l'Amministrazione applicare le leggi previdenziali cosi come qualsiasi datore di lavoro privato, né viene esercitato un potere autoritativo quando l'Amministrazione si accorge di aver erroneamente corrisposto al dipendente una somma avente natura retributiva, senza trattenere i contributi previdenziali da questo dovuti, per cui sussiste per l'Amministrazione il diritto di ripetere quanto erroneamente corrisposto in più, in quanto la somma corrispondente si sarebbe dovuta versare all'Ente di previdenza” con la conseguenza che “è ammissibile il ricorso con il quale si propone un'azione di accertamento negativo, in materia di diritti soggettivi, al fine di far dichiarare al giudice amministrativo non dovute le somme che l'Amministrazione ha preannunziato di voler recuperare” (Cons. St., V, 14 dicembre 1994 n. 1484).
Nel caso di specie poi è bene precisare che sussiste la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, in quanto non si tratta di un rapporto di pubblico impiego (la cui cognizione è ormai devoluta al giudice ordinario), ma di fattispecie rientrante nella materia dei servizi pubblici (vd., in tal senso, Tar Reggio Calabria, 18 dicembre 2002 n. 2031). 1.2. In ogni caso, anche a voler accedere alla tesi esposta nel controricorso, non può non rilevarsi che la nota del 14 dicembre 1998, benché specificasse l’importo indebitamente percepito e la volontà di provvedere al recupero, assumeva per lo più il contenuto di avviso partecipativo, in quanto sollecitava il sanitario ad accedere ai relativi documenti, esibendo copia del tabulato dei propri assistiti.
Ed, infatti, il provvedimento impugnato è stato esitato, nell’aprile 1999, dopo la rinnovazione in contraddittorio del procedimento, tant’è vero che esso espressamente “rettifica” la nota del 14 dicembre 1998, fissando una somma diversa da quella prima quantificata. Ne consegue che, comunque, il ricorso è tempestivo. 2. Nel merito la domanda proposta è parzialmente fondata.
La vicenda trae origine dal giudizio di responsabilità promosso dalla Procura regionale della Corte dei Conti a carico dei responsabili del servizio di medicina di base dell’A.SL. 10 di Palmi per aver omesso l’aggiornamento degli elenchi ed in particolare per non aver provveduto a cancellare i cittadini defunti, continuando così a corrispondere ai medici di base il compenso per l’assistenza sanitaria A seguito della predetta indagine e delle verifiche che ne sono conseguite, l’A.S.L. di Palmi, accertato che effettivamente ad alcuni sanitari risultavano in carico pazienti da tempo deceduti e ciononostante regolarmente liquidati, ha richiesto il rimborso di quanto indebitamente versato.
2.1. La pretesa di rimborso è sicuramente fondata. Le disposizioni che vengono in rilievo sono gli artt. 28, 29 e 30 del D.P.R. 22 luglio 1996 n. 484. L’art. 28 stabilisce al II co., che “la revoca della scelta da operarsi d’ufficio per morte dell’assistito ha effetto dal giorno del decesso. L’azienda è tenuta a comunicare la revoca al medico interessato entro un anno dall’evento", a cui si affianca l’obbligo dell’Azienda, posto dall’art. 30, II co., di comunicare mensilmente ai singoli medici le variazioni nominative ed il riepilogo numerico relativo alle scelte e alle revoche avvenute durante il mese precedente.
L’art. 29 soggiunge che "ai fini della corresponsione dei compensi la scelta, la revoca e la recusazione decorrono dal primo giorno del mese in corso o dal primo giorno del mese successivo a seconda che intervengano nella prima o nella seconda metà del mese". Dal complesso delle disposizioni sopra riportate si desume che non è consentita, quindi, la riscossione di compensi che, per l'inesistenza degli assistiti beneficiari, non corrispondano ad alcuna prestazione. 2.2. Né può certamente attribuirsi alcun rilievo all’omessa comunicazione degli elenchi degli assistiti da parte dell’A.S.L..
La comunicazione degli elenchi nominativi ha, infatti, tutt’altre finalità: essa tende da un lato a permettere ai medici di acquisire o meno nuove scelte e dall’altro di rifiutare una prestazione in regime di convenzione se richiesta da un soggetto non (o non più) compreso negli elenchi. Si comprende, pertanto, perché per il caso di decesso dell’assistito la disposizione prevede una cessazione immediata, ma un termine più ampio per la comunicazione: infatti, da un lato, trattandosi di un soggetto non più in vita, è da escludere che esso possa richiedere delle prestazioni e dall’altro potrebbero porsi difficoltà di accertamento, non essendo la revoca conseguente ad una espressa domanda dell’assistito.
Né pare inutile rammentare come già il legislatore abbia risolto positivamente il problema della ripetibilità delle somme indebitamente erogate dall’unità sanitarie locali ai medici convenzionati nel caso di mancato aggiornamento degli elenchi degli assistibili, con la previsione di cui all’art. 7 l. 7 agosto 1982 n. 526. Non può dunque che confermarsi la giurisprudenza del giudice ordinario secondo la quale "il verificarsi dell'evento del decesso (o del trasferimento) dell'assistito … determina di per sé il venir meno del diritto del sanitario alla relativa quota capitaria di compenso, non rilevando a tal fine la mancata realizzazione da parte dell'amministrazione degli adempimenti …, relativi all'invio semestrale dell'elenco delle scelte in carico a ciascun medico e all'invio mensile delle variazioni nominative e del riepilogo numerico" (così Cass., Sez. lav., 19 novembre 1993 n. 11412 e 16 dicembre 1991 n. 13545).
3. E’ condivisa dal Collegio, invece, la censura attinente al calcolo della somma indebitamente percepita. Dagli atti di causa e dall’istruttoria svolta in altra identica controversia, già definita con la sentenza n. 44 del 5 marzo 2003, risulta che la base di calcolo è stata determinata dall’A.S.L.non già avendo riguardo alla quota in più effettivamente percepita dal medico, calcolata secondo i parametri posti dall’art. 45 del D.P.R. n. 484/96, ma, sulla scorta di quanto verificato dalla Procura Regionale della Corte dei Conti, utilizzando un valore medio di £ 6.545 per assistito.
Oggetto della restituzione non può, invece, che essere il tantundem: la somma da ripetere dovrà, dunque, essere pari a quella realmente percepita indebitamente dal singolo sanitario, con gli interessi calcolati dal giorno della domanda di restituzione, ossia dal 14 dicembre 1998, non essendo stata provata la mala fede dell’accipiens al momento della ricezione (cfr. Cass. Sez. Lav., 6 luglio 1992 n. 8209). 4. Ricorrono giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese della lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Calabria - Sezione Staccata di Reggio Calabria – definitivamente pronunciando sul ricorso N 728 /99 R.G. lo accoglie in parte come da motivazione.
Spese compensate.
Ordina all’autorità amministrativa di eseguire la presente sentenza.
Così deciso in Reggio Calabria, nella Camera di Consiglio del 19 novembre 2003.
IL GIUDICE ESTENSORE F.to Caterina Criscenti IL PRESIDENTE F.to Luigi Passanisi
Depositata Il 10 dicembre 2003