13.06.2007 free
CORTE d’APPELLO DI NAPOLI – ( Borse di Studio 83-91: la prescrizione decorre addirittura dalla fine di ciascun anno accademico )
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§ - Alla luce dell'ordinamento nazionale - art. 2935 c.c. - secondo il quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere - deve ritenersi che il termine prescrizionale, nel caso in esame, sia decorso dalla fine di ciascun anno accademico, essendo già scaduto al 31/12/1982, il termine ultimo per il recepimento della direttiva comunitaria. [ Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net ]
Corte d’Appello di Napoli, Sezione I civile, Sent. del 06/04/2007
Omissis
Svolgimento del processo
Con atto di citazione ritualmente notificato in data 01/08/2001 i dottori B.G. e altri esponevano 1) che erano stati ammessi, in qualità di medici chirurghi, alla frequenza di corsi di specializzazione presso l'Università di Napoli "Federico II" e che avevano conseguito il diploma in data successiva al 31.12.1983;
2) che avevano sopportato in proprio le relative spese, senza ricevere alcun rimborso dall'Università o da altro ente pubblico, in contrasto con quanto previsto dalla normativa comunitaria, in particolare dalle direttive CEE nn. 75/362, 75/363 e 82/76;
3) che le predette direttive erano state tardivamente e parzialmente attuate dal legislatore italiano con il d.lgs. 257/91, che prevedeva la corresponsione, in favore degli ammessi alle scuole di specializzazione, di una borsa di studio a decorrere dall'anno accademico 1991/1992, determinata per l'anno 1991 in Lire 21.500.000;
4) che, per l'effetto, si era verificata una disparità di trattamento tra gli ammessi ai corsi di specializzazione a far data dal 1991 in poi, ai quali veniva riconosciuta la borsa di studio, e gli ammessi ai corsi di specializzazione in data anteriore al 1991, per i quali non era previsto alcun rimborso;
5) che la Corte di Giustizia Europea con sentenza del 25.2.99 affermava l'illegittimità dell'adeguamento dello Stato Italiano alla normativa comunitaria, imponendo quest'ultima un'adeguata retribuzione in favore degli specializzandi iscritti sin dagli anni accademici 1983/1984;
6) che, pertanto, spettava loro il diritto a percepire una retribuzione adeguata in conseguenza della frequenza dei corsi di specializzazione, e, a causa della mancata retribuzione del periodo di specializzazione, ad essi oggi andava riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni patiti a causa della intempestiva attuazione delle direttive citate da parte del legislatore italiano.
Tanto premesso, citavano davanti al Tribunale di Napoli la Presidenza del Consiglio dei Ministri, in persona del Presidente del Consiglio, il Ministero della Sanità ed il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica, in persona dei rispettivi Ministri pro-tempore, al fine di sentirli condannare, nell'ambito delle rispettive competenze e anche in solido tra loro, al pagamento in favore di ogni singolo istante della somma di Lire 21.500.000 per ogni anno di corso a titolo di mancata retribuzione e di Lire 30.000.000 a titolo di risarcimento del danno per l'illecito commesso dal legislatore italiano e per i danni morali, materiali e professionali patiti; ovvero al pagamento delle maggiori o minori somme, anche da determinarsi equitativamente, oltre rivalutazione monetaria ed interessi.
Si costituivano i convenuti, eccependo preliminarmente l'intervenuta prescrizione del diritto fatto valere dagli istanti, essendo trascorsi oltre dieci anni dall'iscrizione alla scuola di specializzazione, e, comunque, oltre cinque anni dal d.lgs. 257/91 attuativo delle direttive CEE ,ed oltre cinque anni, trattandosi di direttiva sbagliata, dalla data di entrata in vigore della direttiva stessa, vale a dire dal 1982; in subordine, le amministrazioni convenute contestavano nel merito la fondatezza della domanda, ed infine eccepivano il difetto di giurisdizione dell'A.G.O., stante la natura di interesse legittimo della situazione soggettiva fatta valere dagli istanti nel presente procedimento. Con sentenza n. 469/04 del 15 gennaio 2004 Tribunale di Napoli rigettava la domanda compensando le spese di lite.
Avverso tale sentenza proponevano appello B.G. e altri deducendo che il giudice di primo grado aveva rigettato la domanda in quanto aveva ritenuto fondata l'eccezione di prescrizione proposta dalle autorità convenute. Al contrario di quanto stabilito dal primo giudice, gli appellanti osservavano che il termine da cui far decorrere la prescrizione era necessariamente quello della pronuncia della sentenza della Corte di Giustizia Europea intervenute il 25.2.99, atteso che precedentemente non sussisteva alcun riconoscimento del diritto degli istanti.
Inoltre la difesa dei convenuti si era limitata genericamente ad eccepire il decorso della prescrizione quinquennale o in subordine decennale, senza indicazione dei termini temporali. La mancata indicazione delle singole date entro le quali gli appellanti avrebbero potuto far valere i propri diritti, avrebbe dovuto portare il giudice di primo grado al rigetto di tale eccezione. Tanto premesso gli appellanti chiedevano la modifica della sentenza di primo grado e l'accoglimento della domanda.
Si costituivano in giudizio la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Sanità ed il Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica chiedendo il rigetto dell'appello perché infondato. La causa era riservata a sentenza all'udienza dell'8.11.06 con termini per il deposito comparse.
Motivi della decisione
La Corte osserva che giustamente il giudice di primo grado ha ritenuto fondata l'eccezione di prescrizione.
Infatti la Corte di Giustizia delle Comunità Europee, nelle sentenze 25 febbraio 1999 e 3 ottobre 2000 ha affermato che dalle direttive del Consiglio 75/362/CEE (artt. 5 e 7); 75/353/CEE (art. 2, n. 1, lett. c), e 82/76/CEE deriva l'obbligo incondizionato e sufficientemente preciso di retribuire la formazione del medico specializzando.
L'adempimento di tale obbligo, ove lo Stato membro (come nel caso dell'Italia) non abbia adottato nel termine prescritto le misure di trasposizione delle direttive, deve essere assicurato mediante gli strumenti idonei previsti dall'ordinamento nazionale.
Nella sentenza C. (punti da 48 a 53) la Corte di Lussemburgo ha indicato, quali modalità di adempimento di tale obbligo, l'applicazione retroattiva delle norme nazionali di trasposizione, attraverso un'interpretazione di tali norme conforme alle direttive e, ove tale applicazione non sia possibile, attraverso il risarcimento del danno da mancato adempimento, da parte dello Stato membro, degli obblighi derivanti dall'adesione al Trattato CE.
La Corte di Giustizia della Comunità Europea ha infatti più volte dichiarato, che il principio della responsabilità dello Stato per danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili è inerente al sistema del Trattato (sentenze F. I, citata, punto 35; 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, B. e F., Racc. pag. 1 - 1029, punto 31; 26 marzo 1996, causa C-392/93, B., Racc. pag. 1 - 1631, punto 38; 23 maggio 1996, causa C-5/94, H., Racc. pag. 1 - 2553, punto 24, e 8 ottobre 1996, cause riunite C-178/94, C-179/94, C-188/94, C-189/94 e C-190/94, D. e a., Racc. pag. 1 - 4845, punto 20).
Risulta altresì da una giurisprudenza costante a partire dalla citata sentenza F. I, punti 41 - 43 che lo Stato è tenuto a riparare le conseguenze del danno provocato nell'ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità, fermo restando che le condizioni, in particolare relative ai termini, stabilite dalle legislazioni nazionali in materia di risarcimento dei danni non possono essere meno favorevoli di quelle che riguardano reclami analoghi di natura interna (principio dell'equivalenza) e non possono essere congegnate in modo da rendere praticamente impossibile o eccessivamente difficile ottenere il risarcimento (principio di effettività).
La circostanza che il risarcimento possa essere richiesto solo nell'ambito delle norme del diritto nazionale relative alla responsabilità e nella ricorrenza delle condizioni, sostanziali e formali, stabilite dalle diverse normative nazionali, comporta che le azioni per il risarcimento del danno extracontrattuale da tardiva attuazione di direttiva CEE, non diversamente da qualsiasi azione risarcitoria del danno da fatto illecito della Pubblica Amministrazione, siano soggette al termine prescrizionale di cinque anni di cui all'art. 2947 c.c.
La prescrizione, istituto caratterizzato dalla natura solitamente imperativa delle norme che lo disciplinano e dalla sua rispondenza a fini di interesse generale, quale modo di estinzione dei rapporti giuridici per l'inerzia del titolare del diritto, è presente anche nella normativa comunitaria. La sua applicazione, nel caso in esame, non costituisce quindi violazione dell'obbligo di ripristinare "a posteriori" l'effettività e l'uniforme applicazione del diritto negato ai singoli, né violazione dei prìncipi fondamentali dell'ordinamento comunitario bensì consegue all'esame della domanda di risarcimento proposta dagli attuali appellanti ed all'eccezione proposta dai convenuti, alla luce delle condizioni stabilite dalla legislazione nazionale con riferimento alle domande risarcitorie.
La prescrizione quinquennale delle azioni risarcitorie poi non contrasta con il principio di effettività, in quanto un tale termine non è tale da rendere né praticamente impossibile né eccessivamente difficile l'esercizio dei diritti attribuiti dall'ordinamento giuridico comunitario; né confligge con il principio di equivalenza applicandosi sia alle azioni fondate sulla violazione del diritto comunitario che a quelle fondate sull'inosservanza del diritto interno.
Sempre alla luce dell'ordinamento nazionale - art. 2935 c.c. - secondo il quale la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere - deve ritenersi che il termine prescrizionale, nel caso in esame, sia decorso dalla fine di ciascun anno accademico, essendo già scaduto al 31/12/1982, il termine ultimo per il recepimento della direttiva comunitaria.
Nessuna norma, né alcuna pronuncia prevede che il termine prescrizionale decorra solo dalla esatta trasposizione della direttiva comunitaria nell'ordinamento italiano.
E' altresì da escludere che il diritto al risarcimento sia sorto solo a seguito delle sentenze 25 febbraio 1999 (in causa C 131/97, A.C. e a. c/Università degli studi di Bologna e a.) e 3 ottobre 2000 (in causa C 371/97, C.G. e a. c/Università degli studi di Padova e a.), non avendo tali pronunce alcuna funzione costitutiva circa la pretesa risarcitoria degli appellanti, i quali ben potevano agire a tutela dei propri diritti al termine di ogni anno accademico. Deve inoltre rilevarsi che l'eccezione di prescrizione è stata formulata correttamente dai convenuti, in quanto essi hanno sufficientemente indicato i vari momenti da cui far decorrere la prescrizione estintiva.
L'appello pertanto deve essere rigettato. Giusti motivi impongono la compensazione delle spese del grado.
P.Q.M.
La Corte di Appello, definitivamente pronunciando, rigetta l'appello proposto da B.G. e altri nei confronti della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero della Sanità e del Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca Scientifica avverso la sentenza n. 469/04 del 15 gennaio 2004 del Tribunale di Napoli.
Compensa fra le parti le spese del grado.
Così deciso in Napoli nella Camera di Consiglio del 7 febbraio 2007.
Depositata in Cancelleria il 6 aprile 2007.