18.10.2005 free
TAR LAZIO - (Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria: sulla programmazione e limitazione di accesso ai corsi di laurea)
§ - Le disposizioni normative che si riferiscono al “fabbisogno” del sistema sociale produttivo (o del Servizio Sanitario Nazionale, nel caso dell’art. 6 ter del D.Lgs. n. 502/92) ai fini della determinazione e programmazione degli accessi ai corsi di laurea , introducono elementi destinati a valere, in tali operazioni, soltanto in via secondaria e subordinata rispetto all’elemento fondamentale e prioritario che è senz’altro costituito dalla capacità ricettiva delle strutture universitarie. Il numero dei posti disponibili, viene determinato dall’Università stessa, in ragione delle capacità ricettive delle strutture a disposizione, atte a garantire quei livelli minimi voluti dalle direttive comunitarie.(www.dirittosanitario.net)
Sentenza 8599/05
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Roma, Sezione III bis
composto dai Signori: Saverio Corasaniti Presidente Domenico Lundini Cons. rel. est. Francesco Arzillo Primo Referendario ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso n. 11475/2004 proposto dalla Sig.ra ......rappresentata e difeso dall’Avv. Marco Tortorella ed elettivamente domiciliata presso il suo studio, in Roma, Via Giovanni Antonelli n. 4; contro
-il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato; -l’Università degli Studi di Roma, La Cattolica, in persona del Rettore p.t., non costituita; e nei confronti di Gargaruti Massimo e D’Ambrini Andrea, non costituiti; per l’annullamento previa sospensione
A)del provvedimento di non ammissione dell’odierna istante al Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, della Facoltà di Medicina e Chirurgia, presso l’Università degli Studi di Roma, La Cattolica, per l’a.a. 2004/2005, previa declaratoria del diritto della ricorrente ad iscriversi al suddetto corso;
B)del decreto-bando, successivamente conosciuto, del Rettore della Università degli Studi di Roma, La Cattolica, con il quale è stato istituito il numero programmato, per l’anno accademico 2004/2005, nonché, ove occorra, di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati ovvero delle pregresse relative delibere, non conosciute, adottate dagli organi accademici competenti (Consiglio di Facoltà, Senato Accademico, Consiglio di amministrazione dell’Ateneo de quo, C.U.N.);
C)del Decreto Ministeriale 30.4.2004 “Corsi di laurea a numero programmato a livello nazionale - Modalità e contenuti delle prove di ammissione”, nonché ove occorra di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;
D)del Decreto Ministeriale 1 luglio 2004 “Decreto Ministeriale per la determinazione dei posti per l’immatricolazione al corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria”, nonché ove occorra di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;
E)del Decreto Ministeriale 21 luglio 1997, n. 245 (in G.U. 29 luglio, n. 175), “Regolamento recante norme in materia di accessi all’istruzione universitaria e di connesse attività di orientamento”, nonché ove occorra di tutti i provvedimenti in esso richiamati e/o menzionati;
F)di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale, anche non conosciuto; Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura dello Stato per il Ministero intmato; Vista la memoria difensiva della parte ricorrente; Vista l’ordinanza collegiale istruttoria n. 1702/04; Designato Relatore, per la pubblica udienza del 30.6.2005, il Cons. D. Lundini; Uditi, all’udienza predetta, gli Avv.ti comparsi, come da verbale; Visti gli atti tutti della causa Ritenuto econsiderato, in fatto e in diritto, quanto segue:
FATTO E DIRITTO
1.L’istante ha partecipato alle prove selettive per l’ammissione, nell’anno accademico 2004/2005, al corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università degli Studi Cattolica del Sacro Cuore. Non essendosi peraltro classificata, stante il limitato numero dei posti previsti (25+2 riservati a studenti stranieri), in posizione di graduatoria utile per l’immatricolazione, insorge, con il ricorso introduttivo, avverso gli atti indicati in epigrafe, formulando nove ordini di censura.
2.Il ricorso è anzitutto inammissibile, in quanto l’Università Cattolica del Sacro Cuore non è ammessa al patrocinio dell’Avvocatura dello Stato, presso la quale il ricorso stesso è stato notificato. Si tratta invero di una libera Università costituita ed operante ai sensi degli artt. da 198 a 212 del T.U. n. 1592/33. Ed ai sensi dell’art. 203 del predetto testo legislativo, alle Università libere non si aplica l’art. 56 del medesimo T.U., che prevede la possibilità, per le Università, di essere rappresentate e difese dall’Avvocatura dello Stato nei giudizi attivi e passivi anche davanti alle giurisdizioni amministrative.
Il ricorso stesso è comunque anche infondato nel merito. Con il primo e il secondo motivo di gravame, che si esaminano congiuntamente, la ricorrente assume, prioritariamente, che il MIUR, nel programmare l’accesso ai corsi di laurea per l’anno accademico 2004/2005, ha mancato di emanare il regolamento di cui all’art. 3 comma 1 della legge n. 264/1999 e cioè di definire ab origine regole certe in base alle quali la complessa procedura doveva articolarsi. Né il regolamento previsto dalla legge potrebbe individuarsi, ad avviso della ricorrente, in quello contenuto nel D.M. n. 245/97, che semmai avrebbe dovuto essere modificato sulla base dei principi e dei criteri direttivi elencati nell’art. 3 della suindicata legge. Assume poi l’istante, nel secondo mezzo, che nessuno dei provvedimenti previsti dall’art. 2 (programmazione e informazione) del citato DM n. 245/97 è stato comunque adottato, per cui, ove anche si ritenga che il regolamento previsto dalla legge del 1999 sia quello da ultimo citato, allora è da dirsi le sue disposizioni avrebbero dovuto essere integralmente attuate.
Gli assunti sopra riferiti non possono essere condivisi. Al riguardo rileva il Collegio che, con l’entrata in vigore della legge n. 264 del 1999, il potere della P.A. di disporre accessi programmati ai corsi di laurea (per quanto interessa in questa sede) in Odontoiatria e Protesi Dentaria, consegue una sua specifica ed esaustiva copertura legislativa. Tali disposizioni legislative, invero -fatta eccezione per quelle espressamente indicate dall’art. 5, comma 3, e fatto salvo il necessario intervento dei DD.MM. di determinazione delle modalità e contenuti delle prove di ammissione e di definizione del numero dei posti disponibili -art. 4 comma 1 seconda parte, ed art. 3, comma 1, lettere a) e b) della ripetuta legge del 1999- sono immediatamente applicabili e non postulano quindi il necessario previo intervento del regolamento cui fa riferimento la ricorrente. Tale regolamento, quindi, pur espressamente menzionato (con norma essenzialmente programmatica e di indirizzo) dalla predetta legge, non appare strettamente necessario ed ineludibile ai fini della disciplina procedimentale dell’accesso ai corsi di laurea a “numero chiuso”, almeno a quelli del genere di cui si controverte. In proposito occorre infatti considerare che il regolamento stesso (richiamato dalla legge n. 264/99) di cui all’art. 9 comma 4 della legge n. 341/1990, concerne, per definizione legislativa espressa, “criteri generali per la regolamentazione dell’accesso” ed eventuali “limitazioni nelle iscrizioni” a determinati corsi universitari.
Ebbene, a seguito dell’intervento della legge n. 264/99, è direttamente nel relativo testo legislativo che sono contenuti, ad un tempo, le previsioni limitative dell’accesso ai corsi di laurea di cui trattasi (cfr. art. 1) ed i “principi e criteri direttivi” (cfr. art. 3) di regolamentazione dell’accesso stesso. Sicchè, al riguardo, il contenuto di un eventuale regolamento, ex art. 9 comma 4 della legge n. 341/90, sarebbe sostanzialmente confermativo e reiterativo. E del resto se la legge n. 264/99 è direttamente applicabile dalle Università, in base all’art. 5 comma 4 della L. 264/99, per la determinazione dei posti per i corsi di cui all’art. 2 comma 1 lett. a), e comma 2, e per le relative prove d’ammissione, non si vede perché non dovrebbe applicarsi per gli accessi ai corsi, come quello di cui trattasi, programmati a livello nazionale e dettagliatamente disciplinati dalla fonte primaria. Con riferimento, ancora, al sopra citato art. 5 comma 4, va poi considerato che è proprio la stessa legge n. 264/99, con tale norma, a contemplare la possibilità di un mancato (o ritardato) intervento delle disposizioni regolamentari, ex art. 9 comma 4 L. 341/90, modificative del DM n. 245/1997, ed a consentire in alternativa, per l’evenienza, l’applicabilità diretta della disciplina contenuta negli artt. 3, comma 2, e 4, comma 1, della legge medesima. Quanto sopra, peraltro, solo ai fini della determinazione, da parte delle Università e nelle more dell’intervento delle disposizioni regolamentari in questione, dei posti per i corsi, come si è detto, di cui all’art. 2, comma 1, lett. a) e comma 2, e per la disciplina delle relative prove d’ammissione; dovendosi da questo logicamente dedurre (per quanto attiene invece ai corsi a numero programmato a livello nazionale) l’irrilevanza tout court della disciplina regolamentare in questione e la normale applicabilità diretta delle disposizioni contenute nella legge n. 264/99.
Consegue evidentemente da quanto sopra che è anche infondata la doglianza di cui al secondo motivo. Al riguardo, ribadisce invero il Collegio che gli atti impugnati sono stati legittimamente emanati, senza intermediazione della disciplina regolamentare di cui all’art. 3 comma 1 della legge stessa. I provvedimenti ex art. 2 del DM n. 245/97 sono previsti, infatti, come adempimenti presupposti e preordinati allo svolgimento della procedura di determinazione dei posti universitari ad accesso limitato di cui al regolamento stesso del 1997, sicchè, una volta riconosciuta l’irrilevanza di tale regolamento (ed in gran parte trasfusa la relativa disciplina direttamente in quella della legge n. 264/99) ai fini della regolamentazione dell’iter procedimentale di accesso al corso di laurea di cui trattasi, viene ovviamente meno anche il riferimento ai provvedimenti in esso regolamento previsti. Il richiamo, insomma, al DM n. 245/97, operato dalla ricorrente, è nella fattispecie del tutto inconferente.
3.Con i motivi nn. 3, 4 e 5, la ricorrente contesta poi, in estrema sintesi, l’elemento (previsto dall’art. 3 della legge n. 264/99 e rilevante ai fini della programmazione e limitazione di accesso ai corsi di laurea in questione) del “fabbisogno del sistema sociale e produttivo”, in quanto generico ed indeterminato (per assenza dell’atto regolamentare presupposto che avrebbe dovuto stabilirne i parametri), contrario a norme costituzionali e comunitarie, riferito al solo livello nazionale e non a quello comunitario, illogico e irrazionale in quanto valorizzante il bisogno attuale di professionalità ai fini della limitazione numerica di studenti che entreranno nel mondo del lavoro dopo non meno di cinque anni. Soggiunge l’istante: che il diritto allo studio non può essere limitato in relazione a tale elemento, riguardante il successivo accesso al mondo del lavoro e il fabbisogno produttivo, e che non sono documentati i criteri di determinazione del menzionato fabbisogno, in relazione al quale il Ministero, richiamando le note del giugno 2004 del Ministero della Salute e del Comitato Nazionale per la Valutazione del Sistema Universitario, ha ritenuto di non incrementare, come richiesto invece da alcune Università, il numero delle immatricolazioni rispetto all’anno accademico precedente.
Al riguardo rileva il Collegio che i profili di contestazione suddetti (che possono esaminarsi congiuntamente in quanto sostanzialmente riguardanti, tutti quanti, la medesima tematica ruotante intorno al citato elemento valutativo) sono da disattendere.
Invero, le disposizioni normative che si riferiscono al “fabbisogno” del sistema sociale produttivo (o del Servizio Sanitario Nazionale, nel caso dell’art. 6 ter del D.Lgs. n. 502/92) ai fini della determinazione e programmazione degli accessi ai corsi di laurea di cui trattasi, introducono elementi destinati a valere, in tali operazioni, soltanto in via secondaria e subordinata rispetto all’elemento fondamentale e prioritario che è senz’altro costituito dalla capacità ricettiva delle strutture universitarie. Nella specie il numero dei posti disponibili per il corso di laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria presso l’Università di cui trattasi è stato evidentemente determinato, dall’Università stessa, in ragione delle capacità ricettive delle strutture disponibili, atte a garantire quei livelli minimi voluti dalle direttive comunitarie (vedi al riguardo TAR Lazio, Roma, III bis, n. 64 del 7.1.2002). La relativa determinazione (25 posti) è stata nella specie appieno recepita dal MURST nel DM 1.7.2004, sicchè l’elemento normativo contestato non ha avuto, nella specie, alcun rilievo. Ciò vuol dire che la stessa questione di illegittimità costituzionale (adombrata dalla parte ricorrente) delle norme sopra indicate (in quanto riferite al contestato fabbisogno) non appare rilevante nel caso in esame. Sostanzialmente, dunque, l’istante non ha interesse a contestare, sotto alcuno dei profili prospettati, l’elemento in questione non risulta aver giocato in alcun modo a sfavore della posizione dell’istante medesima. Le censure stesse vanno quindi dichiarate inammissibili, per difetto di interesse.
4. Anche il sesto mezzo è privo di fondamento, non potendosi parlare, ad avviso del Collegio, di carenza di motivazione o di istruttoria inadeguata, né di acritica conferma delle determinazioni universitarie o di mancato accertamento delle potenzialità didattiche. Il Ministero infatti ha seguito l’iter disciplinato dalla legge per la determinazione dei posti a livello nazionale. La considerazione, poi, delle potenzialità dell’offerta formativa dei singoli Atenei, sulla base delle relative strutture, umane, materiali ed organizzative, è recepita nel decreto ministeriale attraverso gli atti istruttori legittimamente formati dalle Università tenendo conto dei parametri stabiliti dalla predetta legge n. 264/1999. Per ciò che più specificamente attiene poi al caso di specie, va rilevato che il Consiglio di Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università intimata e il Senato Accademico, con proprie delibere (in atti), basate sulla valutazione delle risorse disponibili, hanno individuato (com già sopra evidenziato) il proprio potenziale formativo e il conseguente numero di posti disponibili per l’accesso al corso di laurea in questione. Né si vede per quale ragione il Ministero avrebbe dovuto porre in dubbio o in discussione gli elementi riscontrati e presi in esame dall’Ateneo. Il procedimento seguito, sia a livello ministeriale che universitario, in conclusione, non appare illegittimo, alla stregua del sesto motivo di censura, che è quindi infondato.
5. Per quanto concerne poi (motivo n. 7) la lamentata violazione dell’autonomia universitaria, sul rilievo che i criteri selettivi, le modalità di svolgimento delle prove e il contenuto dei tests sarebbero stati fissati a livello nazionale esautorando gli Atenei, si tratta anche in questo caso di censura infondata. La legge n. 264/1999, che è fonte primaria, demanda a decreti ministeriali la determinazione delle “modalità e dei contenuti delle prove”. Conformemente a tale disposizione nella specie si è quindi provveduto con D.M. 30.4.2004.
Il sistema appare legittimo e conforme a Costituzione. All’Università, nella materia che ne occupa, è affidato un compito decisivo nella determinazione dei posti disponibili per ciascun corso di laurea, ma non va dimenticato che il Ministero, anche dopo la riforma universitaria, mantiene un potere di coordinamento del sistema, e non è comunque irrazionale che al Ministero stesso sia riservato dalla legge, nei limiti del legittimo esercizio della discrezionalità legislativa, un potere di disciplina per la regolamentazione in modo uguale per l’intero territorio nazionale delle modalità e delle prove d’accesso a corsi il cui numero viene programmato appunto a livello nazionale.
Ogni questione di legittimità costituzionale, sotto i profili dedotti dalla parte ricorrente, della normativa suddetta, appare quindi manifestamente infondata, dovendosi considerare, tra l’altro, che l’art. 33 della Costituzione postula che l’autonomia delle Università si spieghi comunque nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. L’intervento statale è dunque giustificato quando si reputi che alcune materie, richiedendo valutazioni d’insieme, non possono essere rimesse alla autonomia dei singoli Atenei. Tale essendo la disciplina legittimamente applicabile nella materia di specie, non vale richiamare le disposizioni di carattere generale contenute nel regolamento n. 509/99 concernente l’autonomia universitaria, che con le disposizioni specifiche in questione (ricollegabili tra l’altro, come si è detto, a fonti primarie) non contrastano ma vanno invece coordinate.
Quanto poi all’asserita carenza di preventiva attività di informazione degli studenti sui contenuti delle prove e sui testi per la preparazione, si tratta di censure generiche e da disattendere, posto che il DM 30.4.2004, pubblicato sulla G.U. dell’11.5.2004, ha per tempo stabilito in cosa consistevano le prove, indicando i relativi programmi e i criteri di valutazione. Né viene dedotto che il bando del Rettore dell’intimata Università non sia stato pubblicato e tempestivamente divulgato. I candidati erano quindi in grado di conoscere con anticipo i programmi e le materie d’esame, anche avvalendosi, ad abundantiam, delle esperienze degli anni precedenti e della divulgazione in internet dei contenuti delle relative prove d’esame. In presenza di tale situazione non vi era alcun obbligo di indicare specifici testi per la preparazione, la cui individuazione ben poteva essere rimessa all’iniziativa degli interessati sulla base dei programmi stabiliti per le prove. Quanto alla contestazione del tipo di prove prescelte in ambito ministeriale, le censure dedotte appaiono generiche e comunque esse sono da disattendere alla stregua della discrezionalità amministrativa nella specie esercitata dalla P.A.. La scelta di quiz a correzione informatizzata, senza valutazione di titoli, non appare infatti manifestamente illogica e ben può essere considerata opzione da privilegiarsi in quanto più rispondente a criteri di snellezza e rapidità di espletamento. Il fatto poi che tali prove postulino solo capacità mnemoniche e non privilegino i più capaci e meritevoli è affermazione generica e nella specie tutta da dimostrare.
Infine, è anche da disattendere la censura relativa allo svolgimento delle prove in unica data a livello nazionale e senza formazione di una graduatoria unica. Al riguardo, anche per questo aspetto deve rilevarsi che si è trattato di una scelta discrezionale dell’Amministrazione, che non appare manifestamente illogica, posto che si è inteso con essa privilegiare aspetti logistici e pratici meglio gestibili con graduatorie distinte per singole Università (si pensi ad esempio alla maggiore complessità organizzativa di una graduatoria unica e alle conseguenze sociali ed economiche connesse con i trasferimenti e le esigenze di alloggio degli studenti provenienti da altre città). Del resto sul punto specifico si è già detto, in giurisprudenza, che in caso di graduatorie differenziate sulla base di concorsi diversi per singoli Atenei, le chances di successo sono certamente condizionate dalla sede concorsuale prescelta, sotto il profilo della diversa capacità dei concorrenti che hanno fatto la medesima scelta. Ma si tratta di una variabile che rientra nell’ambito della libera scelta dell’interessato, e questo aspetto, insieme alle considerazioni di carattere organizzativo suindicate, può compensare la perdita di quel tanto di razionalità (sotto il profilo della selezione dei più meritevoli in assoluto, vale a dire in ambito nazionale) che comporta la rinuncia alla graduatoria unica (TAR Umbria, n. 716, del 3.9.2003; vedi anche Tar Liguria, n. 184 del 17.2.2003 e Tar Lazio, n. 64 del 7.1.2002; n. 14000 del 25.11.2004; 12670 dell’8.11.2004).
La previsione poi di un’unica contemporanea prova su tutto il territorio nazionale costituisce misura idonea a garantire l’uniformità di trattamento di ogni singolo candidato, nonché il corretto svolgimento delle prove d’esame. Infatti, ammettere un candidato a più selezioni, stante l’unicità nazionale dei quiz a risposta multipla, implicherebbe, per lo stesso, un evidente vantaggio rispetto a chi tale possibilità non avesse avuto, per qualsiasi motivo; l’interessato infatti potrebbe in concreto avvantaggiarsi dalla conoscenza dei quiz derivante dalla partecipazione ad altra identica selezione (cfr. TAR Lazio, n. 64/2002).
Nella specie, oltretutto, la ricorrente non fornisce almeno un inizio di prova che l’esito conseguito (con collocamento al posto n. 190 della graduatoria) nelle prove sostenute presso l’Università di cui trattasi le avrebbe consentito l’iscrizione in una qualsiasi altra Università italiana, per cui si profilano, nel caso di cui trattasi, anche aspetti di dubbio interesse alla contestazione, sotto i profili in esame, delle modalità di selezione attuate. Il procedimento nella specie seguito, appare comunque al Collegio, alla stregua di quanto rilevato, immune dai vizi dedotti con il motivo di ricorso di cui trattasi.
Né reputa il Collegio stesso che possano ipotizzarsi, con una qualche attendibilità, dubbi di illegittimità costituzionale della normativa portata dalla legge n. 264/99, in dipendenza della mancata previsione di una graduatoria unica a livello nazionale, sotto i profili della lesione dei principi meritocratici e di buon andamento dell’azione amministrativa, di uguaglianza, del libero accesso allo studio ed ai suoi più alti gradi. Invero, una volta riconosciuta la legittimità, anche dal punto di vista costituzionale, del ricorso al numero chiuso per determinati corsi di laurea (cfr. Co. Cost. n. 383/98), reputa il Collegio che le graduatorie di limitazione degli ammessi stilate a livello delle singole università, consentano pur sempre l’accesso ai più meritevoli, dato che il raffronto va operato tra i partecipanti alle relative singole selezioni. Né è da ravvisarsi una lesione del principio di uguaglianza per il fatto che con un determinato esito delle prove di concorso si possa essere ammessi in un’Università e non invece in un’altra (in dipendenza del diverso numero di partecipanti alle relative selezioni), trattandosi di situazioni soggettive non comparabili, individualmente assunte per libera scelta e giustificate comunque sul piano dell’interesse pubblico da esigenze di semplificazione procedimentale e di maggior ossequio ai principi di autonomia universitaria. In definitiva, riconosce il Collegio che si possa anche pensare a soluzioni diverse e forse migliori rispetto a quelle nella specie privilegiate, ma certamente non può dirsi che nella specie si sia andati oltre il legittimo esercizio della discrezionalità legislativa e amministrativa.
Ciò posto in riferimento alle linee ed agli aspetti di carattere generale della questione, precisa il Collegio che nella specie molte delle censure come sopra poste dalla ricorrente sono comunque in conferenti, attesa la peculiare natura giuridica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e la specificità delle prove di selezione attuate (tre prove con valutazione anche del voto di maturità). 6.Nè la ricorrente ha poi interesse a dedurre, stante la sua posizione in graduatoria (190), la pretesa illegittimità della procedura per mancata “ridistribuzione” (ai cittadini italiani e agli stranieri “comunitari”) dei posti riservati agli “extracomunitari” (peraltro solo per il 5° anno) ed asseritamente rimasti vacanti. Il motivo n. 8 è quindi inammissibile.
7.Con riferimento, infine, al motivo di ricorso n. 9, è ben vero che in linea di massima “il diritto all’istruzione non può essere rifiutato a nessuno”, ma tale affermazione, che discende anche da un principio costituzionale, è stata accolta e regolamentata dalla normativa statale di riferimento, la cui legittimità costituzionale è già stata riconosciuta proprio in relazione ai limiti di accesso a determinate facoltà universitarie. Sulla base di tale principio, peraltro, tutti i richiedenti sono stati ammessi a sostenere le prove di selezione, ma solo coloro che sono risultati graduati entro il limite dei posti legittimamente programmati sono stati ammessi al corso di laurea. Si tratta di una limitazione che non può determinare alcun sospetto di illegittimità costituzionale del sistema, in considerazione delle ragioni che impediscono, anche alla stregua di norme e principi comunitari, iscrizioni indiscriminate e sovradimensionate rispetto alle potenzialità del sistema universitario.
8.Conclusivamente, il proposto ricorso va dichiarato inammissibile e respinto, secondo quanto sopra specificato, ma le spese possono essere integralmente compensate tra le parti, sussistendo giustificati motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione III bis, dichiara inammissibile e respinge il ricorso in epigrafe.
Compensa le spese.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 30.6.2005.
Saverio Corasaniti – Presidente
Domenico Lundini - Estensore