11.11.2014 free
Circolare Ministero della Salute - 06/10/2014, n.26708 - AGGIORNAMENTO ED ERRATA CORRIGE Nota Circolare nr. prot. 26377 del 1° ottobre 2014 “Malattia da Virus Ebola (MVE) - Protocollo centrale per la gestione dei casi e dei contatti sul territorio nazionale”.
ARTICOLO UNICO
La presente aggiorna e sostituisce, integralmente, la nota del 1° ottobre, nr. prot. 26377, recante uguale titolo. L’aggiornamento e gli errata corrige sono evidenziati con tipo e grandezza del carattere differenti dal rimanente testo (a pag. 3 e 4) e nella figura 1.
In relazione all’esperienza della gestione sul territorio nazionale dei casi sospetti di malattia da Virus Ebola (MVE) dal mese di luglio ad oggi, si ritiene opportuno stabilire un protocollo centrale della gestione dei casi sospetti/probabili/confermati (S/P/C) di MVE, nonché dei contatti, cui fare riferimento nell’organizzazione della preparazione e della risposta al verificarsi degli stessi.
Tale protocollo prevede la gestione del caso S/P/C a livello centrale, con il coinvolgimento delle Regioni e, ove necessario, delle altre Amministrazioni dello Stato e/o Enti privati, e l’eventuale trasferimento in modalità protetta presso uno dei Centri Nazionali di Riferimento per la gestione clinica del paziente (INMI “Lazzaro Spallanzani” di Roma e Azienda Ospedaliera “L. Sacco” di Milano), con modalità che saranno valutate di volta in volta, in stretto coordinamento con il Ministero della Salute.
La destinazione di casi confermati verso altre strutture ospedaliere potrà avvenire, secondo le modalità indicate dal Ministero della Salute in accordo con le Regioni, solo a seguito di saturazione delle disponibilità presso i Centri Clinici Nazionali di Riferimento o per specifiche e particolari motivazioni determinate dalla situazione epidemiologica della MVE.
A tal fine, si sottolinea la necessità di acquisire, da parte degli Assessorati alla Sanità delle Regioni e P.P.A.A., le informazioni relative alla disponibilità di posti letto in isolamento/alto isolamento.
Nel caso in cui navi in navigazione in acque territoriali italiane o aerei in volo sullo spazio aereo nazionale segnalino casi sospetti di malattie infettive a bordo, saranno attivate le normali procedure si profilassi internazionale da parte degli Uffici di Sanità Marittima, Aerea e di Frontiera (USMAF), che attiveranno contestualmente il protocollo centrale in parola.
Una volta valutato e classificato il caso, secondo i criteri riportati nel presente documento, il medico o la struttura sanitaria locale dovrà darne tempestiva comunicazione, oltre che ai competenti servizi locali e regionali, al Ministero della Salute che coordinerà le eventuali attività operative sovra-regionali, per facilitare la diagnosi finale ed il trattamento del paziente, la tutela degli operatori sanitari e della collettività.
Le indicazioni fornite con il presente documento potranno essere rivalutate ed aggiornate nel corso del tempo, qualora il mutamento dell’andamento epidemiologico lo rendesse necessario.
LA MALATTIA DA VIRUS EBOLA (MVE)
MANIFESTAZIONI CLINICHE
Clinicamente, si tratta di una malattia acuta grave, caratterizzata da comparsa improvvisa di febbre elevata, astenia intensa, dolori articolari e muscolari, inappetenza e mal di stomaco, mal di testa, mal di gola. Questi primi sintomi possono essere seguiti da vomito, diarrea, esantema cutaneo diffuso, iniezione congiuntivale, singhiozzo, tosse, dolore al petto, difficoltà respiratorie o di deglutizione.
I fenomeni emorragici, sia cutanei che viscerali, possono comparire in genere al sesto-settimo giorno, soprattutto a carico del tratto gastrointestinale (ematemesi e melena) e dei polmoni. Si accompagnano a petecchie, epistassi, ematuria, emorragie sottocongiuntivali e gengivali, meno-metrorragie.
L’infezione da malattia da virus Ebola può essere confermata solo attraverso test virologici.
La letalitàè compresa tra il 50 e il 90%, nell’epidemia in corso è di poco superiore al 50%.
PERIODO DI INCUBAZIONE
Il periodo di incubazione è mediamente di 8-10 giorni con un range di 2-21 giorni.
Al momento non è possibile identificate i pazienti infetti durante il periodo di incubazione (ovvero prima dell’inizio dei sintomi), neanche con i test molecolari.
TRASMISSIONE INTER-UMANA
Inizio e durata della contagiosità
Durante il periodo di incubazione le persone non sono considerate a rischio di trasmettere l’infezione. Il paziente diventa contagioso tramite secrezioni quando comincia a manifestare sintomi, e si mantiene contagioso fino a quando il virus è rilevabile nel sangue. Per questo motivo, per evitare di infettare chiunque altro nella comunità, i pazienti infetti devono essere attentamente monitorati e sottoposti a test virologici prima della dimissione, per garantire che il virus non sia più rilevabile in circolo. L’eliminazione del virus tramite allattamento e per via sessuale può proseguire anche dopo la guarigione clinica. In particolare, la permanenza del virus nello sperma può verificarsi fino a 7 settimane dopo la guarigione e, in casi eccezionali, anche oltre (fino a 12 settimane).
Modalità di trasmissione
Le informazioni scientifiche disponibili, desunte dalle pregresse epidemie di Ebola, evidenziano come il virus Ebola si trasmetta attraverso:
• il contatto diretto (per via cutanea o mucosale) con sangue o altri liquidi/materiali biologici, quali saliva, feci, vomito, sperma, incluse le secrezioni salivari (droplets);
• il contatto indiretto (per via cutanea o mucosale), con oggetti contaminati con sangue o altri liquidi biologici (ad esempio aghi).
Non vi sono evidenze di trasmissione del virus per via aerea.
La probabilità di trasmissione del virus cambia nel corso della malattia con l’evolversi delle manifestazioni cliniche. All’inizio, quando è presente solo febbre in assenza di vomito o diarrea o di manifestazioni emorragiche, il rischio di trasmissione è basso; nelle fasi tardive, quando compaiono manifestazioni emorragiche, il rischio è significativamente più elevato e rimane molto alto anche dopo la morte. Per questo motivo, le precauzioni di isolamento raccomandate sono incrementate in relazione alla fase del percorso assistenziale, in ragione della valutazione del rischio (cioè probabilità che il paziente sia stato effettivamente esposto ad un malato di Ebola, stadio e decorso clinico della malattia).
L'ATTUALE EPIDEMIA IN AFRICA OCCIDENTALE
Da dicembre 2013 è in corso una estesa epidemia di MVE in alcuni Paesi dell’Africa Occidentale e i Paesi maggiormente interessati dall’epidemia in corso sono Guinea, Liberia e Sierra Leone.
In Nigeria, dove il virus è stato introdotto nel mese di luglio dalla Liberia, alla data del 22 settembre 2014 sono stati registrati, complessivamente, 20 casi e 8 decessi, tutti correlati al caso indice di importazione. Tale focolaio non risponde, quindi, alla definizione di autoctono. La data di isolamento dell’ultimo caso confermato risale al 31 agosto 2014 e, non essendo stati confermati ulteriori casi, si attende la conclusione del periodo di osservazione dei contatti per escludere il Paese dalle aree affette e dal criterio epidemiologico.
In Senegal, dove il virus è stato introdotto a fine agosto dalla Guinea, è stato segnalato 1 solo caso confermato, anch’esso di importazione; alla data del 22 settembre 2014 tutti i contatti di tale caso hanno completato il follow up di 21 giorni, senza evidenza di casi secondari.
Il 30 settembre 2014 anche gli Stati Uniti d’America hanno notificato all’OMS il primo caso confermato di importazione di MVE, in un cittadino con storia recente di viaggio in Africa occidentale (compatibile con il periodo di incubazione). È in corso la ricerca dei contatti da sottoporre a sorveglianza.
Contemporaneamente è in corso un focolaio di MVE, non collegato a quello in corso in Africa Occidentale, nella Repubblica Democratica del Congo con 70 casi (30 confermati, 26 probabili e 14 sospetti) alla data dell’1 ottobre 2014.
Alla data della presente, sono considerate aree affette i Paesi Guinea, Liberia, Sierra Leone, nonché le aree di Lagos e di Port Harcourt in Nigeria.
Il Senegal non è da considerare area affetta dal momento che non è stata registrata trasmissione locale del virus Ebola.
Aggiornamenti sulla situazione epidemiologica sono disponibili su: http://www.salute.gov.it/portale/temi/p2_6.jsp?lingua=italiano&id=813&area=Malattie%20infettive&menu=vuoto e http://www.who.int/csr/don/en/; una mappa geografica, aggiornata con la distribuzione dei casi, è consultabile all’indirizzo http://www.who.int/csr/disease/ebola/maps/en/.
L'attuale epidemia in Africa occidentale è causata da “Zaire ebola” virus. È la prima che interessi l’Africa dell’Ovest, la più estesa epidemia di Ebola mai registrata, per numero di casi e diffusione geografica, e la più difficile in termini di gestione/controllo. Per la prima volta, inoltre, l’epidemia ha coinvolto le grandi città, richiedendo, per controllarla, uno sforzo di cooperazione che alcuni Stati, Italia compresa, stanno mettendo in atto. Nelle aree colpite si prevede che il tasso di nuovi casi continuerà ad aumentare nelle prossime settimane, forse mesi. L’OMS stima che per poter arrivare ad un controllo dell’attuale epidemia saranno necessari almeno 6-9 mesi, durante i quali dovranno essere messi in campo interventi forti e coordinati.
La probabilità di importazione di casi nel nostro Paese è molto bassa; tuttavia è necessario che la capacità di risposta del Sistema Sanitario Nazionale, nell’ipotesi del verificarsi di casi di MVE in Italia, sia mantenuta, ovvero implementata, a livelli adeguati, per una corretta e tempestiva individuazione e gestione degli stessi, anche allo scopo di prevenire una possibile trasmissione di questo agente patogeno altamente infettivo. Sulla base delle attuali informazioni, l’OMS non raccomanda alcuna restrizione per viaggi turistici o commerciali verso i Paesi interessati dall’epidemia.
PROCEDURA NAZIONALE DI GESTIONE DEI CASI S/P/C DI FEBBRI EMORRAGICHE
CRITERI PER LA DEFINIZIONI DI CASO
CRITERIO CLINICO: Il paziente presenta (o ha presentato prima del decesso)
• febbre [>38,6°C] o storia di febbre nelle ultime 24 ore
E
almeno uno dei seguenti sintomi:
• mal di testa intenso
• vomito, diarrea, dolore addominale
• manifestazioni emorragiche di vario tipo non spiegabili
- insufficienza multiorgano
oppure
• una persona deceduta improvvisamente ed inspiegabilmente.
CRITERIO EPIDEMIOLOGICO: Il paziente
1) ha soggiornato in un’area affetta (1) da MVE nei precedenti 21 giorni
oppure
2) ha avuto contatto con un caso confermato o probabile di MVE nei precedenti 21 giorni.
Stratificazione del criterio epidemiologico in base al rischio di esposizione
BASSO RISCHIO:
• Contatto casuale con un paziente febbrile, autonomo, in grado di deambulare. Esempi: condividere una sala di attesa o un mezzo pubblico di trasporto; lavorare in una reception.
ALTO RISCHIO: UNO DEI SEGUENTI
• Contatto faccia a faccia (ad esempio, a meno di 1 metro di distanza) senza indossare appropriati dispositivi di protezione individuale (inclusi quelli per la protezione oculare) con un caso probabile o confermato che presenti tosse, vomito, emorragia, o diarrea. Contatto sessuale non protetto con una persona precedentemente ammalata, fino a tre mesi dopo la guarigione;
• Contatto diretto con qualunque materiale contaminato da fluidi corporei di un caso probabile o confermato;
• Esposizione della cute (ad esempio, per puntura accidentale) o delle mucose a sangue, altri liquidi biologici, campioni di tessuto o di laboratorio di un caso probabile o confermato;
• Partecipazione a riti funerari con esposizione diretta alla salma nelle aree geografiche (o proveniente dalle aree geografiche) affette, senza appropriati dispositivi di protezione individuale;
• Contatto diretto con pipistrelli, roditori, primati, vivi o morti, nelle zone (o proveniente dalle zone) affette o con carne di animali selvatici (“bushmeat”).
CRITERIO DI LABORATORIO:
La positività ad uno dei seguenti:
• Individuazione di acido nucleico del virus Ebola in un campione clinico e conferma mediante sequenziamento o un secondo test su una diversa regione del genoma;
• Isolamento del virus Ebola da un campione clinico;
• Evidenza di sieroconversione.
CLASSIFICAZIONE DEI CASI
PAZIENTE da VALUTARE (“CASO SOSPETTO”)
Una persona che presenti il criterio clinico E quello epidemiologico
oppure
che presenti almeno 1 sintomo tra quelli elencati (inclusa la febbre di qualsiasi grado) E il criterio epidemiologico con alto rischio di esposizione.
CASO PROBABILE
Una persona che presenti il criterio clinico E quello epidemiologico con alto rischio di esposizione
CASO CONFERMATO
Un caso confermato in laboratorio
VALUTAZIONE INIZIALE E GESTIONE DI CASI S/P/C DI MALATTIA DA VIRUS EBOLA
L’obiettivo delle indicazioni riportate di seguito è quello di ridurre al minimo il rischio di trasmissione del virus Ebola - durante l’assistenza di pazienti con malattia sospetta, in corso di accertamento - ad altri pazienti, agli operatori, ai visitatori.
Il personale sanitario, al primo contatto con un paziente che presenta febbre o storia di febbre nelle ultime 24 ore, deve attentamente verificare in anamnesi l’eventuale soggiorno nelle aree affette da MVE nei 21 giorni precedenti l’esordio della febbre o di altre condizioni previste nel criterio epidemiologico, in modo da individuare tempestivamente i casi sospetti da sottoporre ad approfondimento diagnostico ed inviarli al reparto di Malattie Infettive di riferimento.
PRECAUZIONI DA ADOTTARE AL MOMENTO DELLA VALUTAZIONE INIZIALE
A. Se il paziente presenta solo febbre e non ha necessità immediata di essere visitato (non vi sono emergenze cliniche che richiedano un intervento immediato e si tratta solo di raccogliere l’anamnesi), egli dovrà essere invitato a sostare in un ambiente separato da altri eventuali soggetti in attesa e, come misura precauzionale, verrà dotato di mascherina chirurgica e l’operatore effettuerà il colloquio mantenendosi ad una distanza di almeno un metro, evitando di toccare il paziente.
In questa fase non è necessaria l’adozione di dispositivi di protezione individuale (DPI). Si raccomanda, in ogni caso, di eseguire l’igiene delle mani al termine del colloquio.
B. Se il paziente presenta febbre + diarrea, sanguinamento, vomito o tosse, dovrà essere invitato a sostare in un ambiente separato da altri eventuali soggetti in attesa ove raccogliere l’anamnesi, preferibilmente in accordo con il medico infettivologo, e adottando le precauzioni standard, da contatto e da droplets (vedi il paragrafo “Utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale”). Inoltre, qualora il paziente abbia necessità di prestazioni clinico-assistenziali indispensabili e indifferibili, preferibilmente in accordo con lo specialista infettivologo, le prestazione dovranno essere effettuate avendo cura di:
1. limitare al minimo gli operatori di assistenza e gli accertamenti di laboratorio, diagnostico-strumentali e le manovre invasive;
2. isolare il paziente in stanza singola;
3. qualora il paziente sia in gravi condizioni cliniche, che richiedono assistenza intensiva, e non sia trasportabile ad uno dei centri clinici nazionali di riferimento, dovrà essere gestito in stanza singola secondo le procedure di terapia intensiva previste dalla organizzazione regionale, sino alla eventuale possibilità di trasferimento al centro nazionale;
4. prevedere, da parte di tutti gli operatori coinvolti, l’adozione delle precauzioni standard, da contatto e da droplets (vedi il paragrafo “Utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale”).
Durante l’assistenza al paziente prediligere sempre l’utilizzo di biancheria e dispositivi/presidi monouso (es: lenzuolo, arcelle, ecc.) da smaltire successivamente come rifiuti a rischio infettivo.
PRESA IN CARICO DEL CASO SOSPETTO
Se il paziente risponde alla definizione di caso sospetto, il medico consultato dovrà seguire le seguenti raccomandazioni:
1. fornire al paziente una mascherina chirurgica e invitarlo a lavarsi le mani con acqua e sapone o frizionarle con gel alcolico;
2. informare il paziente sulle misure precauzionali che verranno messe in atto;
3. disporre l’isolamento del paziente nel luogo in cui si trova al momento della segnalazione;
4. mettersi in contatto telefonico con il reparto di malattie infettive di riferimento per concordare il trasferimento del paziente;
5. attivare il 118 per il trasferimento in sicurezza del paziente verso il reparto di malattie infettive di riferimento;
6. contattare il Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente per segnalare il caso sospetto e concordare l’identificazione e le modalità di presa in carico degli eventuali contatti.
TRASPORTO DEI CASI SOSPETTI AL REPARTO DI MALATTIE INFETTIVE
Precauzioni nei confronti del paziente
• Prima di far salire il paziente in ambulanza, posizionare sul lettino dell’ambulanza un telo/sacco impermeabile ed accertarsi che abbia indossato la mascherina chirurgica, se non vi sono controindicazioni (pz non collaborante, con difficoltà respiratorie, etc.).
Igiene delle mani e DPI
• Tutti gli operatori addetti al trasporto del paziente devono eseguire la corretta igiene delle mani.
• I DPI raccomandati sono quelli per la prevenzione della trasmissione da contatto e da droplets (vedi il paragrafo “Utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale”).
Decontaminazione del mezzo di trasporto
• Se durante il trasporto di un caso sospetto non vi è perdita di liquidi biologici (vomito, diarrea, sanguinamento) da parte del paziente, procedere alla pulizia e disinfezione secondo le normali procedure operative. Il tempo impiegato per le procedure di pulizia e disinfezione del mezzo è sufficiente anche per assicurare l’aerazione dello stesso.
• Qualora il paziente vomiti, tossisca o abbia perdita di altri liquidi biologici, il mezzo dovrà essere sottoposto a disinfezione secondo il ciclo a tre tempi (vedi il paragrafo “Decontaminazione ambientale”).
GESTIONE DEL PAZIENTE SOSPETTO PRESSO IL REPARTO DI MALATTIE INFETTIVE DI RIFERIMENTO
Presa in carico del paziente
• L’infettivologo effettua una prima valutazione, volta ad escludere o confermare il sospetto di MVE. Può avvalersi anche della consultazione con gli infettivologi dell’Istituto Nazionale per le Malattie Infettive “Lazzaro Spallanzani” di Roma e dell’Azienda Ospedaliera “Luigi Sacco” di Milano, per un confronto sull’orientamento della diagnosi e l’eventuale gestione del paziente. Le modalità dell’eventuale prelievo e del successivo invio di campioni biologici al laboratorio di riferimento regionale e nazionale saranno concordate con questi.
• L’infettivologo segnala al Dipartimento di Prevenzione territorialmente competente la presa in carico del caso e la successiva evoluzione della situazione.
• Contestualmente all’invio dei campioni al Centro regionale/nazionale di riferimento, rispettivamente per la diagnosi e/o conferma diagnostica di MVE, dovrà essere trasmessa la segnalazione del caso al Ministero della Salute, Ufficio V - Malattie Infettive e Profilassi Internazionale, secondo le modalità previste nella Circolare del 13 agosto 2014 (http://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/renderNormsanPdf;jsessionid=V0WhepMifvbPd67UExOr+Q__.sgc4-prd-sal?anno=0&codLeg=49678&parte=1%20&serie=).
Precauzioni di isolamento
• Il paziente deve essere posto in stanza di isolamento dotata di servizi igienici; la porta della stanza deve rimanere chiusa, limitando al minimo il numero di operatori che hanno accesso alla stanza.
• Se il paziente risulta positivo al test della malaria è comunque opportuno mantenere le precauzioni di isolamento, fino alla verifica della risposta alla terapia che determina l’esclusione della diagnosi di Ebola.
• Prima di entrare nella stanza, tutti gli operatori devono adottare le precauzioni standard, da contatto e da droplets (vedi il paragrafo “Utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale).
• Privilegiare l’utilizzo di biancheria e materiale monouso da smaltire come rifiuti a rischio infettivo.
• Nell’assistenza è preferibile utilizzare attrezzature dedicate, che dovranno essere decontaminate (in presenza di materiale organico), deterse e disinfettate prima dell’uso su un successivo paziente.
• Utilizzare preferibilmente dispositivi medici monouso; in alternativa, predisporre l’uso personalizzato garantendo la sterilizzazione o (se non è applicabile la sterilizzazione) la disinfezione alla dimissione del paziente.
• Decontaminare le superfici ambientali secondo le indicazioni riportate di seguito (vedi paragrafo “Decontaminazione ambientale”).
• Lo smaltimento dei rifiuti andrà effettuato seguendo le indicazioni riportate nel paragrafo ad hoc.
Assistenza e diagnosi
• Accesso venoso: utilizzare i dispositivi di sicurezza secondo il D.Lgs. n. 19/2014; prestare la massima attenzione per evitare punture e ferite accidentali, da parte di tutti gli operatori sanitari coinvolti.
• Gestione dei campioni biologici (esami ematochimici indifferibili, test per diagnosi differenziale) presso il laboratorio individuato: gestire i campioni in condizioni di sicurezza secondo le indicazioni riportate di seguito (vedi il paragrafo “Diagnostica di laboratorio”).
• Qualora il paziente sia in gravi condizioni cliniche, che richiedono assistenza intensiva, e non sia trasportabile ad uno dei i centri nazionali di riferimento, dovrà essere gestito in stanza singola secondo le procedure di terapia intensiva previste dalla organizzazione regionale, sino alla eventuale possibilità di trasferimento al centro nazionale.
• Qualora il caso venga confermato, e le condizioni del paziente lo consentano, dovrà esserne previsto il trasferimento presso l’INMI “L. Spallanzani” o l’Azienda Ospedaliera “L. Sacco”, applicando le indicazioni sul trasporto in alto biocontenimento definite con Decreto interministeriale del 23 novembre 2010.
L’algoritmo in Figura 1 sintetizza le misure da adottare nelle diverse fasi del percorso assistenziale ad un paziente con MVE sospetta o accertata.
Si ritiene utile ribadire che è opportuno che il personale sanitario, in tutte le fasi del percorso assistenziale, anche in presenza di un caso sospetto a basso rischio, rispetti scrupolosamente le precauzioni standard per la prevenzione delle infezioni, operando in modo tale da evitare assolutamente qualsiasi contatto diretto con liquidi biologici dei pazienti.
Inoltre, nei casi in cui sia necessario effettuare accessi venosi o arteriosi a scopo diagnostico terapeutico, per prestazioni indispensabili ed indifferibili, questi dovranno essere effettuati con dispositivi (aghi, butterfly, aghicannula, siringhe, etc.) di sicurezza, secondo quanto previsto dal D. Lgs. 19/2014, a integrazione del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., privilegiando l’uso di sistemi sottovuoto con provette di plastica (es. vacutainer).
DIAGNOSI DI LABORATORIO DELLA MALATTIA DA VIRUS EBOLA
Il virus Ebola, ed i Filovirus in genere, in quanto virus rivestiti, sono caratterizzati da una capacità di resistenza nell’ambiente o ai disinfettanti NON superiore a quella degli altri virus.
I campioni dei pazienti sospettati di MVE, sulla base delle definizioni di caso fornite, dovrebbero essere trattati secondo una strategia di stratificazione dei rischi, effettuata da operatori con comprovata esperienza nel campo delle malattie infettive, che tenga conto non solo dell’esistenza, ma della entità del link epidemiologico (provenienza da zone dove l’epidemia ha un’alta diffusione, aver frequentato strutture ospedaliere o aver avuto contatti diretti con persone infette, etc.), della gravità della sintomatologia e dell’eventuale mancato miglioramento dei sintomi a seguito dei trattamenti terapeutici (es. persistenza della febbre nonostante il trattamento antimalarico in pazienti con parassitemia) (2).
I laboratori per l’effettuazione dei test ematochimici, per la diagnosi differenziale e per la diagnosi di MVE dovranno essere appositamente individuati.
Nello specifico, per gli esami ematochimici ed i test per le diagnosi differenziali, nei casi sospetti/probabili di MVE, deve essere individuato un laboratorio di riferimento che, in base alla valutazione del rischio, effettuata dalla struttura di malattie infettive di riferimento regionale, definisca le procedure per il trasporto ed il processo dei campioni.
Per il test diagnostico di virus Ebola possono essere individuati laboratori regionali di riferimento, con livello di biosicurezza almeno BSL3. I laboratori abilitati alla manipolazione degli agenti di gruppo di rischio 4 potranno effettuare i test che necessitano la coltura del virus e conservare i campioni biologici positivi.
Una volta individuati e comunicati al Ministero della Salute i laboratori regionali di riferimento, si avvierà un processo di qualifica degli stessi con la collaborazione dell’INMI “L. Spallanzani”, Centro Nazionale di Riferimento per la diagnosi di Febbri Emorragiche Virali (FEV) e coordinatore del network europeo dei Laboratori BSL4 “QUANDHIP”.
In attesa della conclusione del processo di costruzione della rete di laboratori qualificati per la diagnosi di MVE, distribuiti sul territorio nazionale, i campioni che saranno inviati ai laboratori regionali di riferimento contemporaneamente dovranno essere inviati in ogni caso all’INMI “L. Spallanzani” per la conferma.
Saranno considerati casi confermati, da comunicare anche al livello internazionale, esclusivamente i casi confermati dal Laboratorio Nazionale di Riferimento dell’INMI “L. Spallanzani”.
I risultati dei test di laboratorio non devono essere comunicati all’esterno fino alla conferma nazionale degli stessi ed all’invio della notifica da parte del Ministero della Salute alle Organizzazioni internazionali (Commissione Europea, ECDC, OMS). Da parte dei laboratori regionali/nazionali di riferimento dovrà essere garantita, comunque, la comunicazione dei risultati dei test preliminari e di conferma alla struttura di ricovero, alla Regione/PP.AA., al Ministero della Salute.
In generale, per gli esami ematochimici indifferibili e per la diagnosi differenziale da effettuare sui pazienti sospetti, si consiglia l’uso, ove disponibili, di “point of care test” (POCT) e di sistemi analitici automatici chiusi che, se utilizzati con la piena osservanza delle precauzioni standard, offrono un elevato livello di biosicurezza. L’analisi dei campioni dovrebbe essere seguita dalla disinfezione dello strumento secondo le procedure suggerite dalla ditta produttrice.
Pertanto, qualora sia necessario effettuare tali indagini di laboratorio, è necessario adottare le precauzioni standard. In particolare:
• nell’effettuare il prelievo ematico dovranno essere impiegati dispositivi di sicurezza, come previsto dal D. Lgs. n. 19/2014, che integra il D.Lgs. n. 81/2008, utilizzando sistemi a vuoto con provette di plastica;
• la struttura di malattie infettive di riferimento dovrà definire un protocollo, d’intesa con il laboratorio di riferimento, che preveda corrette modalità di richiesta degli accertamenti e flussi informativi specifici. È necessario che tale laboratorio venga avvisato in anticipo dell’invio di un campione proveniente da un caso di MVE;
• i campioni biologici devono essere confezionati e conferiti al laboratorio di riferimento nel rispetto di quanto previsto dalla Circolare Ministeriale n. 3 del 3 maggio 2003 “Raccomandazioni per la sicurezza del trasporto di materiali infettivi e di campioni diagnostici”;
• le precauzioni di biosicurezza attuate in ogni laboratorio, in ottemperanza del D.Lgs. n. 81/2008, sono sufficienti a controllare il rischio di qualsiasi agente infettivo, incluso il virus Ebola. È altresì opportuno che le direzione dei laboratori condividano con gli ospedali individuati per il ricovero dei casi sospetti, la valutazione del rischio per adottare i percorsi e le procedure più appropriate per il trasporto ed il processo dei campioni;
• per ridurre il rischio di esposizione degli operatori di laboratorio al virus, devono essere privilegiati per tutti gli esami indifferibili i POCT o sistemi centralizzati, che consentano anche di forare la provetta e di centrifugarla, ove necessario, in modo automatico e senza spandimento di aerosol. Qualora questi non fossero disponibili, si dovrà conferire il campione a laboratori che possano operare in condizioni di biosicurezza;
• gli scarichi degli strumenti analitici, dedicati o meno, devono essere trattati e smaltiti come rifiuti a rischio infettivo, secondo le procedure aziendali, tenuto conto che andrebbero privilegiati sistemi che producano una ridotta quantità di rifiuti speciali;
• i campioni residui dovranno essere smaltiti come rifiuti a rischio infettivo, secondo le procedure aziendali;
• se necessaria, la centrifugazione dei campioni va eseguita in centrifughe che posseggano cestelli chiusi. I cestelli vanno aperti preferenzialmente sotto cappa biohazard di classe II (BSC II). L’apertura delle provette deve essere eseguita sotto cappa BSC II, evitando la formazione di aerosol. In caso di necessità di procedure che generano aerosol, l’operatore deve adottare le precauzioni standard, da contatto e droplets (vedi il paragrafo “Utilizzo Dei Dispositivi Di Protezione Individuale”);
• per la diagnosi di malaria, è opportuno utilizzare test rapidi, in quanto consentono di avere risposte tempestive. Questi hanno buona sensibilità per P. falciparum e diversi gradi di sensibilità per gli altri plasmodi. Qualora il test rapido venga eseguito nel reparto di Malattie Infettive, si raccomanda che l’esecuzione avvenga nella stanza di isolamento e che l’operatore indossi i DPI raccomandati (vedi il paragrafo “Utilizzo dei Dispositivi di Protezione Individuale”);
• qualora il test rapido venga effettuato nel laboratorio di microbiologia, si raccomanda che questo venga eseguito sotto cappa BSC II e che l’operatore sia protetto da guanti e camice impermeabile. Al laboratorio di microbiologia spetta anche il compito di confermare il risultato del test rapido attraverso l’esame microscopico (goccia spessa e strato sottile). Anche questo preparato va allestito sotto cappa BSC II. Nel caso non sia possibile l’utilizzo della cappa BSC II, l’operatore dovrà indossare visiera o occhiali a tenuta e mascherina chirurgica idrorepellente;
• per la diagnosi virologica di Ebola, bisogna inviare i campioni al laboratorio regionale di riferimento o, ove questo non fosse stato identificato, al Laboratorio Nazionale di Riferimento dell’INMI “L. Spallanzani”;
• contemporaneamente all’invio del campione al laboratorio regionale di riferimento per la diagnosi di MVE, un campione dovrà essere inviato anche al Laboratorio Nazionale di Riferimento dell’INMI “L. Spallanzani”.
DIAGNOSI DIFFERENZIALE
Contestualmente alle indagini di laboratorio specifiche per la diagnosi di MVE dovranno essere avviati anche gli opportuni accertamenti per la diagnosi differenziale, che dovrà essere sempre effettuata in un viaggiatore che, al rientro da una delle aree a rischio per Ebola, sviluppi febbre, possibile segno iniziale di altra malattia grave.
Devono essere sempre tenute in considerazione possibili infezioni progressive, trattabili o contagiose.
Per quanto i segni che richiedono intervento urgente siano emorragia, alterazioni neurologiche e/o distress respiratorio acuto, la febbre in presenza di uno qualsiasi dei seguenti segni o sintomi deve essere comunque ulteriormente indagata, in quanto potrebbe trattarsi del segno iniziale di una malattia infettiva grave o rilevante per la sanità pubblica:
• Rash cutaneo
• Dispnea
• Respiro corto
• Tosse persistente
• Alterazione dello stato di coscienza
• Emorragie spontanee, incluse quelle sottocutanee
• Diarrea
• Vomito
• Ittero
• Paralisi a recente insorgenza.
Anche qualora la prima valutazione risulti negativa, è opportuno riesaminare il paziente, soprattutto per la successiva comparsa di nuovi segni e sintomi che possono orientare il processo diagnostico.
L’Algoritmo in Figura 2 può indirizzare nella diagnosi di laboratorio della malattia da virus Ebola.
GESTIONE DI CASI CONFERMATI DI MALATTIA DA VIRUS EBOLA
In merito alle misure da adottare in presenza di un caso confermato, si rimanda alle indicazioni presenti nella Circolare Ministeriale del 16 ottobre 2006 “Febbri emorragiche virali: raccomandazioni e indicazioni sul trasporto”, che indica, per la gestione clinica dei casi, la possibilità di ricovero sia presso l’INMI “L. Spallanzani” che presso l’Azienda Ospedaliera “L. Sacco”.
DEFINIZIONE DI CONTATTO E MISURE DA ADOTTARE
Premesso che: durante il periodo di incubazione le persone non sono considerate a rischio di trasmettere l’infezione; il paziente diventa contagioso tramite secrezioni quando comincia a manifestare sintomi; la probabilità di trasmissione del virus cambia nel corso della malattia con l’evolversi delle manifestazioni cliniche, per cui all’inizio, quando è presente solo febbre in assenza di vomito o diarrea o di manifestazioni emorragiche, il rischio di trasmissione è basso, mentre nelle fasi tardive, quanto compaiono manifestazioni emorragiche, il rischio è significativamente più elevato, e rimane molto elevato anche dopo la morte, si riportano di seguito le definizioni di “contatto”.
CRITERI PER LA DEFINIZIONE DI CONTATTO
Si definisce “contatto” una persona asintomatica che sia stata esposta, negli ultimi 21 giorni, a:
- un caso probabile o confermato o ai suoi liquidi biologici/tessuti nel periodo successivo alla comparsa dei sintomi.
Per i contatti si identificano tre livelli di rischio:
a) Contatti a basso rischio (“contatti casuali” ai sensi della Circolare Ministero della Salute 16 ottobre 2006)
Persone che hanno condiviso spazi confinati (come aver viaggiato con lo stesso mezzo di trasporto, avere soggiornato nello stesso albergo, ecc) con il caso, senza contatto diretto con sangue o materiali biologici.
A questa categoria appartiene il personale sanitario che ha gestito un caso adeguatamente protetto o ha manipolato campioni biologici con le adeguate protezioni.
b) Contatti a rischio intermedio (“contatti stretti”)
Si considerano contatti a medio rischio i conviventi; coloro che hanno assistito un caso probabile o confermato, o lo hanno toccato senza venire a contatto visibile con fluidi corporei, o ne hanno toccato gli abiti, o hanno manipolato campioni biologici, senza le dovute protezioni.
c) Contatti a rischio elevato (“contatti stretti ad alto rischio”)
Coloro che hanno avuto esposizione diretta di cute (anche integra) o mucose a materiali biologici del paziente, ad esempio a sangue, vomito, secrezioni respiratorie, feci, urine; contatto viso a viso, rapporto sessuale, punture o altre ferite penetranti con materiale potenzialmente contaminato, manipolazione o ricomposizione della salma senza adeguata protezione.
SORVEGLIANZA DEI CONTATTI
Il Dipartimento di Prevenzione, in collaborazione con il medico che ha effettuato la segnalazione, effettua tempestivamente l’indagine epidemiologica e identifica i contatti del caso. Dovranno essere segnalati al Dipartimento di Prevenzione anche le persone che rispondono alla definizione di contatto ma non sono state incluse nel sistema di sorveglianza dei contatti. Ad esempio persone asintomatiche che abbiano avuto contatti con pazienti affetti da MVE nelle aree di epidemia.
Le misure nei confronti dei contatti mirano a:
• identificare precocemente l’eventuale insorgenza di sintomi compatibili con MVE;
• informare la persona sui comportamenti da tenere per evitare l’eventuale esposizione a contagio di altre persone.
A tutti i contatti devono essere fornite adeguate informazioni riguardo ai seguenti punti:
- la specifica condizione di rischio;
- i sintomi di esordio della malattia;
- le modalità di trasmissione, mettendo in evidenza la necessità di evitare assolutamente il contatto diretto o indiretto di altre persone con il sangue, ad esempio tramite l’uso in comune di strumenti per l’igiene personale o il soccorso per piccole ferite;
- l’opportunità di evitare farmaci che possano mascherare l’insorgenza di febbre.
a) Contatti a basso rischio: nessuna misura aggiuntiva.
b) Contatti a rischio intermedio:
- quarantena, possibilmente domiciliare. Per opportunità di monitoraggio, il paziente non deve uscire anche se asintomatico; è compito del Servizio Sanitario e dei Servizi Sociali valutare particolari necessità garantendo il supporto necessario;
- auto-misurazione (se possibile) della temperatura ogni 12 ore;
- sorveglianza sanitaria attiva telefonica da parte degli operatori del Dipartimento di Prevenzione per monitorare temperatura ed eventuale insorgenza di altri sintomi;
- se compare febbre >38,6 °C o altri sintomi, come da definizione di caso, entro il periodo di quarantena, il contatto viene riclassificato come “caso sospetto” e devono essere messe in atto le relative misure.
La quarantena domiciliare può essere considerata realizzabile anche in presenza di più persone contemporaneamente (ad es. un nucleo familiare), tenuto conto del basso rischio di contagiosità nelle prime fasi della malattia. I componenti adulti del nucleo familiare dovranno essere istruiti su iniziali misure più restrittive di isolamento a livello domiciliare, da adottare in caso di comparsa di sintomi in uno o più di loro. In tal caso essi dovranno darne immediata comunicazione telefonica al Dipartimento di Prevenzione, che si attiverà per il loro trasporto e trattamento presso la struttura di riferimento.
Per i contatti in quarantena domiciliare la sorveglianza è a carico del Dipartimento di Prevenzione.
c) Contatti a rischio elevato:
- quarantena in regime di ricovero ospedaliero, nella struttura infettivologica di riferimento individuata dalla organizzazione regionale;
- sorveglianza sanitaria con misurazione della temperatura ogni 12 ore
- in caso insorga febbre o qualsiasi sintomo, il paziente dovrà essere isolato secondo le precauzioni raccomandate per i casi sospetti/probabili.
La quarantena e la sorveglianza sanitaria adottate per i contatti a rischio intermedio o elevato vengono interrotte dopo 21 giorni dall’ultima esposizione a rischio, o anticipatamente se si tratta di un contatto di caso sospetto che venga declassato a “non caso”, a seguito di esclusione dell’infezione da Ebola mediante test di laboratorio.
MISURE PER LA RIDUZIONE DEL RISCHIO DI TRASMISSIONE
L’OMS (3) fornisce le raccomandazioni di seguito riportate per la riduzione del rischio di contagio, nell’assistenza ad un paziente con MVE.
1. Rafforzare e applicare scrupolosamente le precauzioni standard nell’assistenza di tutti i pazienti, acuti e convalescenti.
2. Isolare i casi sospetti o accertati di MVE in una stanza singola, assicurando che l’accesso delle persone sia limitato a quello strettamente necessario e con attrezzature dedicate.
3. Limitare il personale coinvolto nel trattamento dei casi sospetti o accertati di MVE, impiegando esclusivamente personale dedicato, clinico e non clinico, nelle aree di assistenza dei pazienti con MVE.
4. Evitare l’accesso di visitatori alle aree di isolamento o consentirlo solo a quelli necessari per il benessere dei pazienti (ad esempio, i genitori dei casi pediatrici).
5. Assicurarsi che prima di entrare nella stanza di isolamento chiunque, personale e visitatori, eseguano una adeguata igiene delle mani e indossino i DPI appropriati (e che questi vengano rimossi in modo appropriato all’uscita dalla stanza).
6. Rafforzare le misure di sicurezza nella esecuzione di terapie e iniezioni e prelievi e nella gestione degli strumenti.
7. Garantire la pulizia regolare e rigorosa dell’ambiente, la decontaminazione delle superfici e delle attrezzature, la gestione della biancheria sporca e dei rifiuti.
8. Assicurare la lavorazione in sicurezza dei campioni di laboratorio provenienti da casi sospetti o accertati di MVE.
9. Assicurare la gestione sicura delle salme di pazienti con MVE sospetta o confermata.
10. Valutare tempestivamente, assistere con i DPI appropriati al rischio di esposizione e, se necessario, isolare gli operatori sanitari o qualsiasi persona esposta a sangue o altri liquidi biologici di persone con MVE sospetta o confermata.
LE PRECAUZIONI DI ISOLAMENTO
• In tutti i pazienti, anche in quelli con sospetta infezione da virus Ebola, devono essere adottate le “precauzioni standard” (igiene delle mani e utilizzo di DPI quando si eseguono manovre che possono comportare il contatto con liquidi biologici, gestione in sicurezza di aghi e taglienti, eseguire la corretta decontaminazione ambientale e la decontaminazione delle attrezzature tra un paziente e l’altro).
• In aggiunta a queste, nell’assistenza a pazienti con sospetto di Ebola, durante il trasporto e in ospedale, bisogna adottare le “precauzioni da contatto”, che prevedono l’isolamento in stanza singola e l’utilizzo di guanti e camice ogni volta che si entra nella stanza e le “precauzioni da droplets” che prevedono la protezione della cute e delle mucose del volto: naso, bocca e congiuntiva (mascherina chirurgica idrorepellente e visiera o occhiali).
IGIENE DELLE MANI
L’igiene delle mani assieme al corretto uso dei DPI è la principale misura di prevenzione. L’igiene delle mani deve essere effettuata durante le attività clinico assistenziali secondo le raccomandazioni aziendali ed in particolare:
• prima di indossare i DPI ed entrare nelle aree di isolamento,
• prima di qualsiasi procedura pulita/asettica sul paziente,
• dopo ogni attività potenzialmente a rischio di esposizione con liquidi biologici, secrezioni o sangue del caso sospetto o confermato,
• dopo aver toccato apparati, superfici o oggetti nelle vicinanze del paziente,
• dopo aver rimosso i DPI al momento di lasciare le stanze di assistenza.
L’igiene delle mani deve essere eseguita nelle stanze di isolamento ogni volta che si presenti una delle evenienze indicate precedentemente, procedendo ogni volta alla sostituzione dei guanti.
Per l’igiene delle mani utilizzare la frizione con prodotti idroalcolici oppure il lavaggio con acqua e sapone. Eseguire sempre il lavaggio con acqua e sapone se le mani sono macroscopicamente sporche.
UTILIZZO DEI DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
In tutte le attività clinico assistenziali di presa in carico iniziale se il paziente necessita di assistenza indifferibile, durante il trasporto in ambulanza, durante il ricovero, il personale sanitario dovrà indossare i seguenti DPI per assicurare la prevenzione della trasmissione da contatto e da droplets, con la sequenza indicata:
• Camice impermeabile
• Mascherina chirurgica idrorepellente
• Protezione per gli occhi (occhiali a maschera EN166 [goggles] o schermo facciale)
• Guanti (non sterili).
Qualora si effettuino delle attività clinico assistenziali con un elevato rischio di contaminazione (es. paziente con diarrea, vomito, sanguinamenti e/o in ambiente contaminato in modo significativo) è opportuno utilizzare il doppio paio di guanti, il copricapo e i calzari.
I guanti vanno cambiati quando presentano o si sospettano danneggiamenti o rotture.
Igienizzare sempre le mani prima di indossare un nuovo paio di guanti.
Evitare per quanto possibile qualsiasi procedura che possa generare aerosol. Se è necessario effettuare interventi che possano generare aerosol, quali ad esempio somministrazione di farmaci con nebulizzazione, broncoscopia, bronco aspirazione, intubazione, ventilazione a pressione positiva, il personale sanitario dovrà indossare un facciale filtrante FFP2 (FFP3 nei casi probabili o confermati) a protezione delle vie respiratorie. Le tute intere idrorepellenti e le maschere pieno facciali o i PAPR (Powered Air Purifying Respirator) rappresentano, specialmente per l’assistenza di casi probabili o confermati, possibili alternative da utilizzare, sulla base della valutazione del rischio, rispettivamente per la protezione del corpo, delle mucose del volto e delle vie aeree.
RIMOZIONE DEI DISPOSTIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE
Le esperienze pregresse in sanità pubblica, collegate ad eventi epidemici, hanno messo in evidenza come uno dei fattori critici per il controllo della esposizione del personale sanitario sia la corretta gestione dei Dispositivi di Protezione Individuali, ed in particolare la loro corretta rimozione.
I DPI vanno rimossi secondo una sequenza predefinita e in grado di ridurre il rischio di contaminazione dell’operatore. Di seguito viene riportata una possibile sequenza, in accordo anche con quanto recentemente raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità:
• Rimuovere i calzari (se presenti)
• Rimuovere i guanti arrotolandoli dal polso, avendo attenzione a non toccare la cute
• Rimuovere il camice avvolgendolo dall’interno all’esterno
• Igiene accurata delle mani
• Se si indossa un copricapo rimuoverlo procedendo dalla parte posteriore del capo
• Rimuovere la protezione per gli occhi procedendo dalla parte posteriore del capo
• Rimuovere la mascherina o il facciale filtrante procedendo dalla parte posteriore del capo utilizzando le stringhe o gli elastici di tenuta
• Igiene accurata delle mani.
I Dispostivi di protezione usa e getta vanno smaltiti negli appositi contenitori per rifiuti infetti secondo le raccomandazioni aziendali. I Dispositivi riutilizzabili (in questo caso quelli per la protezione degli occhi) vanno decontaminati secondo le procedure aziendali specifiche.
DECONTAMINAZIONE AMBIENTALE
• Il virus Ebola è sensibile ad una vasta gamma di disinfettanti per uso ospedaliero utilizzati per la disinfezione di superfici resistenti, non-porose. Tutti i disinfettanti attivi su virus con envelope (come il virus influenzale, ad esempio) sono attivi sul virus Ebola. Per maggiore precauzione si richiede di usare i disinfettanti attivi anche su virus senza envelope (es. norovirus, rotavirus, adenovirus, poliovirus) che sono più resistenti ai disinfettanti. Il virus è, inoltre, sensibile alla inattivazione da parte della luce ultravioletta e all’essicamento; il virus Ebola può sopravvivere anche molte ore in presenza di materiale organico.
• Le superfici ambientali devono essere decontaminate giornalmente. Nell’assistenza a pazienti con Ebola utilizzare ipocloriti in soluzione corrispondente a 1000 ppm.
• Per il trattamento delle attrezzature privilegiare l’utilizzo di prodotti a base di cloro; ove non possibile (es. incompatibilità dell’attrezzatura con il cloro) prediligere, tra i prodotti autorizzati dalla ditta produttrice, l’utilizzo di quelli di documentata efficacia nei confronti di questa classe di virus.
• Qualora il paziente vomiti, tossisca o abbia perdita di altri liquidi biologici, l’area interessata dovrà essere sottoposta a disinfezione secondo il ciclo a tre tempi (1 - Disinfezione/decontaminazione dei fluidi, 2 - pulizia/detersione, 3 - disinfezione delle superfici e dei materiali venuti a contatto con i fluidi). Per la decontaminazione di spandimenti di sangue e altri liquidi biologici è da preferire un disinfettante a base di cloro prima di procedere alla detersione: a) piccole macchie di sangue o di piccole perdite: prima della detersione procedere alla decontaminazione con soluzione di ipoclorito 500- 1000 ppm di cloro disponibile (contatto di due minuti prima di pulire con pannetti monouso da smaltire nei contenitori per rifiuti a rischio infettivo); b) versamenti più grandi: prima della detersione procedere alla solidificazione con prodotto ad alto potere assorbente a base di cloro (10.000 ppm di cloro disponibile), da smaltire nei contenitori per rifiuti a rischio infettivo. Dopo la detersione, effettuare una disinfezione finale con una soluzione di ipoclorito 1000 ppm. È opportuno disporre di soluzione di ipoclorito 500/1000 ppm preparata quotidianamente.
SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
• Gli effetti letterecci riutilizzabili (cuscini, materassi) devono essere trasportati al centro deputato al trattamento con modalità dedicate e sicure (doppio sacco e contenitore dedicato) e successivamente trattati con cloro derivati;
• Tutto il materiale monouso venuto a contatto con il paziente deve essere imballato tal quale nell’area di produzione del rifiuto come rifiuto a rischio infettivo: sacco in plastica o contenitore per rifiuti taglienti e pungenti, chiuso all'interno di un contenitore rigido a tenuta di liquidi. Tale contenitore esterno dedicato potrà essere portato fuori dalla stanza solo previa chiusura ermetica e decontaminazione esterna con cloro derivati;
• Tutto il materiale biologico eliminato dal paziente (es. feci e urine) può essere smaltito attraverso il sistema fognario ospedaliero;
• I contenitori dei rifiuti non devono essere riaperti né riutilizzati.
Uno schema delle soprariportate indicazioni è esemplificato nell’Allegato 1 “Principali precauzioni da considerare nell’assistenza ai pazienti con sospetta malattia da Ebola”.
Si ringraziano i referenti del Gruppo Interregionale Sanità Pubblica e gli altri esperti che hanno fornito un contributo per la predisposizione della presente Circolare.
Si prega di dare la massima diffusione alla presente nota agli operatori sanitari e, al contempo, si raccomanda che la gestione dei casi in parola sia condotta con la massima riservatezza professionale, per non procurare ingiustificato allarme, in attesa del referto di laboratorio dell’INMI “L.Spallanzani”.
IL DIRETTORE DELL’UFFICIO V
* * * * *
Note:
(1) Alla data della presente, sono considerate aree affette i seguenti Paesi: Guinea, Liberia, Sierra Leone, nonché le aree di Lagos e di Port Harcourt in Nigeria.
La Nigeria, dove il virus è stato introdotto nel mese di luglio dalla Liberia, ha registrato, complessivamente, 20 casi e 8 decessi, tutti correlati al caso indice importato. Il focolaio non può definirsi autoctono in quanto tutti i casi sono correlati al caso indice di importazione. La data di isolamento dell’ultimo caso confermato risale al 31 agosto 2014; da tale data, devono trascorrere 42 giorni, come previsto dall’OMS, pari a 2 volte il periodo di incubazione, per escludere il Paese dalle aree affette e, conseguentemente, non considerarlo per il criterio epidemiologico.
(2) Un buon riferimento su quali procedure adottare in base alla stratificazione dei rischi è stato prodotto dall’Agenzia di sanità pubblica inglese (PHE) ed è disponibile online: Management of Hazard Group 4 viral haemorrhagic fevers and similar human infectious diseases of high consequence, http://www.hpa.org.uk/webc/HPAwebFile/HPAweb_C/1194947382005.
Per i pazienti sospetti di MVE diverse tecniche di inattivazione dell’infettività dei campioni biologici per analisi biochimiche o altri test di laboratorio sono riportate nella letteratura scientifica. Inoltre alcune procedure di inattivazione sono descritte nelle seguenti linee guida canadesi e statunitensi: Canadian contingency plan for viral haemorrhagic fevers and other related diseases (http://www.collectionscanada.gc.ca/webarchives/20071125232638/http://www.phac-aspc.gc.ca/publicat/ccdr-rmtc/97vol23/23s1/23s1j_e.html) e Notice to Readers Update: Management of Patients with Suspected Viral Haemorrhagic Fever -- United States (http://www.cdc.gov/mmwr/preview/mmwrhtml/00038033.htm). Comunque, queste procedure possono inficiare i risultati analitici pertanto la loro applicabilità alle differenti procedure analitiche/strumentazioni dovrebbe essere di volta in volta verificata.
(3) WHO. Interim Infection Prevention and Control Guidance for Care of Patients with Suspected or Confirmed Filovirus Haemorrhagic Fever in Health-Care Settings, with Focus on Ebola. August 2014
QUADRO NORMATIVO
Circolare nr. prot. 26377 del 1° ottobre 2014
DESTINATARI
A
ASSESSORATI ALLA SANITÀ REGIONI
STATUTO ORDINARIO E SPECIALE
ASSESSORATI ALLA SANITÀ PROVINCE
AUTONOME TRENTO E BOLZANO
U.S.M.A.F. UFFICI DI SANITÀ MARITTIMA, AEREA E DI FRONTIERA
E, per conoscenza
MINISTERO DEGLI AFFARI ESTERI
UNITÀ DI CRISI
MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO
MINISTERO DELLA DIFESA
DIREZIONE GENERALE SANITÀ MILITARE
MINISTERO DEI TRASPORTI
MINISTERO DELL”INTERNO
DIPARTIMENTO P.S.
DIREZIONE CENTRALE DI SANITÀ
COMANDO GENERALE CORPO DELLE CAPITANERIE DI PORTO
CENTRALE OPERATIVA
ENAC
DIREZIONE SVILUPPO TRASPORTO AEREO
ISTITUTO SUPERIORE DI SANITÀ
CROCE ROSSA ITALIANA
REPARTO NAZIONALE DI SANITÀ PUBBLICA
ISTITUTO NAZIONALE PER LE MALATTIE INFETTIVE - IRCCS “LAZZARO SPALLANZANI”
AZIENDA OSPEDALIERA - POLO UNIVERSITARIO OSPEDALE “LUIGI SACCO”
ISTITUTO NAZIONALE PER LA PROMOZIONE DELLA SALUTE DELLE POPOLAZIONI MIGRANTI E PER IL CONTRASTO DELLE MALATTIE DELLA POVERTÀ (INMP)
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