23.05.03 free
TAR SICILIA – Sent.2408/02 - Sent.1564/00 - (sulla necessità , per i medici di guardia medica, da utilizzare nei servizi di Pronto soccorso ospedaliero, del corso professionale ex art. 22, comma 5°, del D.P.R. n. 41/1991)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, Sezione II, ha pronunziato la seguente N. 2408/02
N. 428 R.Gen.
ANNO 1996
SENTENZA
sul ricorso n. 428/1996 R.G., proposto da Scardina Vincenzo, Sanfilippo Maurizio, Ingrao Giuseppa, Licata Tommaso, Provenza Antonino, Caratozzolo Ettore, Mazzola Giuseppe, Di Novo Cruciano e Cipolla Calogero, rappresentati e difesi dall'Avv. Girolamo Rubino, presso il cui studio in Palermo, via Ugdulena n. 3, sono elettivamente domiciliati,
contro
- l’Azienda Unità Sanitaria Locale n. 6 di Palermo, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. Fabio Damiani, elettivamente domiciliato in Palermo, via Pindemonte n. 68, presso l’Ufficio Legale della stessa Azienda,
l’Assessorato regionale della Sanità, in persona dell’Assessore pro-tempore, rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria,
per l'annullamento, previa sospensione,
"- del provvedimento comunicato con telegramma dell'8.1.96, con il quale si revoca con decorrenza immediata l'incarico di attività integrativa di guardia medica presso il servizio di Pronto Soccorso del P.O. "Cimino" di Termini Imerese;
“- del provvedimento adottato dall'Assessorato Regionale alla Sanità con nota n. 1N8\1021 del 21.11.95, presupposto dell'atto sopra indicato con il quale si invita la Azienda USL n. 6 «ad adottare gli atti necessari al ripristino della legittimità»;
"- di ogni atto o provvedimento, presupposto o successivo, conseguente e comunque connesso agli atti di cui sopra”.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per l'Amministrazione regionale intimata, con le relative difese;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il Cons. Calogero Ferlisi;
Uditi, alla pubblica udienza del 14 maggio 2002, l'Avv. Lucia Di Salvo, in sostituzione dell’Avv. G. Rubino, per i ricorrenti, l'Avv. dello Stato F. Caserta per l'Amministrazione regionale resistente, e l’avv. F. Damiani, per l’Azienda intimata;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, i Sigg. Scardina Vincenzo e Consorti, medici di guardia medica, utilizzati nel servizio di Pronto Soccorso ospedaliero di Termini Imerese, impugnano i provvedimenti di cui in epigrafe chiedendone l'annullamento, vinte le spese, deducendo:
1) Violazione di legge per violazione dell'art. 1 del D.L. 1.12.1995, n. 511; eccesso di potere per arbitrio; ingiustizia manifesta.
La norma invocata consentirebbe l’utilizzazione del personale de quo nei servizi di Pronto Soccorso anche in assenza dell’attestato di idoneità professionale ex art. 22, comma 5°, del D.P.R. n. 41/1991.
2) Eccesso di potere per contraddittorietà, arbitrio, difetto di motivazione, nonché per disparità di trattamento: in quanto l’Assessorato regionale della Sanità non avrebbe mai esitato le varie istanze dei ricorrenti volte all’attivazione del corso professionale di cui all’art. 22 cit., ingenerando nei ricorrenti la convinzione che i “tirocini di cui al 5° comma dell’art. 22 D.P.R. 41/91 non erano più necessari”.
3) Violazione di legge per violazione della L.r. n. 10\1991 e per violazione della L. n. 241\1990; difetto di motivazione: in quanto il provvedimento di revoca peraltro adottato con “semplice telegramma” (“firmato da persona non avente la rappresentanza legale dell’Azienda”) non è stato preceduto dalla comunicazione di avvio del procedimento.
2. Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l'Amministrazione intimata, che con rituale memoria difensiva contesta le addotte censure chiedendo la reiezione del ricorso con ogni conseguente statuizione sulle spese.
3. Con ordinanza collegiale n. 339 dell’ 8 febbraio 1996 è stata accolta l'istanza di sospensione del provvedimento impugnato (annullata dal C.g.a. con ordinanza n. 336/1997, in atti).
4. Con memoria depositata l’11 aprile 2002, il difensore dei ricorrenti ha formalmente dichiarato per i ricorrenti Provenzano Antonino e Mazzola Giuseppe la sopravvenuta carenza di interesse. Lo stesso ha fatto, il medesimo difensore, con memoria depositata il 24 aprile 2002, relativamente al ricorrente Sanfilippo Maurizio.
5. Alla pubblica udienza del 14 maggio 2002 (nel corso della quale si è costituita l’Azienda USL n. 6), la causa su conforme richiesta delle parti è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. Il ricorso, preliminarmente, dev’essere dichiarato improcedibile, per sopravvenuto difetto di interesse, relativamente ai ricorrenti Provenzano Antonino, Mazzola Giuseppe e Sanfilippo Maurizio, giuste dichiarazioni - di cui in narrativa - rese in tal senso dal difensore degli stessi. Va dichiarata, altresì, la nullità della costituzione in giudizio dell’Azienda USL n. 6 di Palermo in quanto basata su di un mandato conferito all’Avv. Fabio Damiani privo di data e del presupposto atto autorizzativo della resistenza.
2. Relativamente ai restanti ricorrenti il ricorso (anche alla stregua di quanto deliberato dal C.G.A. con l’ordinanza cautelare n. 336/1997) è da respingersi siccome privo di giuridico fondamento.
Invero, sulla questione di fondo oggetto d’esame (necessità o meno, per i medici di guardia medica da utilizzare nei servizi di Pronto soccorso ospedaliero, del corso professionale ex art. 22, comma 5°, del D.P.R. n. 41/1991), questa Sezione, con sent. n. 1564/2000, ha già avuto modo di osservare quanto segue:
- il comma 5 cit. stabilisce che ai fini dell'utilizzazione in argomento “... i titolari di guardia medica ... devono aver frequentato, riportando un giudizio finale di idoneità, un apposito corso di formazione della durata di almeno sei mesi, per un orario complessivo non inferiore a 300 ore, appositamente programmato dalla regione con le modalità di cui all'art. 19, comma 1, e attuato a livello regionale prevalentemente sotto forma di esercitazioni e tirocinio pratici. Il programma e le norme generali dei corsi predetti sono fissati con le modalità di cui all'art. 19, comma 1. Le ore di frequenza del corso sono calcolate ai fini del rispetto dell'impegno complessivo settimanale di cui all'art. 5, comma 2.”;
- tale disposizione subordina espressamente ed inderogabilmente la detta utilizzazione alla frequenza del corso regionale di formazione ex art. 22 cit., sicché la mancata attivazione del corso medesimo, piuttosto che portare deroga alla detta prescrizione, avrebbe dovuto implicare il divieto per l’Amministrazione di disporre l’utilizzazione nel Pronto Soccorso dei medici di guardia medica privi dell’attestato di idoneità professionale prescritto (come osservato da questa Sezione, nella richiamata sent. 1546 cit., “ ... la omessa attivazione del corso da parte della Regione non può, né logicamente, né giuridicamente, costituire valido presupposto per derogare alla norma stessa” dato che “... il non verificarsi della condizione espressamente e tassativamente prescritta dalla norma non può certo giustificare la disapplicazione della stessa, ma solamente paralizzare gli effetti che sono subordinati al verificarsi della condizione” );
- ogni possibile affidamento suscitato dal comportamento della P.A., non attivando i predetti corsi, deve ritenersi “recessivo rispetto all’esigenza di porre fine ad una situazione contra legem";
- la censura relativa alla mancanza di comunicazione dell'avviso del procedimento di revoca dell'incarico, è, nella specie, inammissibile, in quanto, seppur astrattamente fondata (dato che i ricorrenti non hanno avuto alcuna preventiva comunicazione in violazione dell’art. 7 della L. 241/1990), non è sorretta da alcun concreto interesse, stante la evidenziata natura cogente della disposizione di cui all’art. 22, comma 5, D.P.R. 41/1991 la cui applicazione comporterebbe, comunque, per la P.A. il dovere di riadottare un nuovo ed analogo atto di revoca (come osservato da questa Sezione, nella richiamata sent. 1546 cit., “la norma di cui all’art. 7 della L. 241/1990 va applicata in sede giurisdizionale con ragionevolezza e secondo il principio costituzionale del buon andamento della P.A., rispetto al quale, il vizio costituito dalla omessa comunicazione dell’inizio del procedimento, può portare all’annullamento dell’atto solo in presenza di situazioni in cui lo stesso annullamento sia tale da riaprire il procedimento in vista del soddisfacimento dell’interesse della parte che lo fa valere, e non certo nel caso - come quello in esame - in cui alla riapertura del procedimento seguirebbe, inevitabilmente, la riadozione di un atto eguale a quello annullato”).
3. Per il resto, relativamente a quanto specificamente dedotto in ricorso, è da osservare:
a) che nessun rilievo assume l'art. 1 del decreto legge 1.12.1995, n. 511, poiché lo stesso, dopo alcune reiterazioni, è stato definitivamente non convertito;
b) la censura di difetto di motivazione è infondata, in quanto il relativo onere può ritenersi soddisfatto con il richiamo, nei provvedimenti impugnati ed in particolare nella nota del 21.11.1995 dell’Assessorato, alla norma regolatrice della fattispecie; norma che, come si è detto, impone ai “titolari di guardia medica” (ai fini dell'utilizzazione di cui ai commi 2, 3 e 4) di “aver frequentato” l’apposito corso di formazione regionale;
c) i restanti profili di eccesso di potere (per contraddittorietà, arbitrio, disparità di trattamento, manifesta ingiustizia) debbono ritenersi infondati vertendosi in materia sottratta alla pura discrezionalità amministrativa (cfr., ex multis, T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. II, sent. 1435/2000; Cons. St., Sez. VI, 3/11/2000, n. 5921; 22/6/1999, n. 842; T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 30/12/2000, n. 13250).
4. Quanto, infine, alla questione adombrata nel terzo motivo in ordine al fatto che il provvedimento di revoca sarebbe stato adottato con “semplice telegramma” e “firmato da persona non avente la rappresentanza legale dell’Azienda”, è da osservare solamente che; la revoca è stata sollecitata dall’Assessorato regionale della Sanità con la nota 21.11.1995 di cui in epigrafe; è stata disposta con provvedimento (in atti) dell’8.1.1996 a firma del Collaboratore Coordinatore D.ssa R. Macaluso; è stata comunicata con telegramma di pari data. Di conseguenza, l’accennata doglianza deve ritenersi inconducente, siccome collegata a presupposti di fatto non del tutto corrispondenti a quanto risulta dagli atti di causa.
5. In conclusione, il ricorso dev'essere dichiarato in parte improcedibile e per il resto respinto siccome infondato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Seconda, dichiara in parte improcedibile, secondo quanto specificato in motivazione, il ricorso in epigrafe e per il resto lo rigetta.-------------------------------------------------------------
Spese compensate.--------------------------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.----------------------------------------------------
Così deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 14 maggio 2002, con l'intervento dei sigg. magistrati:-----------------------
- Calogero Adamo, Presidente,
- Filippo Giamportone, Consigliere,
- Calogero Ferlisi, Consigliere, estensore.
Presidente_______________________
Estensore________________________
Segretario________________________
Depositata in Segreteria addì 13.9.02
Il Segretario R. Leanza
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione seconda, ha pronunziato la seguente N. 1564 R.Sent.
N. 4856 R.Gen.
ANNO 1996
SENTENZA
sul ricorso n. 4856/1996 R.G., proposto da Salvatore PANDOLFO, Maria Palazzolo Stefano Genna, rappresentati e difesi dagli Avv.ti Angelo Alberghina e Antonina Riccio, elettivamente domiciliati presso lo studio del primo in Palermo, via dei Nebrodi n. 44,
contro
- l'Azienda Unità Sanitaria Locale n. 6 di Palermo, in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituitasi in giudizio;
- l'Assessorato alla Sanità della Regione siciliana, in persona dell'Assessore pro tempore, rappresentato e difeso, come per legge, dall'Avvocatura distrettuale dello Stato,
per l'annullamento, previa sospensione,
- della nota n. 1N8/3910 del 16 novembre 1996, con cui l'Assessore alla Sanità comunica alle Aziende Unità Sanitarie Locali che "con la presente si ribadisce che nei servizi di P.S. degli Ospedali non possono essere utilizzati medici di Guardia Medica sprovvisti dell’attestato previsto dall’art. 22 del D.P.R. n. 41/91";
- della nota n. 896/DGFF/H del 21 novembre 1996, con la quale l'Azienda U.S.L. n. 6 di Palermo ha comunicato, fra gli altri, ai Responsabili delle Funzioni Igienico-Organizzative dei Presidi Ospedalieri della USL, ma non ai ricorrenti, che “non possono essere utilizzati medici di Guardia Medica sprovvisti dell’attestato previsto dall’art. 22 del D.P.R. n. 41/91";
- nonché, ove esistenti, dei provvedimenti con i quali si invitavano i ricorrenti a sospendere il servizio di Pronto soccorso, invito che, comunque, è stato comunicato ai ricorrenti oralmente;
- di tutti gli atti o provvedimenti, presupposti o conseguenziali, e comunque connessi con i provvedimenti di cui sopra.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato per l'Amministrazione regionale intimata;
Viste le memorie e gli altri scritti difensivi prodotti dalle parti;
Visti gli atti tutti della causa;
Designato relatore il Cons. Calogero Ferlisi;
Uditi, alla pubblica udienza del 20 aprile 2000, l'Avv. G. Deplano, in sostituzione dell'Avv. A. Alberghina, per il ricorrente, e l'Avv. dello Stato G. Pignatone, per l'Amministrazione resistente;
Ritenuto in fatto e considerato in diritto:
FATTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e depositato, il dott. Salvatore Pandolfo e Consorti, titolari di incarico di pronto soccorso presso l'Azienda U.S.L. n. 6 di Palermo (ex U.S.L. n. 58), impugnano i provvedimenti di cui in epigrafe chiedendone l'annullamento, con vittoria di spese.
2. In punto di fatto, premettono che:
A) Essi non sono provvisti dell'attestato di cui all'art. 22 del D.P.R. n. 41/91, dato che la Regione siciliana non ha mai attivato i corsi di cui al predetto articolo, sicché “... nessun medico siciliano sarebbe in possesso dei requisiti prescritti dalla norma de qua”.
B) L'Assessorato avrebbe più volte bandito i corsi ed i tirocini previsti dall’art. 22, comma 5, D.P.R. n. 41/91, ma i relativi decreti sarebbero stati revocati, con la conseguenza che sino ad oggi nessun corso di formazione è mai stato, concretamente, attivato.
C) Con la nota impugnata l'Assessore alla Sanità, ha comunicato alle Aziende Unità Sanitarie Locali che "nei servizi di P.S. degli Ospedali non possono essere utilizzati medici dì Guardia Medica sprovvisti dell'attestato previsto dall'art. 22 del D.P.R. n. 41/91".
D) I ricorrenti sono stati avvisati oralmente di sospendere il servizio dì Pronto Soccorso, sicché gli stessi hanno dovuto “... interrompere la loro attività senza neppure avere un provvedimento esplicito”.
3. In punto di diritto deducono:
I) Violazione e falsa applicazione dell’art. 22 del D.P.R. n. 41/91; violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 502/92; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della illogicità manifesta.
L'art. 22, comma 5, del D.P.R. n. 41/91 non poteva essere invocato dall’Amministrazione a sostegno dei suoi provvedimenti per il fatto che la Regione siciliana non ha indetto i corsi “de quibus”.
Si osserva inoltre che:
- il legislatore, con il D. Lgs. n. 502/92 e successive modificazioni, ha riconosciuto il ruolo dei medici di guardia nella nuova organizzazione delle Unità Sanitarie Locali, ammettendone la partecipazione nei servizi sanitari (territoriali, emergenza, ecc.), con conseguente possibilità di assunzione in organico;
- successivamente, il legislatore ha introdotto la facoltà per le Aziende U.S.L. di utilizzare subito - a prescindere, quindi, dall'effettuazione del tirocinio di cui all'art. 22 del D.P.R. n. 41/91 - il personale “guardista" nei servizi di emergenza, proprio al fine di garantire nella fase di avvio della “aziendalizzazione” i livelli attuali di assistenza;
- sino ad oggi è stata data facoltà alle Aziende di utilizzare il personale di Guardia medica nei servizi di Pronto Soccorso ospedalieri, sicché l'adozione dei provvedimenti impugnati risulta palesemente “contra legem”.
II) Violazione e falsa applicazione dell'art. 22 del D.P.R. n. 41/91; violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 502/92; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e della illogicità manifesta.
Il “... comportamento omissivo ed elusivo della legge da parte dell'Assessorato ha ... ingenerato nei ricorrenti la legittima convinzione che i predetti corsi non dovessero essere più considerati indispensabili per il servizio di pronto soccorso, soprattutto se si considera che gli stessi sino ad oggi non hanno mai smesso di svolgere la loro attività nei servizi dì Pronto soccorso”.
L'illegittimità dei provvedimenti impugnati deriverebbe anche dal fatto che “proprio il servizio dai ricorrenti prestato per oltre mille ore” non può non essere “... considerato più completo, qualificante e certamente assorbente rispetto a qualunque «tirocinio» di sole trecento ore prestato presso lo stesso servizio”.
III) Violazione e falsa applicazione della L.r. n. 10/91 e della L. n. 241/90; eccesso di potere sotto il profilo dello sviamento e del difetto assoluto di motivazione.
La sospensione del servizio prestato dai ricorrenti è stata comunicata soltanto oralmente e quindi “non è stata loro data comunicazione dell'inizio del procedimento lesivo, né del funzionario responsabile, né tantomeno è stato loro concesso il diritto di partecipare al contraddittorio”.
4. Si è costituita in giudizio, per resistere al ricorso, l'Amministrazione intimata, che con rituale memoria difensiva contesta le addotte censure chiedendo la reiezione del ricorso con ogni conseguente statuizione sulle spese.
In particolare l’Amministrazione rileva che:
- i ricorrenti, medici di guardia privi dell'attestato di formazione di cui all'art. 22 del D.P.R. 41/91, sono stati utilizzati dalla ex U.S.L. n.58 di Palermo e dalla subentrata Azienda U.S.L. n.6 di Palermo, per lo svolgimento del servizio di Pronto Soccorso;
- con la nota n. 1NS/3910 del 16/11/96 l'Assessorato Reg.le Sanità ha inteso porre termine alla illegittimità di tale situazione invitando l'Azienda U.S.L. n. 6 ad adottare gli atti necessari al ripristino della legittimità.
5. Con ordinanza collegiale n. 3000 del 18.12.1996 è stata accolta l'istanza di sospensione del provvedimento impugnato.
6. Alla pubblica udienza del 20 aprile 2000, presenti i Difensori delle parti - che si sono riportati agli scritti difensivi insistendo nelle relative conclusioni - la causa è stata posta in decisione.
DIRITTO
1. E’ pacifico tra le parti che la ex U.S.L. n.58 di Palermo e la subentrata Azienda USL n. 6 di Palermo hanno utilizzato per lo svolgimento del servizio di Pronto Soccorso gli odierni ricorrenti, pur essendo, gli stessi, medici di guardia privi dell'attestato di formazione di cui all'art. 22, comma 5, del D.P.R. 41/1991(“Accordo collettivo nazionale per la disciplina dei rapporti libero professionali con i medici addetti ai servizi di guardia medica, ai sensi dell'articolo 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833”).
L’art. 22 cit. stabilisce che:
“1. Ciascuna regione, ai sensi dell'art. 9, lettera g), della legge n. 595 del 1985 e in relazione alle indicazioni della programmazione regionale, individua, sentiti il comitato di cui all'art. 7 ed i sindacati firmatari, i criteri tecnici ed organizzativi per attuare un collegamento funzionale tra l'attività di cui all'art. 1, comma 1, con i servizi di pronto soccorso e di guardia medica ospedaliera, di trasporto protetto degli infermi, di cura intensiva e di altre attività sanitarie del territorio.
"2. In rapporto alla programmazione regionale ed ai criteri individuati a livello regionale, anche in relazione al progetto nazionale per l'adozione del numero unico telefonico di emergenza sanitaria, nei servizi di emergenza sono prioritariamente integrati medici a rapporto convenzionale orario, titolari di incarico ai sensi del presente accordo, che non svolgano altre attività a qualsiasi titolo, fino alla concorrenza dell'orario massimo di 38 ore settimanali, per interventi di assistenza e primo soccorso esterni al presidio ospedaliero, per trasferimenti assistiti a bordo di ambulanze attrezzate e/o per attività di coordinamento organizzativo dell'emergenza presso apposite centrali operative.
“3. I medici di cui al comma 2 possono collaborare, per il tempo in cui non sono impegnati in altri compiti propri del loro incarico, nelle attività di primo intervento "intra moenia" dei servizi di emergenza, secondo le direttive impartite dal responsabile del servizio stesso, con esclusione di qualsiasi vincolo gerarchico.
“4. I medici di cui al comma 2 possono altresì essere utilizzati, con il loro assenso, per attività presso punti di soccorso fissi o mobili, organizzati in occasione di manifestazioni sportive, fieristiche, culturali o di altra natura, ovvero presso eventuali postazioni stagionali di primo soccorso organizzati dalle UU.SS.LL. ai sensi della norma transitoria n. 1, in località turistiche lontane da presidi ospedalieri”.
Nel successivo comma 5, lo stesso art. 22 dispone espressamente:
“5. Ai fini dell'utilizzazione di cui ai commi 2, 3 e 4 i titolari di guardia medica in forma attiva devono aver frequentato, riportando un giudizio finale di idoneità, un apposito corso di formazione della durata di almeno sei mesi, per un orario complessivo non inferiore a 300 ore, appositamente programmato dalla regione con le modalità di cui all'art. 19, comma 1, e attuato a livello regionale prevalentemente sotto forma di esercitazioni e tirocinio pratici. Il programma e le norme generali dei corsi predetti sono fissati con le modalità di cui all'art. 19, comma 1. Le ore di frequenza del corso sono calcolate ai fini del rispetto dell'impegno complessivo settimanale di cui all'art. 5, comma 2.”
2. Col primo motivo di gravame i ricorrenti assumono che, non avendo la Regione mai attivato i corsi di cui sopra, la stessa non poteva applicare l'art. 22, comma 5, del D.P.R. n. 41/91.
3. L’assunto è privo di fondamento, dato che la disposizione contrattuale sopra riportata (“i titolari di guardia medica ...devono aver frequentato”) subordina, inderogabilmente, le utilizzazioni in parola alla frequenza del corso regionale di formazione, di guisa che la omessa attivazione del corso non può, né logicamente, né giuridicamente, costituire valido presupposto per derogare alla norma stessa.
In sostanza, il non verificarsi della condizione espressamente e tassativamente prescritta dalla norma non può certo giustificare la disapplicazione della stessa, ma solamente paralizzare gli effetti che sono subordinati al verificarsi della condizione: in concreto, quindi, la mancata attivazione dei corsi regionali di formazione ex art. 22 cit. precludeva all’Amministrazione di potere esercitare la facoltà riconosciutale di utilizzare i titolari di guardia medica nei servizi di emergenza.
4. Né vale, in contrario, l’argomento dei ricorrenti secondo cui il “... comportamento omissivo ed elusivo della legge dell'Assessorato ha ... ingenerato nei ricorrenti la legittima convinzione che i predetti corsi non dovessero essere più considerati indispensabili per il servizio di pronto soccorso”.
Osserva, di contro, il Collegio che i ricorrenti sono medici già titolari di incarico (di guardia medica), sicché il loro allontanamento dal detto servizio non viene a pregiudicare la loro posizione di lavoro fino al punto da poter giustificare, in qualche modo, il protrarsi di una situazione “contra legem”, rispetto alla quale ogni possibile affidamento suscitato dal comportamento della P.A. deve ritenersi recessivo.
5. Nemmeno può assumere rilievo il generico richiamo, da parte dei ricorrenti, a talune generiche definizioni rinvenibili nel D. Lgs. n. 502/92 (che avrebbe “riconosciuto il ruolo dei medici di guardia nella nuova organizzazione delle Unità Sanitarie Locali, ammettendone la partecipazione nei servizi sanitari”- v. ric. pag. 6-), non essendo specificato sotto quale profilo gli atti impugnati si pongano in contrasto con la fonte così astrattamente richiamata.
6. Si aggiunga, infine, che lo stesso art. 22, comma 12, D.P.R. 41/1991 fa salvi “a tutti gli effetti i corsi espletati ai sensi dell'art. 22 del decreto del Presidente della Repubblica n. 292 del 1987”, e che i ricorrenti non risulta abbiano, a suo tempo, frequentato (nè lo deducono) i corsi di formazione previsti anche da tale precedente disposizione proprio ai fini della possibile utilizzazione del personale di guardia medica nei “dipartimenti di emergenza”, e nei “servizi di trasporto sanitario”.
7. Parimenti infondati sono il secondo ed il terzo motivo.
Quanto alla dedotta carenza di motivazione, il Collegio osserva che la stessa può ritenersi soddisfatta con il richiamo, nel provvedimento, della norma regolatrice della fattispecie; norma che, come si è detto, impone ai “titolari di guardia medica” (ai fini dell'utilizzazione di cui ai commi 2, 3 e 4) di “aver frequentato” l’apposito corso di formazione regionale.
Quanto alla dedotta mancanza di comunicazione dell'avviso del procedimento di revoca dell'incarico, ne va rilevata l’inammissibilità. Tale motivo, infatti, seppur astrattamente fondato (dato che l’art. 7 della L. 241/1990, prevede espressamente l’obbligo della P.A. di dare comunicazione al soggetto che vi abbia interesse dell’avvio del procedimento), non è, nella specie, sorretto da un valido interesse da parte dei ricorrenti, dato che ad esso è di ostacolo la evidenziata natura cogente della disposizione di cui all’art. 22, comma 5, D.P.R. 41/1991, di guisa che l’eventuale accoglimento del motivo comporterebbe, comunque, per la P.A. il dovere di riadottare un nuovo ed analogo atto di revoca.
Si vuol dire, in sostanza, che la norma di cui all’art. 7 della L. 241/1990 va applicata in sede giurisdizionale con ragionevolezza e secondo il principio costituzionale del buon andamento della P.A., rispetto al quale, il vizio costituito dalla omessa comunicazione dell’inizio del procedimento, può portare all’annullamento dell’atto solo in presenza di situazioni in cui lo stesso annullamento sia tale da riaprire il procedimento in vista del soddisfacimento dell’interesse della parte che lo fa valere, e non certo nel caso (come quello in esame) in cui alla riapertura del procedimento seguirebbe, inevitabilmente, la riadozione di un atto eguale a quello annullato.
Come osservato dal Cons. Gius. Amm. Reg. sic. con dec. 26/4/96, n.110, l'omissione dell'avviso dell’avvio del procedimento comporta l'annullamento dell'atto conclusivo del procedimento solo nel caso in cui il soggetto non avvisato possa provare che, ove avesse potuto tempestivamente partecipare al procedimento stesso, avrebbe potuto presentare osservazioni od opposizioni che avrebbero avuto la ragionevole possibilità di avere un'incidenza causale sul provvedimento terminale.
8. In conclusione, il ricorso dev'essere respinto siccome infondato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese e gli onorari del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Sicilia, Sezione Seconda, rigetta il ricorso in epigrafe.-------------------------------------
Spese compensate.--------------------------------------------------------
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.---------------------------------------------------------------
Così deciso in Palermo, nella Camera di consiglio del 20 aprile 2000, con l'intervento dei sigg. magistrati:
- Calogero Adamo, Presidente,
- Calogero Ferlisi, Consigliere, estensore,
- Michele Corradino, Referendario.
Presidente _____________________________________
Estensore ______________________________________
Segretario ______________________________________
Depositata in segreteria il 10 luglio 2000
Il Segretario
M. Rosa Leanza