20.12.2006 free
TAR SARDEGNA – (Lo studio del medico convenzionato è un locale interessato da uso pubblico).
§ - Le carenze igieniche e di sicurezza possono imporre l'adozione di un provvedimento di sgombero dei locali, atteso l'uso pubblico degli stessi connesso alla frequentazione dei pazienti assistiti dal medico convenzionato. La verifica di idoneità dei locali disciplinata di cui all'art. 8 del D.P.R. n. 314 del 1990, concerne l'aspetto strettamente funzionale dello studio medico (idoneità dei locali e degli arredi all'utilizzo specifico), mentre la verifica di agibilità o abitabilità di cui all'art. 221 del testo unico sulle leggi sanitarie si prefigge di evitare danni alle persone che si trovino ad intrattenersi nei locali che, qualora non sottoposti ad adeguato controllo da parte dell'autorità comunale, potrebbero non avere determinate caratteristiche di igienicità, salubrità, sufficiente aerazione, e di sicurezza. [ Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net ]
T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. II, 16-06-2006, n. 1264
omissis
Svolgimento del processo
Con l'ordinanza n. 4 del 28 gennaio 1995 il Sindaco del Comune di […] aveva ordinato lo sgombero dei locali adibiti ad ambulatorio medico da parte del ricorrente dott. C.G.P., per "gravi carenze sotto il profilo igienico sanitario tali da non consentirne l'agibilità". Al fine di garantire la continuità delle prestazioni medico-ambulatoriali agli abitanti del paese, nel provvedimento veniva evidenziata la volontà dell'Amministrazione comunale di mettere a disposizione dei locali idonei. Avverso detto provvedimento il dott. C. ha proposto il ricorso iscritto al n. 329 del ruolo ricorsi del 1995, facendo valere le seguenti censure: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 del D.P.R. 28 settembre 1990 n. 314 e dell'art. 97 della Costituzione; incompetenza; 2) eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento, incongruenza, travisamento dei fatti, illogicità, difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta. Con il ricorso n. 626 del 1995 il dott. […] impugna l'ordinanza n. 5 del 4 marzo 1995, con la quale il Sindaco del Comune di […], facendo applicazione del potere di cui all'art. 38 comma 2° della legge 8.6.1990 n. 142, ha ordinato al dott. C. di sgomberare i locali adibiti ad ambulatorio medico, siti in [….].
A sostegno dell'impugnativa il dott. C. ha proposto le seguenti censure: 1) violazione e falsa applicazione degli artt. 7 e 8 del D.P.R. 314 del 1990, dell'art. 222 del T.U. del 27.7.1934 n. 1265, dell'art. 38, comma 2°, Legge 8 giugno 1990 n. 142; incompetenza. 2) eccesso di potere per contraddittorietà di comportamento, incongruenza, travisamento dei fatti, illogicità, difetto di motivazione, ingiustizia grave e manifesta, violazione dell'art. 97 della Costituzione. Il Comune di […] ha dedotto l'infondatezza dei ricorsi chiedendone il rigetto. Alla pubblica udienza del 3 maggio 2006 le cause, su concorde richiesta delle parti, sono state trattenute in decisione dal Collegio.
Motivi della decisione
Va preliminarmente disposta la riunione dei ricorsi in epigrafe, stante la loro connessione oggettiva e soggettiva. Con l'ordinanza impugnata con il ricorso n. 329 del 1993 il Sindaco del Comune di […] ha ordinato lo sgombero dei locali adibiti ad ambulatorio medico da parte del ricorrente dott. C.G.P.. Il ricorso non può essere accolto. Con il primo motivo viene proposta la censura di violazione degli articoli 7 e 8 del D.P.R. 20 settembre 1990 n. 314 e dell'art. 97 della Costituzione. Sostiene il ricorrente che il Sindaco del Comune di […] era incompetente ad emettere il provvedimento impugnato, essendo riservati alla U.S.L. tutti i poteri di autorizzazione e controllo in merito agli studi di medicina generale convenzionata.
La censura non ha fondamento . Il ricorrente richiama, a sostegno della propria tesi difensiva, il D.P.R. 314 del 1990, recante accordo collettivo nazionale per la regolamentazione dei rapporti con i medici di medicina generale, ai sensi dell'art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, ed in particolare l'art. 8 del decreto intitolato "Requisiti e apertura degli studi medici". Detto articolo 8 disciplina le caratteristiche che i locali devono possedere per potere essere adibiti a studio medico convenzionato - prevedendo che devono essere dotati "di sala d'attesa adeguatamente arredata, di servizi igienici, di illuminazione e aerazione idonea" e che lo studio "deve essere dotato degli arredi e delle attrezzature indispensabili per l'esercizio della professione".
Il potere esercitato dal Sindaco di […] non ha a proprio presupposto tale disposizione, ma è consistito nella verifica di abitabilità di cui all'articolo n.221 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265, Testo Unico delle leggi sanitarie, il quale dispone che "gli edifici o parti di essi indicati nell'articolo precedente non possono essere abitati senza autorizzazione del podestà, il quale la concede quando, previa ispezione dell'ufficiale sanitario o di un ingegnere a ciò delegato, risulti che la costruzione sia stata eseguita in conformità del progetto approvato, che i muri siano convenientemente prosciugati e che non sussistano altre cause di insalubrità".
Nell'ordinanza impugnata viene richiamata la nota del 9.11.1994, con la quale il Sindaco aveva richiesto, al Medico di Igiene pubblica ed all'Ufficio tecnico comunale, un sopralluogo per verificare l'agibilità dei locali utilizzati dal dott. C. quale studio professionale di medico convenzionato. Dal successivo sopralluogo, svolto dei vigili urbani unitamente al tecnico comunale, è emersa la carenza dei requisiti sanitari e di sicurezza dei locali nei quali, tra l'altro, è stato riscontrato: che i muri come pure il pavimento presentavano segni di umidità; che l'impianto elettrico era "obsoleto ed antiquato, con conduttori a piattina esterni nella sala di attesa, di visita e nell'ingresso" e che "in una parete della sala di attesa vi (erano) dei fili a circa mt. 1,20 dal pavimento semplicemente avvolti con nastro isolante, così come per gli altri collegamenti esistenti". Le carenze igieniche e, soprattutto, di sicurezza riscontrate non potevano che imporre l'adozione di un provvedimento di sgombero dei locali atteso l'uso pubblico degli stessi connesso alla frequentazione dei pazienti assistiti dal dott. C..
La mancanza del certificato di agibilità di un locale interessato da uso pubblico, qual è quello di uno studio medico convenzionato, unitamente alla accertata assenza dei requisiti igienico sanitari e di sicurezza, impone l'adozione da parte dell'autorità comunale del provvedimento di sgombero dei locali medesimi, previsto dall'art. 222 del Testo unico delle leggi sanitarie, approvato con il R.D. 1265 del 1934. Con il secondo motivo il dott. C. fa valere le censure di difetto di motivazione, di travisamento dei fatti e di contraddittorietà. Sostiene che il provvedimento impugnato sarebbe carente sotto il profilo motivazionale perché conterrebbe un generico riferimento alla gravi carenze sotto il profilo igienico sanitario, senza però specificare quali siano queste carenze.
La censura è infondata. L'ordinanza è motivata per relationem al verbale dei Vigili urbani, nel quale sono specificamente evidenziate, come risulta dalle parti prima riportate, le carenze riscontrate. Con le ulteriori censure si sostiene che il Sindaco non avrebbe considerato che i locali erano stati ispezionati e ritenuti idonei da parte della USL. Come innanzi precisato la verifica di idoneità dei locali disciplinata dall'art. 8 del D.P.R. n. 314 del 1990 concerne l'aspetto strettamente funzionale dello studio medico (idoneità dei locali e degli arredi all'utilizzo specifico), mentre la verifica di agibilità o abitabilità di cui all'art. 221 del testo unico sulle leggi sanitarie si prefigge di evitare danni alle persone che si trovino ad intrattenersi nei locali che, qualora non sottoposti ad adeguato controllo da parte dell'autorità comunale, potrebbero non avere determinate caratteristiche di igienicità, salubrità, sufficiente aerazione, e di sicurezza.
Il ricorso va pertanto respinto. Con il ricorso n. 626/95 il dott. C. impugna la successiva ordinanza, adottata dal Sindaco di[…] ai sensi dell'art. 222 del T.U. 27.7.1934 n. 1265 e dell'art. 38 comma 2° della legge 8 giugno 1990 n. 142, con la quale è stato nuovamente disposto lo sgombero dei locali adibiti a studio medico da parte del ricorrente. Il ricorso deve essere accolto, essendo fondata la censura di violazione dell'art. 38 della legge 142 del 1990. L'ordinanza contingibile ed urgente, emanata dal sindaco ai sensi dell'art. 38 comma 2 della legge n. 142 del 1990 (ora art. 50 D.Lgs. n. 267 del 2000), è, per sua natura, provvedimento a carattere eccezionale e temporaneo, sicchè è illegittima la determinazione suscettiva di dispiegare indefinitamente i suoi effetti per non essere stato stabilito un preciso termine di efficacia (Consiglio Stato, sez. VI, 9 febbraio 2001, n. 580; T.A.R. Friuli Venezia Giulia, 26 maggio 2003, n. 202;T.A.R. Basilicata, 25 febbraio 2005, n. 121; T.A.R. Liguria, sez. I, 7 luglio 2005, n. 1026). L'ordinanza del Sindaco di […] fa applicazione del menzionato art. 38, ma in violazione di esso non indica un termine finale di efficacia, con ciò venendo a dispiegare indefinitamente i suoi effetti. Il ricorso va pertanto accolto, con assorbimento delle atre censure dedotte. Le spese dei giudizi, in ragione della reciproca soccombenza delle parti, possono essere interamente compensate fra le stesse.
P.Q.M.
IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO PER LA SARDEGNA SEZIONE SECONDA
Riuniti i ricorsi in epigrafe, così dispone: 1) respinge il ricorso n. 329/95; 2) accoglie il ricorso n. 626/95 e, per l'effetto, annulla il provvedimento con esso impugnato; 3) compensa integralmente fra le parti le spese e gli onorari dei giudizi. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità Amministrativa. Così deciso in Cagliari, nella camera di consiglio, il giorno 3 maggio 2005 dal Tribunale Amministrativo Regionale per la Sardegna con l'intervento dei signori: Lucia Tosti, Presidente; Rosa Panunzio, Consigliere; Francesco Scano, Consigliere, estensore.