14.07.2004 free
CORTE dei CONTI - (iper-prescrizione di farmaci e connesse responsabilita' del medico di assistenza primaria; sulla natura amministrativa delle attivita' collegate)
Massima:
§ - I compiti, da parte dei medici di MG, di certificazione sanitaria e di compilazione di prescrizioni farmaceutiche e finanziarie si inseriscono nell’ambito della organizzazione strutturale, operativa e procedimentale della A.S.L. di appartenenza ed hanno natura amministrativa.
§ - Appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti la competenza in materia di danno arrecato al S.S.N. dai medici convenzionati a seguito della redazione di prescrizioni sanitarie inusuali, incongrue o incomplete, e di prescrizioni di medicinali agli assistiti in quantità eccessive o, comunque, per finalità non terapeutiche, in dosi maggiori del consentito o con modalità di somministrazione diverse dal lecito
§ - Il comportamento del medico di medicina generale puo' dar luogo , normalmente ad ipotesi di danno patrimoniale, nel caso di " iperprescrittività in senso ampio ", intesa come la situazione più frequente e ripetuta di scostamento tra le scelte del singolo medico di medicina generale di base convenzionato con le A.S.L. e quelle della generalità dei medici di base anche essi convenzionati con le predette Strutture; tale forma puo' evolversi in “iperprescrittività in senso stretto”, intesa come casi di superamento del quantitativo del farmaco assumibile dall’assistito in un determinato periodo di tempo, come risultante dalle indicazioni fornite dalla casa farmaceutica ed approvate dal Ministero della Salute e/o in " iperprescrittività da fatti illeciti " , riguardante i farmaci prescritti ai pazienti che hanno dichiarato (o loro eredi, per i casi di decesso) di non averli richiesti né assunti, o che sono stati prescritti con modalità di assunzione differenti da quelle previste nella scheda tecnica ministeriale (www.dirittosanitario.net)
SENTENZA N. 275/04
Depositata in Segreteria il 28 giugno 2004
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE DELL'UMBRIA
FATTO
Con Atto di Citazione n. G2003/20 del 13 settembre 2003 (ritualmente notificato agli interessati) il Sostituto Procuratore Generale dell’Umbria della Corte dei Conti - previo Invito a dedurre del 6 giugno 2003, ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 19/1994 - ha citato in giudizio davanti alla Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria della Corte dei Conti il Sig. A.C.ed il Sig. C.C. (nella loro qualità di medici di medicina generale di base, in Terni, a rapporto convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale) ed il Sig. R.P. (nella qualità di farmacista titolare della omonima Farmacia, in Terni, a rapporto convenzionale con il S.S.N.), per sentirli condannare - per la parte che ciascuno vi ha preso - al pagamento in favore dell’Erario della somma complessiva di Euro 1.205.205,86 (Euro 599.053,02, a carico del Sig. C.; Euro 566.690,62, a carico del Sig. C.C.; ed Euro 39.462,22, a carico del Sig. P.), oltre alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali ed alle spese di giudizio, ritenendoli responsabili del corrispondente danno erariale subito dalla Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) n. 4 di Terni e, per essa, dal S.S.N.. Con Provvedimento del 7 ottobre 2003 (ritualmente notificato agli interessati) il Presidente della Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria della Corte dei Conti ha fissato al giorno 11 febbraio 2004 l’Udienza per la discussione del giudizio in questione, assegnando a tutto il giorno 22 gennaio 2004 il termine utile alle parti per il deposito di atti e documenti in Segreteria.
Entro la predetta data del 22 gennaio 2004 sono state depositate in Segreteria le Memorie difensive e di costituzione in giudizio prodotte dall’Avv. Umberto Segarelli e dell’Avv. Attilio Biancifiori, per il convenuto C.; dall’Avv. Lietta Calzoni, per il convenuto C.C.; e dall’Avv. Stelio Zaganelli e dall’Avv. Ulisse Bardani, per il convenuto P.. Nell’Atto di Citazione la Procura Regionale ha rappresentato che - a seguito di complesse indagini, svolte con l’ausilio della Guardia di Finanza/Nucleo di Polizia Tributaria di Terni, per verificare la sussistenza di comportamenti illeciti produttivi di danno alle pubbliche finanze, in relazione alla rilevante lievitazione della spesa farmaceutica registrata in Umbria nel periodo dal 1999 al 2002 ed, in particolare, nel territorio di competenza della A.S.L. n. 4 di Terni (al 1° posto della spesa farmaceutica e della spesa per assistibile in Umbria) - è emersa la responsabilità di alcuni medici di medicina generale di base di Terni a rapporto convenzionale con il S.S.N. (risultati “iperprescrittori” di alcuni medicinali posti a carico del S.S.N. con scostamento fino a quasi il doppio rispetto alla media per assistibile) e di alcune farmacie di Terni a rapporto convenzionale con il S.S.N. (risultate quelle presso le quali i pazienti dei predetti medici hanno acquistato i farmaci in questione, pur se residenti in località anche molto distanti dalle sedi di tali farmacie). Per tali indagini (in ordine alle quali sono intervenute ulteriori importanti indicazioni e segnalazioni anche da parte della stessa A.S.L. n. 4 di Terni e da parte del Comando NAS Carabinieri di Perugia) la Procura Regionale ha utilizzato il sistema informativo di monitoraggio dei consumi e della spesa farmaceutica in uso dal 1999 presso la predetta A.S.L. n. 4 di Terni (che lo ha messo a disposizione), provvedendo alla analisi, alla comparazione ed all’incrocio dei dati presenti nel citato sistema (che contiene il percorso completo di ogni prescrizione da parte dei medici di base convenzionati, a partire dalla consegna del ricettario filigranato, alla compilazione di ogni singola ricetta, ed al suo inoltro - da parte della farmacia presso cui viene acquistato il farmaco prescritto - alla A.S.L. per il rimborso a carico del S.S.N., ove previsto). L’Atto di Citazione ha rappresentato che tale sistema informativo - “aggregando i dati effettivi provenienti da tutti i medici e dalle farmacie convenzionate con il S.S.N. … - rappresenta l’effettivo andamento dinamico dei flussi farmacologici nel territorio … e permette di estrarre … i dati relativi a farmaci …, medici prescrittori, pazienti, … fino al dettaglio della singola ricetta”.
L’Atto di Citazione ha, inoltre, fatto presente che, successivamente, partendo dalla spesa più alta per farmaci tra tutti quelli prescritti dai medici di medicina generale appartenenti alla A.S.L. n. 4 di Terni, l’analisi dei dati è stata estesa anche alle prescrizioni di antibiotici, incrociando i dati delle confezioni di medicinali prescritte da ogni medico ed i nominativi dei pazienti che risultavano intestatari di dette prescrizioni “con i dati significativi necessari alla valutazione delle singole ricette , e cioè: data della prescrizione, principio attivo del farmaco con relativo nominativo del prodotto, nominativo della farmacia ove è stata spedita la ricetta, posologia massima giornaliera prevista per l’uso di quel prodotto, giorni di trattamento per confezione, giorni di trattamento per ricetta, pezzi per ricetta, importo complessivo per ricetta (Il riscontro incrociato - per economia di indagine - è stato limitato a 3 principi attivi: il Cefonicid Sale Sodico, l’Aciclovir e l’Amikanica). La Procura Regionale ha, quindi, sottolineato che le risultanze delle elaborazioni dei dati sopra indicati hanno portato ad individuare nel Dott. A.C.e nel Dott. C.C. (ed, in misura molto minore, nel Dott. Stefano G. e nel Dott. Gioacchino S.) “i medici di medicina generale che hanno illecitamente provocato l’accollo a carico del S.S.N. del costo dei farmaci prescritti in misura così rilevante e/o secondo modalità illecite”, e nel Dott. P. (nonché nel Dott. M., nel Dott. R. e nel Dott. C.) i titolari delle Farmacie nelle quali i pazienti dei menzionati medici acquistavano i farmaci prescritti. L’Atto di Citazione ha riferito che dalle predette elaborazioni è risultato che i citati medici di medicina generale (c.d. “iperprescrittori”) “regolarmente e reiteratamente (mese dopo mese, dal 1999) si sono discostati dalla spesa media globale … per assistibile … con una percentuale di scostamento, che è arrivata, nel 1999, al 98,96% per il Dott. C., ed al 98,18% per il Dott. C.C.”; e così di seguito per il 2000, per il 2001 e per il 2002, arrivando “a porre a carico del S.S.N. fino a quasi il doppio” in termini di spesa, anche se si utilizza, quale termine di confronto, “il parametro della spesa obiettiva ponderata”. Inoltre, relativamente alla spesa per assistibile per gli antibiotici, indicata nel 1999 dalla A.S.L. n. 4 di Terni in £. 6.265, il Dott. C.per tale anno ha fatto registrare una spesa per assistibile del 600% più alta di quella prevista per questa fascia di farmaci, mentre il Dott. C.C. ha fatto registrare una spesa per assistibile di circa il 420% più alta della predetta spesa per classe di farmaci, emergendo a carico dei citati medici di medicina generale conferme anche in termini di “iperprescrittività in senso stretto”.
L’Atto di Citazione ha messo, poi, in rilievo che il complesso delle predette informazioni (che - a giudizio della Procura Regionale - “costituiscono già di per sé gravissimi e concordanti elementi di prova” a carico dei medici iperprescrittori) è stato ulteriormente incrociato con le dichiarazioni di riscontro fornite da un campione di pazienti (n. 13 per il Dott. C. e n. 15 per il Dott. C.C.), i quali (o loro stretti parenti, per i casi di decesso) hanno fornito concordanti elementi a carico dei predetti medici e delle indicate Farmacie. Ipotizzando un rilevante danno patrimoniale ed all’immagine sofferto dalla A.S.L. n. 4 di Terni, la Procura Regionale con Invito a fornire deduzioni del 6 giugno 2003 ha contestato la sussistenza dei predetti danni, per la parte che ciascuno vi ha preso, ai medici di medicina generale C., C.C., G. e S., ed ai farmacisti P., R., e C. D.. Contestualmente al menzionato Invito a dedurre (in relazione al quale tutti i destinatari hanno presentato note controdeduttive) la Procura Regionale ha, inoltre, chiesto - a tutela del contestato danno erariale - il Sequestro Conservativo sui beni mobili ed immobili del Sig. A.C.e del Sig. C.C. fino alla concorrenza, rispettivamente, di Euro 599.053,02 e di Euro 566.690,62. Tale Sequestro - dopo essere stato autorizzato con Decreto Presidenziale del 12 giugno 2003 - è stato confermato parzialmente, fino alla concorrenza delle predette somme, dal Giudice designato con Ordinanza n. 013/E.L./2003 del 17 luglio 2003, previo svolgimento dell’Udienza del 15 luglio 2003, per la quale i predetti medici si sono costituiti con l’assistenza, il primo, degli Avv.ti Attilio Biancifiori ed Umberto Segarelli, ed, il secondo, dell’Avv. Lietta Calzoni, depositando apposite Memorie.
A seguito delle cennate controdeduzioni, la Procura Regionale ha ritenuto di “stralciare il procedimento” nei confronti dei medici G. e S. e dei farmacisti R. e C. D., mentre - non condividendo le controdeduzioni presentate - ha convenuto in questo giudizio i medici C. e C.C. ed il farmacista P., contestando loro i danni in precedenza indicati ed imputando agli stessi le seguenti somme: - Dott. A.C.(Medico): Euro 599.053,02, di cui Euro 499.053,02 per danno patrimoniale (nel cui ambito vanno considerati Euro 116.545,74 a titolo di iperprescrittività in senso stretto ed, all’interno di quest’ultima somma, Euro 48.927,98 per illeciti comprovati direttamente dalle dichiarazioni dei pazienti), oltre ad Euro 100.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio della A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N.; - Dott. C.C. (Medico): Euro 566.690,62, di cui Euro 466.690,62 per danno patrimoniale (nel cui ambito vanno considerati Euro 127.879,64 a titolo di iperprescrittività in senso stretto ed, all’interno di quest’ultima somma, Euro 24.471,67 per illeciti comprovati direttamente dalle dichiarazioni dei pazienti), oltre ad Euro 100.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio della A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N.; - Dott. R.P. (Farmacista): Euro 39.562,22, di cui Euro 26.462,22 per danno patrimoniale ed Euro 13.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio della A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N.. L’Atto di Citazione - con diffuse argomentazioni e con richiami alla giurisprudenza, al riguardo, della Corte di Cassazione e della Corte dei Conti - ha rinvenuto e sostenuto la sussistenza di un vero e proprio rapporto di servizio dei medici di medicina generale e dei farmacisti convenzionati con la A.S.L. di appartenenza, svolgendo essi una serie di compiti di assistenza e di certificazione sanitaria, farmaceutica e finanziaria, ed inserendosi, così, nell’ambito dell’organizzazione strutturale, operativa e procedimentale della A.S.L..
La Procura Regionale - dopo aver messo in rilievo che “la ricetta medica … deve essere effettuata, oltre che secondo scienza e coscienza, nel rispetto delle norme di settore, delle limitazioni e delle indicazioni fornite dal Ministero della Sanità (ora della Salute) nelle schede tecniche ed eventualmente contenute nelle c.d. note CUF, nonché dei … principi … di economicità e riduzione degli sprechi …, di appropriatezza … e di efficacia dell’intervento …” - ha fatto presente che “sono rimborsabili soltanto le prescrizioni di medicinali redatte nel rispetto delle regole e dei principi sopraindicati ed ha osservato che l’atteggiamento iperprescrittivo dei citati medici di medicina generale appare ancor più grave, “ove si consideri che i (predetti) medici erano resi edotti e perfettamente consapevoli del proprio comportamento abnorme rispetto alla media dei colleghi, poiché ogni mese ricevevano dalla A.S.L., unitamente al cedolino delle competenze mensili, il prospetto riepilogativo, con il quale la A.S.L. rappresentava … la situazione prescrittiva del mese precedente, sia in termini generali che con riferimento alle singole classi ATC, sottolineando lo scostamento dei valori di spesa addebitati alla A.S.L. dal comportamento del professionista rispetto alla media”. Lo scostamento continuato nel tempo (nonostante i predetti avvertimenti mensili della A.S.L.) ed abnorme nella misura da parte del Dott. C.e del Dott. C.C. rispetto alla generalità degli altri medici di medicina generale, costituisce - a giudizio della Procura Regionale - fonte di danno alle pubbliche finanze, sotto forma della quota parte di rimborsi erogati dal S.S.N. in più rispetto alla media degli altri medici, non essendosi essi attenuti ai principi, normativamente disposti, del raggiungimento degli obiettivi di economicità e risparmio delle risorse finanziarie pubbliche ed avendo gli stessi ignorato le indicazioni e le modalità di prescrizione disposti dalla scheda tecnica ministeriale. L’Atto di Citazione ha, al riguardo, fatto presente che la quantificazione del danno sotto il profilo della “iperprescrittività in senso ampio e generico”, subito dalla A.S.L. n. 4 di Terni ed addebitato al Dott. C.(Euro 499.053,02) ed al Dott. C.C. (Euro 466.690,62), è stata definita “prendendo a riferimento il totale della spesa posta a carico del S.S.N. dai medici convenuti attraverso le prescrizioni, così come rilevate dal sistema di monitoraggio in ciascuno degli anni di riferimento (1999, 2000, 2001), e dividendo tale somma per il numero degli assistibili … in modo da ottenere la rispettiva spesa per assistibile effettivamente addebitata al S.S.N.; parametro (questo) messo a confronto con la media di tutti gli altri medici (di medicina generale convenzionati) allo scopo di ottenere, per differenza, la quota di rimborso in eccedenza addebitato alla A.S.L. per assistibile”. In proposito la Procura Regionale ha anche precisato che la media in discorso “non è la media aritmetica pura, ma una media maggiorata con il meccanismo della <
Circa l’“iperprescrittività in senso stretto” (intesa come “superamento del quantitativo di farmaco assumibile dall’assistito in un determinato periodo di tempo, come risultante dalle indicazioni contenute nelle schede ministeriali … e nelle note CUF”) la Procura Regionale ha messo in evidenza che il sistema di monitoraggio della spesa farmaceutica in uso presso la A.S.L. n. 4 di Terni ha dimostrato che “i medici convenuti sono arrivati a prescrivere e, per l’effetto, a porre a carico del S.S.N., quantità di medicinali assolutamente incompatibili, se parametrati alle indicazioni ministeriali, con qualsiasi finalità terapeutica”, pur prendendo a base, per l’Amikacina, una durata massima di 15 giorni rispetto ai 7 della nota CUF 55 bis. La Procura Regionale ha indicato in Euro 116.545,74 ed in Euro 127.879,64 il danno da “iperprescrittibilità in senso stretto” da porre a carico, rispettivamente, del Dott. C.e del Dott. C.C. per il periodo 1999/2001, facendo presente che tale danno è comunque da ricomprendere nell’ambito del danno da “iperscrittibilità in senso ampio e generico”, di cui si è detto in precedenza. All’interno del complessivo danno patrimoniale subito dalla A.S.L. n. 4 di Terni va, inoltre, ricompreso - a giudizio della Procura Regionale - anche il “danno da prescrizione illecita” (corrispondente al costo dei farmaci prescritti ai pazienti che hanno dichiarato di non averli richiesti né assunti, o che sono stati prescritti con modalità di assunzione differenti da quelle previste nella scheda tecnica ministeriale), da addebitare per Euro 48.927,98 al Dott. C.e per Euro 24.471,67 al Dott. C.C..
Per quanto attiene al danno addebitato al Dott. R.P. (titolare dell’omonima Farmacia, in Terni, convenzionata con il S.S.N.), l’Atto di Citazione - dopo aver rilevato che alcuni pazienti hanno dichiarato di “non essersi mai recati presso le farmacie ove risultava spedita la ricetta medica e di non aver mai utilizzato alcuni farmaci” - ha fatto presente che nel 1999, relativamente al farmaco Cefoger, risultano 2.285 vendite rilevate dai rimborsi A.S.L. rispetto a 1.069 acquisti rilevati dalle fatture (quindi, meno 1.216 pezzi, per un importo di £: 29.548.000); nel 2000, relativamente al farmaco Cefoger, risultano 608 rimborsi rispetto ai 504 acquisti (quindi, meno 104 pezzi, per un importo di £. 2.444.000), relativamente al farmaco Cefonicid, risultano 928 rimborsi rispetto a 326 acquisti (quindi, meno 602 pezzi, per un importo di £. 14.841.106), e, relativamente al farmaco Cefosporin, risultano 688 rimborsi rispetto a 588 acquisti (quindi, meno 100 pezzi, per un importo di £. 2.341.900); nel 2001, relativamente al farmaco Cefonicid risultano 199 rimborsi rispetto a 115 acquisti (quindi, meno 84 pezzi, per un importo di £. 2.062.200). A giudizio della Procura Regionale, al titolare della Farmacia P. deve essere ascritto il danno patrimoniale di Euro 26.462,22, corrispondente alla somma dei rimborsi effettuati dalla A.S.L. n. 4 di Terni in relazione ai farmaci che non risultano in realtà acquistati e consumati dai pazienti e per i quali, comunque, non risulta la relativa documentazione contabile di acquisto, facendo presente che la fattispecie in esame si deve inquadrare nell’ambito della responsabilità contabile, di cui all’art. 74 del R.D. n. 2440/1923 ed agli artt. 178 e 610 del R.D. n. 827/1924. L’Atto di Citazione ha rappresentato, altresì, che nel caso in esame sussiste anche il “danno all’immagine ed al prestigio dell’Amministrazione Sanitaria ternana (A.S.L. n. 4) e della sanità pubblica in genere”. Al riguardo, la Procura Regionale ha richiamato giurisprudenza della Corte dei Conti ed ha ribadito la sussistenza della sua giurisdizione, nonché la natura patrimoniale in senso ampio, ed art. 2043 c.c. e art. 2 Cost., di questa particolare ipotesi di danno, da qualificare come “danno evento”. La Procura Regionale ha quantificato tale danno, in via equitativa ex art. 1226 c.c., in misura proporzionale alla gravità dell’illecito e del danno patrimoniale causato, imputando Euro 100.000,00 al Dott. C., Euro 100.000,00 al Dott. C.C., ed Euro 13.000,00 al Dott. P..
Per quanto riguarda l’elemento soggettivo, a giudizio della Procura Regionale, nel caso di specie esso consiste nel <
La difesa ha, quindi, osservato che “non c’è stata da parte della A.S.L. una precisa direttiva sui farmaci da non prescrivere per certe indicazioni terapeutiche” e che “comunque la consecutività di prescrizioni rilevata dalla Guardia di Finanza riguardava soltanto una classe di farmaci: antibiotici prescritti a malati cronici che ne facevano un uso quasi continuo … (ed) in deroga alla scheda tecnica”. A giudizio della difesa “la pretesa quantificazione del danno subito dalla A.S.L. per iperprescrittività in senso ampio … è assai discutibile se non priva di totale fondamento”, tenuto conto che “è soltanto nelle iperprescrizioni in senso stretto, cioè di antibiotici, che si sono riscontrate delle cifre molto elevate rispetto alla media” e che “non è sostenibile che tutti i discostamenti dalla media siano illeciti”, essendo “del tutto da dimostrare che tali prescrizioni siano tutte fuori norma” data l’età dei pazienti e la cronicità delle loro malattie. Per quanto attiene alle testimonianze raccolte dalla Guardia di Finanza, a parere della difesa si tratta di “dichiarazioni prive di rilevanza probatoria nel presente giudizio, perché non raccolte in contraddittorio e senza adeguata informazione delle persone interrogate, alcune per età avanzata e patologia, nemmeno in grado di fornire mnemonicamente dati attendibili”. Ad ulteriore contestazione dei dati raccolti dalla Guardia di Finanza, la Comparsa difensiva ha fatto presente che “il Dott. C.dal 5 ottobre 1999 al 5 gennaio 2000 è stato in malattia per rottura sottocutanea tendine quadricipite dx” e “dal 18 maggio al 14 agosto 2000 … ha subito un secondo e grave infortunio analogo al primo (rottura sottocutanea tendine quadricipite sx)”, ritenendo, perciò, che “in tali lunghi periodi di degenza o invalidità temporanea … le prescrizioni mediche che si assumono illecite non possono essere a lui imputate e comunque matematicamente devono essere sottratte alle statistiche a scopo accusatorio elaborate dalla Procura”. La difesa, in relazione, poi, all’elemento soggettivo del dolo ritenuto dalla Procura Regionale, ha osservato che le dichiarazioni rese dal Dott. C.all’Ispettore della Guardia di Finanza “non solo (sono) inutilizzabili in sede penale (dove il Dott. C.si è avvalso della facoltà di rispondere al cospetto del proprio legale quale unico atto avente validità processuale), ma parimenti non hanno dignità probatoria alcuna in sede civile, in quanto gli strumenti di prova previsti normativamente escludono la liceità di dichiarazioni non sottoscritte, raccolte - sembrerebbe - in forma confidenziale e che, in ogni caso, il Dott. C.nega recisamente di aver profferito”. In conclusione, gli Avv.ti Segarelli e Biancifiori hanno prodotto in via istruttoria i documenti sanitari riguardanti i due gravi infortuni subiti dal Dott. C.e l’elenco analitico dei pazienti con dati anagrafici completi, ed hanno chiesto:
a) in via istruttoria, di effettuare “l’audizione, come testimoni, dei Signori Alberto M., N. Anna P., Marisa N., Fernando M., Clara C., Irene P., tutti residenti in Terni, sulla circostanza dell’effettivo consumo da parte dei pazienti menzionati (o loro familiari defunti) dei farmaci prescritti dal Dott. C., nonché sulla circostanza che per lunghi periodi il Dott. C., causa infortunio invalidante, è stato sostituito nelle prescrizioni da altro medico”; b) nel merito, di revocare il Sequestro (indicato in precedenza) per difetto dei presupposti di legge e di respingere la domanda di risarcimento formulata dal Sostituto Procuratore Generale “perché infondata in fatto ed in diritto, e comunque improvata”; c) in via meramente subordinata, di respingere la domanda attrice, dopo avere accertato la inconsistenza di responsabilità riferibile al convenuto per i fatti oggetto di contestazione, o comunque dopo aver dato atto della insussistenza di colpa grave nell’azione e nell’espletamento del ruolo di base del S.S.N., e dopo aver verificato, infine, l’insussistenza del danno anche in riferimento alle quantità indicate. Il Sig. C.C. si è costituito in giudizio con Comparsa dell’Avv. Lietta Calzoni, la quale ha contestato l’Atto di Citazione ed ha affermato, tra l’altro, che esso “non tiene conto di alcuno degli elementi istruttori offerti dal Dott. C.C. (con le note controdeduttive all’Invito a dedurre, che sono state richiamate testualmente per quanto attiene alla prescrizione ed all’utilizzo dell’Amikacina, Cefonicid e Aciclovir), neppure presi in considerazione, e si limita a puntualizzare le argomentazioni accusatorie già contenute nel (citato) Invito a fornire deduzioni”, rappresentando, anche,che “con Provvedimento in data 24 settembre 2003 il P.M. ha disposto l’archiviazione della denuncia con riferimento ad uno dei medici ed a due delle farmacie sottoposte ad indagini”.
La difesa ha, quindi, osservato che “l’azione promossa e la tesi della presunta iperprescrittività sulla quale essa poggia, risultano ancorate a parametri generali ed astratti desunti dal comportamento prescrittivo di altri sanitari e dalla spesa media per assistibile rilevata con esclusivo riferimento alla spesa farmaceutica”, sostenendo che tale tesi è fragile perché non tiene conto del quadro normativo di riferimento in subiecta materia, che è costituito dal D.P.R. 28 luglio 2000, n. 270, (ed, in particolare dagli articoli 15 bis, 31 e 36), dal quale sono enucleabili i principi di “appropriatezza nell’uso delle risorse disponibili” e di “prescrizione assistenziale, incluse quelle farmaceutiche, da effettuare secondo scienza e coscienza sotto la responsabilità complessiva del medico in ordine alla tutela della salute del proprio assistito”, potendosi “rilasciare prescrizioni farmaceutiche anche in assenza del paziente quando a suo giudizio ritenga non necessaria la visita del paziente” medesimo. A giudizio della difesa l’indagine dalla quale è scaturito il presente giudizio - essendo mirata unicamente alla verifica della spesa derivante dalle prescrizioni farmaceutiche - “ha erroneamente indotto a ritenere che un presunto comportamento iperprescrittivo costituisca sicura fonte di danno erariale ingiusto e risarcibile, affidandosi, peraltro, a presupposti non condivisibili sotto il profilo scientifico oltre che censurabili in rapporto alla rigorosa normativa di riferimento”, in base alla quale “la prescrizione, anche farmaceutica, del sanitario, da effettuarsi secondo “scienza e coscienza”, involge scelte discrezionali affidate alla responsabilità complessiva del medico, che sfuggono, per ciò stesso, al sindacato del Giudice contabile, ai sensi dell’art. 3, punto 1, lett. a) del D.L. n. 453/1996, convertito dalla legge n. 639/1996, che tiene per ferma la insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali”, né, al riguardo, è possibile riferirsi al comportamento di altri sanitari ed alla spesa per assistibile nella sola farmaceutica, tralasciando di valutare la spesa per ospedalizzazioni e, che, per la A.S.L. n. 4 di Terni, è la più bassa della Regione Umbria. La difesa - dopo aver fatto presente che le note CUF 55 e 84 relative ai farmaci Cefonicid e Aciclovir sono state introdotte nel 2000 e sono entrate in vigore nel gennaio 2001 e che ciò “esclude in radice la dedotta violazione dei provvedimenti della CUF quanto meno per gli anni 1999 e 2000 (e la conseguente insussistenza del prefigurato danno erariale limitatamente a quei due anni)” e che le ditte produttrici dei farmaci in questione “non sono affatto sconosciute” - ha contrastato il convincimento del P.M. circa la ritenuta colpevolezza del Dott. C.C. relativamente alla prescrizione di farmaci “ad ignari pazienti ricoverati in ospedale”, mettendo in rilievo che “l’unico caso comprovato riguarda quello della paziente S.A., il cui nome era stato indicato nella ricetta per banale errore, in luogo di quello della sorella convivente S.R. anch’essa paziente del Dott. C.C.”.
A giudizio della difesa “il metodo di indagine seguito dall’Autorità di P.G. ed il correlativo danno erariale prefigurato dal P.R. si basano: a) su elementi valutativi parziali e non complessivi inerenti la spesa sanitaria; b) su dati statistici e non concretamente riferiti alla casistica del Dott. C.C.; c) sulle presunte inosservanze delle note CUF, viceversa sempre rispettate dal convenuto, ma che comunque, per i farmaci Cefonicid e Aciclovir, sono entrate in vigore a decorrere dall’anno 2001, sicché non possono essere fatte retroagire al 1999 ed al 2000 …; d) sullo scostamento della condotta terapeutica adottata dal sanitario rispetto a quella assunta da altri medici, senza tener conto che si tratta di scelte discrezionali e che il Dott. C.C. è medico massimalista … ed effettua visite in ambulatorio tutti i giorni ed a tempo pieno”. In considerazione di ciò, ne deriva - sempre a giudizio della difesa - “l’assoluta opinabilità dell’assioma medico iperprescrittore = danno erariale e conseguentemente l’inesistenza del presunto danno anche sotto il profilo della totale insufficienza degli elementi probatori forniti dall’ufficio Requirente” e dei calcoli operati per la quantificazione del danno, richiamando, al riguardo, giurisprudenza della Corte dei Conti. La difesa ha, quindi, confutato l’addebito di Euro 24.471,67, non condividendo e contestando le argomentazioni della Procura Regionale basate sulle “dichiarazioni dei pazienti” ed osservando che anche l’asserzione del P.M. in ordine alla dichiarazione confessoria del Dott. C.è “priva di qualunque fondatezza e di qualsivoglia supporto probatorio” e non può riverberarsi sul Dott. C.C., che, “peraltro, ignora chi sia il Sig. D. e, comunque, esclude categoricamente la sussistenza di una trama corruttiva con lui”. La difesa ha, inoltre, contestato l’imputazione del danno all’immagine ed al prestigio della sanità ternana, perché sfornita di prove in relazione alla sua sussistenza ed alla sua quantificazione, richiamando, al riguardo, giurisprudenza della Corte dei Conti circa le prove da offrire sulla effettiva erogazione di una spesa per il ripristino dei beni immateriali lesi, ed osservando che sussistono dubbi sulla assoggettabilità del Dott. C.C. a siffatto addebito, “trattandosi di soggetto non incardinato nella struttura dell’Ente e, quindi, privo di una propria capacità rappresentativa”.
La difesa ha sostenuto, altresì, che “il concorso dei fattori, decisivi, sopra delineati interferisce sul meccanismo causale, interrompendolo”, e che “il comportamento del Dott. C.C. non è stato affatto improntato a colpa grave (né, men che mai, a dolo) se si tiene conto … (delle) circostanze (in precedenza riferite) che escludono le responsabilità dell’odierno convenuto per difetto dell’elemento soggettivo”. In conclusione, l’Avv. Calzoni ha chiesto: a) in via principale, di accertare e dichiarare l’insussistenza di qualsiasi responsabilità del convenuto in ordine ai fatti ascritti e di respingere tutte le domande proposte nei suoi confronti, assolvendolo da ogni addebito e revocando definitivamente il Provvedimento di Sequestro disposto nei confronti del medesimo convenuto; b) in subordine, di ammettere, comunque, il convenuto al beneficio della riduzione dell’addebito e, correlativamente, di conformare l’entità del Provvedimento di Sequestro adottato, disponendone una corrispondente riduzione.
Il Sig. R.P. si è costituito in giudizio con Comparsa dell’Avv. Stelio Zaganelli e dell’Avv. Ulisse Bardani, i quali hanno fatto presente che il convenuto (nella qualità di titolare della Farmacia P., in Terni, cedutagli dal padre Alfio P. con atto di dannazione dell’1 marzo 2003, approvato con Delibera della A.S.L. n. 4 di Terni in data 30 dicembre 2002) è stato citato in giudizio per il pagamento della somma di Euro 39.462,22 (di cui Euro 26.462,22 per danno patrimoniale ed Euro 13.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio di detta A.S.L., e che il menzionato Dott. Alfio P. (padre del Dott. R.P. e titolare della omonima Farmacia all’epoca dei fatti contestati) in data 12 dicembre 2003 ha effettuato - a favore dell’indicata A.S.L. n. 4 di Terni, a mezzo bonifico della Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. - il pagamento della somma di Euro 39.462,22 “a titolo di pagamento di medicinali per i quali non esiste documentazione contabile di acquisto, di cui Euro 26.462,22 per medicinali ed Euro 13.000,00 per danno all’immagine”. A quest’ultimo riguardo, la difesa ha allegato (unitamente agli altri documenti in precedenza citati) la quietanza di pagamento del riferito pagamento (effettuato nell’interesse del Sig. R.P., rilasciata dalla Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A.. In conclusione, gli Avv.ti Zaganelli e Bardani, in considerazione di quanto sopra rappresentato, hanno chiesto di dichiarare la cessazione della materia del contendere in relazione ai fatti contestati al Sig. R.P., dichiarando che quest’ultimo è “disponibile sin d’ora al pagamento di eventuali interessi e rivalutazione monetaria, oltre che delle spese di giudizio di propria competenza”. Alla discussione avvenuta alla Udienza pubblica dell’11 febbraio 2004, il P.M. - confermando tutti gli elementi forniti con l’Atto di Citazione - ha contrastato le argomentazioni contenute nelle Comparse difensive ed ha ribadito le richieste di condanna, sussistendo la giurisdizione della Corte dei Conti nei confronti dei medici di medicina generale e dei farmacisti convenzionati con il S.S.N..
In particolare, il P.M. ha fatto presente che non rilevano le classi di età dei pazienti del Dott. C.C. e del Dott. C., osservando che nella vicenda in causa, più che le Note CUF, interessano le schede ministeriali, alle quali i medici si devono attenere ai sensi della legge n. 94/1998, e che si è in presenza - oltre che del danno all’immagine - di 3 voci di danno patrimoniale, dovute: a) ad iperprescrittività in senso ampio, che ha al suo interno, b) l’iperprescrittività in senso stretto, che ha al suo interno, c) l’iperprescrittività da fatti illeciti. Il P.M. ha, inoltre, sottolineato l’abnormità e la continuità nelle prescrizioni farmaceutiche in questione, nonostante gli avvisi mensili operati dalla A.S.L., mettendo in rilievo che il Dott. C.C. nelle note controdeduttive ha, in sostanza, confermato la prescrizione per uso improprio di alcuni farmaci e che i periodi di malattia del Dott. C.sono stati tenuti ben presenti. In merito all’elemento psicologico il P.M. ha ulteriormente argomentato per la sussistenza di una condotta gravemente antidoverosa dei due medici, rinvenendo nella stessa gli estremi del “dolo c.d. contrattuale”. Per quanto riguarda il Dott. P. (titolare della omonima farmacia) il P.M. - riaffermata la giurisdizione della Corte dei Conti e ricordato che il predetto farmacista ha già provveduto a corrispondere il corrispettivo dei danni contestati - ha chiesto che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, osservando, peraltro, che restano in giudizio le partite relative agli interessi legali, alla rivalutazione monetaria ed alle spese di giudizio, ovvero solo alle spese di giudizio, come sostenuto dalla Sent. n. 248/2002 della Sez. I Centrale d’Appello. Da parte sua, l’Avv. Lietta Calzoni, per il convenuto C.C. - dopo aver depositato ulteriore documentazione (visionata dal P.M. nel corso di una interruzione di un’ora dell’Udienza) e dopo aver sottolineato che sono rimasti estranei al presente giudizio alcuni medici (con le stesse esimenti del Dott. C.C.) ed alcuni farmacisti, ai quali era stato inviato l’Invito a dedurre - ha sostenuto, in particolare, che la dichiarazione del Dott. C.circa i rapporti con il “Sig. D.” non ha alcuna valenza probatoria nel presente giudizio, e che in ogni caso essa non può in alcun modo avere un qualche riflesso sulla posizione del Dott. C.C., che non conosceva affatto il predetto “Sig. D.”.
La difesa ha, inoltre, messo in rilievo che i dati statistici raccolti sono parziali, perché attengono solo al comportamento prescrittivo del Dott. C.C., e non consentono di avere una visione oggettiva della vicenda in causa, facendo presente che il Tabulato prodotto in data odierna dimostra che nei detti dati sono compresi anche quelli di medici specialisti e di medici con pochi pazienti rispetto a quelli del predetto Dott. C.C., il quale - anche attraverso la prescrizione dei farmaci in discussione - ha fatto registrare una minore ospedalizzazione dei propri assistiti, con una minore spesa per il S.S.N.. Osservato che questi ultimi elementi non sono stati affatto presi in considerazione dalla Procura Regionale e che la stessa, dopo aver fatto più volte riferimento in Citazione alle Note CUF, ha ora modificato il tiro, l’Avv. Calzoni ha rappresentato che per i farmaci Cefonicid e Cefoger le rispettive Note CUF sono dell’aprile 2001, per cui fino a tale data non può essere imputato alcun danno al Dott. C.C., nei cui confronti non è ipotizzabile, né il dolo, né la colpa grave, mancando la relativa prova, anche perché le persone sentite, sia per la loro età, e sia per il loro livello culturale, non possono ricordare i nomi delle medicine utilizzate. L’Avv. Fernando Stoppani, per delega dell’Avv. Attilio Biancifiori, per il convenuto C., ha fatto presente, in particolare, che la Procura Regionale non ha tenuto conto che i pazienti del predetto Dott. C.superano quasi tutti i 75 anni. Osservato che le testimonianze a cui si fa riferimento sono state raccolte senza il contraddittorio, l’Avv. Stoppani si è riportato alle richieste scritte, insistendo nelle argomentazioni in detti scritti contenute. L’Avv. Silvia Ruggero, per delega dell’Avv. Stelio Zaganelli, per il convenuto P., si è riportato alle Memorie scritte, chiedendo la cessazione della materia del contendere. La causa è, quindi, passata in decisione. Considerato in
D I R I T T O
I - PREMESSA
La pretesa attrice di cui all’Atto di Citazione in giudizio n. G2003/20 del 13 settembre 2003 del Sostituto Procuratore Generale dell’Umbria della Corte dei Conti nei confronti del Sig. A.C.e del Sig. C.C. (nella loro qualità di medici di medicina generale di base, in Terni, a rapporto convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale) e del Sig. R.P. (nella qualità di farmacista titolare della omonima Farmacia, in Terni, a rapporto convenzionale con il S.S.N.) ha alla base - come è stato specificatamente riportato in FATTO - la valutazione del danno erariale di Euro 1.205.205,86, oltre alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali ed alle spese di giudizio, subito dalla Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) n. 4 di Terni, e, per essa, dal S.S.N.. In relazione alla riferita pretesa attrice è intervenuto - a tutela del contestato danno erariale - il Sequestro Conservativo sui beni mobili ed immobili dei predetti Sig. C.e Sig. C.C. fino alla concorrenza, rispettivamente, di Euro 599.053,02 e di Euro 566.690,62. Tale Sequestro - dopo essere stato autorizzato con Decreto Presidenziale del 12 giugno 2003 - è stato, poi, confermato parzialmente, fino alla concorrenza delle predette somme, dal Giudice Designato con Ordinanza n. 013/E.L./2003 del 17 luglio 2003, previo svolgimento dell’apposita Udienza del 15 luglio 2003. La vicenda in causa riguarda le gravissime irregolarità accertate a seguito di complesse indagini svolte dalla Procura Regionale presso la Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria della Corte dei Conti con l’ausilio della Guardia di Finanza/Nucleo di Polizia Tributaria di Terni, del Comando NAS Carabinieri di Perugia e della stessa A.S.L. n. 4 di Terni (che ha messo a disposizione il sistema informativo di monitoraggio dei consumi e della spesa farmaceutica in uso dal 1999). Tali irregolarità risultano compiute, nel periodo 1999/2002, da alcuni medici di medicina generale di base di Terni a rapporto convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale (ed, in particolare, dai citati Dott. C.e Dott. C.C., risultati “iperprescrittori di alcuni medicinali posti a carico del S.S.N. con scostamenti fino a quasi il doppio rispetto alla media per assistibile) e da alcune farmacie di Terni a rapporto convenzionale con il S.S.N. (ed, in particolare, dalla farmacia P., gestita dall’omonimo Dott. P., risultata una di quelle presso la quale i pazienti dei predetti medici hanno acquistato i farmaci in questione).
Come illustrato diffusamente in FATTO, il predetto sistema informativo della A.S.L. n. 4 di Terni contiene il percorso completo di ogni prescrizione da parte dei medici di base convenzionati, a partire dalla consegna del ricettario filigranato prodotto dal Poligrafico dello Stato fino alla compilazione di ogni singola ricetta ed al suo inoltro - da parte della farmacia presso la quale viene acquistato il farmaco prescritto (con apposizione delle c.d. “fustelle”, oggi “bollini a lettura ottica”) - alla A.S.L. per ottenere il rimborso a carico del S.S.N., ove previsto. L’Atto di Citazione ha rinvenuto nel comportamento dei citati convenuti la sussistenza di una condotta gravemente antidoverosa (ritenendo che fossero presenti gli estremi del “dolo c.d. contrattuale”) e, per quanto riguarda i due medici, ha individuato - oltre al danno all’immagine ed al prestigio della sanità ternana - 3 voci di danno patrimoniale, dovute: a) ad “iperprescrittività in senso ampio”, che contiene, al suo interno, b) l’“iperprescrittività in senso stretto”, che contiene, al suo interno, c) l’“iperprescrittività da fatti illeciti”, come confermato da parte di alcuni singoli pazienti (o loro eredi, per i casi di decesso). La Procura Regionale con diffuse argomentazioni e con richiami alla giurisprudenza intervenuta al riguardo, ha, quindi, chiamato in giudizio i citati convenuti (nella indicata qualità), imputando agli stessi - per la parte che ciascuno vi ha preso - le seguenti somme (oltre alla rivalutazione monetaria, agli interessi legali ed alle spese di giudizio):
- Dott. A.C.(Medico): Euro 599.053,02, di cui Euro 499.053,02 per danno patrimoniale (nel cui ambito vanno considerati Euro 116.545,74 a titolo di iperprescrittività in senso stretto ed, all’interno di quest’ultima somma, Euro 48.927,98 per illeciti comprovati direttamente dalle dichiarazioni dei pazienti), oltre ad Euro 100.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio della A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N.; - Dott. C.C. (Medico): Euro 566.690,62, di cui Euro 466.690,62 per danno patrimoniale (nel cui ambito vanno considerati Euro 127.879,64 a titolo di iperprescrittività in senso stretto ed, all’interno di quest’ultima somma, Euro 24.471,67 per illeciti comprovati direttamente dalle dichiarazioni dei pazienti), oltre ad Euro 100.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio della A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N.; - Dott. R.P. (Farmacista): Euro 39.562,22, di cui Euro 26.462,22 per danno patrimoniale ed Euro 13.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio della A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N.. Gli Avv.ti Umberto Segarelli ed Attilio Biancifiori, per il convenuto C., - come riportato in FATTO - hanno contestato le deduzioni e le richieste formulate con l’Atto di Citazione in giudizio, chiedendo, in conclusione:
a) in via istruttoria, di effettuare “l’audizione, come testimoni, dei Signori (indicati specificatamente in precedenza) sulla circostanza dell’effettivo consumo da parte dei pazienti menzionati (o loro familiari defunti) dei farmaci prescritti dal Dott. C., nonché sulla circostanza che per lunghi periodi il Dott. C., causa infortunio invalidante, è stato sostituito nelle prescrizioni da altro medico”; b) nel merito, di revocare il Sequestro Conservativo (indicato in precedenza) per difetto dei presupposti di legge e di respingere la domanda di risarcimento formulata dal Sostituto Procuratore Generale “perché infondata in fatto ed in diritto, e comunque improvata”; c) in via meramente subordinata, di respingere la domanda attrice, dopo avere accertato la inconsistenza di responsabilità riferibile al convenuto per i fatti oggetto di contestazione, o comunque dopo aver dato atto della insussistenza di colpa grave nell’azione e nell’espletamento del ruolo di base del S.S.N., e dopo aver verificato, infine, l’insussistenza del danno anche in riferimento alle quantità indicate. L’Avv. Lietta Calzoni, per il convenuto C.C., ha contrastato in fatto ed in diritto la domanda attrice nei termini riferiti specificatamente in precedenza, fornendo ulteriore documentazione, richiamando gli elementi istruttori offerti con le note controdeduttive all’Invito a dedurre, e chiedendo, in conclusione: a) in via principale, di accertare e dichiarare l’insussistenza di qualsiasi responsabilità del convenuto in ordine ai fatti ascritti e di respingere tutte le domande proposte nei suoi confronti, assolvendolo da ogni addebito e revocando definitivamente il Provvedimento di Sequestro disposto nei confronti del medesimo convenuto; b) in subordine, di ammettere, comunque, il convenuto al beneficio della riduzione dell’addebito e, correlativamente, di conformare l’entità del Provvedimento di Sequestro adottato, disponendone una corrispondente riduzione. Gli Avv.ti Stelio Zaganelli ed Ulisse Bardani, per il convenuto P., hanno fatto presente che in data 12 dicembre 2003 è stato effettuato - a favore della A.S.L. n. 4 di Terni - il pagamento della somma di Euro 39.462,22 (con allegato la relativa documentazione), chiedendo la cessazione della materia del contendere e dichiarando che il medesimo convenuto è “disponibile sin d’ora al pagamento di eventuali interessi e rivalutazione monetaria, oltre che delle spese di giudizio di propria competenza”.
Su quest’ultima richiesta, nella Udienza dibattimentale, ha convenuto anche il P.M. nei termini riferiti in FATTO. II - ECCEZIONE SULLA UTILIZZABILITA’ DELLE DICHIARAZIONI TESTIMONIALI
Premesso e richiamato tutto quanto sopra, nel presente giudizio il Collegio è chiamato a pronunciarsi, in via preliminare, in ordine alla eccezione, sollevata dalla difesa del convenuto C., relativa alla inutilizzabilità delle testimonianze raccolte dalla Guardia di Finanza, contenute nel fascicolo processuale. Secondo la citata difesa si tratta di “dichiarazioni prive di rilevanza probatoria nel presente giudizio, perché non raccolte in contraddittorio e senza adeguata informazione delle persone interrogate, alcune per età avanzata e patologia, nemmeno in grado di fornire mnemonicamente dati attendibili”. La riferita eccezione - nei termini come sopra formulati, ribadita in termini ancora più generici nella Udienza dibattimentale - si pone, nella sostanza, in correlazione con le più ampie tematiche del c.d. “giusto processo”. Al riguardo, va subito precisato che, nel caso di specie, più che di prove testimoniali in senso tecnico, trattasi, in realtà, di “sommarie informazioni” raccolte dai predetti organi di Polizia giudiziaria. E’ di tutta evidenza che nella fattispecie in esame la questione non si pone in termini concreti, atteso che il Giudice può, in ogni caso, valutare certamente le predette sommarie informazioni - come, peraltro, la complessiva documentazione acquisita al fascicolo processuale - per formarsi il proprio autonomo convincimento con libero e prudente apprezzamento ai sensi dell’art. 116 c.p.c.. In conclusione, per le considerazioni svolte, l’eccezione in questione va respinta.
III - POSIZIONE PROCESSUALE DEI CONVENUTI
Risolta tale eccezione nei termini sopra indicati, il Collegio - anche se le difese dei convenuti non hanno formulato alcuna specifica eccezione al riguardo - ritiene necessario precisare, in via preliminare, la posizione processuale dei citati convenuti nel presente giudizio, trattandosi di medici di medicina generale di base e di farmacista legati con il S.S.N., non da un rapporto di dipendenza in senso stretto, ma da un rapporto di convenzione. In proposito, va messo in evidenza che la consolidata e costante giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte dei Conti ha da tempo affermato che anche nel caso di soggetti estranei alla Pubblica Amministrazione, quando l’incarico (e la relativa attività professionale) comporti - come nella fattispecie - l’esercizio di poteri ed attività di rilevanza pubblicistica (e, dunque, l’applicazione di regole proprie dell’attività amministrativa pubblica), sussiste il “rapporto di servizio con la P.A.”, il quale si sostanzia nell’inserimento dell’“agente pubblico” - anche se soggetto privato - nella organizzazione amministrativa pubblica, con conseguente applicazione delle regole che presiedono allo svolgimento delle attività di competenza pubblicistica. Tale “rapporto di servizio con la P.A.” consente, pertanto, di qualificare detti soggetti quali “agenti della Pubblica Amministrazione”; figura, quest’ultima, che l’articolo 52 del T.U. 12 luglio 1934, n. 1214, pone accanto a quelle dei funzionari e degli impiegati pubblici, chiamandoli a rispondere dei danni arrecati all’Erario. Si fa rinvio, a tale proposito, alle Sentenze della Corte dei Cassazione a Sezioni Unite Civili n. 8642 del 3 ottobre 1996 e n. 6339 del 7 luglio 1994, con le quali é stato ritenuto, rispettivamente, che gli esperti privati utilizzati in attività di singoli rami dell’Amministrazione Pubblica si inseriscono nella organizzazione pubblica con particolari vincoli o obblighi volti ad assicurare la rispondenza dell’attività stessa alle esigenze di pubblico interesse cui é preordinata, e che “il rapporto di servizio in senso lato” sussiste ogniqualvolta sia possibile collocare il predetto soggetto privato in posizione di compartecipe fattivo dell’attività amministrativa dell’Ente Pubblico.
Inoltre, la Corte dei Conti in diverse Sentenze delle Sezioni Centrali e Regionali ha qualificato “agenti pubblici” (in quanto legati da “rapporto di servizio”), tra gli altri, i militari di leva, i componenti degli uffici elettorali, i revisori dei conti, i medici del Servizio Sanitario Nazionale in regime di convenzionamento, i notai, il curatore fallimentare, il Commissario Giudiziale della procedura di concordato preventivo, il professionista nominato direttore dei lavori, il Sanitario privato chiamato a svolgere attività presso gli Istituti di Prevenzione e Pena ed altre figure ancora. In tale contesto, il Collegio ritiene che non sussiste dubbio in ordine alla legittimazione passiva (requisito, questo, necessario per incardinare la giurisdizione per responsabilità amministrativa contabile) sia dei predetti medici (Dott. C.e Dott. C.C.) e sia del predetto farmacista (Dott. P.), considerato che per le indicate figure di medici di medicina generale di base e di farmacista legati da rapporti di convenzione con il S.S.N. sussiste il “rapporto di servizio” con la Pubblica Amministrazione e la qualità di “agenti pubblici” degli stessi, ex citato art. 52 del T.U. n. 1214/1934, che - come già detto - pone la figura degli “agenti pubblici” accanto a quelle dei funzionari ed impiegati pubblici, con la conseguenza che anche tali figure sono tenute a rispondere dei danni arrecati all’Erario.
IIIa - POSIZIONE PROCESSUALE DEI MEDICI DI MEDICINA GENERALE DI BASE A RAPPORTO CONVENZIONALE CON IL S.S.N.
Si è in parte anticipato che - relativamente alle figure dei “medici di medicina generale di base a rapporto convenzionale con il S.S.N.” - costituisce ormai “ius receptum” la sussistenza di un vero e proprio “rapporto di servizio” tra tali medici e l’A.S.L. di appartenenza. Come correttamente evidenziato dalla parte attrice, la Corte di Cassazione ha, infatti, da tempo indicato i seguenti elementi in base ai quali emerge l’esistenza del rapporto di servizio (anche se di fonte convenzionale) dei medici di medicina generale di base con il S.S.N.: a) identificazione degli assistiti; b) accertamento del loro diritto alle prestazioni sanitarie; c) rilascio di certificazioni sanitarie; d) compilazione di prescrizioni farmaceutiche, con i conseguenti riflessi di natura finanziaria (cfr. Corte di Cassazione, SS.UU., Sent. n. 6442 del 18 dicembre 1985 e Sent. n. 9957 del 13 novembre 1996).
La Corte di Cassazione ha, in particolare, messo in rilievo che i predetti compiti di certificazione sanitaria e di compilazione di prescrizioni farmaceutiche e finanziarie si inseriscono nell’ambito della organizzazione strutturale, operativa e procedimentale della A.S.L. di appartenenza ed hanno natura amministrativa, con la conseguenza: 1) che i rapporti convenzionali tra i medici di medicina generale e le AA.S.L. (disciplinati, ai sensi dell’art. 48 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, da accordi collettivi resi esecutivi con Decreti del Presidente della Repubblica) hanno natura privatistica ad evidenza pubblica di rapporti di prestazione d’opera professionale, svolta con i caratteri della parasubordinazione (cfr. Cass., SS.UU., Sent. n. 813 del 22 novembre 1999); 2) che il medico convenzionato con il S.S.N. - operando in forza di una devoluzione da parte dell’Amministrazione sanitaria pubblica - svolge i compiti sopra indicati in esecuzione di un vero e proprio rapporto di servizio (cfr.. Cass., SS.UU., Sent. n. 922 del 21 dicembre 1999). La Corte di Cassazione con la predetta Sentenza delle SS.UU. n. 922/1999 ha, anche, precisato che - con riferimento all’attività di prescrizione di medicinali a carico del S.S.N. - appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti la competenza in materia di danno arrecato al S.S.N. dai medici convenzionati a seguito della redazione di prescrizioni sanitarie inusuali, incongrue o incomplete, e di prescrizioni di medicinali agli assistiti in quantità eccessive o, comunque, per finalità non terapeutiche, in dosi maggiori del consentito o con modalità di somministrazione diverse dal lecito (in senso conforme, cfr. Corte dei Conti: Sez. II, Sent. n. 209 del 30 maggio 1991; Sez. Giurisd. Reg. Calabria, Sent. n. 31 del 19 settembre 1996; Sez. II Centrale d’Appello, Sent. n. 158/A del 2 giugno 1998; Sez. III Centrale d’Appello, Sent. n. 379 del 10 settembre 2003, sotto l’ulteriore aspetto della indebita erogazione da parte della A.S.L. a favore dei medici di base, di quote capitarie non dovute perché scaturenti da irregolarità nella scelta e revoca dei medici e, nella specie, dalla mancata tenuta e dall’omesso aggiornamento, da parte del medico convenzionato, degli elenchi degli assistibili).
IIIb - POSIZIONE PROCESSUALE DEI FARMACISTI A RAPPORTO CONVENZIONALE CON IL S.S.N.
Per quanto attiene alla figura dei “farmacisti a rapporto convenzionale con il S.S.N.”, va subito messo in evidenza che la citata legge di istituzione del Servizio Sanitario Nazionale n. 833/1978 considera l’assistenza farmaceutica alla stregua dell’assistenza medica generica, specialistica, infermieristica ospedaliera tra le prestazioni a carico del Servizio Sanitario Nazionale (art. 25) ed affida alle stesse farmacie il compito di erogare l’assistenza in nome e per conto delle AA.S.L. attribuendo alle stesse farmacie anche una funzione amministrativa pubblica (art. 28), prevedendo (art. 48) che il rapporto tra le farmacie ed il S.S.N. è regolato (così come quello dei medici di base) da apposite convenzioni, il cui accordo collettivo è reso esecutivo da apposito Decreto del Presidente della Repubblica, al quale fanno seguito accordi a livello regionale (quello relativo alla Regione Umbria, attualmente vigente, è del 12 gennaio 2001). La Corte di Cassazione ha, al riguardo, precisato che le Convenzioni stipulate tra farmacisti e S.S.N. ai sensi della predetta legge n. 833/1978 si inquadrano nello schema delle concessioni di pubblico servizio (cfr. Cass., Sez. VI penale, Sent. n. 11216 del 24 agosto 1989) e che dalla natura pubblica di tali convenzioni discende la qualificazione del farmacista come “incaricato di pubblico servizio” (cfr. Cass.: Sez. II penale, Sent. n. 7761 del 27 giugno 1987 ; Sez. V penale, Sent. n. 4525 del 24 aprile 1991).
Come correttamente sostenuto dalla parte attrice, i farmacisti a rapporto convenzionale con il S.S.N. - così come i medici convenzionati (di cui si è detto in precedenza) - partecipano alla erogazione di un pubblico servizio e sono tenuti all’osservanza di procedure amministrative di carattere pubblicistico finalizzate all’espletamento del predetto servizio pubblico, disponendo ed impegnando - con la loro attività e per quanto maggiormente interessa in questa sede - risorse pubbliche del S.S.N., inserendosi, così, in modo continuativo nell’organizzazione strutturale, operativa e procedimentale delle AA.S.L.. I farmacisti a rapporto convenzionale con il S.S.N. sono, infatti, tenuti - come pure ha correttamente messo in evidenza la parte attrice - a svolgere, tra l’altro, i seguenti adempimenti, esplicitamente previsti e disciplinati dalle convenzioni e dalle normative di settore (in precedenza indicate):
a) controllo delle ricette presentate dagli assistiti (verifica, in particolare: 1) che trattasi dell’apposito modello; 2) che tale modello è stato correttamente compilato dal medico prescrittore; 3) che la ricetta è valida in riferimento alla data di emissione; 4) che il farmaco prescritto è nel prontuario terapeutico nazionale; 5) che sono state soddisfatte le condizioni previste dalle norme per la concedibilità di alcuni farmaci, con ulteriori specifici adempimenti, per quanto attiene alla dispensazione di stupefacenti e sostanze psicotrope; 6) che il numero dei “pezzi” richiesti è nel limite previsto dalle norme); b) “tariffazione” delle ricette per quanto attiene farmaci galenici, nei termini di cui all’apposita Tariffa Nazionale ed applicazione del c.d. bollino per le specialità medicinali (costituendo ciò di per sé tariffazione); c) esazione per conto delle AAS.L. dei c.d. “tickets” da parte degli assistiti, tenendo conto della fascia di appartenenza del medicinale, delle esenzioni totali o parziali per patologia e per reddito; d) resa del conto alle AA.S.L., con la presentazione mensile della distinta contabile riepilogativa, con allegate le ricette del mese, avendo presente che sulla base di tale documento contabile le AA.S.L. provvedono, poi, a corrispondere ai farmacisti il dovuto rimborso.
Va anche tenuto presente, infine, che i farmacisti sono sottoposti alla vigilanza delle AA.S.L., che - in caso di inadempimento delle disposizioni della convenzione - possono applicare, con apposite procedure, misure cautelari e sanzioni amministrative, che vanno dal richiamo alla sospensione del servizio farmaceutico convenzionato, fino alla risoluzione del rapporto convenzionale. Ebbene - come si è anticipato - il descritto contesto normativo e le riferite Sentenze della Corte di Cassazione consentono di ritenere che i farmacisti a rapporto convenzionale con il S.S.N. nell’attività di dispensazione dei farmaci si configurano come professionisti che, per conto delle AA.S.L., provvedono all’erogazione di un pubblico servizio, inserendosi direttamente nell’Organizzazione dell’Amministrazione sanitaria e disponendo, con la loro attività, direttamente o indirettamente di risorse pubbliche, con la conseguenza che essi sono sottoposti a specifici obblighi e doveri (in precedenza sommariamente indicati) e con la ulteriore conseguenza che essi sono sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti per i danni causati all’Erario nell’esercizio di detta attività (cfr., in senso conforme, Corte dei Conti: Sez. Giurisd. Reg. Campania, Sent. n. 94 del 30 ottobre 2000; Sez. Giurisd. Reg. Liguria, Sent. n. 82 del 28 gennaio 2002; Sez. III Centrale d’Appello, Sent. n. 352/2002 del 23 ottobre 2002). Precisato quanto sopra, il Collegio - convenendo ancora con quanto osservato in proposito dalla parte attrice - ritiene che la disponibilità ed il maneggio delle prescrizioni mediche ed il correlativo obbligo di rendicontazione mensile alle AA.S.L. costituiscono precisi elementi che portano a considerare che i farmacisti a rapporto convenzionale con il S.S.N., oltre a configurarsi come “agenti pubblici” con “rapporto di servizio” e “rapporto di parasubordinazione” con le AA.S.L. (ed, in quanto tali, soggetti alla giurisdizione di responsabilità amministrativa di competenza della Corte dei Conti), si qualificano anche come “agenti contabili” (ed, in quanto tali, soggetti alla giurisdizione di responsabilità contabile di competenza della Corte dei Conti).
IV - MERITO
Risolta, in via preliminare, la predetta eccezione e riscontrata e riconosciuta la legittimazione passiva dei convenuti e la giurisdizione della Corte dei Conti, passando al merito della causa, il Collegio è tenuto, nella fattispecie concreta del presente giudizio, a verificare la reale sussistenza del danno erariale, e la sua quantificazione, e ad accertare la sussistenza, in capo ai convenuti, della responsabilità amministrativa-contabile in presenza del nesso di causalità nella condotta illecita commissiva od omissiva tenuta dagli stessi ed in presenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa grave, come richiesto dalla vigente normativa in materia, recata, da ultimo, dall’articolo 58 della legge 8 giugno 1990, n. 142 (ora art. 93 del T.U. n. 267 del 18 luglio 2000); dall’articolo 2 della legge 8 ottobre 1984, n. 658; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19; dalla legge 14 gennaio 1994, n. 20; e dalla legge 20 dicembre 1996, n. 639. Dalle norme contenute in tali leggi risulta ben evidente che l’istituto della responsabilità amministrativa-contabile è attualmente disciplinata da un ordinamento di settore con regole proprie e caratteristiche proprie definite dal legislatore, che non vanno considerate eccezioni alla regola generale, ma connotati suoi propri.
Tali caratteristiche comportano anche che l’istituto della responsabilità amministrativa-contabile si caratterizza quale responsabilità per danni con una sua specifica peculiarità rispetto alla tradizionale responsabilità civile. E ciò, sia per la posizione di amministratore, dipendente o agente pubblico del soggetto chiamato a rispondere del proprio operato in ragione del rapporto di ufficio, o di servizio, o di lavoro (anche di fatto) instaurato ed in atto con la Pubblica Amministrazione all’epoca dei fatti contestati, sia per la titolarità dell’azione affidata ad un organo pubblico, sia per l’attribuzione ad un giudice speciale, sia per il potere che il giudice amministrativo-contabile ha di porre a carico del responsabile tutto il “danno patrimoniale” accertato o parte di esso ed anche di determinare l’eventuale “danno non patrimoniale” arrecato all’Erario nell’esercizio e nell’esplicarsi del predetto rapporto di ufficio, di servizio, o di lavoro, (anche di fatto), con il quale il medesimo responsabile é legato alla P.A., con tutte le debite conseguenze in tema di prescrizione, di personalizzazione, di solidarietà e successione nel debito. La più recente giurisprudenza della Corte di Cassazione e della Corte dei Conti ha ritenuto che, sulla base delle predette innovazioni normative recate dalle citate leggi, la giurisdizione amministrativa/contabile - sia dal punto di vista dei soggetti destinatari e sia da quello dell’oggetto del giudizio - é venuta oramai ad assumere carattere generalizzato, superandosi così la passata visione limitativa su cui si era attestata la pregressa giurisprudenza (cfr., da ultimo, le recenti Sentenze delle Sezioni Unite civili n. 19667/03 del 6 novembre/22 dicembre 2003 e n. 3351/04 del 18 dicembre 2003/19 febbraio 2004, che hanno riconosciuto la giurisdizione della Corte dei Conti per i danni arrecati all’Erario anche dagli amministratori, dipendenti o agenti pubblici degli Enti Pubblici Economici, delle Società ed Aziende municipalizzate, ecc.).
Come già affermato da questa Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria con più Sentenze (cfr., tra le tante, Sentt. n. 1087/R/1998, n. 147/R/1999, n. 622/E.L./1999, n. 557/R/2000, n. 98/E.L./2002, ecc.), “il risarcimento o la riparazione del pregiudizio subito dall’Erario” - da ritenere proprio sia dell’illecito extracontrattuale e sia dell’inadempimento contrattuale -, a parte la tecnica della sua valutazione monetaria in relazione ai vari casi in cui ne é ammessa la tutela, in nulla si dovrebbe differenziare dal punto di vista concettuale dagli specifici casi in cui il bene leso aveva già in sé i connotati della patrimonialità e del valore economico di mercato”. Le predette Sentenze di questa Sezione Giurisdizionale Regionale hanno anche precisato che “ciò che deve avere prevalenza é il c.d. effetto economico determinato dall’evento lesivo ingiusto nella sfera patrimoniale generale del soggetto danneggiato e tale effetto - quando il bene leso é giuridicamente tutelato - prescinde dalla originaria natura patrimoniale del predetto bene leso.” Ne discende, quindi, che la Giurisdizione della Corte dei Conti é “precipuamente preordinata alla tutela dell’interesse pubblico generale, alla conservazione ed alla corretta gestione dei mezzi economici dell’azione amministrativa”; laddove nel concetto di “mezzi economici” sono incluse tutte le utilità protette e le risorse costituite dal danaro e da beni fisici, da diritti reali o di credito e dai diritti su ogni altra utilità rivestita di valore economico, alla stregua degli altri beni immateriali tutelati, comunque attribuiti ad ogni soggetto pubblico, per la cui difesa agisce, con l’azione di danno, il Procuratore Generale (ed i Procuratori Regionali) presso la Corte dei Conti (cfr. Cass. Sent. n. 3970 del 2 aprile 1993).
In sostanza, sulla base delle precedenti considerazioni si va ad incidere sul concetto stesso di danno erariale e di bene pubblico, che ora deve essere correttamente inteso nel significato più ampio del c.d. “danno erariale”, ovvero di “danno patrimoniale in senso ampio”, per abbracciare in sé ogni forma di lesione ad utilità economicamente apprezzabile a carico della P.A., purché tale riconosciuta dal diritto positivo in capo ai singoli soggetti pubblici. Tale concetto di “danno erariale” é confortato anche dal contenuto letterale delle norme riguardanti la responsabilità amministrativa, in quanto sia quelle tradizionali e generali e sia quelle di recente intervenute non contengono alcuna ulteriore specificazione nel tipo di danno risarcibile, facendo univocamente riferimento soltanto al “danno” arrecato all’Amministrazione Pubblica o ai terzi (cfr. citate Sentenze Sez. Giur. Reg. Umbria). Premesso ciò, occorre, ora, esaminare separatamente le specifiche imputazioni rivolte nei confronti dei citati convenuti, verificandone le specifiche singole posizioni, tenendo separata la posizione del Dott. R.P. (farmacista), per il quale - come si è riferito in precedenza - è già intervenuto il pagamento della intera somma contestata e richiesta con l’Atto di Citazione in discussione. Quest’ultima posizione sarà esaminata separatamente nel prosieguo.
IVa - DANNO PATRIMONIALE IN SENSO STRETTO
Come si è anticipato, l’Atto di Citazione ha individuato tre voci di danno patrimoniale, l’una ricompresa nell’altra, dovute: a) ad “iperprescrittività in senso ampio”, intesa come la situazione più frequente e ripetuta di scostamento tra le scelte del singolo medico di medicina generale di base convenzionato con le AA.S.L. e, quindi, con il S.S.N., e quelle della generalità dei medici di base anche essi convenzionati con le predette Strutture. Tale voce di danno contiene, al suo interno, b) l’“iperprescrittività in senso stretto”, intesa come casi di superamento del quantitativo del farmaco assumibile dall’assistito in un determinato periodo di tempo, come risultante dalle indicazioni fornire dalla casa farmaceutica ed approvate dal Ministero della Salute. Tale voce di danno, a sua volta, contiene, al suo interno; c) l’“iperprescrittività da fatti illeciti”, riguardante i farmaci prescritti ai pazienti che hanno dichiarato (o loro eredi, per i casi di decesso) di non averli richiesti né assunti, o che sono stati prescritti con modalità di assunzione differenti da quelle previste nella scheda tecnica ministeriale.
Come riferito in precedenza, la Procura Regionale è pervenuta alla individuazione di tali voci di danno, ed alle relative quantificazioni ed imputazioni (sopra dettagliatamente specificate), a seguito di complesse ed elaborate indagini svolte attraverso l’analisi, la comparazione e l’incrocio dei dati presenti nel sistema informativo messo a disposizione della A.S.L. n. 4 di Terni, il quale - come già anticipato - contiene il percorso completo di ogni prescrizione da parte dei medici di base convenzionati, a partire dalla consegna del ricettario filigranato, alla compilazione di ogni singola ricetta, ed al suo inoltro - da parte della farmacia presso cui viene acquistato il farmaco prescritto - alla A.S.L. per il rimborso a carico del S.S.N., ove previsto. Infatti, da quanto risulta dalla documentazione acquisita al fascicolo processuale, tale sistema informativo - attraverso l’aggregazione dei dati effettivi provenienti da tutti i medici e da tutte le farmacie convenzionate con il S.S.N. - rappresenta l’effettivo andamento dinamico dei flussi farmacologici nel territorio (circa 7.500.000 ricette sottoposte a verifica nel periodo 1999/2001) e permette di estrarre i dati relativi ai farmaci, ai medici prescrittori, ai pazienti, fino al dettaglio della singola ricetta, con l’obiettivo di “fornire ai medici di medicina generale (convenzionati con il S.S.N.) informazioni dettagliate …, che consentano loro di conoscere, ed eventualmente modificare, il proprio atteggiamento prescrittivo” (l’A.S.L. n. 4 di Terni dal 2000 consegna ogni mese a ciascun medico di medicina generale una “scheda riepilogativa dei dati relativi alla tipologia, quantità ed importo dei medicinali dal medesimo prescritti”). Tale aggregazione di dati consente, inoltre, di “individuare, con dichiarate finalità di monitoraggio della spesa farmaceutica globale, atteggiamenti prescrittivi anomali, sia a livello qualitativo che quantitativo, in relazione ai dati nazionali, regionali e locali relativi al fenomeno”. Partendo dalla spesa più alta per farmaci tra tutti quelli prescritti dai medici di medicina generale appartenenti alla A.S.L. n. 4 di Terni, l’analisi dei dati è stata estesa anche alle prescrizioni di antibiotici, incrociando i dati delle confezioni di medicinali prescritte da ogni medico ed i nominativi dei pazienti che risultavano intestatari di dette prescrizioni con i dati significativi necessari alla valutazione delle singole ricette (data della prescrizione, principio attivo del farmaco con relativo nominativo del prodotto, nominativo della farmacia ove è stata spedita la ricetta, posologia massima giornaliera prevista per l’uso di quel prodotto, giorni di trattamento per confezione, giorni di trattamento per ricetta, pezzi per ricetta, importo complessivo per ricetta). Il riscontro incrociato - per economia di indagine - è stato limitato a 3 principi attivi che presentavano in assoluto la spesa più alta per farmaco: il Cefonicid Sale Sodico, l’Aciclovir e l’Amikanica. Come già riferito in precedenza, le risultanze delle elaborazioni dei dati sopra indicati hanno portato ad individuare - per quanto interessa in questa sede - nel Dott. A.C.e nel Dott. C.C. “i medici di medicina generale che hanno illecitamente provocato l’accollo a carico del S.S.N. del costo dei farmaci prescritti in misura così rilevante e/o secondo modalità illecite”, e nel Dott. P. , uno dei titolari delle Farmacie nelle quali i pazienti dei menzionati medici acquistavano i farmaci prescritti (come già detto, quest’ultima posizione sarà esaminata separatamente nel prosieguo).
Dalle predette elaborazioni è risultato che i citati medici di medicina generale (c.d. “iperprescrittori”) reiteratamente, mese dopo mese, dal 1999 si sono discostati dalla spesa media globale per assistibile, con una percentuale di scostamento, che è arrivata, nel 1999, al 98,96% per il Dott. C., ed al 98,18% per il Dott. C.C.; nel 2000, al 99,97% per il Dott. C., ed al 99,34% per il Dott. C.C.; nel 2001, al 99,99% per il Dott. C., ed al 99,36% per il Dott. C.C.; nel 2002, al 90,69% per il Dott. C., ed al 91,39% per il Dott. C.C., arrivando “a porre a carico del S.S.N. fino a quasi il doppio” in termini di spesa (nel 1999: Dott. C.£. 77.649, Dott. C.C. £. 71.652 di spesa effettiva per assistibile, a fronte di £. 41.266 di spesa media per assistibile; nel 2000: Dott. C.£. 68.083, Dott. C.C. £. 66.072 per assistibile, a fronte di £. 32.875 di spesa media; nel 2001: Dott. C.£. 65.317, Dott. C.C. £. 60.336 per assistibile, a fronte di £. 35.547 di spesa media; nel 2002: Dott. C.€. 32,70, Dott. C.C. €. 31,72 per assistibile, a fronte di €. 19,21 di spesa media), anche se si utilizza, quale termine di confronto, “il parametro della spesa obiettiva ponderata” (calcolando, cioè, la spesa media per assistibile per ciascun medico in relazione alla fascia di età dei rispettivi pazienti). Inoltre, relativamente alla spesa per assistibile per gli antibiotici (indicata nel 1999 dalla A.S.L. n. 4 di Terni in £. 6.265), il Dott. C.per tale anno ha fatto registrare una spesa per assistibile di £. 36.108 (del 600% più alta di quella prevista per questa fascia di farmaci), mentre il Dott. C.C. ha fatto registrare una spesa per assistibile di £. 26.394 (superando di circa il 420% la predetta spesa per classe di farmaci), emergendo a carico dei citati medici di medicina generale conferme anche in termini di “iperprescrittività in senso stretto” (cioè, “superamento del quantitativo di farmaci assumibile dall’assistito in un determinato periodo di tempo”), essendo risultato che i medicinali con principio attivo Amikacina, Aciclovir e Cefonicid Sodico sono stati prescritti, nel periodo 1999/2001, a dosi di gran lunga maggiori rispetto a quelle previste in sede ministeriale ai fini dell’addebitabilità al S.S.N. (l’Atto di Citazione riporta, al riguardo, i casi più eclatanti).
Il complesso delle predette informazioni (che - a giudizio della Procura Regionale - “costituiscono già di per sé gravissimi e concordanti elementi di prova a carico dei medici iperprescrittori) è stato ulteriormente incrociato con le dichiarazioni di riscontro fornite da un campione di pazienti (n. 13 per il Dott. C.e n. 15 per il Dott. C.C.), i quali (o loro stretti parenti, per i casi di decesso) hanno fornito - sempre a giudizio della Procura Regionale - concordanti elementi a carico dei predetti medici e delle indicate Farmacie, affermando alcuni che, “nel periodo della prescrizione erano ricoverati in ospedale”, dove non avevano “mai assunto detti farmaci, e che “non avevano mai richiesto o assunto taluni dei farmaci prescritti dai medici presso i quali erano in cura, ovvero avevano utilizzato farmaci, sempre su indicazione del medico, secondo modalità diverse da quelle indicate nelle relative schede ministeriali”, ovvero, ancora, “di non essersi mai recati presso la farmacia nella quale risulta spedito (acquistato) il farmaco” (La Guardia di Finanza - oltre a raccogliere le predette “sommarie informazioni” - ha effettuato, al riguardo, anche apposite verifiche mirate nelle indicate farmacie “mediante il riscontro dei farmaci in entrata, acquistati regolarmente con fatture, e quelli in uscita, pagati dalla A.S.L. alle farmacie in relazione alle ricette comunicate”, riscontrando “diverse irregolarità”, riportate nell’Atto di Citazione).
Sulla base delle indicate risultanze la Procura Regionale ha provveduto alla quantificazione del danno sotto il profilo della “iperprescrittività in senso ampio e generico”, subito dalla A.S.L. n. 4 di Terni e - come già riferito in precedenza - ha addebitato al Dott. C.Euro 499.053,02 ed al Dott. C.C. Euro 466.690,62. Più in particolare, tale quantificazione del danno è stata definita “prendendo a riferimento il totale della spesa posta a carico del S.S.N. dai medici convenuti attraverso le prescrizioni, così come rilevate dal sistema di monitoraggio in ciascuno degli anni di riferimento (1999, 2000, 2001), e dividendo tale somma per il numero degli assistibili … in modo da ottenere la rispettiva spesa per assistibile effettivamente addebitata al S.S.N.; parametro (questo) messo a confronto con la media di tutti gli altri medici (di medicina generale convenzionati) allo scopo di ottenere, per differenza, la quota di rimborso in eccedenza addebitato alla A.S.L. per assistibile”. La Procura Regionale ha precisato, inoltre, che la media in discorso “non è la media aritmetica pura, ma una media maggiorata con il meccanismo della <
Ebbene, dalla documentazione acquisita al fascicolo processuale risulta - come messo in evidenza dalla Procura Regionale - che il sistema di monitoraggio della spesa farmaceutica in uso presso la A.S.L. n. 4 di Terni ha dimostrato che “i medici convenuti sono arrivati a prescrivere e, per l’effetto, a porre a carico del S.S.N., quantità di medicinali assolutamente incompatibili, se parametrati alle indicazioni ministeriali, con qualsiasi finalità terapeutica”, pur prendendo a base, per l’Amikacina, una durata massima di 15 giorni rispetto ai 7 della nota CUF 55 bis (Per l’Amikacina, nel 1999, il Dott. C.ha prescritto 3.324 pezzi, il Dott. C.C. ha prescritto 1.809 pezzi, mentre la media degli altri medici è stata di 81,3 pezzi; nel 2000, C.1.251 pezzi, C.C. 1.030 pezzi, la media degli altri medici è stata di 37,4 pezzi; nel 2001, C.133 pezzi, C.C. 164 pezzi, la media degli altri medici è stata di 18,8 pezzi; nel 2002, C.86 pezzi, C.C. 98 pezzi, la media degli altri medici è stata di 23,07 pezzi - Per il Cefonicid sodico, nel 1999 il Dott. C.ha prescritto 8.293 pezzi, il Dott. C.C. ha prescritto 7.635 pezzi, mentre la media degli altri medici è stata di 140,5 pezzi; nel 2000, C.5.646 pezzi, C.C. 5.582 pezzi, la media degli altri medici è stata di 72,1 pezzi; nel 2001, C.1.951 pezzi, C.C. 1.563 pezzi, la media degli altri medici è stata di 42,4 pezzi; nel 2002, C.852 pezzi, C.C. 54 pezzi, la media degli altri medici è stata di 38,4 pezzi). Inoltre, come già detto, all’interno del complessivo danno patrimoniale subito dalla A.S.L. n. 4 di Terni, è ricompreso anche il “danno da prescrizione illecita” (corrispondente al costo dei farmaci risultanti dalla “iperprescrittività da fatti illeciti”, intesa, quest’ultima, nei termini specificati in precedenza), da addebitare per Euro 48.927,98 al Dott. C.e per Euro 24.471,67 al Dott. C.C..
Da quanto sopra esposto, il Collegio si è formato il convincimento che va considerato indubbiamente corretto e convincente il descritto sistema di monitoraggio della spesa farmaceutica predisposto ed utilizzato dalla A.S.L. n. 4 di Terni, come pure corretto e convincente sono da considerare i calcoli (in precedenza riportati) effettuati, al riguardo, dalla Procura Regionale. Tale convincimento - motivato dalla puntualità ed estrema analiticità sia di detto sistema di monitoraggio e sia dei detti effettuati calcoli - è ulteriormente avvalorato dai correttivi utilizzati (la media generale della “iperprescrittività in senso ampio e generico” - come si è detto - è stata maggiorata da due deviazioni standard con il meccanismo - appunto - della “deviazione standard” o, altrimenti detto, “scarto quadratico medio”) e dalle verifiche effettuate (tra le quali, di rilievo, le indagini svolte dagli organi di polizia giudiziaria e le sommarie informazioni raccolte, in base alle quali si è pervenuti all’accertamento della iperprescrittività in discorso ed a quantificare il danno da iperprescrittività da fatto illecito). Considerato, poi, che i medici di medicina generale di base erano informati mensilmente dalla A.S.L. n. 4 di Terni delle prescrizioni effettuate per ciascun farmaco (perché ricevevano mensilmente, unitamente al cedolino delle competenze mensili, il prospetto riepilogativo delle predette prescrizioni, con il quale veniva anche sottolineato - grazie al sistema di monitoraggio della spesa farmaceutica - la situazione prescrittiva, e cioè anche lo scostamento delle prescrizioni per ciascun farmaco rispetto alla media e lo scostamento dei valori medi di spesa sia in termini generali e sia con riferimento alle singole classi ATC), risulta ben evidente la maggiore gravità del comportamento iperprescrittivo tenuto da entrambi i medici convenuti, perfettamente consapevoli - va rimarcato - del loro comportamento non in linea e di molto distante dalla media dei colleghi.
Le indagini svolte dalla Procura Regionale, utilizzando - con adeguati correttivi - il descritto monitoraggio, certo ed analitico, della spesa farmaceutica in uso presso la A.S.L. n. 4 di Terni, ha consentito di accertare che la citata A.S.L. ha subito un danno patrimoniale certo a causa dello “spreco di farmaci” che si è verificato in conseguenza del comportamento iperprescrittivo dei predetti medici C.e C.C.; “spreco di farmaci” che - in disparte le valutazioni che al riguardo farà, nella propria autonomia,il giudice penale - è presente, per quanto attiene questo giudizio, sia nella descritta situazione della “iperprescrittività in senso ampio e generale”, sia in quella della “iperprescrittività in senso stretto” e sia in quella della “iperprescrittività da illecito”. In sostanza, si può fondatamente ritenere che costituisce “danno per spreco di farmaci” tutto quanto è stato corrisposto dalla A.S.L. più volte indicata per i farmaci prescritti dai convenuti al di sopra della media (ottenuta - come detto - con l’utilizzo del descritto sistema di monitoraggio, certo ed analitico, della spesa farmaceutica in uso presso la A.S.L. di Terni) degli stessi farmaci prescritti da tutti gli altri medici di medicina generale di base convenzionati con il S.S.N. e facenti capo alla A.S.L. n. 4 di Terni. Infatti, secondo i normali criteri del buon senso comune, non risponde ad alcun criterio di utilità reale e concreta prescrivere ulteriori dosi dello stesso farmaco che vanno oltre la possibile consumabilità in base alle prescrizioni contenute nelle schede del Ministero della Salute, per cui - quando si è in presenza di iperprescrittività di un farmaco - si verifica o uno “spreco tout court” (per non uso) ovvero uno “spreco per uso improprio” (come nel caso di utilizzazione per un valore terapeutico minore rispetto a quello per il quale il farmaco in questione è stato prodotto, come - ad esempio - nel caso di uso di alcuni farmaci sopra indicati per provvedere a lavaggi, come hanno fatto riferimento alcuni pazienti ascoltati dagli organi di polizia giudiziaria, quando, per il diverso uso prima indicato, certamente potevano essere utilizzati altri specifici e diversi farmaci, anche di minor costo).
Né sono risultate idonee, per modificare tale convincimento del Collegio, le argomentazioni formulate, in proposito, dalle difese dei citati convenuti. In particolare, per quanto attiene il Dott. C.- richiamato quanto già precisato in precedenza in ordine alla eccezione relativa alla formazione della prova -, va anche osservato che non è affatto convincente l’argomentazione reltiva al non esercizio per ragioni fisiche, per circa 4 mesi, della professione medica. A parte la marginalità della questione, tenuto conto del rapporto tra i predetti 4 mesi ed il tempo complessivo (dal 1999 al 2002) in discussione, va anche detto che - anzi - il fatto che l’interessato per circa 4 mesi non ha svolto la professione medica aggrava ulteriormente la posizione di tale convenuto in rapporto al numero delle ricette complessivamente prescritte nell’indicato periodo 1999/2002, perché - come il descritto sistema di monitoraggio lascia chiaramente intendere - le ricette prescritte in tale limitato periodo dal medico sostituto non sono state certamente imputate al Dott. C., ma esse sono state considerate in capo al medesimo medico sostituto. Non è convincente nemmeno l’altra argomentazione in ordine alla età evanzata dei pazienti del Dott. C.. Va, al riguardo, considerato che tale specifica situazione è stata espressamente prevista nel calcolo ponderato operato dalla Procura Regionale, che ha, in tale modo, annullato la variabile dell’età. Non solo. E’ anche indubbio che l’età avanzata degli utilizzatori di ricette mediche è riscontrabile per tutti i medici di medicina generale di base convenzionati con il S.S.N..
Per quanto attiene il Dott. C.C., va, innanzitutto, fatto presente che non è stata affatto provata - né, peraltro, è di facile dimostrazione - la compensazione tra le maggiori prescrizioni farmaceutiche effettuate con i minori ricoveri ospedalieri ipotizzati dalla difesa del citato convenuto. A tale proposito, va anche considerato che le prescrizioni di farmaci e quelle per richiedere un ricovero ospedaliero non sono per niente confrontabili, trattandosi di due attività mediche totalmente diverse, che discendono da valutazioni mediche anche esse diverse aventi presupposti del tutto differenti, anche se entrambe mirano a migliorare le condizioni sanitarie del paziente. Va, poi, osservato - in riferimento alla idoneità ed efficacia scientifica e terapeutica dei farmaci prescritti dal Dott. C.C. - che nel presente giudizio non è assolutamente in discussione tale questione di carattere scientifico, ma soltanto l’addebitabilità al S.S.N. dei farmaci risultanti da iperprescrizione. Le pubblicazioni scientifiche esibite valgono, infatti, solo - ed al più - a dimostrare il valore e l’efficacia terapeutica dei farmaci prescritti (peraltro tutto da dimostrare e da sottoporre ad un vaglio scientifico, trattandosi di mera letteratura grigia), ma non valgono certamente a giustificare o meno l’addebitabilità al S.S.N., per quanto è dovuto ad iperprescrittibilità.
Nemmeno l’elenco dei medici fornito con il documento depositato in Udienza aggiunge argomenti concreti ed utili ai ricordati fini del presente giudizio, dovendosi, al riguardo, far presente che tale elenco dei medici è assolutamente generico e si riferisce esclusivamente ai medici di medicina generale di base convenzionati con il S.S.N., con annotazione autografa operata dal convenuto C.C., che non è di alcuna utilità ai detti fini, tanto più che l’equivoca espressione usata (“medici a preminente attività professionale esercitata”, quale dermatologo, ortopedico, cardiologo, ecc.) non esclude affatto che tali medici svolgessero l’attività di medici di medicina generale. Da quanto sopra considerato ed argomentato, si può, quindi, ritenere, con convinzione, che sono presenti, nella fattispecie concreta del presente giudizio, concordanti elementi per ritenere che sussiste il danno erariale in discussione ed il nesso di causalità con il riferito comportamento tenuto dai convenuti C.e C.C., i quali con le loro attività iperprescrittive di farmaci a carico del S.S.N. hanno procurato il riferito danno patrimoniale a carico del predetto S.S.N. e, per esso, a carico della A.S.L. n. 4 di Terni. Per tali considerazioni, va ribadito che, non risultano convincenti le argomentazioni e le conclusioni avanzate dalle difese di entrambi i citati convenuti (utilizzabili, al limite, soltanto per ridurre l’addebito loro imputato), né - si deve sottolineare - risultano di qualche utilità concreta le richieste istruttorie avanzate dalle predette difese, non ritenendo che tali richieste - per le ragioni già illustrate - possono contribuire a chiarire ulteriori aspetti della questione che non risultano già chiari e decisivi ai fini della risoluzione del presente giudizio. Nell’ambito dell’indicato danno patrimoniale - ed, in particolare, nella parte di danno derivante da “spreco per uso improprio” - non è da escludere, tuttavia, che vi possa essere stato, da parte dei medici convenuti, un qualche “eccesso di zelo terapeutico”, che ha portato gli stessi ad esagerare in certe prescrizioni di specifici farmaci e che il descritto meccanismo di monitoraggio della spesa farmaceutica in uso presso l’A.S.L. n. 4 di Terni (certamente affidabile nei termini in precedenza specificati) non può mettere in evidenza. Ciò lascia il margine a dubbi, soprattutto per alcuni casi che possono rientrare nell’indicato “eccesso di zelo terapeutico”, come i casi discussi, ad esempio, nel corso del dibattimento (quali decubiti, ecc.). Ebbene, il Collegio, per tali motivi, si è formato il convincimento che le spese sostenute dal S.S.N. per i predetti ipotizzati casi vadano distratte dalla liquidazione complessiva del danno patrimoniale in senso stretto, il quale, pertanto, - per quanto imputato al Dott. C.- discende da Euro 499.053,02 a Euro 450.000,00, comprensivi di interessi legali e di rivalutazione monetaria e - per quanto imputato al Dott. C.C. - discende da Euro 466.690,62 a Euro 400.000,00, comprensivi di interessi legali e di rivalutazione monetaria.
IVb - ELEMENTO PSICOLOGICO
Per quanto riguarda l’elemento psicologico soggettivo, va affermato - come, in parte, si è già anticipato - che il comportamento tenuto, nella circostanza, da entrambi i citati medici di medicina generale è, in verità, connotato da una condotta antidoverosa molto grave, tenuto conto - in base a quanto si è in precedenza esposto - della indubbia violazione dei fondamentali doveri di lealtà e di fedeltà da parte di entrambi i convenuti (ciascuno per la parte di rispettiva competenza) nei confronti del S.S.N. ed, in particolare, della A.S.L. n. 4 di Terni (con cui i predetti convenuti avevano uno specifico rapporto di convenzione e parasubordinazione, nei termini già prima illustrati). Come si è già fatto presente, va, al riguardo, ulteriormente sottolineato che il Dott. C.ed il Dott. C.C. erano perfettamente consapevoli del loro comportamento non in linea con la media dei colleghi e da questa - anzi - molto distante. Si è già detto, infatti, che i medici di medicina generale di base mensilmente erano informati dalla A.S.L. n. 4 di Terni delle prescrizioni effettuate per ciascun farmaco, perché mensilmente la predetta A.S.L. inviava - unitamente al cedolino delle competenze mensili - anche il prospetto riepilogativo delle predette prescrizioni, segnalando, altresì, lo scostamento delle prescrizioni di ciascun farmaco rispetto alla media e lo scostamento dai valori medi di spesa (sia in termini generali e sia con riferimento alle singole classi ATC). Risulta, quindi, bene evidente la notevole gravità del comportamento iperprescrittivo tenuto da entrambi i medici convenuti, i quali nel loro agire erano ben consapevoli di violare i propri fondamentali doveri e di arrecare un danno patrimoniale - anche di notevoli proporzioni - alla menzionata A.S.L. n. 4 di Terni ed all’intero S.S.N., tant’è che gli stessi non hanno mai segnalato alla A.S.L. casi, eccezionali, che potessero giustificare lo scostamento rispetto al dato medio loro comunicato.
La descritta condotta gravemente antidoverosa, con indubbia violazione dei fondamentali doveri di lealtà e di fedeltà da parte di entrambi i citati medici convenuti (ciascuno per la parte di rispettiva competenza), porta ad affermare che entrambi i predetti convenuti hanno agito con “dolo”. ed, in particolare, con “dolo c.d. contrattuale o in adimplendo”. In proposito, va fatto presente che il c.d. “dolo contrattuale” è una categoria che è stata da tempo definita (e condivisa) dalla giurisprudenza della Corte dei Conti, affermando e chiarendo anche la diversità tra c.d. “dolo penale” (al quale è assimilabile il dolo c.d. extracontrattuale, produttivo di responsabilità aquiliana, che viene in rilievo come diretta e cosciente intenzione di nuocere, ossia di agire ingiustamente a danno di altri, da parte di persona imputabile) e c.d. “dolo contrattuale” (che attiene all’inadempimento di una speciale obbligazione preesistente, quale ne sia la sua fonte, e che consiste nel proposito sciente di non adempiere l’obbligazione) (cfr., in termini, C.d.C.: SS.RR., Sent. n. 63/A del 25 ottobre 1996; Sez. Giurisd. Reg. Lazio, Sent. n. 2246 del 29 ottobre 1998; Sez. Giurisd. Reg. Marche, Sent. n. 86301 del 12 luglio 2001; e, di questa stessa Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria, Sent. n. 390/E.L./03 del 21 ottobre 2003). Va, inoltre, messo in rilievo, che la predetta categoria del “dolo contrattuale” comporta, tra gli altri effetti, anche quelli di abbracciare, oltre al danno prevedibile, anche quello non prevedibile (cfr. artt. 1218 e 1225 c.c.), confermando, altresì, che nel giudizio di responsabilità amministrativa contabile (il quale si caratterizza, in particolare, per l’inadempimento di preesistenti doveri di comportamento nascenti dal rapporto di servizio) il predetto “dolo c.d. contrattuale” viene certamente in rilievo (cfr., in termini, ancora citate Sentenze n. 63/A/1996 delle SS.RR., n. 2246/1998 della Sez. Giurisd. Reg. Lazio, n. 86301/2001 della Sez. Giurisd. Reg. Marche e n. 390/E.L./2003 della Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria).
Nel caso di specie - come già evidenziato - entrambi i medici convenuti hanno agito con la coscienza e la volontà di violare i doveri di corretto adempimento del rapporto convenzionale, e, quindi, i doveri di servizio, non adoperandosi in alcun modo per il rispetto della predetta convenzione, anzi operando coscientemente nella violazione dei propri doveri di lealtà e di fedeltà.
IVc - DANNO ALL’IMMAGINE ED AL PRESTIGIO DELLA P.A.
Per quanto attiene l’imputazione del “danno all’immagine ed al prestigio “all’Azienda Sanitaria Ospedaliera (A.S.L.) n. 4 di Terni ed al Servizio Sanitario Nazionale (S.S.N.) si deve, innanzitutto, rappresentare che - secondo l’elaborazione dottrinaria e giurisprudenziale maggioritaria più recente - questa Sezione Giurisdizionale Regionale con più Sentenze (cfr. Sez. Giurisd. Reg. Umbria, tra le tante, Sentt. n. 501/E.I./1998; n. 1087/R/1998; n. 147/R/1999; n. 622/E.L./1999; n. 505/R/2000; n. 557/R./2000; n. 620/E.L./2000; n. 98/E.L./2001; n. 511/R/2001; ecc.) ha da tempo avuto modo di precisare che tale specifica figura di danno - quale “danno ingiusto” ad uno dei diritti fondamentali della persona giuridica pubblica -, ancorchè consistente nella lesione di beni di per sè inidonei a costituire oggetto di scambio e di quantificazione pecuniaria secondo le leggi di mercato – “costituisce sempre, nei casi in cui ne è ammessa l’azionabilità giudiziaria, interesse direttamente protetto dall’Ordinamento ed in quanto tale trattasi di interesse rivestito di valore economico, alla stregua degli altri beni immateriale tutelati” (cfr., in senso conforme, SS.RR. della C.d.C., Sent. n. 16/99/Q.M./1999; ed anche in merito alla riconosciuta giurisdizione della Corte dei Conti, in riferimento a tale specifica categoria di danno, SS.UU. della Corte di Cassazione, Sentt. n. 5668/1997 e n. 744/1999). Nelle predette Sentenze di questa Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria è stato anche affermato che il “danno all’immagine ed al prestigio della P.A.” - che reca sempre con sè, se non una “diminuzione patrimoniale diretta” (pure ipotizzabile in alcune specifiche fattispecie), sicuramente una “spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso”, per il “ripristino del prestigio e dell’immagine” stessa - nella connotazione di “danno evento” e di “danno patrimoniale in senso ampio” ex art. 2043 c.c. ed art. 2 Cost., “non si correla necessariamente ad un comportamento causativo di reato penale” (fermo restando, in ogni caso, il principio della separatezza del giudizio per responsabilità amministrativa contabile rispetto a quello penale, come rilevabile dal novellato art. 3 c.p.p.), ma può ben discendere anche da un comportamento gravemente illegittimo ovvero gravemente illecito extrapenale”. A quest’ultimo riguardo, è stato, inoltre, precisato che - ove non si tratti di reati penali - “non tutti gli atti o comportamenti genericamente illegittimi o illeciti compiuti da un amministratore, da un dipendente, (anche di fatto) o da un agente pubblico (che pure non giovano certamente al prestigio ed all’immagine della P.A.) sono causalmente idonei a determinare una menomazione di detta immagine e di detto prestigio”, venedo in rilievo - a questi fini (e, perciò, rilevanti nel giudizio di responsabilità amministrativa contabile)- “solo i comportamenti gravemente illegittimi ovvero gravemente illeciti (anche di carattere extrapenale)”, purchè “idonei - nella loro consistenza fenomenica”- a produrre quella “grave perdita di prestigio e della immagine” e quel “grave detrimento della personalità pubblica”.
Nelle predette Sentenze di questa Sez. Giurisd. Regionale è stato precisato, altresì, che tale particolare figura di danno comporta sempre una diminuzione patrimoniale che non può che essere configurato come “danno evento” (e non come “danno conseguenza”), e, pertanto, non può che essere quantificato, nella maggior parte dei casi, in via equitativa ex art. 1226 c.c.. Come anche chiarito nelle predette Sentenze di questa Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria, va, inoltre, considerato che il “danno all’immagine ed al prestigio della P.A.”, - che, in base al principio di “immedesimazione” (che porta ad identificare l’Amministrazione con il soggetto che per essa agisce) deriva dagli indicati comportamenti gravemente illegittimi ovvero gravemente illeciti (penali o extrapenali, nei termini di cui si è detto) - é, altresì, chiaramente favorito ed amplificato dal “clamor fori”, dalla risonanza e dalla diffusione che dell’illecito stesso ne hanno dato e ne danno la stampa e gli altri mezzi di informazione e di comunicazione, atteso che “tale diffusione, quale normale corollario della vita di relazione, esprime certamente la rilevanza sociale che hanno i predetti comportamenti gravemente illegittimi ovvero gravemente illeciti, sotto il profilo della attenzione che l’opinione pubblica ed i cittadini prestano all’esercizio delle pubbliche funzioni”, per cui si deve convenire che “il pregiudizio ed il discredito della P.A. - nella occasione di comportamenti ed atti gravemente illegittimi ovvero gravemente illeciti commessi nel suo ambito dai predetti dipendenti (anche di fatto), amministratori ed agenti pubblici - non è altro, in definitiva, che uno degli effetti naturali più rilevanti di un simile interesse sociale”.
Considerato, poi, che l’immagine ed il prestigio della P.A. hanno un peso notevolissimo nell’ambito sociale (anche perchè “indici di esercizio delle funzioni pubbliche esercitate effettivamente nell’interesse della comunità amministrata ed effettivamente rispondenti ai canoni della legalità, del buon andamento e dell’imparzialità, ex art. 97 Cost.”), può ben dirsi (cfr. citate Sentenze n. 557/R/2000 e n. 98/E.L./2001 di questa Sezione Giurisdizionale Regionale) che “la specificazione del generale dovere di tutti i cittadini di essere “fedeli alla Repubblica e di osservare le leggi” (in quanto proprio dei soli amministratori, agenti e dipendenti pubblici, di “adempiere le pubbliche funzioni con disciplina ed onore” ex art. 54 Cost.) in larga parte è teleologicamente orientata proprio alla tutela dell’immagine e del prestigio della P.A.”. Si è detto in precedenza che la riferita impostazione del “danno all’immagine ed al prestigio della P.A.” è condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria della Corte dei Conti (di recente anche dalla Sez. I Centrale d’Appello con la Sent. n. 78/2003/A del 19 febbraio 2003). Da ultimo, anche le SS.UU. della Corte dei Conti con la Sentenza n. 10/2003/QM del 12 marzo/23 aprile 2003 - nel dirimere alcune questioni di massima su punti fondamentali della costruzione concettuale di tale particolare categoria di danno - hanno condiviso sostanzialmente la predetta costruzione del “danno all’immagine ed al prestigio della P.A.” operata da questa Sez. Giurisd. Reg. dell'Umbria.
Con tale Sentenza le SS.UU. della Corte dei Conti hanno precisato, in particolare: a) che “la violazione del diritto all’immagine, intesa come diritto al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica, è economicamente valutabile”, perché “si risolve in un onere finanziario che si ripercuote sull’intera collettività, dando luogo ad una carente utilizzazione delle risorse pubbliche ed a costi aggiuntivi per correggere gli effetti distorsivi che sull’organizzazione della P.A. si riflettono in termini di minore credibilità e prestigio e di diminuzione di potenzialità operativa”; b) che “il danno all’immagine di una Pubblica Amministrazione … non rientra nell’ambito di applicabilità dell’art. 2059 c.c., ma è una della fattispecie del danno esistenziale”, inteso quale “tutela della propria identità, del proprio nome, della propria reputazione e credibilità”, per cui “il diritto delle Amministrazioni Pubbliche ed organizzarsi … (e ad) operare in modo efficace, efficiente, imparziale e trasparente nei confronti dei propri dipendenti e dei propri amministrati è un diritto costituzionalmente garantito dall’art. 97 (Cost.) … rafforzato dalla tutela accordata dagli articoli 7 e 10 c.c. … applicabili anche alle persone giuridiche”; c) che “il danno all’immagine deve essere individuato nell’ambito dei danni non patrimoniali come danno evento, e non come danno conseguenza”, considerato che, poiché l’“oggetto del risarcimento non può che essere una perdita cagionata dalla lesione di una situazione giuridica soggettiva e la liquidazione del danno non può riferirsi se non a perdite, a questi limiti soggiace anche la tutela risarcitoria dei danni non patrimoniali causati dalla lesione di diritti od interessi costituzionalmente protetti, quale il diritto all’immagine, con la peculiarità che essa deve essere ammessa, per precetto costituzionale, indipendentemente dalla dimostrazione di perdite patrimoniali, oggetto del risarcimento, essendo la diminuzione o la privazione di valori inerente al bene protetto”;
d) che “per la quantificazione del danno in questione si può fare riferimento, oltre che alle spese di ripristino del prestigio leso già sostenute, posto che si dimostrino coerenti con lo scopo perseguito, anche - e sul medesimo presupposto - a quelle ancora da sostenere”, con la precisazione che “in quest’ultimo caso, la valutazione equitativa ex art. 1226 c.c. dovrà fondarsi su prove anche presuntive od indiziarie”; e) che, per quanto attiene “l’onere probatorio della parte pubblica” in ordine alle <
g) che il predetto clamor fori e la predetta risonanza “non integrano la lesione, ma ne indicano la dimensione”, stando ad evidenziare gli “indici di dimensione via via maggiore che il medesimo evento lesivo può assumere a seconda delle circostanze”; h) che “l’mporto della tangente non può fondare una valida automatica parametrazione per la quantificazione del danno, ma può concorrervi, unitamente agli altri elementi propri della fattispecie, quali, ad esempio, il ruolo del percettore all’interno dell’apparato pubblico”, con la precisazione che “anche i fattori soggettivi possono contribuire a quantificare la lesione prodotta” e che “le ipotesi di cui all’art. 133 c.p. (gravità del realto - valutazione agli effetti della pena) non operano sulla quantificazione, ma sulla riduzione del danno previamente quantificato”; i) che sussiste “l’onere per l’attore di indicare le presunzioni, gli indizi e gli altri parametri che intende utilizzare sul piano probatorio”; j) che “il giudice può addivenire alla liquidazione dei danni (all’immagine ed al prestigio della P.A. in via equitativa - ex art. 1226 c.c.), tanto nella ipotesi in cui sia mancata interamente la prova del loro preciso ammontare, per l’impossibilità della parte di fornire congrui ed idonei elementi al riguardo, quanto nell’ipotesi di notevole difficoltà di una precisa quantificazione”, con la precisazione che “egli deve, in ogni caso, indicare i criteri seguiti per determinare l’entità del risarcimento sia pure con l’elasticità propria dell’istituto e dell’ampio potere discrezionale che lo caratterizza”. Considerato e precisato ciò - e richiamato quanto sopra in ordine all’elemento psicologico soggettivo - occorre, ora, quantificare, nel caso di specie, il “danno al prestigio ed alla immagine” della P.A., da porre a carico dei citati convenuti medici.
Al riguardo - tenuto conto che nella fattispecie del “danno al prestigio ed all’immagine” della P.A. non risulta percorribile il principio della “restitutio in integrum” - occorre trasformare in termini monetari una entità che per sua natura non si presta ad una semplice operazione matematica. Nella fattispecie - come é stato già affermato da questa Sezione Giurisdizionale Regionale con le indicate precedenti Sentenze - il Collegio é chiamato, pertanto, attraverso il suo equo apprezzamento (art. 1226 c.c.) a fornire una valutazione della riparazione del danno, che non è e non potrà mai essere un preciso equivalente alla lesione dell’interesse colpito, ma che si configura - sul piano del giudizio equitativo di cui al citato art. 1226 c.c. - come un “corrispettivo non soltanto di carattere riparatorio dell’immagine lesa”, che tiene conto di tutte le circostanze del caso particolare, atte a motivare adeguatamente il “quantum” individuato secondo equità. Come già operato nelle precedenti citate Sentenze di questa Sezione Giurisdizionale Regionale, si ritiene, a questo proposito, adeguatamente motivata la decisione di proporzionare il risarcimento del “danno al prestigio ed all’immagine” della P.A. alla gravità del fatto illecito ed all’entità del pregiudizio all’immagine ed al prestigio arrecata alla Istituzione sanitaria ternana e dell’intera Nazione, sotto il profilo della negativa risonanza di detto fatto illecito sull’opinione pubblica a causa della azione diretta contro i beni immateriali colpiti, quali l’onore, il decoro, il prestigio, la correttezza, la trasparenza, ecc., e cioè l’“immagine” ed “il prestigio”. Per l’individuazione delle dimensioni del danno in parola nel senso più aderente possibile alla “spesa necessaria al ripristino del bene giuridico leso”, di cui si é detto in precedenza, soccorrono i principali criteri - elaborati dalla riportata giurisprudenza - da cui far discendere la valutazione del “danno al prestigio ed all’immagine” della P.A. e che - come già precisato da questa stessa Sezione Giurisdizionale con le indicate precedenti Sentenze - possono essere individuati sotto tre profili: uno oggettivo, uno soggettivo, uno sociale.
Circa il criterio oggettivo, va tenuto presente che - in base ai fatti desumibili dagli atti del fascicolo processuale ed in base alle considerazioni in precedenza riportate - risulta evidente il comportamento illecito tenuto dai citati convenuti medici nella loro attività e nella loro qualità di medici di medicina generale di base convenzionati con il S.S.N. (A.S.L. n. 4 di Terni), compiendo atti illegittimi ed illeciti e le gravissime irregolarità contrarie ai doveri d’ufficio, connotati dall’elemento psicologico del “c.d. dolo contrattuale”, per trarne dei profitti personali. Circa il criterio soggettivo, va tenuto presente che i predetti convenuti (come appena detto e come più volte indicato) erano - all’epoca dei fatti illegittimi ed illeciti in questione - medici di medicina generale di base convenzionati con il S.S.N. (A.S.L. n. 4 di Terni), legati, perciò, - nella indicata qualità - all’Amministrazione Pubblica (nella specie l’Azienda Sanitaria Locale n. 4 di Terni e, per essa, il Servizio Sanitario Nazionale) da una specifica convenzione e, quindi, da un rapporto di parasubordinazione comportante un rapporto di servizio particolare, dal quale derivano diritti, doveri ed obblighi ben precisi. Il Dott. C.ed il Dott. C.C. (nella indicata qualità) non hanno osservato i più sacri doveri ed obblighi inerenti il proprio “status”, ed, in particolare, - come già osservato - quello di svolgere la indicata e delicata attività di medici di base a rapporto convenzionale con il S.S.N. con comportamenti trasparenti e di adottare corrette e lecite procedure, prestando la propria opera con onestà, diligenza, trasparenza e professionalità. I medici convenuti - al fine di garantire non consentiti vantaggi a loro stessi - con i gravissimi fatti illegittimi ed illeciti commessi hanno offeso innanzitutto l’onore, il prestigio e l’immagine della A.S.L. n. 4 di Terni e della intera Sanità pubblica (alla quale, come si é detto, nella predetta qualità, erano legati da un particolare rapporto di convenzione e, quindi, di servizio particolare) ed hanno dimostrato, in tal modo, indifferenza e disprezzo, non solo verso la predetta A.S.L. e verso la Sanità pubblica in generale, ma anche verso i cittadini ed i malati della Comunità ternana, della intera Comunità umbra e della intera Comunità nazionale.
Circa, infine, il criterio sociale, va tenuto conto della negativa impressione e ripercussione suscitate nell’opinione pubblica locale dai fatti dolosi del Dott. C.e del Dott. C.C., favorite dal “clamor” conseguente alla diffusione ed alla amplificazione che del fatto ne hanno dato gli organi di stampa locale e della cronaca regionale Umbra, come risulta dagli atti del fascicolo processuale. Tale negativa ripercussione - che, non potendo essere in alcun modo ignorata, costituisce uno degli aspetti più rilevanti per valutare la dimensione del “danno al prestigio ed all’immagine” della P.A., - ha avuto riflessi innegabili verso i cittadini ed i malati ternani ed umbri (diretti utenti dei servizi erogati dalla sanità pubblica ternana), potendosi - ed a ragione - sviluppare, per tali vicende, un senso di sfiducia nei confronti, non solo dei servizi sanitari erogati dalla Sanità pubblica ternana, ma anche - di riflesso - di tutta la Sanità pubblica nazionale, recependo dette vicende in termini di messa in serio pericolo della salute affidata alle strutture sanitarie pubbliche. Né può essere ignorato, a tale riguardo, che trattasi, nella fattispecie, di un settore pubblico (la sanità, e, più in particolare, la sanità di base), con la quale i cittadini hanno contatti giornalieri per i tanti vari aspetti che ad essa fanno capo. Il sapere che nell’ambito di tale delicato settore vi sono soggetti (nella fattispecie addirittura “medici”) autori di illeciti, come quelli in esame (prescrizioni non corrette di farmaci), indubbiamente determina una notevole sfiducia dei predetti cittadini e malati nei confronti della Sanità pubblica e dello Stato in genere, in un settore che dovrebbe rispondere, invece - come la Comunità si attende, e pretende, - con prestazioni di elevata ed indiscutibile qualità e correttezza. Tale ripercussione negativa genera, inoltre, ulteriori ed innegabili riflessi verso gli altri operatori sanitari pubblici (ivi compresi quelli a rapporto convenzionale) con la citata A.S.L. e con il S.S.N. in genere, ipotizzandosi anche una “offesa indiretta” (e quindi un “grave perturbamento morale”) nei confronti di coloro che - legati da rapporto di convenzione o di ufficio o di servizio o di impiego o di lavoro con la sanità pubblica - hanno svolto e svolgono il loro dovere di operatori sanitari pubblici con coscienza, con onestà, con correttezza , con diligenza, con professionalità, con efficienza e con trasparenza.
Si può ritenere, infatti, che i gravi fatti illegittimi ed illeciti degli operatori sanitari pubblici (come quelli in esame) e la risonanza certamente negativa di tali fatti - recepita nei termini di totale sfiducia nella Sanità pubblica (nei termini in precedenza indicati) - determinano una vera “sofferenza morale” ed una vera “sensazione dolorosa” nei predetti operatori sanitari pubblici (ivi compresi quelli a rapporto convenzionale), che svolgono il loro dovere nei termini di correttezza e trasparenza appena detti, avvertendo anche nei propri confronti il dispregio della Comunità locale, che dai riferiti fatti illeciti dolosi é portata a perdere la fiducia riposta nelle Pubbliche Istituzioni. In sostanza, il negativo riflesso del comportamento doloso del Dott. C.e del Dott. C.C. comporta - sotto il profilo del “danno all’immagine ed al prestigio” della P.A. - anche un vero e proprio “danno sociale”, e cioè un danno che deteriora ed offusca l’immagine della Sanità pubblica - ed, in genere, delle Amministrazioni Pubbliche, che, per definizione, devono possedere, diffondere e difendere valori di onestà, correttezza, trasparenza e legalità. In definitiva, in base ai tre criteri sopra illustrati (oggettivo, soggettivo e sociale, e, quest’ultimo nei suoi riflessi negativi verso l’opinione pubblica della Comunità ternana ed umbra, e cioè dei cittadini e malati diretti utenti dei servizi resi dalla Sanità pubblica in questione, e verso gli stessi operatori sanitari pubblici, ivi compresi quelli a rapporto convenzionale, che svolgono il loro dovere “con scienza e coscienza”), il Collegio - tenuto conto della scarsa diffusione della notizia degli illeciti in questione a livello nazionale e non ritenendo, peraltro, di fare uso, nella fattispecie, del potere riduttivo - considera equo (ai sensi dell’art. 1226 c.c.) determinare in Euro 50.000,00 (comprensivi di interessi legali e rivalutazione monetaria) per ciascuno dei predetti convenuti medici il risarcimento del “danno all’immagine ed al prestigio subito dalla Azienda Sanitaria Locale n. 4 di Terni (e, per essa, dal Servizio Sanitario Nazionale) a causa dell’operato illecito, connotato dall’elemento psicologico del “c.d. dolo contrattuale” del Sig. A.C.e del Sig. C.C., convenuti nel presente giudizio.
IVd - POSIZIONE DEL FARMACISTA R.P.
In relazione alla particolare posizione del Farmacista R.P. a rapporto convenzionale con il S.S.N., si è già detto in precedenza che la figura professionale dei farmacisti a rapporto convenzionale con il S.S.N. è sottoposta alla giurisdizione della Corte dei Conti per i danni causati all’Erario nell’esercizio della loro attività di dispensazione dei farmaci, erogando essi un pubblico servizio ed inserendosi direttamente nell’organizzazione dell’Amministrazione della sanità pubblica, disponendo, con la loro attività, direttamente o indirettamente di risorse pubbliche. Dagli atti del fascicolo processuale risulta - come si è anche detto in precedenza - che, in riferimento all’Atto di Citazione in esame contenente la richiesta di condanna del predetto Dott. P. per Euro 39.562,22 (Euro 26.462,22 per danno patrimoniale, ed Euro 13.000,00 per danno all’immagine ed al prestigio della A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N.), in data 12 dicembre 2003 il Sig. Alfio P. (padre del Dott. R.P. e titolare della omonima Farmacia di Terni all’epoca dei fatti contestati) ha effettuato - a favore della indicata A.S.L. n. 4 di Terni, a mezzo bonifico della Cassa di Risparmio di Terni e Narni S.p.A. - il pagamento della indicata somma di Euro 39.462,22 “a titolo di pagamento di medicinali per i quali non esiste documentazione contabile di acquisto, di cui Euro 26.462,22 per medicinali ed Euro 13.000,00 per danno all’immagine”. In considerazione di quanto appena riferito, i difensori del convenuto farmacista hanno chiesto di dichiarare la cessazione della materia del contendere ed hanno fatto presente che il citato convenuto è “disponibile … al pagamento di eventuali interessi e rivalutazione monetaria, oltre che delle spese di giudizio di propria competenza”.
Riportato e richiamato quanto sopra - senza ripetere buona parte delle argomentazioni e delle considerazioni già svolte per quanto attiene alla posizione degli altri citati convenuti - va subito detto che, in relazione ai fatti ed alle circostanze prospettate con l’Atto di Citazione, il Collegio - in considerazione del danno arrecato alla indicata A.S.L. n. 4 di Terni e della condotta gravemente antidoverosa ed illecita tenuta dal Dott. P. (nella qualità di proprietario e di conduttore della omonima Farmacia in Terni, a rapporto convenzionale con il S.S.N.) - avrebbe disposto la condanna anche di quest’ultimo convenuto. Tuttavia - come riconosciuto dallo stesso P.M. - il danno erariale posto a carico del Dott. P. risulta al momento insussistente per l’avvenuto versamento, da parte del convenuto, dell’intera somma riguardante il danno contestato, con conseguente recupero di detta somma da parte della struttura sanitaria danneggiata (l’A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, il S.S.N.). In relazione a ciò, va, quindi, dichiarata la cessazione della materia del contendere, per quanto attiene all’intera sorte capitale. Anche il P.M., nella Udienza dibattimentale, ha convenuto nella dichiarazione di cessazione della materia del contendere, osservando, peraltro, che restano in giudizio le partite relative agli interessi legali, alla rivalutazione monetaria ed alle spese di giudizio, ovvero solo alle spese di giudizio come sostenuto dalla Sent. n. 248 del 22 luglio 2002 della Sez. I Centrale d’Appello della Corte dei Conti. Al riguardo, occorre precisare che la dichiarazione di “cessazione della materia del contendere” presuppone che la domanda posta con l’atto introduttivo del giudizio abbia trovato intera soddisfazione, avendo il convenuto assolto il versamento della intera somma corrispondente al danno erariale prodotto.
Nella presente fattispecie il convenuto farmacista - come detto - ha provveduto al versamento solo della intera somma riguardante la sorte capitale, pur dichiarandosi disponibile al versamento di quanto dovuto per interessi legali, rivalutazione monetaria e spese di giudizio. La domanda di condanna anche alle predette somme accessorie comporta, però, che si proceda alla verifica della fondatezza della intera pretesa della Procura Regionale, rendendosi, perciò, necessario che sia accertato, nel caso di specie, se all’atto della proposizione della domanda attrice fossero sussistenti gli elementi (danno, colpa, nesso di causalità) capaci di configurare la responsabilità del convenuto (cfr., in senso conforme, Sent. n. 50/E.L./96 del 23 novembre 1995/17 gennaio 1996 di questa Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria). Di tale verifica si è già detto in precedenza, pervenendo alla conclusione che il Collegio - per le considerazioni già espresse - avrebbe disposto la condanna anche del convenuto farmacista, con la conseguenza di dover disporre - ora - per quanto sopra indicato, la condanna virtuale del medesimo convenuto. Il Collegio non ritiene di dover condividere la citata Sentenza n. 248/2002 della I Sez. Centr. d’Appello (assolutamente minoritaria e quasi isolata), per la fondamentale considerazione che l’istituto della cessata materia del contendere è un istituto di carattere generale con delle proprie regole alle quali occorre attenersi. Il Collegio - condividendo, invece, al riguardo, la giurisprudenza maggioritaria, della Corte dei Conti, tra la quale anche quella di questa Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria (cfr., in proposito, Sent. n. 59/E.L./94 del 14 luglio/3 ottobre 1994; Sent. n. 50/E.L./96 cit.; ecc.) -, nel condannare virtualmente il convenuto per il danno ascrittogli e nel dichiarare la cessazione della materia del contendere, per le considerazioni innanzidette, condanna il Dott. R.P. a pagare i soli interessi legali riferiti alle predette partite di danno e non anche alla rivalutazione monetaria, non essendo questa cumulabile con gli interessi legali, in base alla costante e consolidata giurisprudenza di questa Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria.
Il Collegio condanna, inoltre, il citato Dott. P. alle spese di giudizio, precisando che le spese proprie sono a totale suo carico, mentre lo stesso risponde in ragione di un terzo delle spese comuni anche agli altri convenuti. V - CONCLUSIONI GENERALI E DISPOSIZIONI SUL SEQUESTRO CONSERVATIVO ANTE CAUSAM
In conclusione, per tutte le argomentazioni e le considerazioni che precedono, il Collegio a) rigettata l’eccezione di inutilizzabilità della documentazione probatoria relative alle “sommarie informazioni” raccolte dagli organi di polizia giudiziaria; b) affermata la giurisdizione della Corte dei Conti nei riguardi dei medici di medicina generale di base e dei farmacisti con rapporto convenzionale con il Servizio Sanitario Nazionale; c) accertata l’esistenza del danno patrimoniale in questione e del danno all’immagine ed al prestigio della P.A. nella loro ontologica consistenza e verificato il “c.d. dolo contrattuale” in capo ai convenuti, ritenendoli responsabili dei danni erariali in precedenza indicati; d) valutando non necessario disporre, per i motivi esposti, ulteriori accertamenti istruttori, né di integrare il contraddittorio; e) e considerando assorbite ogni altra eccezione, argomentazione e deduzioni formulate dalle parti; ritiene di dover condannare, in favore dell’Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) n. 4 di Terni:
- il Sig. A.C.al pagamento della somma complessiva di Euro 500.000,00 (comprensivi di interessi legali e rivalutazione monetaria), ritenendo il convenuto responsabile, per “dolo contrattuale”, del danno erariale subito dalla predetta A.S.L. n. 4 di Terni, sia per il “danno patrimoniale in senso stretto” (Euro 450.000,00) e sia per il “danno all’immagine ed al prestigio” della medesima A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N. (Euro 50.000,00, determinati, in via equitativa, ex art. 1226 c.c.); - il Sig. C.C. al pagamento della somma complessiva di Euro 450.000,00 (comprensivi di interessi legali e rivalutazione monetaria), ritenendo il convenuto responsabile, per “dolo contrattuale”, del danno erariale subito dalla predetta A.S.L. n. 4 di Terni, sia per il “danno patrimoniale in senso stretto” (Euro 400.000,00) e sia per il “danno all’immagine ed al prestigio” della medesima A.S.L. n. 4 di Terni, e, per essa, del S.S.N. (Euro 50.000,00, determinati, in via equitativa, ex art. 1226 c.c.); In conseguenza di quanto sopra definito, va anche precisato che il Sequestro Conservativo ante causam autorizzato sui beni mobili ed immobili del Sig. A.C.e del Sig. C.C. con Decreto Presidenziale del 12 giugno 2003 e confermato parzialmente - fino alla concorrenza, rispettivamente, di Euro 599.053,02 e di Euro 566.690,62 - con Ordinanza n. 013/E.L./2003 del 17 luglio 2003 della Sezione Giurisdizionale Regionale dell' Umbria della Corte dei Conti, va, pertanto, rideterminato, per quanto attiene al Sig. C., fino alla concorrenza di Euro 530.000,00, e, per quanto attiene al Sig. C.C., fino alla concorrenza di Euro 475.000,00.
Per quanto riguarda la particolare posizione del Sig. R.P. si fa rinvio a quanto già specificato in precedenza. Sul complessivo importo delle somme dovute da ciascuno dei citati convenuti, come sopra determinate, vanno, inoltre, corrisposti gli interessi legali (ex art. 1282, comma 1, c.c.) dalla data di pubblicazione della presente Sentenza fino all’effettivo soddisfo. Le spese di giudizio seguono la soccombenza, precisando che ciascuno dei convenuti risponde totalmente delle spese sue proprie ed in ragione di un terzo delle spese comuni anche agli altri convenuti.
P. Q. M.
LA CORTE DEI CONTI Sezione Giurisdizionale Regionale dell’Umbria,
definitivamente pronunciando in ordine al Giudizio di Responsabilità n. 10068/E.L. indicato in epigrafe
C O N D A N N A
il Sig. A.C.ed il Sig. C.C. - convenuti nel giudizio di responsabilità sopra menzionato - al pagamento, in favore dell’Azienda Sanitaria Locale (A.S.L.) n. 4 di Terni, rispettivamente, della somma complessiva di Euro 500.000,00 e di Euro 450.000,00, comprensiva di interessi legali e rivalutazione monetaria, nei termini specificati in motivazione. DICHIARA CESSATA LA MATERIA DEL CONTENDERE
per quanto attiene alla sorte capitale riguardante la posizione del Sig. R.P., nei termini specificati in motivazione. C O N D A N N A
il predetto Sig. R.P. al pagamento degli interessi legali sulla sorte capitale, in ordine alla quale - a seguito di condanna virtuale del citato convenuto - è stata disposta la cessazione della materia del contendere, nei termini specificati in motivazione. O R D I N A
in conseguenza della presente Sentenza, la rideterminazione - fino alla concorrenza di Euro 530.000,00 per quanto attiene al Sig. Antonio C., e fino alla concorrenza di Euro 475.000,00 per quanto attiene al Sig. C.C. - del Sequestro Conservativo ante causam autorizzato sui beni mobili ed immobili del predetto Sig. C.e del predetto Sig. C.C. con Decreto Presidenziale del 12 giugno 2003 e confermato parzialmente -fino alla concorrenza, rispettivamente, di Euro 599.053,02 e di Euro 566.690,62 - con Ordinanza n. 013/E.L./2003 del 17 luglio 2003 della Sezione Giurisdizionale Regionale dell' Umbria della Corte dei Conti. D I S P O N E
che sul complessivo importo dovuto da ciascuno dei convenuti sono dovuti gli interessi legali dalla data della pubblicazione della presente Sentenza fino all’effettivo soddisfo. L I Q U I D A
a favore dello Stato, le spese di giudizio - che seguono la soccombenza nei termini specificati in motivazione - nella misura, alla data della pubblicazione della presente Sentenza, di Euro 2.279,70 (duemiladuecentosettantanove/70) a carico del Sig. Antonio C., di Euro 2.279,70 (duemiladuecentosettantanove/70) a carico del Sig. C.C. e di Euro 510,99 (cinquecentodieci/99) a carico del Sig. R.P.. Così deciso in Perugia, nella Camera di Consiglio dell’11 febbraio 2004.