28.11.2015 free
Cassazione Penale – (medico di base in pensione “sostituisce” il titolare: le conseguenze penali)
Nuovamente al vaglio del Tribunale del riesame il provvedimento di sequestro preventivo di somme e beni dei medici di famiglia indagati per truffa.
Il caso è quello del MMG che dopo il pensionamento continua a frequentare lo studio del collega nelle cui liste sono transitati molti dei suoi ex assistiti.
Per il PM vengono a configurarsi ipotesi di reato ravvisabili nella violazione dell’art. 640 codice penale (truffa), sotto un duplice profilo:
il primo relativo all’effettuato pagamento del compenso da parte della ASL nei confronti del medico titolare della convenzione senza che dallo stesso venissero effettuate prestazioni in realtà rese dal pensionato;
il secondo relativo alla formazione di ricette false suscettibili di generare un illecito esborso da parte del SSN.
[Avv. Ennio Grassini – www.dirittosanitario.net]
Cassazione Penale - Sez. II; Sent. n. 44677 del 06.11.2015
omissis
Svolgimento del processo
1. Con ordinanza in data 8/6/2015, il Tribunale per il riesame di Genova, accogliendo l'appello del P.M. avverso l'ordinanza 20/5/2015 con la quale il Gip di Genova aveva rigettato la richiesta di sequestro preventivo per equivalente della somma di Euro 85.150,79 nei confronti dei medici R.E. e B.D., ritenuto sussistente il fumus commissi delicti in ordine al reato di truffa in danno della X. genovese, disponeva in danno dei due indagati il sequestro preventivo di somme di denaro, valori mobiliari, beni mobili ed immobili, fino a concorrenza della somma indicata dal P.M..
2. Avverso tale ordinanza propongono ricorso entrambi gli interessati per mezzo dei rispettivi difensori di fiducia. Entrambi i ricorrenti deducono violazione di legge in relazione all'art. 640 c.p. eccependo che nella fattispecie non è ipotizzabile neanche astrattamente il reato di truffa in quanto i pazienti assistiti dal dr. R. E., al momento del pensionamento di costui sono migrati volontariamente nella lista del dr. B.D. e l'Asl avrebbe comunque dovuto sostenere il loro costo, a prescindere dall'attività effettivamente svolta in loro favore dal medico di famiglia. Di conseguenza non esisterebbe il requisito del danno (patrimoniale) ingiusto. In subordine entrambi i ricorrenti deducono violazione degli artt. 640 quater e 322 ter c.p. e art. 321 c.p.p. eccependo che la somma sequestrata supera il valore del prezzo o del profitto ricavato dal reato.
Motivi della decisione
1. Il ricorso è fondato nei limiti di quanto segue.
2. Occorre premettere che secondo l'orientamento espresso dalle Sezioni Unite di questa Corte, "In tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di violazione di legge per cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell'art. 325 c.p.p., comma 1, rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all'inosservanza di precise norme processuali, ma non l'illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all'art. 606 c.p.p., lett. e)" (Cass. Sez. Un. sent.n. 5876 del 28/1/2004 dep. 13/2/2004 rv 226710.). Di conseguenza questa Corte ha ribadito che:
"Il ricorso per cassazione contro ordinanze emesse in materia di sequestro preventivo o probatorio è ammesso solo per violazione di legge, in tale nozione dovendosi comprendere sia gli "errores in iudicando" o "in procedendo", sia quei vizi della motivazione così radicali da rendere l'apparato argomentativo posto a sostegno del provvedimento o del tutto mancante o privo dei requisiti minimi di coerenza, completezza e ragionevolezza e quindi inidoneo a rendere comprensibile l'itinerario logico seguito dal giudice." (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 43068 del 13/10/2009 Cc. (dep. 11/11/2009) Rv.
245093).
3. Deve poi considerarsi che è ormai pacifico, secondo un orientamento consolidato della giurisprudenza di questa Corte, che nel sequestro preventivo la verifica del giudice del riesame, ancorchè non debba tradursi nel sindacato sulla concreta fondatezza dell'accusa, deve, tuttavia, accertare la possibilità di sussumere il fatto in una determinata ipotesi di reato; pertanto, ai fini dell'individuazione del "fumus commissi delicti", non è sufficiente la mera "postulazione" dell'esistenza del reato, da parte del pubblico ministero, in quanto il giudice del riesame nella motivazione dell'ordinanza deve rappresentare in modo puntuale e coerente le concrete risultanze processuali e la situazione emergente dagli elementi forniti dalle parti e dimostrare la congruenza dell'ipotesi di reato prospettata rispetto ai fatti cui si riferisce la misura cautelare reale sottoposta al suo esame (Cass. Sez. 3, Sentenza n. 26197 del 05/05/2010 Cc. (dep. 09/07/2010) Rv. 247694; in senso conforme: Sez. 3, Sentenza n. 27715 del 20/05/2010 Cc. (dep. 16/07/2010) Rv. 248134; Sez. 4, Sentenza n. 15448 del 14/03/2012 Cc. (dep. 20/04/2012) Rv. 253508; Sez. 6, Sentenza n. 35786 del 21/06/2012 Cc. (dep. 18/09/2012) Rv. 254394; Sez. 5, Sentenza n. 49596 del 16/09/2014 Cc. (dep. 27/11/2014) Rv. 261677).
4. Alla luce di tali principi di diritto deve essere valutata la censura dei ricorrenti in ordine alla non configurabilità nel caso concreto del reato di truffa in danno della X. genovese contestato sotto il profilo che la medesima ASL avrebbe indebitamente liquidato al dr. B.D. i compensi per oltre 500 pazienti migrati dall'elenco dei pazienti del dr. R.E., allorchè costui cessò il servizio per il pensionamento. Il compenso sarebbe stato indebitamente liquidato in quanto per tali pazienti l'attività di assistenza medica prevista dalla Convenzione per i medici di famiglia sarebbe stata di fatto fornita dal dr. R.E., il quale avrebbe sostituito il dr. B.D. nelle visite mediche ed avrebbe utilizzato il ricettario di quest'ultimo per le prescrizioni.
Stante tale situazione di fatto, come accertata e recepita dal Tribunale del riesame, sotto il profilo giuridico il problema è di accertare se ricorrano gli estremi del reato di truffa.
Il punto critico è verificare se ricorre il requisito oggettivo del danno patrimoniale subito dal soggetto passivo.
5. Secondo un orientamento risalente nel tempo ma sempre attuale il danno (elemento concorrente costitutivo del delitto di truffa) deve avere contenuto patrimoniale, cioè deve concretarsi in un detrimento del patrimonio (inteso come complesso di diritti, rapporti e situazioni giuridiche a contenuto patrimoniale) del soggetto passivo (Cass. sez. 2, Sentenza n. 5465 del 23/02/1972 Ud. (dep. 10/08/1972) Rv. 121774; in senso conforme: Sez. 2, Sentenza n. 970 del 01/10/1980 Ud. (dep. 30/01/1982) Rv. 151921; Sez. 5, Sentenza n. 16304 del 20/09/1989 Ud. (dep. 27/11/1989) Rv. 182648; Sez. 5, Sentenza n. 16304 del 20/09/1989 Ud. (dep. 27/11/1989) Rv. 182648; Sez. 2, Sentenza n. 34722 del 14/05/2014 Ud. (dep. 07/08/2014) Rv. 260029).
6. Ciò premesso, secondo un precedente specifico di questa Corte, non integra il reato di truffa la condotta del medico il quale effettui visite mediche ovvero rilasci certificazioni o prescrizioni sanitarie su ricettari intestati ad altro medico convenzionato con il servizio sanitario nazionale, se non risulta che la U.S.L. abbia erogato compensi al primo professionista, in quanto difetta il danno patrimoniale della persona offesa, elemento costitutivo della fattispecie delittuosa (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 38333 del 12/07/2001 Ud. (dep. 24/10/2001) Rv. 220339).
7. Nel caso di specie non è configurabile un danno patrimoniale nel fatto che l'Asl abbia pagato al medico convenzionato dr. B. D. i compensi derivanti dalla scelta liberamente effettuata dagli ex pazienti del dr. R.E. dopo che quest'ultimo aveva cessato il servizio per il pensionamento. Se, infatti, costituisce indubbiamente un illecito-quantomeno sotto il profilo amministrativo per violazione dei doveri nascenti dalla Convenzione - il fatto che il dr. B.D. si sia fatto sostituire nell'attività di assistenza medica dal dr. R.E., tuttavia tale condotta non è riconducibile alla fattispecie legale tipica del reato di truffa. E' ben vero che in una fattispecie parzialmente simile, questa Corte, con la sentenza n. 51144 del 18/9/2013, ha ritenuto sussistente il delitto di truffa, osservando che: "ai fini della configurazione del danno non rileva il carattere necessitato della prestazione patrimoniale da parte del soggetto passivo, ma la legittimità della sua erogazione proprio all'autore dell'induzione in errore. In sostanza la presenza di una controprestazione fornita da un soggetto diverso rispetto all'obbligato non può essere indifferente rispetto alla qualità dell'aspettativa riposta dall'Ente pubblico, rispetto alla funzionalità del servizio, la cui efficienza va considerata nella complessa struttura operativa organizzata per l'erogazione del servizio". Il principio di diritto espresso con tale pronuncia - tuttavia - non può trovare applicazione nel caso di specie per la diversità delle circostanze fattuali. Non è contestabile, infatti, che nella fattispecie i pazienti passati in carico al dr. B. abbiano, comunque, ricevuto l'assistenza medica prevista dalla Convenzione per i medici di famiglia, da soggetto qualificato, dotato di competenza specifica. Pertanto l'Asl ha pagato al dr. B. D. la quota individuale destinata a garantire l'assistenza del medico di famiglia a ciascun paziente a fronte di una situazione in cui B.D. ha assicurato comunque il servizio, sia pure facendosi indebitamente sostituire da altro medico dotato, comunque, della necessaria competenza e qualificazione professionale. Il danno patrimoniale si sarebbe verificato per l'Asl soltanto nell'ipotesi che avesse pagato la quota paziente a fronte di un'assistenza medica non effettivamente prestata, ovvero prestata da soggetto non qualificato, ovvero se avesse dovuto pagare un compenso extra al sostituto del medico convenzionato.
8. A differenti conclusioni si deve, invece, pervenire in ordine alla seconda incolpazione di truffa, afferente al rimborso dei farmaci che l'ASL ha dovuto effettuare sulla base di ricette false (per falsità materiale o ideologica). Rispetto a tale condotta è astrattamente ipotizzarle il requisito del danno materiale subito dal soggetto passivo che deve, peraltro, essere quantificato ai fini della determinazione del sequestro. Di conseguenza si impone l'annullamento dell'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale del riesame di Genova per un nuovo esame della vicenda nel quale il Tribunale si conformerà ai principi di diritto sopra richiamati.
P.Q.M.
Annulla l'ordinanza impugnata con rinvio al Tribunale per il riesame di Genova per nuovo esame.
Così deciso in Roma, il 20 ottobre 2015.
Depositato in Cancelleria il 6 novembre 2015