16.11.2010 free
Corte di Giustizia - cure all'estero ed autorizzazioni
I giudici di merito non sono vincolati dalle valutazioni formulate dalle giurisdizioni superiori, se le considerano non conformi al diritto Ue. È il principio affermato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea, nella sentenza depositata il 5 ottobre (causa C-173/09), che non solo ha limitato l'autonomia processuale degli stati nei casi in cui sia in gioco la corretta applicazione del diritto Ue, ma ha anche ampliato le possibilità per i malati di andare all'estero per curarsi e ottenere il rimborso nel proprio stato anche senza un'autorizzazione preventiva.
1) Il diritto dell’Unione osta a che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere a seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede d’impugnazione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, da valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.
2) Gli artt. 49 CE e 22 del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, quale modificato e aggiornato dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97, quale modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2006, n. 1992, ostano alla normativa di uno Stato membro interpretata nel senso che essa escluda, in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro in assenza di preventiva autorizzazione.
3) Per quanto concerne le cure mediche che non possono essere prestate nello Stato membro sul cui territorio risiede l’iscritto al regime previdenziale, l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71, quale modificato e aggiornato dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 1992/2006, dev’essere interpretato nel senso che un’autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non può essere negata:
– se, quando le prestazioni previste dalla normativa nazionale sono oggetto di un elenco che non menziona in modo espresso e preciso il metodo di trattamento applicato, bensì definisce alcune tipologie di trattamento rimborsate dall’istituzione competente, è accertato, in applicazione dei consueti principi ermeneutici e in seguito a un esame basato su criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli elementi medici pertinenti e i dati scientifici disponibili, che tale metodo di trattamento corrisponde a tipologie di prestazioni menzionate in detto elenco, e
– se un trattamento alternativo che presenti lo stesso grado di efficacia non può essere erogato in tempo utile nello Stato membro in cui risiede l’iscritto al regime previdenziale.
Lo stesso articolo osta a che gli organi nazionali incaricati di pronunciarsi su una domanda di autorizzazione preventiva possano presumere, in sede di applicazione di questa disposizione, che le cure ospedaliere che non possono essere prestate nello Stato membro in cui risiede l’iscritto al regime previdenziale non rientrino tra le prestazioni il cui rimborso è previsto dalla normativa di questo Stato e, viceversa, che le cure ospedaliere rientranti tra dette prestazioni possano essere fornite in detto Stato membro.
4) Quando è accertato che il diniego di rilascio di un’autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71, quale modificato e aggiornato dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 1992/2006, non era fondato, e nel frattempo le cure ospedaliere siano state completate e le spese ad esse relative siano state sostenute dall’iscritto al regime previdenziale, il giudice nazionale deve obbligare l’istituzione competente, in osservanza delle norme nazionali di procedura, a rimborsare a detto iscritto l’importo che sarebbe stato normalmente saldato da quest’ultima qualora l’autorizzazione fosse stata debitamente rilasciata.
Quest’importo dev’essere pari a quello determinato in base alle norme della legislazione cui è soggetta l’istituzione dello Stato membro nel cui territorio sono state erogate le cure ospedaliere. Qualora l’importo sia inferiore a quello che sarebbe stato ottenuto applicando la normativa vigente nello Stato membro di residenza in caso di ricovero ospedaliero in quest’ultimo, l’istituzione competente deve inoltre concedere alla persona iscritta al regime previdenziale un rimborso supplementare, corrispondente alla differenza tra questi due importi, nei limiti delle spese effettivamente sostenute.
SENTENZA DELLA CORTE (Grande Sezione)
5 ottobre 2010
«Previdenza sociale – Libera prestazione dei servizi – Assicurazione malattia – Cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro – Autorizzazione preventiva – Condizioni di applicazione dell’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento (CEE) n. 1408/71 – Modalità per il rimborso all’iscritto al regime previdenziale delle spese ospedaliere sostenute in un altro Stato membro – Obbligo di un organo giurisdizionale di grado inferiore di conformarsi ad istruzioni impartite da un organo giurisdizionale di grado superiore»
Nel procedimento C‑173/09,
avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 234 CE, dall’Administrativen sad Sofia-grad (Bulgaria) con decisione 28 aprile 2009, pervenuta in cancelleria il 14 maggio 2009, nella causa
Georgi Ivanov Elchinov
contro
Natsionalna zdravnoosiguritelna kasa,
LA CORTE (Grande Sezione),
composta dal sig. V. Skouris, presidente, dai sigg. A. Tizzano, J.N. Cunha Rodrigues, K. Lenaerts, J.-C. Bonichot e dalla sig.ra R. Silva de Lapuerta, presidenti di sezione, dai sigg. A. Rosas, K. Schiemann, P. Kuris (relatore), J.-J. Kasel, M. Safjan, D. Šváby e dalla sig.ra M. Berger, giudici,
avvocato generale: sig. P. Cruz Villalón
cancelliere: sig. R. Grass
considerate le osservazioni presentate:
– per il sig. Elchinov, dal sig. L. Panayotova, advokat;
– per il governo bulgaro, dal sig. T. Ivanov e dalla sig.ra E. Petranova, in qualità di agenti;
– per il governo ceco, dal sig. M. Smolek, in qualità di agente;
– per il governo ellenico, dai sigg. K. Georgiadis e I. Bakopoulos nonché dalla sig.ra S. Vodina, in qualità di agenti;
– per il governo spagnolo, dal sig. J.M. Rodríguez Cárcamo, in qualità di agente;
– per il governo polacco, dal sig. M. Dowgielewicz, in qualità di agente;
– per il governo finlandese, dalla sig.ra A. Guimaraes-Purokoski, in qualità di agente;
– per il governo del Regno Unito, dal sig. S. Ossowski, in qualità di agente;
– per la Commissione delle Comunità europee, dalla sig.ra S. Petrova, in qualità di agente,
sentite le conclusioni dell’avvocato generale, presentate all’udienza del 10 giugno 2010,
ha pronunciato la seguente
Sentenza
1 La domanda di pronuncia pregiudiziale verte sull’interpretazione degli artt. 49 CE e 22 del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, come modificato e aggiornato dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97 (GU 1997, L 28, pag. 1), come modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2006, n. 1992 (GU L 392, pag.1; in prosieguo: il «regolamento n. 1408/71»).
2 Questa domanda è stata sollevata nell’ambito di una controversia tra il sig. Elchinov e la Natsionalna zdravnoosiguritelna kasa (Cassa nazionale bulgara di assicurazione malattia; in prosieguo: la «NZOK») in merito al diniego oppostogli da quest’ultima al rilascio di un’autorizzazione a ricevere cure ospedaliere in Germania.
Contesto normativo
La normativa dell’Unione
3 Il regolamento n. 1408/71, nell’art. 22, intitolato «Dimora fuori dello Stato competente – Ritorno o trasferimento di residenza in un altro Stato membro durante una malattia o una maternità – Necessità di recarsi in un altro Stato per ricevere le cure adatte», enuncia quanto segue:
«1. Il lavoratore subordinato o autonomo che soddisfa le condizioni richieste dalla legislazione dello Stato competente per aver diritto alle prestazioni, tenuto conto eventualmente di quanto disposto dall’articolo 18, e:
(…)
c) che è autorizzato dall’istituzione competente a recarsi nel territorio di un altro Stato membro per ricevere le cure adeguate al suo stato,
ha diritto:
i) alle prestazioni in natura erogate, per conto dell’istituzione competente, dall’istituzione del luogo di dimora (…) secondo le disposizioni della legislazione che essa applica, come se fosse ad essa iscritto; tuttavia, la durata dell’erogazione delle prestazioni è determinata dalla legislazione dello Stato competente;
(…)
2. (…)
L’autorizzazione richiesta a norma del paragrafo 1, lettera c), non può essere rifiutata quando le cure di cui trattasi figurano fra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro, nel cui territorio l’interessato risiede, [e] se le cure stesse, tenuto conto dello stato di salute dello stesso nel periodo in questione e della probabile evoluzione della malattia, non possono essergli praticate entro il lasso di tempo normalmente necessario per ottenere il trattamento in questione nello Stato membro di residenza.
(…)».
4 L’art. 36, n. 1, del regolamento n. 1408/71 prevede quanto segue:
«Le prestazioni in natura erogate dall’istituzione di uno Stato membro per conto dell’istituzione di un altro Stato membro, in base alle disposizioni del presente capitolo, danno luogo a rimborso integrale (…)».
5 In base all’art. 2, n. 1, del regolamento (CEE) del Consiglio 21 marzo 1972, n. 574, che stabilisce le modalità di applicazione del regolamento n. 1408/71 (GU L 74, pag. 1), la commissione amministrativa per la sicurezza sociale dei lavoratori migranti, prevista dall’art. 80 del regolamento n. 1408/71, ha adottato un modello di certificato necessario ai fini dell’applicazione dell’art. 22, n. 1, lett. c), sub) i), di quest’ultimo regolamento, ossia il formulario «E 112».
La normativa nazionale
6 A norma dell’art. 224 del codice bulgaro di procedura amministrativa:
«Le istruzioni del Tribunale supremo amministrativo relative all’interpretazione e all’applicazione del diritto sono vincolanti ai fini del riesame della causa».
7 A norma dell’art. 81, n. 1, della legge bulgara relativa al sistema sanitario (DV n. 70 del 10 agosto 2004):
«Ogni cittadino bulgaro ha diritto ad una assistenza medica accessibile alle condizioni e secondo le procedure della presente legge e della legge sull’assicurazione malattia».
8 In forza dell’art. 33 della legge bulgara in materia di assicurazione malattia (DV n. 70 del 19 giugno 1998), ogni cittadino bulgaro che non sia contemporaneamente cittadino di un altro Stato membro è obbligatoriamente assicurato presso la NZOK.
9 L’art. 35 di detta legge prevede che gli assicurati hanno diritto al rilascio di un documento necessario all’esercizio dei loro diritti in materia di assicurazione malattia in osservanza delle norme che coordinano i regimi di previdenza sociale.
10 L’art. 36, n. 1, della stessa legge così dispone:
«I beneficiari di un’assicurazione obbligatoria hanno diritto all’ottenimento parziale o totale del valore delle spese per l’assistenza medica all’estero solo se hanno previamente ricevuto l’autorizzazione dalla NZOK».
11 Le tipologie di prestazioni sanitarie assicurate dalla NZOK sono elencate nell’art. 45 della legge in materia di assicurazione malattia, il cui n. 2 prevede che le prestazioni sanitarie di base siano determinate mediante decreto del Ministero della Sanità. In base a tale norma, detto ministero ha adottato il decreto 24 novembre 2004, n. 40, relativo alla determinazione del complesso delle prestazioni sanitarie di base garantito dal bilancio della NZOK (DV n. 88 del 2006), il cui articolo unico enuncia che il complesso di dette prestazioni sanitarie di base comprende quelle la cui tipologia e il cui importo sono stabiliti in osservanza degli allegati 1-10 a detto decreto. L’allegato 5 a quest’ultimo, intitolato «Elenco dei protocolli di cura clinici», menziona, con il n. 136, le «altre operazioni del bulbo oculare» nonché, con il n. 258, i «trattamenti ad alta tecnologia, mediante radiazioni, di malattie oncologiche e non oncologiche».
Causa principale e questioni pregiudiziali
12 Il sig. Elchinov, cittadino bulgaro iscritto alla NZOK, soffre di una grave malattia a causa della quale egli ha richiesto, in data 9 marzo 2007, da detta Cassa il rilascio di un formulario E 112 al fine di sottoporsi a un trattamento d’avanguardia presso una clinica specializzata sita in Berlino (Germania); tale trattamento non viene praticato in Bulgaria.
13 In considerazione del suo stato di salute, il sig. Elchinov è entrato tuttavia in clinica in Germania il 15 marzo 2007 e ivi ha ricevuto alcune cure prima di ottenere la risposta da parte della NZOK.
14 Con provvedimento 18 aprile 2007, adottato in seguito a parere del Ministero della Sanità, il direttore della NZOK ha negato il rilascio al sig. Elchinov della richiesta autorizzazione in quanto, in particolare, non erano soddisfatti i presupposti per la concessione di un’autorizzazione siffatta quali previsti dall’art. 22 del regolamento n. 1408/71, dal momento che il trattamento non rientra, a parere del citato direttore, tra le prestazioni previste dalla normativa bulgara e assicurate dalla NZOK.
15 Il sig. Elchinov ha presentato ricorso avverso detto provvedimento dinanzi all’Administrativen sad Sofia-grad (Tribunale amministrativo di Sofia). Una perizia medico–legale, effettuata durante il giudizio, ha confermato che il trattamento in questione costituiva una terapia d’avanguardia non ancora praticata in Bulgaria.
16 Con sentenza 13 agosto 2007, l’Administrativen sad Sofia-grad ha annullato detto provvedimento, giudicando che nel caso di specie erano soddisfatti i presupposti per la concessione dell’autorizzazione prevista dall’art. 22, n. 2, del regolamento n. 1408/71. Detto giudice ha rilevato, in particolare, che il trattamento in questione non esisteva in Bulgaria, ma corrispondeva alle prestazioni elencate con i nn. 136 e 258 indicate nell’elenco dei protocolli di cura clinici.
17 La NZOK ha fatto ricorso in cassazione avverso tale sentenza dinanzi al Varhoven administrativen sad (Tribunale supremo amministrativo) il quale, con sentenza 4 aprile 2008, l’ha annullata ed ha rinviato la causa dinanzi ad un’altra sezione del giudice del rinvio. Il Varhoven administrativen sad ha giudicato infatti errata la constatazione del giudice di primo grado secondo la quale le cure ricevute dal sig. Elchinov erano comprese tra le prestazioni elencate con i nn. 136 e 258 dei protocolli di cura clinici. Esso ha rilevato inoltre che, se determinate cure specifiche per le quali viene richiesto il rilascio del formulario E 112 vengono rimborsate dalla NZOK, si deve presumere che le medesime possano essere prestate presso un istituto di cura bulgaro, di modo che i giudici di primo grado avrebbero dovuto decidere se dette cure potessero essere fornite presso un istituto siffatto in termini tali da non presentare nessun pericolo per la salute dell’interessato.
18 Nel corso del riesame della causa da parte dell’Administrativen sad Sofia-grad, una nuova perizia ha confermato che un trattamento del tipo di quello somministrato al sig. Elchinov in Germania non era praticato in Bulgaria.
19 Alla luce di ciò, l’Administrativen sad Sofia-grad ha deciso di sospendere il procedimento e di sottoporre alla Corte le seguenti questioni pregiudiziali:
«1) Se l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento (…) n. 1408/71 (…) debba essere interpretato nel senso che, se la cura specifica, per la quale viene richiesto il rilascio del modello E 112, non può essere praticata in un’istituzione sanitaria bulgara, si deve ritenere che tale cura non venga finanziata a carico del bilancio della [NZOK] o del Ministero della Sanità e, al contrario, qualora tale cura venga finanziata a carico del bilancio della NZOK o del Ministero della Sanità, si deve ritenere che essa possa essere prestata in un’istituzione sanitaria bulgara.
2) Se l’espressione “se le cure di cui trattasi non possono essere praticate nel territorio dello Stato membro in cui l’interessato risiede”, ricavabile dall’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento (...) n. 1408/71, debba essere interpretata nel senso che in tale espressione rientrano i casi nei quali la cura che viene praticata nel territorio dello Stato membro dove l’assicurato abita è, in quanto tipo di trattamento, di gran lunga più inefficace e radicale della cura praticata in un altro Stato membro, ovvero che in tale espressione rientrano solo i casi nei quali l’interessato non possa essere curato tempestivamente.
3) Se, alla luce del principio dell’autonomia processuale, il giudice nazionale debba osservare le istruzioni vincolanti impartitegli da un’istanza giudiziaria superiore nell’ambito della rimozione della sua decisione e del rinvio della causa per un nuovo esame, qualora sussistano motivi per ritenere che tali istruzioni siano in contrasto con il diritto comunitario.
4) Qualora la cura di cui trattasi non possa essere praticata nel territorio dello Stato membro nel quale l’assicurato ha la sua residenza, se sia sufficiente, affinché tale Stato membro possa rilasciare un’autorizzazione per una cura in un altro Stato membro ai sensi dell’art. 22, n. 1, lett. c), del regolamento (…) n. 1408/71, che la cura di cui trattasi rientri come tipologia tra le prestazioni che sono previste nella normativa dello Stato membro dapprima menzionato anche qualora tale normativa non menzioni espressamente lo specifico metodo di cura.
5) Se l’art. 49 CE e l’art. 22 del regolamento (…) n. 1408/71 ostino ad una normativa nazionale, come quella di cui all’art. 36, n. 1, della legge sull’assicurazione malattia, secondo cui gli assicurati obbligatori hanno diritto a ricevere totalmente o parzialmente il valore delle spese per l’assistenza medica all’estero, solo se hanno ottenuto all’uopo un’autorizzazione preventiva.
6) Se il giudice nazionale debba fare obbligo all’organismo competente dello Stato nel quale l’interessato è assicurato di emettere il documento per cure all’estero (modello E 112) qualora il diniego del rilascio di un siffatto documento risulti illegittimo, nel caso in cui la domanda di rilascio del documento venga presentata prima che fosse praticata la cura all’estero e la cura sia terminata al momento della pronuncia della decisione giudiziaria.
7) In caso di soluzione affermativa della questione di cui sopra, e qualora il giudice dovesse considerare illegale il diniego dell’autorizzazione per una cura all’estero, come debbano essere rimborsate le spese dell’assicurato per le sue cure:
a) direttamente dallo Stato dove è assicurato, o dallo Stato nel quale il trattamento medico è stato praticato, previa esibizione dell’autorizzazione per cure all’estero;
b) in quale misura, qualora l’ambito delle prestazioni, previsto nella normativa dello Stato membro di residenza, sia diverso dall’ambito delle prestazioni previste dalla normativa dello Stato membro dove la cura viene praticata, considerato l’art. 49 CE, che vieta le limitazioni alla libera prestazione dei servizi».
Sulle questioni pregiudiziali
20 È opportuno rispondere in primo luogo alla terza questione prima di passare all’esame delle altre sei questioni, le quali vertono sull’interpretazione degli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71.
Sulla terza questione
21 Dalla decisione di rinvio si evince che l’Administrativen sad Sofia-grad nutre dubbi in merito all’interpretazione degli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 e, in particolare, per quanto concerne l’interpretazione di detto art. 22 formulata dal Varhoven administrativen sad nella sua sentenza 4 aprile 2008. Nell’investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale mirante all’interpretazione delle citate disposizioni, il giudice del rinvio desidera sapere nel contempo se il giudice di merito sia vincolato dalle valutazioni formulate in diritto dalla giurisdizione di grado superiore qualora abbia motivo di ritenere che tali valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.
22 Il giudice del rinvio spiega infatti che, ai sensi dell’art. 224 del codice bulgaro di procedura amministrativa, le istruzioni del Varhoven administrativen sad riguardanti l’interpretazione e l’applicazione della legge hanno valore vincolante nei confronti dell’Administrativen sad Sofia-grad, in sede di riesame della causa da parte di quest’ultimo. Esso rileva inoltre che il diritto dell’Unione sancisce il principio dell’autonomia processuale degli Stati membri.
23 Benché la questione da esso sottoposta alla Corte non sembri escludere l’ipotesi in cui un giudice nazionale intenda statuire senza rinvio pregiudiziale, discostandosi dalle valutazioni in diritto formulate sulla medesima causa dall’organo giurisdizionale nazionale di grado superiore, che esso giudichi non conformi con il diritto dell’Unione, si deve constatare che questo non corrisponde al caso di specie, poiché il giudice del rinvio ha investito la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale diretta a chiarire i dubbi che esso nutre in merito alla corretta interpretazione del diritto dell’Unione.
24 Pertanto, con la sua terza questione, il giudice del rinvio chiede se il diritto dell’Unione osti a che un giudice nazionale, al quale spetti decidere in seguito al rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede di ricorso, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, da valutazioni formulate in diritto dall’organo giurisdizionale di grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che tali valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.
25 A questo proposito occorre ricordare, in primo luogo, che l’esistenza di una norma di procedura nazionale quale quella applicabile nella causa principale non può rimettere in discussione la facoltà, spettante ai giudici nazionali non di ultima istanza, di investire la Corte di una domanda di pronuncia pregiudiziale qualora essi nutrano dubbi, come nel caso di specie, in merito all’interpretazione del diritto dell’Unione.
26 Infatti, secondo una giurisprudenza consolidata, l’art. 267 TFUE conferisce ai giudici nazionali la più ampia facoltà di adire la Corte qualora ritengano che, nell’ambito di una controversia dinanzi ad essi pendente, siano sorte questioni che implichino un’interpretazione o un accertamento della validità delle disposizioni del diritto dell’Unione che siano essenziali ai fini della pronuncia nel merito della causa di cui sono investiti (v., in tal senso, sentenza 16 gennaio 1974, causa 166/73, Rheinmühlen-Düsseldorf, Racc. pag. 33, punto 3; 27 giugno 1991, causa C‑348/89, Mecanarte, Racc. pag. I-3277, punto 44; 10 luglio 1997, causa C‑261/95, Palmisani, Racc. pag. I-4025, punto 20; 16 dicembre 2008, causa C‑210/06, Cartesio, Racc. pag. I-9641, punto 88, nonché 22 giugno 2010, cause riunite C-188/10 e C-189/10, Melki e Abdeli, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 41). Del resto, i giudici nazionali sono liberi di esercitare tale facoltà in qualsiasi momento essi ritengano opportuno (v., in tal senso, sentenza Melki e Abdeli, cit., punti 52 e 57).
27 Da ciò la Corte ha dedotto che una norma di diritto nazionale, ai sensi della quale gli organi giurisdizionali non di ultima istanza siano vincolati da valutazioni formulate dall’organo giurisdizionale superiore, non può privare detti organi giurisdizionali della facoltà di investirla di questioni relative all’interpretazione del diritto dell’Unione, rilevante nel contesto di dette valutazioni in diritto. Infatti, la Corte ha giudicato che il giudice che non decide in ultima istanza dev’essere libero, se esso ritiene che la valutazione in diritto formulata dall’istanza superiore possa condurlo ad emettere un giudizio contrario al diritto dell’Unione, di sottoporre alla Corte le questioni con cui deve confrontarsi (v., in tal senso, sentenze Rheinmühlen-Düsseldorf, cit., punti 4 e 5; Cartesio, cit., punto 94; 9 marzo 2010, causa C‑378/08, ERG e a., non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 32, nonché Melki e Abdeli, cit., punto 42).
28 Del resto, occorre sottolineare che la facoltà attribuita al giudice nazionale dall’art. 267, secondo comma, TFUE, di chiedere un’interpretazione pregiudiziale della Corte prima di disapplicare, eventualmente, istruzioni di un organo giurisdizionale superiore che risultassero in contrasto con il diritto dell’Unione non può trasformarsi in un obbligo (v., in tal senso, sentenza 19 gennaio 2010, causa C-555/07, Kücükdeveci, non ancora pubblicata nella Raccolta, punti 54 e 55).
29 Si deve ricordare, in secondo luogo, che risulta da una giurisprudenza costante che la sentenza con la quale la Corte si pronunzia in via pregiudiziale vincola il giudice nazionale, per quanto concerne l’interpretazione o la validità degli atti delle istituzioni dell’Unione in questione, per la definizione della lite principale (v., in particolare, sentenze 24 giugno 1969, causa 29/68, Milch-, Fett- und Eierkontor, Racc. pag. 165, punto 3; 3 febbraio 1977, causa 52/76, Benedetti, Racc. pag. 163, punto 26; ordinanza 5 marzo 1986, causa 69/85, Wünsche Handelsgesellschaft, Racc. pag. 947, punto 13, e sentenza 14 dicembre 2000, causa C-446/98, Fazenda Pública, Racc. pag. I-11435, punto 49).
30 Da queste riflessioni discende che il giudice nazionale, che abbia esercitato la facoltà ad esso attribuita dall’art. 267, secondo comma, TFUE, è vincolato, ai fini della soluzione della controversia principale, dall’interpretazione delle disposizioni in questione fornita dalla Corte e deve eventualmente discostarsi dalle valutazioni dell’organo giurisdizionale di grado superiore qualora esso ritenga, in considerazione di detta interpretazione, che queste ultime non siano conformi al diritto dell’Unione.
31 È importante sottolineare inoltre che, secondo una giurisprudenza costante, il giudice nazionale incaricato di applicare, nell’ambito della propria competenza, le norme di diritto dell’Unione ha l’obbligo di garantire la piena efficacia di tali norme, disapplicando all’occorrenza, di propria iniziativa, qualsiasi disposizione contrastante della legislazione nazionale, ossia, nel caso di specie, la norma nazionale di procedura enunciata nel punto 22 della presente sentenza, senza doverne chiedere o attendere la previa rimozione in via legislativa o mediante qualsiasi altro procedimento costituzionale (v., in tal senso, sentenze 9 marzo 1978, causa 106/77, Simmenthal, Racc. pag. 629, punto 24, nonché 19 novembre 2009, causa C-314/08, Filipiak, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 81).
32 Alla luce di quanto sin qui esposto occorre risolvere la terza questione dichiarando che il diritto dell’Unione osta a che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere a seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede d’impugnazione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, da valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.
Sulle questioni relative all’interpretazione degli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71
33 Occorre esaminare, anzitutto, la quinta questione, riguardante l’ampiezza del potere degli Stati membri di assoggettare ad autorizzazione preventiva il rimborso delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro, poi le questioni prima, seconda e quarta, vertenti sui presupposti enunciati dall’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 e, infine, congiuntamente, le questioni sesta e settima, riguardanti le modalità per il rimborso di dette cure al beneficiario dell’assicurazione sociale.
Sulla quinta questione, relativa all’ampiezza del potere degli Stati membri di assoggettare ad autorizzazione preventiva il rimborso di cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro
34 Con la sua quinta questione, il giudice del rinvio chiede in sostanza se gli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 ostino alla normativa di uno Stato membro la quale escluda, in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro in assenza di preventiva autorizzazione.
35 Il giudice del rinvio, nel ricordare che il sig. Elchinov si è fatto curare in Germania prima di aver ricevuto la risposta da parte della NZOK alla sua richiesta di autorizzazione, si chiede se il beneficiario dell’assicurazione sociale possa chiedere il rimborso delle cure ospedaliere, prestate in uno Stato membro diverso da quello sul cui territorio egli risiede, senza avere ottenuto preventivamente l’autorizzazione da parte dell’istituzione competente, quando ciò era imposto dal suo stato di salute, oppure se la prestazione delle cure, in mancanza di detta autorizzazione preventiva, comporti l’estinzione del diritto del beneficiario dell’assicurazione sociale di chiederne il rimborso. Dopo aver rilevato che l’art. 36 della legge in materia di assicurazione malattia consente il rimborso di cure prestate in un altro Stato membro solo se l’assicurato abbia ottenuto una previa autorizzazione a tal fine, esso si interroga sulla conformità di una norma siffatta con gli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71.
36 A questo riguardo occorre ricordare, in primo luogo, che, per giurisprudenza costante, le prestazioni mediche fornite a fronte di un corrispettivo rientrano nella sfera di applicazione delle disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi, ivi compresa l’ipotesi in cui le cure siano dispensate in ambito ospedaliero (v., in tal senso, sentenze 16 maggio 2006, causa C-372/04, Watts, Racc. pag. I-4325, punto 86 e giurisprudenza ivi citata, nonché 15 giugno 2010, causa C-211/08, Commissione/Spagna, non ancora pubblicata nella Raccolta, punto 47 e giurisprudenza ivi citata).
37 È stato parimenti dichiarato che la libera prestazione dei servizi comprende la libertà dei destinatari dei servizi, in particolare delle persone che devono ricevere cure mediche, di recarsi in un altro Stato membro per godere ivi dei detti servizi (v. citate sentenze Watts, punto 87 e giurisprudenza ivi citata, nonché Commissione/Spagna, punti 48-50 e giurisprudenza ivi citata).
38 L’applicabilità dell’art. 22 del regolamento n. 1408/71 all’ipotesi in questione non esclude che quest’ultima rientri nella sfera di applicazione delle norme relative alla libera prestazione dei servizi e, nel caso di specie, dell’art. 49 CE. Infatti, da un lato, la circostanza che una normativa nazionale possa essere eventualmente conforme a una norma di diritto derivato, nella fattispecie all’art. 22 del regolamento n. 1408/71, non produce l’effetto di sottrarla alle disposizioni del Trattato CE (v., in tal senso, citate sentenze Watts, punti 46 e 47, nonché Commissione/Spagna, punto 45).
39 Dall’altro, l’art. 22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71 ha per scopo di conferire un diritto alle prestazioni in natura erogate, per conto dell’istituzione competente, dall’istituzione del luogo di dimora, secondo le disposizioni della legislazione dello Stato membro in cui le prestazioni sono erogate, come se l’interessato appartenesse a quest’ultima istituzione (v., in tal senso, sentenze 28 aprile 1998, causa C-120/95, Decker, Racc. pag. I-1831, punti 28 e 29, nonché causa C-158/96, Kohll, Racc. pag. I-1931, punti 26 e 27; 12 luglio 2001, causa C-368/98, Vanbraekel e a., Racc. pag. I-5363, punti 32 e 36; 23 ottobre 2003, causa C-56/01, Inizan, Racc. pag. I-12403, punti 19 e 20, nonché Watts, cit., punto 48). L’art. 22, secondo comma, n. 2, quanto ad esso, ha il solo scopo di individuare le circostanze in cui è escluso che l’istituzione competente possa negare l’autorizzazione richiesta in base al n. 1, lett. c) (v., in tal senso, sentenza Vanbraekel e a., cit., punto 31).
40 In secondo luogo, occorre parimenti ricordare che, come dichiarato dai governi che hanno presentato osservazioni nella presente causa, è pacifico che il diritto dell’Unione non pregiudica la competenza degli Stati membri ad organizzare i propri sistemi previdenziali e che, in mancanza di un’armonizzazione a livello dell’Unione europea, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni di concessione delle prestazioni in materia di previdenza sociale. Tuttavia resta fermo che, nell’esercizio di tale competenza, gli Stati membri devono rispettare il diritto dell’Unione, in particolare le disposizioni relative alla libera prestazione dei servizi, le quali implicano il divieto per questi ultimi di introdurre o mantenere restrizioni ingiustificate all’esercizio di questa libertà in materia di sanità (v. in particolare, in tal senso, sentenze Watts, cit., punto 92 e giurisprudenza ivi citata; 19 aprile 2007, causa C-444/05, Stamatelaki, Racc. pag. I-3185, punto 23, e Commissione/Spagna, cit., punto 53).
41 Benché un’autorizzazione preventiva, quale quella imposta dall’art. 36 della legge bulgara in materia di assicurazione malattia, costituisca, sia per i pazienti sia per i prestatori, un ostacolo alla libera prestazione dei servizi (v., in tal senso, sentenze Kohll, cit., punto 35; 12 luglio 2001, causa C-157/99, Smits e Peerbooms, Racc. pag. I‑5473, punto 69; 13 maggio 2003, causa C-385/99, Müller-Fauré e van Riet, Racc. pag. I‑4509, punto 44, nonché Watts, cit., punto 98), la Corte ha dichiarato nondimeno che l’art. 49 CE non osta, in linea di principio, al fatto che il diritto di un paziente di ottenere assistenza ospedaliera in un altro Stato membro a carico del sistema cui esso appartiene sia soggetto ad una previa autorizzazione (v., in tal senso, citate sentenze Smits e Peerbooms, punto 82, nonché Watts, punto 113).
42 Infatti, la Corte ha giudicato che non si può escludere che un rischio di grave alterazione dell’equilibrio finanziario del sistema di previdenza sociale possa costituire una ragione imperativa di interesse generale tale da giustificare un ostacolo alla libera prestazione dei servizi. Essa ha parimenti riconosciuto che l’obiettivo di mantenere un servizio medico-ospedaliero equilibrato ed accessibile a tutti può parimenti rientrare nel regime di deroghe giustificate da ragioni di sanità pubblica previsto dall’art. 46 CE, quando un tale obiettivo contribuisca alla realizzazione di un livello elevato di tutela della salute. Essa ha inoltre precisato che l’art. 46 CE consente agli Stati membri di limitare la libera prestazione dei servizi medico‑ospedalieri qualora la conservazione di un sistema sanitario o di una competenza medica nel territorio nazionale sia essenziale per la sanità pubblica, o addirittura per la sopravvivenza della popolazione (v., in tal senso, citate sentenze Kohll, punti 41, 50 e 51; Smits e Peerbooms, punti 72-74; Müller-Fauré e van Riet, punti 67 e 73, nonché Watts, punti 103-105).
43 La Corte ha rilevato parimenti che il numero di infrastrutture ospedaliere, la loro ripartizione geografica, la loro organizzazione e le attrezzature di cui sono dotate, o ancora la natura dei servizi medici che sono in grado di fornire, devono poter fare oggetto di una programmazione, la quale risponda, in linea di massima, a diverse esigenze. Da un lato, tale programmazione deve perseguire l’obiettivo di garantire nel territorio dello Stato membro interessato la possibilità di un accesso sufficiente e permanente ad una gamma equilibrata di cure ospedaliere di qualità. Dall’altro, essa dev’essere espressione della volontà di garantire un controllo dei costi ed evitare, per quanto possibile, ogni spreco di risorse finanziarie, tecniche e umane. Un tale spreco si dimostrerebbe infatti tanto più dannoso in quanto è pacifico che il settore delle cure ospedaliere genera costi notevoli e deve rispondere a bisogni crescenti, mentre le risorse finanziarie che possono essere destinate alle cure sanitarie, quale che sia la modalità di finanziamento usata, non sono illimitate (citate sentenze Smits e Peerbooms, punti 76-79, nonché Watts, punti 108 e 109).
44 In terzo luogo, va ancora ricordato che, benché il diritto dell’Unione non osti in linea di principio a un sistema di autorizzazione preventiva, è nondimeno necessario che le condizioni dettate per il rilascio di una siffatta autorizzazione siano giustificate alla luce dei criteri imperativi prima citati, che esse non eccedano quanto oggettivamente necessario a tal fine e che il medesimo risultato non possa essere conseguito con norme meno vincolanti. Inoltre, un siffatto sistema dev’essere fondato su criteri oggettivi, non discriminatori e noti in anticipo, in modo da circoscrivere l’esercizio del potere discrezionale delle autorità nazionali affinché esso non sia usato in modo arbitrario (v., in tal senso, citate sentenze Smits e Peerbooms, punti 82 e 90; Müller-Fauré e van Riet, punti 83-85, nonché Watts, punti 114-116).
45 Nel caso di specie, occorre rilevare che una normativa nazionale, la quale esclude in tutti i casi il rimborso delle cure ospedaliere prestate senza autorizzazione preventiva, priva il beneficiario dell’assicurazione sociale il quale, per ragioni connesse al suo stato di salute o alla necessità di ricevere cure urgentemente presso una struttura ospedaliera, si sia trovato nell’impossibilità di richiedere una siffatta autorizzazione o, come nel caso del sig. Elchinov, non abbia potuto attendere la risposta dell’ente competente, del rimborso di tali cure da parte di detto ente, anche qualora i presupposti per un tale rimborso siano peraltro soddisfatti.
46 Ebbene, il rimborso di cure siffatte, in situazioni specifiche del tipo di quelle descritte nel punto precedente, non è tale da poter compromettere il conseguimento degli scopi di pianificazione ospedaliera menzionati nel punto 43 della presente sentenza, né può compromettere gravemente l’equilibrio finanziario del sistema previdenziale. Esso non pregiudica il mantenimento di un servizio ospedaliero equilibrato ed accessibile a tutti, né tanto meno la salvaguardia di un sistema sanitario e di una competenza medica estese a tutto il territorio nazionale.
47 Di conseguenza, una normativa siffatta non è giustificata dai citati criteri imperativi e comunque non soddisfa il principio di proporzionalità ricordato nel punto 44 della presente sentenza. Pertanto, essa comporta una restrizione ingiustificata della libera prestazione dei servizi.
48 Inoltre, in materia di applicazione dell’art. 22, n. 1, lett. c), del regolamento n. 1408/71, nel punto 34 della citata sentenza Vanbraekel e.a. la Corte ha dichiarato che, quando una persona iscritta al regime previdenziale, che ha presentato una domanda di autorizzazione sulla base di detta disposizione, abbia ricevuto un diniego da parte dell’istituzione competente e il carattere infondato di siffatto diniego sia successivamente dimostrato vuoi dalla medesima istituzione competente vuoi da una decisione giudiziaria, tale assicurato ha diritto di ottenere direttamente a carico dell’istituzione competente il rimborso di un importo pari a quello che sarebbe stato normalmente preso a carico se l’autorizzazione fosse stata debitamente concessa fin dall’inizio.
49 Da ciò deriva che la normativa di uno Stato membro non può escludere in tutti i casi il rimborso delle cure ospedaliere fornite senza autorizzazione preventiva in un altro Stato membro.
50 Per quanto riguarda la normativa in questione nella causa principale, come è stato sostanzialmente sottolineato dall’avvocato generale nei paragrafi 49 e 50 delle sue conclusioni, l’art. 36 della legge bulgara in materia di assicurazione malattia è ambiguo. Ad ogni modo, è compito del giudice del rinvio valutare, alla luce delle indicazioni contenute nella presente sentenza, la conformità di detto articolo con gli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 nell’interpretazione datane dalla Corte e, qualora detto art. 36 possa costituire oggetto di diverse interpretazioni, interpretarlo conformemente all’ordinamento dell’Unione (v., in tal senso, sentenza Melki e Abdeli, cit., punto 50 e giurisprudenza ivi citata).
51 Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre risolvere la quinta questione dichiarando che gli artt. 49 CE e 22 del regolamento n. 1408/71 ostano alla normativa di uno Stato membro interpretata nel senso che essa escluda, in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro in assenza di preventiva autorizzazione.
Sulle questioni prima, seconda e quarta, relative ai presupposti enunciati dall’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71
52 Con le sue questioni prima, seconda e quarta, il giudice del rinvio chiede in sostanza se, per quanto concerne le cure mediche che non possono essere prestate nello Stato membro sul cui territorio risiede l’iscritto al regime previdenziale, l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 debba essere interpretato nel senso che un’autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non possa essere negata quando, da un lato, la normativa di tale Stato membro preveda la tipologia di trattamento di cui trattasi, ma non indichi in modo espresso e preciso il metodo di cura applicato, e, dall’altro, un trattamento alternativo che presenti lo stesso grado di efficacia non possa essere erogato in tempo utile in questo stesso Stato membro. Esso desidera inoltre sapere se questo stesso articolo debba essere interpretato nel senso che esso osta a che gli organi nazionali incaricati di pronunciarsi su una domanda di autorizzazione preventiva possano presumere, in sede di applicazione di questa disposizione, che le cure ospedaliere che non possono essere prestate in detto Stato membro non rientrano tra le prestazioni il cui rimborso è previsto dalla normativa di questo Stato e, viceversa, che le cure ospedaliere rientranti tra dette prestazioni possono essere fornite in questo Stato membro.
53 L’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 enuncia due condizioni la cui presenza rende obbligatorio il rilascio dell’autorizzazione preventiva richiesta, da parte dell’istituzione competente, in base all’art. 22, n. 1, lett. c), sub i) (v., in tal senso, citate sentenze Inizan, punto 41, e Watts, punto 55).
54 La prima condizione impone che le cure di cui trattasi figurino fra le prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro nel cui territorio risiede l’iscritto al regime previdenziale, mentre la seconda condizione impone che le cure che il paziente ha intenzione di ricevere in uno Stato membro diverso da quello sul cui territorio egli risiede, tenuto conto del suo attuale stato di salute e del probabile decorso della sua malattia, non possano essergli fornite entro il lasso di tempo normalmente necessario per ottenere il trattamento in questione nello Stato membro di residenza (citate sentenze Inizan, punti 42 e 44, nonché Watts, punti 56 e 57).
55 Poiché la quarta questione sottoposta alla Corte verte sulla prima di queste condizioni, occorre esaminare anzitutto quest’ultima. In seguito verrà analizzata la seconda questione, che concerne la seconda condizione, e infine verrà esaminata la prima questione, relativa alla presunzione menzionata nella decisione di rinvio, dato che la risposta a quest’ultima questione discende da quelle fornite alle altre due.
– Sulla quarta questione, relativa alla prima condizione enunciata dall’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71
56 Al fine di accertare se sia soddisfatta la prima condizione enunciata dall’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71, occorre verificare se le «cure di cui trattasi», ossia, come ricavabile dalla documentazione prodotta dinanzi alla Corte, il trattamento oculistico debitamente prescritto dal medico, consistente nell’impianto di piastrine radioattive o nell’applicazione di una terapia protonica, rientrino tra le «prestazioni previste dalla legislazione dello Stato membro, nel cui territorio l’interessato risiede», cioè tra le prestazioni per le quali il regime previdenziale bulgaro prevede il rimborso.
57 A questo proposito si deve sottolineare che, come ricordato nel punto 40 della presente sentenza, l’ordinamento dell’Unione non limita la competenza degli Stati membri ad organizzare i rispettivi sistemi previdenziali e che, in mancanza di armonizzazione a livello di Unione, spetta alla normativa di ciascuno Stato membro determinare le condizioni per la concessione delle prestazioni in materia previdenziale.
58 Così, è stato già dichiarato, in linea di principio, che non è incompatibile con l’ordinamento dell’Unione il fatto che uno Stato membro elabori elenchi limitati di prestazioni mediche rimborsabili da parte del suo sistema previdenziale e che detto ordinamento non ha il potere di costringere uno Stato membro ad ampliare un elenco siffatto di prestazioni (v., in tal senso, sentenza Smits e Peerbooms, cit., punto 87).
59 Da ciò deriva che, come sostenuto dai governi che hanno presentato osservazioni nel presente giudizio, spetta a ciascuno Stato membro prevedere le prestazioni mediche rimborsabili da parte del proprio sistema previdenziale. A questo scopo, lo Stato membro interessato ha il potere di redigere un elenco che menzioni in modo preciso i trattamenti o i metodi di cura, oppure che indichi più genericamente categorie o tipologie di trattamenti o di metodi di cura.
60 In questa cornice, spetta unicamente agli organi nazionali, chiamati a pronunciarsi su una domanda di autorizzazione al fine di ricevere cure erogate in uno Stato membro diverso da quello nel cui territorio risiede l’iscritto al regime previdenziale, determinare se dette cure rientrino nelle previsioni di un elenco siffatto. Nel caso di specie, incombe al giudice del rinvio giudicare se le cure ricevute dal sig. Elchinov in Germania rientrino tra i protocolli di cura clinici menzionati nell’allegato 5 al decreto n. 40/2004.
61 Tuttavia, poiché gli Stati membri sono obbligati a non violare l’ordinamento dell’Unione nell’esercizio delle loro competenze, resta valido il dovere di vigilare affinché l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 sia applicato conformemente a detto ordinamento, nel rispetto dei principi ricordati nel punto 44 della presente sentenza.
62 Da ciò discende che, quando l’elenco delle prestazioni mediche rimborsabili non menziona in modo espresso e preciso il metodo di trattamento applicato, bensì definisce alcune tipologie di trattamento, da un lato, spetta all’istituzione competente dello Stato membro di residenza dell’iscritto al regime previdenziale esaminare, in applicazione dei consueti principi ermeneutici e in base a criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli elementi medici pertinenti e i dati scientifici disponibili, se tale metodo di trattamento corrisponda a prestazioni previste dalla normativa di tale Stato membro; dall’altro, qualora ricorra un’ipotesi siffatta, una domanda di autorizzazione preventiva non può essere respinta adducendo che una siffatta metodologia di trattamento non è praticata nello Stato membro di residenza dell’iscritto al regime previdenziale, poiché una siffatta motivazione, qualora fosse ammessa, implicherebbe una restrizione della portata dell’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71.
– Sulla seconda questione, relativa alla seconda condizione enunciata dall’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71
63 Al fine di accertare se sia soddisfatta la seconda condizione enunciata dall’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71, occorre verificare se le cure di cui trattasi, tenuto conto dello stato attuale di salute dell’iscritto al regime previdenziale e dell’evoluzione della sua malattia, possano essergli erogate nei termini normalmente necessari per ottenerle nello Stato membro di residenza.
64 Nel caso di specie, il giudice del rinvio rileva che il trattamento in questione non può essere erogato nello Stato membro di residenza dell’interessato, dove si sarebbe proceduto a un intervento chirurgico che non potrebbe essere considerato, a suo parere, come un trattamento identico o avente lo stesso grado di efficacia. Ebbene, benché la circostanza che il trattamento previsto in un altro Stato membro non sia praticato nello Stato membro di residenza dell’interessato non implichi, di per sé, che sia soddisfatta la seconda condizione enunciata dall’art. 22, n. 2, del regolamento n. 1408/71, è giocoforza constatare, al contrario, che tale ipotesi ricorre quando un trattamento che presenti lo stesso grado di efficacia non può essere ivi erogato in tempo utile.
65 Infatti, la Corte ha già dichiarato che l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 dev’essere interpretato nel senso che l’autorizzazione cui si riferisce tale disposizione non può essere negata quando appare evidente che la prima condizione enunciata da quest’ultima è soddisfatta e che un trattamento identico o che presenti lo stesso grado di efficacia non può essere ottenuto in tempo utile nello Stato membro nel cui territorio risiede l’interessato (v., in tal senso, citate sentenze Inizan, punti 45, 59 e 60, nonché Watts, punti 59-61).
66 La Corte ha precisato che, per valutare se un trattamento che presenti lo stesso grado di efficacia per il paziente possa essere ottenuto in tempo utile nello Stato membro di residenza, l’istituzione competente è tenuta a prendere in considerazione l’insieme delle circostanze che contraddistinguono ogni caso concreto, tenendo nel dovuto conto non solamente il quadro clinico del paziente nel momento in cui è richiesta l’autorizzazione e, all’occorrenza, il grado del dolore o la natura dell’infermità di quest’ultimo, che potrebbe, ad esempio, rendere impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio di un’attività professionale, ma anche i suoi antecedenti (citate sentenze Inizan, punto 46, e Watts, punto 62).
67 Pertanto, in una situazione in cui le cure di cui trattasi non possono essere dispensate nello Stato membro nel cui territorio risiede l’iscritto al regime previdenziale e in cui le prestazioni previste dalla normativa di questo Stato membro sono oggetto non di un’elencazione precisa di trattamenti o protocolli di cura, bensì di una definizione più generica di categorie o tipologie di trattamento o metodi di cura, l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 implica che, qualora sia dimostrato che il trattamento ipotizzato in un altro Stato membro rientra in una di queste categorie o corrisponde a una di queste tipologie, l’istituzione competente è obbligata a rilasciare all’iscritto al regime previdenziale l’autorizzazione necessaria ai fini del rimborso del costo di questo trattamento, quando il trattamento alternativo che può essere erogato in tempo utile nello Stato membro in cui egli risiede non presenta, come nell’ipotesi descritta dal giudice del rinvio, lo stesso grado di efficacia.
– Sulla prima questione, relativa alla presunzione menzionata nella decisione di rinvio
68 Ad integrazione di tale questione, il giudice del rinvio spiega che, in base alle indicazioni fornite nella causa principale dal Varhoven administrativen sad, qualora le cure ospedaliere prese in considerazione non possano essere fornite in Bulgaria, occorre presumere che dette cure non rientrino nei protocolli clinici rimborsabili da parte della NZOK e, viceversa, qualora dette cure siano rimborsate da quest’ultima, occorre presumere che esse possano essere prestate in Bulgaria. Questo giudice si interroga sulla conformità di una siffatta presunzione con l’art. 22 del regolamento n. 1408/71, dato che detta presunzione porta alla conseguenza, a suo parere, che le due condizioni enunciate dall’art. 22, n. 2, secondo comma, possono essere soddisfatte solo nell’ipotesi in cui determinate cure che presentino lo stesso grado di efficacia siano praticate nello Stato membro di residenza, ma non possano esserlo in tempo utile.
69 A questo proposito occorre constatare che dall’interpretazione dell’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71, formulata in occasione dell’esame delle questioni quarta e seconda, si evince che una decisione relativa a una domanda di autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non può essere basata su una siffatta presunzione.
70 Infatti, in primo luogo, da quanto enunciato nel punto 62 della presente sentenza risulta che, da un lato, in ciascun caso si deve esaminare, in applicazione dei consueti principi ermeneutici e in base a criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli elementi rilevanti e i dati scientifici disponibili, se il metodo di trattamento di cui trattasi corrisponda a prestazioni previste dalla normativa nazionale e che, dall’altro, una domanda di autorizzazione preventiva non può essere respinta per il motivo che un siffatto metodo di trattamento non sia praticato nello Stato membro di residenza dell’iscritto al regime previdenziale.
71 In secondo luogo, da quanto esposto nei punti 64-67 della presente sentenza si desume che una domanda di autorizzazione non può essere respinta quando cure identiche a quelle ipotizzate o che presentino lo stesso grado di efficacia non possono essere erogate nello Stato membro di residenza in tempo utile, circostanza che dev’essere parimenti verificata in ciascun caso.
72 A parte il fatto che l’uso della presunzione menzionata nella prima questione formulata dal giudice del rinvio avrebbe l’effetto di restringere la portata dell’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71, essa porterebbe a introdurre un ostacolo alla libera prestazione dei servizi nel settore della sanità, non giustificato dai motivi imperativi indicati nei punti 42 e 43 della presente sentenza.
73 Alla luce di queste riflessioni, occorre risolvere le questioni prima, seconda e quarta dichiarando che, per quanto concerne le cure mediche che non possono essere prestate nello Stato membro sul cui territorio risiede l’iscritto al regime previdenziale, l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71 dev’essere interpretato nel senso che un’autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non può essere negata:
– se, quando le prestazioni previste dalla normativa nazionale sono oggetto di un elenco che non menziona in modo espresso e preciso il metodo di trattamento applicato, bensì definisce alcune tipologie di trattamento rimborsate dall’istituzione competente, è accertato, in applicazione dei consueti principi ermeneutici e in seguito a un esame basato su criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli elementi medici pertinenti e i dati scientifici disponibili, che tale metodo di trattamento corrisponde a tipologie di prestazioni menzionate in detto elenco, e
– se un trattamento alternativo che presenti lo stesso grado di efficacia non può essere erogato in tempo utile nello Stato membro in cui risiede l’iscritto al regime previdenziale.
Lo stesso articolo osta a che gli organi nazionali incaricati di pronunciarsi su una domanda di autorizzazione preventiva possano presumere, in sede di applicazione di questa disposizione, che le cure ospedaliere che non possono essere prestate nello Stato membro in cui risiede l’iscritto al regime previdenziale non rientrino tra le prestazioni il cui rimborso è previsto dalla normativa di questo Stato e, viceversa, che le cure ospedaliere rientranti tra dette prestazioni possano essere fornite in detto Stato membro.
Sulle questioni sesta e settima, relative alle modalità di rimborso all’iscritto al regime previdenziale delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro
74 Con le sue questioni sesta e settima, il giudice del rinvio chiede se il giudice nazionale debba obbligare l’istituzione competente a rilasciare all’iscritto al regime previdenziale il modello E 112 qualora esso ritenga che, persino quando le cure ospedaliere siano terminate nel momento in cui esso si pronuncia, il diniego di rilasciare tale documento sia illegale. Esso inoltre chiede se, in tal caso, le cure ospedaliere debbano essere rimborsate all’iscritto al regime previdenziale dall’istituzione competente o da quella del luogo in cui siano state prestate le cure e sino a che importo debba essere effettuato il rimborso, quando l’ammontare delle prestazioni previste dalla normativa dello Stato membro di residenza dell’iscritto al regime previdenziale sia diverso da quello delle prestazioni previste dallo Stato membro sul cui territorio le cure sono state prestate.
75 A questo proposito occorre osservare che il rilascio di un’autorizzazione preventiva quale quella sotto forma del modello E 112 non sembra possa risultare utile quando le cure ospedaliere siano già state prestate all’iscritto al regime previdenziale, salvo eventualmente l’ipotesi in cui queste ultime non siano state ancora fatturate all’interessato o non siano stati ancora saldate. Al di fuori di quest’ipotesi, come illustrato nel punto 48 della presente sentenza, l’iscritto al regime previdenziale ha il diritto, in un caso del genere, ad ottenere direttamente il rimborso, da parte dell’istituzione competente, di un importo equivalente a quello che sarebbe stato normalmente rimborsato da quest’ultima qualora l’autorizzazione fosse stata debitamente rilasciata prima dell’inizio delle cure.
76 In ogni caso, spetta al giudice nazionale obbligare l’istituzione competente, in osservanza delle norme nazionali di procedura, a rimborsare l’importo menzionato nel punto precedente.
77 Quest’importo dev’essere pari a quello determinato in base alle norme della legislazione cui è soggetta l’istituzione dello Stato membro nel cui territorio sono state erogate le cure ospedaliere (v., in tal senso, sentenza Vanbraekel e a., cit., punto 32).
78 Qualora l’importo del rimborso delle spese sostenute per le prestazioni ospedaliere fornite in uno Stato membro diverso da quello di residenza, che risulti dall’applicazione delle norme vigenti in quest’ultimo, sia inferiore a quello che sarebbe stato ottenuto applicando la normativa vigente nello Stato membro di residenza in caso di ricovero ospedaliero in quest’ultimo, l’istituzione competente deve inoltre concedere, in forza dell’art. 49 CE nell’interpretazione datane dalla Corte, un rimborso supplementare, corrispondente alla differenza tra questi due importi (v., in tal senso, citate sentenze Vanbraekel e a., punti 38-52, nonché Commissione/Spagna, punti 56 e 57).
79 La Corte ha precisato che, nell’ipotesi in cui la normativa dello Stato membro competente preveda la gratuità dei trattamenti ospedalieri erogati nell’ambito di un servizio sanitario nazionale, e in cui la normativa dello Stato membro nel quale un paziente appartenente al detto servizio è stato, o avrebbe dovuto essere, autorizzato a ricevere un trattamento ospedaliero a spese di tale servizio non preveda un’assunzione integrale del costo del detto trattamento, dev’essere concesso a tale paziente, da parte dell’istituzione competente, un rimborso corrispondente alla differenza eventuale tra, da una parte, l’importo del costo, oggettivamente stimato, di un trattamento equivalente in un istituto del servizio di cui trattasi, non eccedente, se del caso, la misura dell’importo globale fatturato per il trattamento offerto nello Stato membro di soggiorno, e, dall’altra, l’importo per cui l’istituzione di tale ultimo Stato membro è tenuta ad intervenire, ai sensi dell’art. 22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71, per conto dell’istituzione competente, in applicazione delle disposizioni della normativa di tale Stato membro (sentenza Watts, cit., punto 143).
80 Occorre aggiungere che, come rilevato dall’avvocato generale nel paragrafo 85 delle sue conclusioni, gli iscritti a un regime previdenziale che ricevano cure ospedaliere in uno Stato membro diverso da quello di residenza senza chiedere un’autorizzazione ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71 possono chiedere il rimborso di dette cure, in base all’art. 49 CE, solo nei limiti della copertura garantita dal regime di assicurazione malattia al quale sono iscritti (v., in tal senso, sentenza Müller-Fauré e van Riet, punti 98 e 106). La stessa regola vale quando il diniego di rilascio di un’autorizzazione preventiva richiesta in base a detto art. 22 è fondato.
81 Alla luce di quanto sin qui esposto, occorre rispondere alle questioni sesta e settima dichiarando quanto segue:
– Quando è accertato che il diniego di rilascio di un’autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett.c), sub i), del regolamento n. 1408/71 non era fondato, e nel frattempo le cure ospedaliere siano state completate e le spese ad esse relative siano state sostenute dall’iscritto al regime previdenziale, il giudice nazionale deve obbligare l’istituzione competente, in osservanza delle norme nazionali di procedura, a rimborsare a detto iscritto l’importo che sarebbe stato normalmente saldato da quest’ultima qualora l’autorizzazione fosse stata debitamente rilasciata.
– Quest’importo dev’essere pari a quello determinato in base alle norme della legislazione cui è soggetta l’istituzione dello Stato membro nel cui territorio sono state erogate le cure ospedaliere. Qualora l’importo sia inferiore a quello che sarebbe stato ottenuto applicando la normativa vigente nello Stato membro di residenza in caso di ricovero ospedaliero in quest’ultimo, l’istituzione competente deve inoltre concedere alla persona iscritta al regime previdenziale un rimborso supplementare, corrispondente alla differenza tra questi due importi, nei limiti delle spese effettivamente sostenute.
Sulle spese
82 Nei confronti delle parti nella causa principale il presente procedimento costituisce un incidente sollevato dinanzi al giudice nazionale, cui spetta quindi statuire sulle spese. Le spese sostenute da altri soggetti per presentare osservazioni alla Corte non possono dar luogo a rifusione.
Per questi motivi, la Corte (Grande Sezione) dichiara:
1) Il diritto dell’Unione osta a che un organo giurisdizionale nazionale, al quale spetti decidere a seguito di un rinvio ad esso fatto da un organo giurisdizionale di grado superiore adito in sede d’impugnazione, sia vincolato, conformemente al diritto nazionale di procedura, da valutazioni formulate in diritto dall’istanza superiore qualora esso ritenga, alla luce dell’interpretazione da esso richiesta alla Corte, che dette valutazioni non siano conformi al diritto dell’Unione.
2) Gli artt. 49 CE e 22 del regolamento (CEE) del Consiglio 14 giugno 1971, n. 1408, relativo all’applicazione dei regimi di sicurezza sociale ai lavoratori subordinati, ai lavoratori autonomi e ai loro familiari che si spostano all’interno della Comunità, quale modificato e aggiornato dal regolamento (CE) del Consiglio 2 dicembre 1996, n. 118/97, quale modificato dal regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 18 dicembre 2006, n. 1992, ostano alla normativa di uno Stato membro interpretata nel senso che essa escluda, in ogni caso, il rimborso delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro in assenza di preventiva autorizzazione.
3) Per quanto concerne le cure mediche che non possono essere prestate nello Stato membro sul cui territorio risiede l’iscritto al regime previdenziale, l’art. 22, n. 2, secondo comma, del regolamento n. 1408/71, quale modificato e aggiornato dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 1992/2006, dev’essere interpretato nel senso che un’autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), non può essere negata:
– se, quando le prestazioni previste dalla normativa nazionale sono oggetto di un elenco che non menziona in modo espresso e preciso il metodo di trattamento applicato, bensì definisce alcune tipologie di trattamento rimborsate dall’istituzione competente, è accertato, in applicazione dei consueti principi ermeneutici e in seguito a un esame basato su criteri oggettivi e non discriminatori, prendendo in considerazione tutti gli elementi medici pertinenti e i dati scientifici disponibili, che tale metodo di trattamento corrisponde a tipologie di prestazioni menzionate in detto elenco, e
– se un trattamento alternativo che presenti lo stesso grado di efficacia non può essere erogato in tempo utile nello Stato membro in cui risiede l’iscritto al regime previdenziale.
Lo stesso articolo osta a che gli organi nazionali incaricati di pronunciarsi su una domanda di autorizzazione preventiva possano presumere, in sede di applicazione di questa disposizione, che le cure ospedaliere che non possono essere prestate nello Stato membro in cui risiede l’iscritto al regime previdenziale non rientrino tra le prestazioni il cui rimborso è previsto dalla normativa di questo Stato e, viceversa, che le cure ospedaliere rientranti tra dette prestazioni possano essere fornite in detto Stato membro.
4) Quando è accertato che il diniego di rilascio di un’autorizzazione richiesta ex art. 22, n. 1, lett. c), sub i), del regolamento n. 1408/71, quale modificato e aggiornato dal regolamento n. 118/97, come modificato dal regolamento n. 1992/2006, non era fondato, e nel frattempo le cure ospedaliere siano state completate e le spese ad esse relative siano state sostenute dall’iscritto al regime previdenziale, il giudice nazionale deve obbligare l’istituzione competente, in osservanza delle norme nazionali di procedura, a rimborsare a detto iscritto l’importo che sarebbe stato normalmente saldato da quest’ultima qualora l’autorizzazione fosse stata debitamente rilasciata.
Quest’importo dev’essere pari a quello determinato in base alle norme della legislazione cui è soggetta l’istituzione dello Stato membro nel cui territorio sono state erogate le cure ospedaliere. Qualora l’importo sia inferiore a quello che sarebbe stato ottenuto applicando la normativa vigente nello Stato membro di residenza in caso di ricovero ospedaliero in quest’ultimo, l’istituzione competente deve inoltre concedere alla persona iscritta al regime previdenziale un rimborso supplementare, corrispondente alla differenza tra questi due importi, nei limiti delle spese effettivamente sostenute.
* tratto da www.curia.eu.int